De Eredan.
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Atto 2: Il Canto del Cristallo
Il Canto del Cristallo
La marcia attraverso il Deserto fu per loro una passeggiata di salute. Avevano una missione importantissima da portare a termine e, a ogni nuovo sorgere del sole, le preghiere venivano pronunciate con più e più veemenza. Assorti nella loro fede, non percepivano lo scorrere del tempo. Infine, in una giornata particolarmente radiosa, tutti lo sentirono…era come una specie di canto magnifico che li guidò fino al luogo dell’impatto. Più si avvicinavano e più il canto diventava chiaro e forte…ad un tratto Alhem smise di camminare.
-“Perché ti fermi?” – disse Aziz posando la mano sulla spalla del Sacerdote di Sol’ra. Gli altri nomadi lo guardavano, aspettando le parole del loro capo spirituale.
-“Questo canto è una richiesta d’aiuto. La pietra è viva, ed è dotata di ragione. Gli infedeli sono numerosi e potenti, e lei è in pericolo. Dobbiamo sbrigarci prima che succeda una catastrofe.” Aziz si rivolse a Kararine con un tono più autoritario che mai: -“Vai in esplorazione e portaci tutte le informazioni che trovi su questi cani che osano appropriarsi di quello che non gli appartiene.”
E la giovane corse via, in direzione dell’impatto. Qualche ora dopo, arriva infine a destinazione e le si stringe il cuore alla vista della pietra…è magnifica, e risplende di una luce che alla giovane ricorda il tempio di Sol’ra quando il sole, allo zenith, illumina con i suoi raggi la sala della preghiera.
Ai piedi della pietra, da entrambi i lati, c’erano due accampamenti. Uno con tende azzurre sulle quali sventolavano bandiere col simbolo del Dragone, l’altro con tende rosse ben allineate. Un po’ dappertutto c’erano altri accampamenti di stili diversi. Kararine stimò che c’era molta gente, ma comunque Sol’ra avrebbe protetto i suoi fedeli e facilmente avrebbe sconfitto tutti quei parassiti. Presto, pensò nella sua mente, tutte quelle tende avrebbero bruciato avvolte nel furore delle fiamme del dio sole. D’improvviso sentì dei passi dietro di lei, e l’aria raffreddarsi…e una voce disse: -“Anche tu puoi sentire questo canto?”
Karerine si voltò e vide una donna dagli intensi occhi azzurri…aveva come un magnetismo che ispirava fiducia alla giovane nomade. Senza dire una parola le si avvicinò di più, sentendo così che il freddo proveniva proprio dal corpo della donna.
-“Chi siete? Di che canto parlate?”
-“Io sono Yilith, ed ho fatto un lungo viaggio fin qui sentendo un canto nella mia testa…puoi sentirlo anche tu? Tutto ciò è incredibile.”
Povera Kararine, questa infedele stava cercando di depistarla. Doveva avvisare subito Alhem e Aziz. “Non so di cosa parlate” – esclamò allora riluttante ed estrasse il pugnale mettendosi sulla difensiva. –“Lasciatemi in pace”
-“D’accordo. Vedo che non sei molto gentile. Andrò a vedere se altre persone vorranno aiutarmi” e si allontanò come se non fosse successo nulla.
Kararine continuò la sua esplorazione nella foresta, che si trovava poco lontano da lì, perché gli era sembrato di vedere movimento. Furtivamente, inizia ad inoltrarvisi, sperando di non fare altri sgradevoli incontri; ma a causa della sfortuna, o della sua poco destrezza all’interno della selva, per poco un pugnale non la beccava: una persona vestita di grigio e con uno strano cappuccio le saltò addosso. Kararine agilmente si divincolò, sguainando i pugnali. Il combattimento durò un paio d’ore, perché entrambi i rivali avevano uguale forza, ma Kararine aveva un piano, e stava per compierlo. Sapeva che avrebbe ucciso quel Braccamago, anche perché adesso erano giunti in suo aiuto Aziz e gli altri. Il Braccamago, vedendosi in difficoltà, si avvolse nel suo mantello e scomparve.
L’esploratrice spiegò quindi ai suoi compagni ciò che era successo e quello che aveva visto, insistendo sulla stranezza degli infedeli, e propose di non attaccare perché altrimenti, nonostante l’appoggio di Sol’ra, la sconfitta sarebbe stata schiacciante. Aziz, che aveva a lungo prestato servizio nell’esercito di Kahani III, propose, in attesa dell’arrivo dei rinforzi, di cercare di avvicinarsi alla pietra, e affrontare gli infedeli pochi alla volta. Alhem accettò con una certa reticenza, però era necessario seguire gli ordini di Iomalek, il quale era sicuro che gli infedeli avrebbero sbarrato loro il cammino. Inoltre la pietra continuava a chiamarli, dovevano fare in fretta.
Questi infedeli avrebbero presto assaporato la potenza dei fedeli di Sol’ra; e fu così che anche i Nomadi del Deserto entrarono nella guerra per la contesa della Pietra Caduta dal Cielo.
La Maledizione
La porta era aperta, e la luce che ne usciva si affievolì dolcemente. Spadainsanguinata e Senzavolto si guardarono a lungo prima che uno dei due dicesse una parola.
-“E adesso? Che succede?” – disse l’Hom’chai alla sua compagna.
-“Andiam..” - non fece in tempo a finire la parola e un’ombra apparve attraversando il varco della Porta dell’Infinito, che si chiuse e scomparve. Entrambi gli Zil si guardarono con spavento, di certo non si aspettavano tutto ciò. Gli avevano promesso la ricongiunzione con i loro simili, ma adesso si ritrovavano in un posto sconosciuto con un essere sconosciuto.
Spadainsanguinata lo guarda attentamente: l’uomo portava una magnifica armatura di placche di cuoio indurito, che probabilmente quando era nuova furono rosse. Un cappuccio gli copriva la testa, lasciando intravedere però delle ciocche ingrigite dal tempo. L’elfine si piegò sul corpo dell’uomo, togliendogli il cappuccio.
-“E’ vivo. Portiamolo da Kriss, magari lui ne capirà di più” – e Senzavolto se lo caricò sulla spalla come fosse un sacco di patate.
Durante il cammino di ritorno verso l’accampamento Zil, Spadainsanguinata era persa nei suoi pensieri. Qualcosa la preoccupava, ma non sapeva bene cosa. Aveva l’impressione che quello sconosciuto non fosse poi così sconosciuto in realtà.
Arrivati all’accampamento, furono ricevuti da Abyssien: - “Finalmente! Abbiamo delle cose da raccontarvi.”
-“Anche noi abbiamo delle cose da raccontarvi. Chiamate Telendar e Kriss, così vi spieghiamo”
-“E’ una lunga storia, ma Telendar non è più dei nostri. Adesso sono io il capo dei Guerrieri di Zil”
Senza dubbio un giorno pieno di soprese.
-“Meglio così..quel Telendar non mi era mai piaciuto. Quando all’epoca prese il tuo posto ebbi voglia di prenderlo a calci!” disse Senzavolto posando delicatamente il carico che portava, ai piedi di Abyssien
-“Senzavolto! Sempre così raffinato e poetico!” – disse il nuovo capo esaminando con stupore l’uomo a terra – “..che strano…quest’armatura mi dice qualcosa…”
-“Anche a te?” – tagliò corto Spadainsanguinata – “da quando lo abbiamo incontrato ho l’impressione di conoscerlo”.
-“Sicuramente perché vi avranno raccontato questa storia…quando eravate con gli umani a Yses”.
Kriss, vedendo tutti i compagni riuniti anche lui si avvicina: - “Che succede?”
-“Arrivi nel momento appropriato. Guarda!” – disse il capo indicando lo sconosciuto.
-“Certo, ma non qui. Senzavolto, per favore, portalo nella mia roulotte”.
Abyssien e Senzavolto si siedono sotto la tenda, luogo che a parte delle rappresentazioni, era uno spazio dove i membri di Zil potevano rilassarsi.
-“Allora? Questa storia?!”
-“Si, un attimo di pazienza” – disse mettendosi il cappello.
Tutto d'un tratto il luogo dove si trovavano seduti cambiò…la tenda scomparve, per lasciar posto a una lugubre foresta. Vari animali apparvero tra gli alberi, formando un branco. Poi uscirono dal bosco. Spadainsanguinata li riconobbe: Volks! Erano certamente delle creature terribili, quasi scomparse ad oggi. Uno di loro, il più grande, era probabilmente il capo. Il seguito fu una carneficina. I volks attaccarono tanti villaggi e divorarono esseri viventi e non, non solo per fame, ma anche per piacere…
La scena cambiò di nuovo…e adesso si trovavano in un castello. Lì, tre persone ben vestite parlavano accesamente:
-“Sire, abbiamo provato tutto contro i volks, ma senza successo. Senza dubbio è perché il loro capo ci sente arrivare”. L’uomo con la corona guardava in modo fisso a terra, meditando sulla soluzione migliore.
-“Non vedo altri che possano aiutarci. So che non vi piace, e neanche a me, ma non abbiamo alternativa, dobbiamo riconoscere i suoi meriti”
-“No! Gaumatta, in nome dell’amicizia che ci lega, deve esserci una soluzione alternativa, piuttosto che chiamare lui!!!”
-“Mergis, sei un mio caro amico, lo sai. Ma ormai la decisione è presa. Bardiya, vai a chiamare Kolodan, e mettilo al corrente della situazione”.
L’immagine sparì e riapparve la roulotte con la sua tenda. Kolodan!!! Spadainsanguinata conosceva quella storia…fu l’ultimo protettore contro quei terribili mostri. Li decimò e lottò a lungo contro il loro capo, e poi sparì misteriosamente.
-“Quindi, vuoi dire che quell’uomo è Kolodan?”
-“Non ne sono sicuro..il miglior modo per saperlo è chiedere a lui.”
Arrivò la notte sopra la tomba degli antenati. Kriss aveva lavorato molto e le ferite dell’uomo già erano solo un ricordo. Abyssien, Spadainsanguinata e Senzavolto aspettavano vicino al fuoco qualche notizia da Kriss. La porta della roulotte finalmente si aprì:
-“Senzavolto, dammi una mano per favore” – Kriss reggeva dal braccio lo sconosciuto che aveva riacquistato i sensi, e lo fecero sedere vicino al fuoco. Tutti aspettavano di sapere…era lui Kolodan?
-“Chi è lei?” – chiese Abyssien
-“Io sono Rabbioso”….
-“Kolodan vorrai dire?
-“No, no! Kolodan è scomparso ormai da tanto tempo, ormai non sono più un uomo…sono un mezzo volk….sono Rabbioso.
-“Dove sei stato tutto questo tempo?”
-“Tutto questo tempo? Perché? Che mese è?”
-“Se la memoria non mi inganna, nei sette regni usano il calendario imperiale…quindi siamo nell’anno 105”
Questo fu come una pugnalata per Rabbioso. Più di 20 anni erano passati senza che se ne fosse reso conto.
-“Dove è stato?” – chiese Spadainsanguinata, incuriosita dalla storia.
Mentre stava per rispondere Rabbioso alzò gli occhi al cielo, la luna si levava alta, immensa e rossa…fu dunque allora che la maledizione si manifestò…Rabbioso si contorceva dal dolore, una trasformazione era in atto in lui, lunghi peli neri apparvero su tutto il corpo, il suo viso cambiò, il muso si allungò e i denti si fecero più grandi. Si era trasformato…era mezzo uomo e mezzo volk. Anche se era visibilmente fuori di sé, ebbe la forza di fermarsi davanti a Spadainsanguinata…era letteralmente ipnotizzato dalla giovane elfine…e la collera a poco a poco sparì…
Inquisizione
Iolmarek aspettava pazientemente che il resto delle truppe lo raggiungesse, per poter intraprendere il cammino verso il luogo dell’impatto. Intanto entrò nel tempio di Sol’ra, perso nei suoi pensieri. Erano già tre anni che era al servizio del tempio e durante il suo servizio non aveva mai dubitato di nulla, ma da quando aveva sentito il canto del cristallo, era pieno di dubbi. Erano tanti anni che le presenze degli dei erano deboli, ma all’improvviso una forte manifestazione di Solar si produsse. Come mai questo strano fenomeno? A che si doveva? Si ricordò allora che quando era un giovane Sacerdote, ci fu un’altra manifestazione del genere che terminò in un’ecatombe. A che si doveva tutto ciò? Qual’era la finalità? Tutte queste domande affollavano la mente del sacerdote…
-“Il dubbio non ti è permesso, gran sacerdote!” – Iolmarek uscì dai suoi pensieri e guardava intorno a sé. Sentiva una presenza familiare, come risorta dal passato.
-“Conosco questa voce. Mostrati!”
-“Guardami…papà.”
Si volse allora verso la statua che aveva fatto scolpire più di 30 anni fa. La giovane donna rappresentata era illuminata da una debole luce. Non aveva più le sembianze di una statua immobile, ma di una persona vivente. Iolmarek cadde in ginocchio, il cuore stretto dalle lacrime che gli bagnavano gli occhi.
-“Djamena…sei davvero tu?”
-“Vengo a darti un messaggio. Ascolta bene le mie parole perché sono degli ordini!”
Una messaggera! Questo era un avvenimento importante. L’apparizione dei messaggeri era sempre sinonimo di grandi cambiamenti e di un intervento divino. E le scritture sui muri del tempio ne erano testimoni.
-“Ti ascolto, messaggera.”
-“Ti stai allontanando dal cammino gran sacerdote, e chi mi invia necessita della tua incrollabile fede. Vengo a sottometterti all’Inquisizione!”
-“Cosa???” – Iolmarek non credeva alle sue orecchie. Lo avrebbero messo alla prova per verificare la sua fede. – “ho già dato prova della mia fede in passato, e la mia vita è al servizio di Sol’ra.”
-“La fede si deve testimoniare ogni giorno. Sol’ra ha bisogno del suo gran sacerdote e tu devi essere pronto. Tanti avvenimenti avranno luogo, e gli infedeli faranno di tutto per tentarti. Se la tua fede non è abbastanza forte porterai tutti alla rovina.”
-“Mi sottometto all’Inquisizione. Qual è il mio compito?”
-“Un padre e sua figlia arriveranno al tempio. L’uomo è cieco e sopravvive grazie alle cure della figlia. Tu dovrai convincerlo che Sol’ra ha bisogno della figlia, e che questo la condannerà a una morte certa.”
Effettivamente, proprio in quel momento, una carretta tirata da un bue passò sotto l’arco d’entrata del tempio. Una giovane domava l’animale con una corda. Iolmarek si sorprese per la grande somiglianza tra la giovane e sua figlia. Fu allora che comprese che genere di prova doveva affrontare. La giovane aiutò il padre a scendere dalla carretta e si avvicinarono al sacerdote per salutarlo.
-“Abbiamo fatto un lungo cammino fino a qui, per chiedere a Sol’ra di guarire mio padre.”
Sol’ra, dio del sole e della luce, era stato invocato parecchie volte da persone che chiedevano questo genere di cose, e molte volte le preghiere erano state esaudite. Iolmarek aveva ancora in mente le parole della messaggera, ma soprattutto sapeva già quello che avrebbe dovuto fare.
-“Come ti chiami?”
-“Djamena”
Troppa coincidenza. Iolmarek prese allora la mano della ragazza e si concentrò per scrutare l’anima che abitava quel corpo. Sorrise, quando capì che era quella di sua figlia. Sol’ra l’aveva rinviata a lui. Non avrebbe mai più dubitato, e la sua fede si rinsaldò. -“Va bene Djamena, prendi tuo padre e fallo inginocchiare qui davanti alla statua. Pregheremo insieme a lui.”
Insieme dissero orazioni per Sol’ra, invocando la luce per questo povero uomo che viveva nell’oscurità, affinché potesse vedere di nuovo la luce. Iolmarek utilizzò tutti i suoi poteri. Mise la sua mano sugli occhi dell’uomo.
-“Le tue preghiere sono state esaudite.” – l’uomo allora inizia a muovere le palpebre, poco a poco stava recuperando la vista…. -“Ci vedo!!! Ci vedo di nuovo!!! – e cadde in ginocchio insieme a sua figlia davanti a Iolmarek.
-“Come devo fare per ringraziarvi, ditemelo, farò qualsiasi cosa!” –
-“Tua figlia appartiene a Sol’ra” – significava questo che sua figlia doveva essere sacrificata in suo onore? L’uomo non rispose, stordito dalla notizia. Aveva recuperato la vista in cambio di sua figlia?
-“Non preoccuparti. Diventerà una sacerdotessa” – Djamena si sorprese…lei al servizio di Sol’ra? L’uomo si alzo e prese tra le mani il volto della figlia: - “se non ricordo male una sacerdotessa non deve essere vista dagli uomini, questi sono i precetti di Sol’ra. Tu hai vissuto fino adesso una vita di miseria prendendoti cura di un cieco. Adesso è tempo che tu segua la tua strada, anche se questo vorrà dire non vederti più.”
Djamena si gettò tra le braccia del padre come per dirgli addio. Il gran sacerdote osservava la scena con nostalgia. Anche lui aveva avuto una figlia cosi…si ricordò di quanto le voleva bene.
Comprese che per lui questa era una seconda opportunità che Sol’ra gli stava dando….ciò che Sol’ra toglie, Sol’ra rende.
Una volta che l’uomo se ne fu andato, Iolmarek e Djamena rimasero soli. Gli occhi della giovane brillavano incredibilmente. – “Hai superato questa prova, ma altre ce ne saranno. Hai capito il motivo della mia venuta, ma adesso non posso restare. Quando sarà il momento, tornerò insieme a te, padre.”
Il Runico, capitolo 2
Kalhid aspettava una risposta, anche se era quasi sicuro che sarebbe stato un “si”. Dopotutto, meglio questo che tornare alla schiavitù.
-“C’è qualcosa che tu puoi fare per noi. Sappi che sei libero di rifiutare, la porta in fondo alla sala ti condurrà all’uscita, perché questa cosa che ti aspetta sarà difficile da portare a termine” -“Non sono un ingrato. Voi mi avete salvato dalla morte e vi ringrazio per questo. Vi ascolto, che devo fare?”
La forma parlante di avvicina a Kahlid, che non osa alzare gli occhi perché troppo intimidito.
-“Va bene, la scelta è stata fatta, hai dato la tua parola. Tanti giorni fa un meteorite si è schiantato al centro del continente. Anche se quest’avvenimento è relativamente comune, è la natura del meteorite ad interessarci.” – la forma si portò al lato delle armature, e adesso dava le spalle a Kahlid – “vedi, noi percorriamo il mondo alla ricerca di pietre che posseggano dei poteri magici. In questa, abbiamo percepito una forza strepitosa.” Si mosse, e con una mano molto poco umana, prese un oggetto, tornando di fronte a Kahlid.
-“Vorremmo che tu andassi fino al luogo dello schianto e ci portassi un pezzetto di quella pietra. E’ una missione pericolosa, per questo motivo ti affido quest’oggetto.” – e posò la cosa a terra. Kahlid esitò un momento, ma poi la prese…la cosa si fissò alla sua mano, e si avviluppò anche intorno al polso…era una specie di guanto metallico…Kahlid percepì in quell’oggetto come una coscienza.
-“Questo è un oggetto runico. Abbine cura perché dovrai restituirlo. Più sarai in simbiosi con il guanto, più lui si svilupperà.” – era leggero, ma senza dubbio resistente.
-“Grazie. Se ho ben capito, devo andare fino al luogo dove è caduto il meteorite, prenderne un pezzo, e tornare qui, giusto?”
-“Si”
-“Bene, non mi sembra poi così difficile”
-Lo sarà. Un’ultima cosa. Da adesso in poi non sarai più Kahlid, ma ti chiamerai Hares.
Un nuovo inizio, un nuovo nome…non gli dispiaceva affatto tutto ciò…
-“Adesso vai, fuori ti aspettano un cavallo e provviste. Ci vediamo qui al tuo ritorno.”
Hares partì dunque verso il suo nuovo destino….una settimana dopo trovò il luogo che cercava. Lungo il cammino incontrò molte persone che, come lui, si dirigevano verso quella famosa pietra. Seppe presto che le più forti gilde avevo intrapreso battaglie per la proprietà della pietra. Tutto intorno alla pietra era un infinito accampamento. Se tutte quelle persone combattevano per la pietra, sicuramente non gli avrebbero lasciato prenderne un pezzo come se niente fosse. Allora decise di aspettare la notte per agire. Una debole luce si levava dalla pietra, che era molto più grande di quello che lui aveva pensato. Chi avrebbe quindi vigilato una pietra grande come due case per paura che la portassero via? I Guerrieri di Zil, per esempio: Marlok passava la maggior parte della notte passeggiando e studiando la pietra. Hares si avvicinò alla pietra e la colpì con la sua mano guantata. Marlok si sorprese perché nessuno fino a quel momento era riuscito a trapassare la barriera di difesa della pietra. Quando vide Hares colpirla, non esitò un secondo ad avvisarlo: non si scherza con la magia. Il mago lanciò un sortilegio che produsse l’effetto di fondere se stesso con il golem di cristallo. Adesso era Golemarlok.
-“Allontanati! Corri il rischio di provocare una catastrofe!!”
Hares guardò l’estraneo con sospetto, e il suo guanto, per autodifesa, reagì coprendo la totalità del suo braccio destro.
-“Non è che una pietra…non preoccuparti. Ne prendo solo un pezzetto e non succederà niente.”
Golemarlok scosse la testa e si lanciò sopra Hares per combattere. L’uomo del deserto era abituato alla lotta, aveva combattuto contro migliaia di uomini nelle cave per difendere la sua vita…lottare aumentava la sua rabbia e la sua ira…lo scambio di colpi era sempre più violento e la magia del mago scivolava senza effetto alcuno sul guanto di Hares. Golemarlok soffriva i colpi del suo avversario…non conosceva quella magia di quello strano guanto. Ma oltre alla magia, Golemarlok aveva altri mezzi. Contrattaccò con la lama di cristallo, provocando varie ferite ad Hares, che però servivano solo a farlo arrabbiare sempre di più, non facendogli sentire il dolore…allora il mago si separò dal suo golem e proprio in quel momento il golem fu scagliato con una forza tremenda contro la pietra che si ruppe un po’, facendo cadere a terra dei pezzi di cristallo giallo, che si mischiarono a quelli nero-blu del golem. Il mago Zil fu battuto.
Mentre Hares rimuoveva i pezzi di cristallo, altre persone si avvicinarono vestiti con gli emblemi degli Inviati di Noz’Dingard. -“Sono Aerouant, figlio del profeta. Sono a capo degli Inviati di Noz’Dingard.”
Hares non aveva idea di chi fossero e non gli diede molta importanza.
-“Le siamo grati per quello che ha fatto. I Guerrieri di Zil seminano morte e distruzione. Hanno commesso dei crimini aberranti.” - Aerouant si avvicinò per guardare Marlok che non poteva muoversi, traumatizzato dalla perdita del golem e dalla sua sconfitta.
-“Marlok, ti arresto nel nome del Dragone. Sarai giudicato a Noz’Dingard. Anryena ha fretta di vederti”.
-“Non so chi sia lei, ma se ha bisogno di qualcosa ce lo dica. Siamo in debito con lei!” – disse Aerouant a Hares. Alishk strinse la mano di Hares alla maniera degli uomini del deserto.
-“Vieni dal deserto di Smeraldo, vero? Però l’armatura che porti non mi sembra fabbricata li..”
Hares non rispose e si mise a raccogliere i pezzi della pietra caduta dal cielo.
Gli Inviati ripartirono con il loro prigioniero e Hares si rimise subito in viaggio senza aspettare oltre. Seguì il cammino senza mai uscirne, e al capo di una settimana, si trovò di nuovo nel tempio misterioso. Lì lo aspettava un uomo, di cinquant’anni circa, con scuri capelli lunghi e uno sguardo orgoglioso. Portava un’armatura completamente ricoperta di placche d’oro e d’argento.
-“Benvenuto Hares, sono il signore runico Elios. Se sei qui suppongo è perché hai compiuto la tua missione.” – senza rispondere Hares consegna la borsa nelle mani di Elios.
-“Vieni, abbiamo un regalo per te, Hares il runico.”
Intrigo
Dopo la caduta della pietra, sempre più persone e curiosi convergevano verso la terra della Tomba degli Antenati. Le tensioni si inasprivano sempre di più, e una sanguinosa guerra era iniziata. Tutti lo sapevano bene…il conflitto stava arrivando al suo culmine e una ecatombe era vicina. Tutto ciò per il controllo di uno straordinario potere di cui nessuno, a parte i Nomadi del deserto, conosceva l’origine.
Dovunque, valorosi guerrieri si affrontavano, e a volte anche con antichi nemici…
Due mesi dopo l’inizio delle ostilità, in Kastel Drakren, la città draconiana più vicina alla Tomba degli Antenati:
Quando la fine di una guerra si avvicina, la politica e le personalità di rilievo sono solite riunirsi per trovare sempre una soluzione che soddisfi tutti. Questo avviene normalmente nell’ombra, allo scuro della magior parte delle persone. E questo era quello che stava succedendo a Draken, luogo di incontro di ambasciatori dell’Impero di Xzia e dei politici della Draconia. A tarda notte, in una delle sale, i trattati venivano portati avanti con frasi e modi diplomatici.
Kimiko e Oogoe Kage erano stati inviati dall’Imperatore per negoziare la partenza degli Inviati di Noz’Dingard, ma i negoziatori inviati dal Dragone avevano anni d’esperienza ed erano ossi duri.
-“Signor Galmara, sono sicura che possiamo arrivare a un accordo, perché solo così potremmo porre fine a questa stupida guerra.”
-“Mia cara, quello che lei dice non mi sembra possibile. Si renda conto che la zona della Tomba degli Antenati, dalla fine della guerra tra la Draconia e L’Impero, è terra neutrale. Che quella porzione di territorio ridiventi Xzia e di conseguenza anche la pietra, è cosa impossibile.
-“L’Imperatore è cosciente che tutto ciò possa provocare un conflitto ancora maggiore, ma sono sicura che la proposta che le facciamo la soddisferà completamente.” – Oogoe faceva parte dei Corvi, una fazione in seno ai Kotoba con un ruolo più che particolare.
-“Se otteniamo che la zona della Tomba degli antenati torni nei possedimenti dell’Impero, in cambio vi offriamo il diritto di passaggio a vita. Inoltre i vostri maghi potranno venire a Meragi studiare la pietra, una volta che questa sarà stata trasferita là.” -“Inoltre – aggiunse Kimiko – ecco una somma offerta dall’Imperatore come regalo. Sappiamo che la Draconia vuole aprire scuole di magia, questo magari potrà essere d’aiuto.”
Galmara sapeva che la proposta era tutt’altro che disinteressata, e la contropartita era troppo poco sostanziosa: “Siete ben informati, e non mi stupisce affatto di voi. Accetto il regalo dell’Imperatore. Vado a trasmettere la vostra proposta a chi di dovere e vi invito a vederci di nuovo domani per darvi una risposta.”
Galmara si inchinò salutando i visitatori, e li lasciò per riunirsi in un’altra sala con persona sui cui abiti spiccavano i colori della Draconia. Tra questi c’era Anryena e un’altra persona, la cui faccia era coperta da un lungo cappuccio blu notte.
-“Signor Galmara, vi ascoltiamo”
- “Dama Anryena, Signor Profeta…..l’Imperatore vuole che la Terra degli antenati torni sotto il suo controllo. In cambio la Draconia avrà diritto di passaggio su tali luoghi, e anche il diritto di studiare la Pietra."
Anryena guardò il Profeta, quando questi, prese la parola.
-“Dragone è stato chiaro: nessuno deve avere quella pietra, altrimenti ciò sarà la causa della nostra fine.”
Galmara fu perturbato dalle sue parole. Conosceva bene il Profeta, da anni, ma adesso non riconosceva la sua voce, né poteva vederlo in faccia.
-“Bene. La situazione però è delicata. Se i Kotoba e gli Inviati si sono presi la briga di andare fino a lì, probabilmente stiamo parlando di una guerra già iniziata. Se posso permettermi: dobbiamo fare di meglio.”
-“Giusto!” – disse Anryena.
In quel momento qualcuno entrò: era Marlok, vestito coi colori della Draconia. Si avvicinò al gruppo e si inginocchiò: -“Ho identificato il problema. Possiamo vincere i Kotoba, se il piano va secondo previsione.”
-“Di che piano parli?” – spalancò gli occhi Galmara.
-“ Adesso non abbiamo tempo per spiegarlo” – disse il mago – “Profeta, lei ha ragione, i Guerrieri di Zil sono sotto un’influenza Nehantista, e non agiscono più secondo la volontà del loro capo. Possiamo quindi liberarli e fare di loro dei potenti alleati.
Il Profeta era riflessivo: - “Alzati Marlok, hai agito bene. Recupera il tuo posto in seno al Compendium. Altri Zil corrono il rischio di cadere sotto l’influenza di Nehant. Mettiti in cammino con Aerouant e segui le tracce di Telendar. Non deve essere lontano dal suo “maestro”. Vai! Io devo ancora parlare col signor Galmara.”
Anryena e Marlok uscirono lasciando il Profeta e Galmara da soli: - “Che ne pensi dei Nomadi?”
-“Già li conosco, e non c’è da fidarsi di loro.”
-“Temo che stiano preparando qualcosa di pericoloso."
Presagio
Toran aveva battuto Akutsai ed imprigionato Akujin. Non desiderava abbandonare il suo vecchio alunno, per questo si recò al tempio e decise che finalmente era ora che Aku si convertisse davvero in un membro dell’Ordine. Aveva abbandonato il tempio molto tempo fa, non avendo potuto sopportare la vergogna di aver fallito come maestro Tsoutai. Adesso, era in pace. Aveva superato la prova che gli era stata imposta e adesso, se avessero avuto bisogno, poteva tornare a occupare il suo posto.
Il loro arrivo non passò inosservato. Toran aveva scelto bene il momento per rientrare: l’ora dell’allenamento nel patio. I presenti si fermarono per lasciarli passare. Si fece il silenzio, e tutti aspettarono le parole del maestro del tempio, il venerabile Zaoryu. Quest’ultimo non credeva ai suoi occhi. Egli era un amico di Toran, e aveva anche avuto lo stesso maestro. Toran si inchinò davanti a Zaoryu per consegnarli un rotolo di carta chiuso da un sigillo.
-“Ecco il Cercafalla Akujin, prima chiamato Senjin. Vorrei che fosse preso in considerazione di nuovo dagli Tsoutai di Yafujima.” Zaoryu accettò il rotolo e lo consegnò velocemente affinché fosse ben conservato. Poi si inclinò verso Toran: -“Sono felice di rivederti amico mio. La tua presenza ci è mancata molto. Dobbiamo parlare. Il giovane uomo al tuo fianco è il tuo antico allievo Aku?”
Aku erano giorni che non pronunciava parola. Adesso che si era liberato del suo Cercafalla si rendeva conto del male che aveva causato e la vergogna lo invase. Rispose alla domanda di Zaoryu con un minimo movimento affermativo della testa.
-“Venerabile, voglio completare i miei insegnamenti a questo ragazzo”
-“E tu desideri tornare tra coloro che hai abbandonato?”
Toran si sentì male ancora di più in quel momento….era vero…li aveva abbandonati.
-“I nostri insegnamenti ci dicono però che non possiamo negarti la reintegrazione a noi. Le ferite si sono chiuse e c’è bisogno di guardare avanti. Toran, il tuo errore è stato perdonato. Aku può essere di nuovo il tuo allievo e….” – fu interrotto dal grido di Aku: “Maestro, guarda!!! Un Cercafalla!!” – disse segnalando un uccello che volava sopra di loro.
Tutti gli Tsoutai si stupirono, nessuno aveva sentito la sua presenza a parte Aku, e questo dimostrava la grande sensibilità dell’allievo nel rilevare le presenze di spiriti. L’uccello, una gazza, volava sopra il tempio e poi si allontanò.
-“Toran, vuoi seguire questo Cercafalla e vedere perché passeggia liberamente nel nostro mondo? E per di più nelle sembianze di una gazza!”
-“Va bene. Aku, resta qui, torno appena posso.” E si allontanò subito per non perdere le tracce della gazza….Strada facendo si ricordò della leggenda sul Cercafalla Gazza.
Okia, villaggio Xzia al confine con la Terra degli Antenati.
Hime era stata inviata lì a supporto dei Kotoba su raccomandazione del maestro Bracconiere, Tsuro. Doveva passare inosservata, le informazioni che le arrivavano parlavano di spie che potevano aggirarsi nei dintorni a caccia di informazioni. Si sentiva osservata, anche se a quell’ora della notte non c’era anima viva per le strade. Si inginocchiò e si voltò, giusto per vedere se qualcuno la stava seguendo…infatti un vecchio era dietro di lei, barcollava per la strada come in cerca di qualcosa, o di qualcuno. Aspettò finchè l’uomo non arrivò alla sua altezza….ufff, per fortuna era il vecchio Toran, che non fu sorpreso, in quanto era prevenuto dal Cercafalla. Hime si sorprese ed abbassò la guardia. Ad un certo punto apparve sopra di lei una gazza scura che aprì le ali. Lo Tsoutai non credeva ai suoi occhi…ma entrambi si calmarono nel momento in cui si riconobbero reciprocamente, poi la gazza sparì, vedendo che Hime era al sicuro. Toran osservò ancora con interesse i tatuaggi della giovane, caratteristici di un legame con il Cercafalla.
- “Cosa vuoi vecchio perverso?” – lo interroga Hime guardandolo dalla testa ai piedi.
- “Come hai ottenuto quei tatuaggi?”
- “Ce li ho da tanto”
- “Ascolta, ho qualcosa di importante da dirti. Io voglio parlare con Tsuro, e so che tu puoi metterti in contatto con lui…anzi penso proprio che eri in viaggio per raggiungerlo in questo momento” -“Non so di cosa parli”
-“Non fare la furba….So che tu senti delle presenze, e hai delle visioni, fai dei sogni che a volte non comprendi. Io posso aiutarti a capirli, ma devo parlare con Tsuro.”
Aveva ragione. Lei sapeva di cosa gli Tsoutai erano capaci, eppure non aveva mai pensato di rivolgersi a loro per ovviare al suo problema…
-“Va bene….”
Il giorno dopo, di fronte al carretto del celebre venditore di noodles Ramen….
La piazza era quasi vuota, e il venditore aveva solo due clienti davanti al suo carretto…e causa di una richiesta speciale, questi due clienti erano Toran e Tsuro. Ramen doveva essere onorato dalla presenza di due tali illustri clienti. -“Che sai di Hime?”
-“Tutto, o quasi. Ha fatto qualche stupidaggine?”
-“No, anzi. Credo che il suo destino non sarà quello che lei si aspetta.”
-“Potresti essere più chiaro? Voi Tsoutai siete sempre così difficili da interpretare.”
-“Hime è una Tsoutai”
-“Si, lo sapevo. Però il suo talento è al servizio dell’imperatore, e lei desidera far parte dei bracconieri. Non vorrai far arrabbiare l’imperatore, non è vero? Inoltre prevedo per lei un grande avvenire in seno al mio Ordine.” – abbassò un po’ la voce affinché Amaya, che vigilava l’entrata, non lo ascoltasse – “più avanti avrà delle buone possibilità di prendere il mio posto.”
-“Si, però se non impara bene a controllare il suo Cercafalla, rischia di provocare un disastro che rovinerà l’immagine dell’Imperatore, e tu non vuoi questo, vero?”
Un pesante silenzio si fece tra i due uomini. Nessuno voleva dare ragione all’altro. Ma è Toran a trovare la soluzione.
-“Oryukage, conosci questo nome?”
-“Certo, molto bene. Secoli fa è stato uno dei miei predecessori.”
-“Ed è stato anche l’unico a fare parte contemporaneamente ai due nostri Ordini”
-“La situazione era diversa”
-“No, non lo era. Penso che Hime sia la discendente di Oryukage, non so come esattamente, però posso dirti che il Cercafalla di Oryukage era una gazza, come quello di Hime. Ti propongo dunque che lei segua entrambi i nostri insegnamenti. Non avevo sentito una tale forza da quando conobbi Aku, ma ti prometto che stavolta non commetterò errori. Rifletti sul potenziale che questo potrebbe apportare all’Impero.”
Tsuro si grattò la barba… - “ho bisogno di lei per una missione, ma in un mese te la invierò”
Con un po’ d’ironia Toran rispose: - “sono sicuro che l’Imperatore non si arrabbierà”.
Il Ballo dei cortigiani
Kastel Drakren, varie settimane dopo l’incontro tra il Signor Galmara e gli Inviati di Noz’Dingard...
Come stabilito, gli inviti erano stati recapitati a una selezionata lista di prestigiosi invitati. Tutti combattevano delle grandi battaglie, ma qui, in questi ambienti, è con la parola che si vince. L’intrigo, la politica e i complotti erano il pane quotidiano per gli uomini e le donne qui riuniti. Galmara sapeva che convocare tutte quelle persone sarebbe stato un evento difficile da dimenticare. Inoltre, aveva ricevuto nuove consegne a seguito del rifiuto di lasciar cadere la Tomba degli antenati in mano all’Impero di Xzia. Doveva concentrare i suoi sforzi sulle persone venute dal deserto, impedire ai Kotoba di farsi dei nuovi alleati e vedere se i Guerrieri di Zil potessero servire a qualcosa nel fare gli interessi del Dragone….Niente di inusuale insomma.
Tutti avevano accettato l’invito, e la serata prometteva essere appassionante. Oogoe Kage, Kimiko, Hasna, Marlok, Angelica e Maschera di Ferro si erano recati al castello, e ognuno di loro aveva un temibile avversario. Galmara li attese nella grande sala da ballo. C’erano anche molte personalità del luogo e una compagnia di cortigiani. Aveva iniziato il suo discorso di benvenuto, come vuole la tradizione, quando il portiere annunciò l’arrivo di una nuova persona…
-“Dama Ishaia, inviata del Consiglio…”
Tutti si voltarono e Galmara aggrottò la fronte…lei, soprattutto lei, non era la benvenuta. Ishaia faceva parte di una gilda creata dalle potenze di questo mondo per regolare le altre gilde. La sua influenza era grandissima, e le decisioni del Consiglio dovevano essere rispettate, a pena di terribili rappresaglie. In fin dei conti, il Consiglio era l’unico ad autorizzare la creazione o lo scioglimento di gilde…
Ishaia era sicuramente una delle persone più temute al mondo. La sua bellezza fatale nascondeva uno spirito vivo e un’intelligenza incredibile. E, quella sera, nessun’altra donna poteva vantarsi di esserle alla pari. Avanzando verso il centro della sala, salutava chi conosceva. Galmara si affrettò ad andarle incontro, non poteva permettersi errori. Non ricevere come si deve un membro del Consiglio era causa di temibili ripercussioni. Il baciamano fu d’obbligo.
-“E’ sempre un piacere ricevere un membro del consiglio”
-“Lasciamo stare i convenevoli, Signor Galmara. Sono venuta a sapere di questa riunione, e spero che non si offenda con me per essermi invitata.”
-“Certo che no…lei non ha bisogno d’inviti.”
-“Infatti. Ma, mio caro, vedo che stava per dare inizio alla serata, la prego, faccia pure.”
Galmara tornò quindi a rischiararsi la voce…: -“Cari amici, il mondo oggi è sul bordo del disastro. Tutti sappiamo che dipende solo da noi trovare una soluzione diplomatica. Tutti abbiamo un conoscente, un familiare, un amico, che in questo momento è preoccupato per l’avvenire. Per questa ragione siete qui stasera. È tempo di ritrovare la fiducia gli uni negli altri.”
Tutti applaudirono, più per educazione che per convinzione. Una dolce musica cominciò a riempire la sala e i camerieri entrarono, portando raffinato alcol e prelibate vivande. Come d’abitudine, cominciarono quindi le note conversazioni.
In un angolo, Maschera di ferro e Oogoe si scambiavano le ultime informazioni.
-“Marlok ce l’ha fatta.” – la voce di Maschera di ferro era rauca, sembrava venire da lontano…
-“E’ una buona e una cattiva notizia allo stesso tempo. Se ha restituito la pietra-cuore agli Zil, ha già cominciato a metterli dalla sua parte…”
-“Si, per una volta, gli Inviati sono stati fantastici. E’ davvero difficile togliere ad un Nehantista una pietra-cuore annerita. Mi è costato tanto far fare a Marlok il suo lavoro, ma alla fine ce l’abbiamo fatta, come previsto.”
-“Adesso dobbiamo sperare che gli Zil riescano a mantenere la loro indipendenza. E per questo ho una soluzione.”
-“Qual è?”
Oogoe estrasse allora una pergamena da una delle sue tante tasche nascoste: - “Questo è un atto di proprietà. Il Corvo offre agli Zil un pezzo di terra al confine con la Tomba degli antenati. So bene che ti piace viaggiare per il mondo, ma questo luogo potrebbe essere l’occasione per sentirsi a casa.”
Maschera di ferro guardò il delizioso vino di Yses che riempiva il suo bicchiere…e finalmente prese la pergamena..: - “I Guerrieri di Zil non dimenticheranno questo gesto”
Dal canto suo, Marlok voleva sapere di più su questa tal Ishaia. Il suo nuovo ruolo all’interno degli Inviati lo metteva di fronte a situazioni sconosciute. Aveva già sentito parlare del Consiglio, ma non ne aveva conosciuto mai nessun membro. Vedendo che poche persone l’avevano invitata a ballare, si lanciò: - “mi permette questo ballo, mia signora?”
-“Volentieri. Tutti pensano che mordo perché faccio parte del Consiglio” – disse, porgendogli la mano.
Marlok non vide in quel momento lo sguardo tagliente di Angelica, che in quell’istante stava morendo di gelosia. La musica era lenta, e questo lasciava loro il tempo di scambiare qualche parola.
-“Lei è Marlok, giusto? Ho sentito parlare della sua singolare storia.”
-“Una triste storia, ma per fortuna adesso con un felice finale”
-“Ho letto il rapporto che Profeta ha inviato al Consiglio e della vostra prodezza. Impressionante.”
-“Grazie per il complimento”
-“So che lei con i suoi uomini, ha affrontato un Nehantista”
Marlok smise di ballare – “andiamo a parlare di questo un po’ più lontano” – le disse cingendogli con il braccio la vita mentre la guardava furbescamente.
Su uno dei numerosi balconi del castello, i due continuarono la loro discussione. In lontananza, la luce della pietra caduta dal cielo brillava come fosse una stella.
-“Mi permette?” – disse Marlok, mostrandole cinque piccoli cristalli blu – “non si preoccupi, è solo affinché le nostre parole rimangano tra noi. Ishaia acconsentì, e Marlok dispose allora i piccoli cristalli a uguale distanza da loro, sul pavimento. Poi, dopo un gesto di Marlok, questi si misero a lievitare, e una specie di scudo luminoso azzurro di formò intorno a loro, come una bolla.
-“Ecco, adesso possiamo parlare liberamente. Cosa desidera sapere?”
-“Già da vari mesi stiamo osservando strani comportamenti all’interno delle varie Gilde. Quello che è successo con i Guerrieri di Zil non è un caso isolato. Il nome di Nehant sta apparendo troppo spesso, e il suo ultimo rapporto lo conferma. Pensiamo che vari Nehantisti stiano traendo beneficio dal conflitto scatenatosi per la pietra caduta dal cielo.”
-“Effettivamente abbiamo affrontato il Nehantista, ma non lo abbiamo sconfitto, lo abbiamo solo messo in fuga. Se ce ne sono vari, credo che avremo vari problemi nel caso in cui dovremmo trovarci ad affrontarli.”
La giovane donna assunse un’espressione seria – “il Consiglio desidera affidarvi una missione” – disse, prendendo uno dei medaglioni attaccati alla sua cintura. Marlok fu sorpreso: -“perché io?”
-“Perché lei ha l’esperienza, la maturità e le qualità necessari. Abbiamo bisogno di informazioni, di sapere quello che succede, i retroscena. Vogliamo dei nomi, ma soprattutto vogliamo sapere che ne è stato di Eredan.”
-“Solo?!” – disse Marlok in tono ironico – “Pensa davvero che io da solo possa recuperare queste informazioni?”
-“Non sarete solo. Ci sono altre persone che hanno la vostra stessa missione. Per adesso, per ragioni di sicurezza, vogliamo che tutti stiano nell’anonimato.”
-“In ogni modo, non ho scelta. Mi piego agli ordini del Consiglio. Però io sono legato a Dragone, e lui saprà ciò che sto tramando. Dubito che lei possa impedirgli di immischiare gli Inviati di Noz’Dingard in questa storia.”
-“Dragone sa già tutto, e l’abbiamo convinto a non intervenire per il momento.”
Marlok aprì la pergamena con l’ordine della missione. Dopo averla letta, la conservò.
-“Mi metterò in marcia domani mattina stesso.”
-“Bene, se abbiamo finito…ho ancora voglia di ballare.”
Il mago annullò l’effetto del suo sortilegio ed entrambi si diressero di nuovo alla sala.
-“Un’ultima cosa, diffidate di quei due tipi là” – disse Ishaia indicando Maschera di ferro e Oogoe.
Morte e rinascita
Profeta giaceva su un tavolo di cristallo in mezzo alla piazza dei Noz’Dingard. Il popolo era in lutto, aveva perso il suo faro.
Anryena, con gli occhi pieni di lacrime, teneva per mano suo figlio. Attorno a loro, il silenzio era rotto solo dal pianto delle donne. Kounok, ormai adulto, era molto cresciuto. Vedendo un sacco di gente venire da molti punti della città, si rese conto di quanto suo fratello era amato. Anche Naya con l’ordine delle Stregaspada al completo era venuta a rendere omaggio alla sua memoria. Tutti erano venuti a dargli l’ultimo saluto.
Quando scese la sera, tutti i presenti se ne andarono, e rimasero solo Anryena e Kounok. Fu allora che l’immensa gemma blu si illuminò, facendo apparire la sagoma di un immenso dragone, che si posò vicino al defunto. Un’aura apparve attorno al Profeta e uno spettro uscì dal suo corpo. Anryenà sembrava felice di rivedere suo figlio, ma al tempo stesso sapeva che sarebbe stata la sua ultima apparizione.
-“La tua esistenza è giunta alla fine. Sono venuto a prenderti per condurti alla tua ultima dimora.”
Profeta si avvicinò alla madre, e con la sua mano inconsistente, accarezzò la sua guancia, che piangeva ancor di più…-“Madre, non piangere. Sarò sempre con te e Dragone veglierà per me.”
-“Lo so, figlio mio. Però una madre ha il diritto di piangere per la morte del figlio.”
Kounok non si mosse, e guardava fisso il fratello. Se avesse avuto la forza di parlare, gli avrebbe detto quanto gli mancava. Come se avesse potuto leggere i suoi pensieri, Dragone gli si avvicinò:
-“Sei pronto a prendere il suo posto?” – a queste parole Anryena protesto: - “cosa?? Non ti basta aver preso uno dei miei figli, padre? Vuoi fare correre grandi rischi anche al tuo ultimo figlio?”
Però Kounok rispose semplicemente annuendo con la testa.
-“Lui ha fatto la sua scelta, figlia mia. La Draconia ha bisogno di una guida, e in questa epoca di conflitti, un nuovo Profeta deve essere scelto.”
-“Ma Kounok non è un mago, come lo erano tutti i Profeti passati.”
-“E’ vero… ma non riuscirai a farmi cambiare idea.”
Anryena abbassò la testa…: - “Fratello, so che sarai un Profeta forte e saggio, e riuscirai là dove io ho fallito.”
L’anziano Profeta posò la mano sulla testa di Kounok : - “Ti trasmetto le volontà di coloro che ci hanno preceduto. Che tutte le loro conoscenze adesso siano tue.”
In quel preciso istante, un’aura bianca avvolse Kounok, che si sentì assalito da emozioni fino ad allora sconosciute. Dragone mormorava parole in una lingua sconosciuta…e Kounok si trasformò allora in un uomo, e l’aura bianca si dissolse. La sua somiglianza col fratello era incredibile. Si guardò le mani, si toccò il volto…e per la prima voltà potè esprimersi con suoni che non fossero grugniti…: - “Addio fratello, resterai sempre nel mio cuore e in quello di chi ti ha conosciuto.”
Il fantasma dell’antico profeta quindi scomparve.
-“Un Profeta se ne va, ed uno nuovo arriva. Come per i tuoi predecessori, un nuovo Cavaliere Dragone sarà al tuo fianco per aiutarti nella tua nuova missione.”
-“Ho un’idea migliore” – disse Kounok – “Non voglio un nuovo Cavaliere Dragone. Anche se potrebbe fallire nel suo compito, ma vicino a me voglio Zahal”.
-“Se questa è la tua scelta, la accetto.”
-“Non è tutto. Dato che non sono mago come mio fratello, voglio andare in lotta con la spada in mano.”
-“Ma questo va contro le regole” – esclamò Anryena.
-“Madre, le regole ci hanno portato a questa strada senza uscita. E’ il momento di cambiare, e di dimostrare che anche il nostro popolo sa lottare.”
-“Va bene, ti concedo anche questo diritto.”
-“Una cosa ancora: ho bisogno di Chimera.”
Al pronunciare questo nome, si fece il silenzio. Chimera era la spada di Ardrakar, la più potente dei Cavalieri Dragone. E’ in parte grazie a lei che la Draconia ha vinto la guerra contro l’Impero di Xzia. Ma questa spada aveva degli effetti malefici su chi la portava, e per questo, dopo la vittoria, il Profeta di allora non ebbe altra scelta che bruciarla e conservarne i resti affiche non fosse più possibile usarla….Ma all’improvviso nella mano di Kounok apparve la spada…la sua lama di cristallo era bruciata e un po’ consumata.
-“Dragone, perché gli dai tale strumento di morte?”
-“Figlia mia, io non ho fatto niente!”
-“Incredibile, è venuta da sola!”
-“Non è altro che un riflesso di quello che fu. Ma sento che ti sarà utile.”
Kounok guardò la spada con interesse; l’aveva vista solo sui libri; ma adesso sperava diventasse il simbolo della potenza della Draconia.
Passarono varie settimane e Kounok aveva già preso confidenza con le sue nuove funzioni. A giorni sarebbe partito per andare alla Tomba degli Antenati e riunirsi con gli Inviati, che già erano al corrente della sua ascesa a rango di Profeta. Ma il destino volle che fossero gli Inviati, o almeno parte di loro, a raggiungerlo a Noz’Dingard. Kounok era riunito con dei consiglieri quando una guardia gli portò un messaggio. Aerouant, Alisk e Zahal erano appena arrivati, portando con loro Marlok il traditore. Li ricevette nella grande sala. Zahal entrò per primo, a testa bassa, perché sapeva che sarebbe stato rimproverato per la sua mancanza, seguito da Alishk e Marlok, tenuto prigioniero da una corda magica, e infine Aerouant, che vedendo il Profeta si sentì un po’ emozionato. Kounok assomigliava così tanto a suo padre. Zahal spinse Marlok a terra: - “Signore, ecco Marlok il tr..” – non ebbe il tempo di finire la frase che Chimera apparve nelle mani di Kounok. Guidato dal suo istinto, aveva percepito una presenza dietro Marlok, allora la colpì con rapidità e precisione, rompendo il laccio invisibile che li legava. Marlok perse conoscenza in quel momento. Una forma nera e vagamente umana apparve… -“Ah ah ah, un nuovo profeta…hai i giorni contati”…e poi sparì. Zahal, Alishk e Aerouant erano attoniti da quello che era appena accaduto.
-“Cos’era quella cosa?” – chiese Aerouant.
-“Non ne sono sicuro ma credo di avere appena liberato Marlok dall’influenza di un Nehantista.
Zahal guardava la spada del profeta, gli ricordava qualcosa…ma certo! La lama bruciacchiata…era Chimera! In quel momento si rese conto che Profeta era anche un Cavaliere Dragone…e questo lo afflisse…era questa la sua punizione: perdere il suo status? Il giorno dopo Marlok aveva ripreso conoscenza. Certo, era stato chiuso in una prigione, vigilato da due Stregaspada. Ma non sembrava dispiacergli, godeva alla fine di essere solo.
-“Allora, traditore, ti sei svegliato?” – la voce di Anryena non nascondeva la collera – “Sai che ti aspetta?”
Marlok si alzò con spavalderia: - “Lo sai, ho vissuto vari mesi sotto l’influenza di un Nehantista. Puoi lasciarmi qui a marcire fino alla fine dei miei giorni”
-“Cosa?”
Marlok allora comprese. Kounok non le aveva detto niente. -“Vedo che Profeta ti nasconde dettagli importanti. Ma d’altronde è vero che sei molto diversa da tuo fratello.”
-“Parlerò con lui”
-“Parlare di cosa, madre?” – disse Profeta avvicinandosi alla cella.
-“Perché non le hai raccontato tutto?” – disse Marlok.
Kounok guardò le Stregaspada – “lasciateci, per favore” – e senza far rumore le due donne si allontanarono.
-“So quello che hai fatto in passato, Marlok. Rubare informazioni e sortilegi segreti di cristallomachia è un crimine grave. Ma io so che hai riservato per te queste informazioni. Mia madre non è capace di perdonare. Tu già sei stato punito e io aggiungerò solo una cosa. I tuoi peccati sono stati perdonati. Oggi più che mai la Draconia e i Guerrieri di Zil hanno bisogno di te.”
-“Se io sono stato sotto l’influenza di un Nehantista, probabilmente lo sono anche loro”
-“E’ quello che voglio sapere” – disse Profeta aprendo la porta della cella.
Anryena si sentiva ferita e arrabbiata, però capiva che gli interessi della Draconia erano al di sopra dei suoi sentimenti.
-“Torna tra i Guerrieri di Zil. E voglio che usi questo” – gli disse, porgendogli un monocolo usato – “è stato fabbricato da Asal di Arguemand, l’illustre inventore della cristallomachia, durante la guerra contro i Nehantisti al fine di scrutare la gente che stava sotto il loro giogo. Adesso ti appartiene. Sei libero di farne quello che vuoi. Puoi ignorare la situazione in cui si trovano i tuoi amici Zil e scappare, anche se questo mi stupirebbe. Oppure tornare a riprendere il tuo posto in seno agli Inviati. A te la scelta.”
Marlok aveva perso vari mesi di vita, ed anche il suo tanto amato Golem…non c’era più niente che lo legava a quella vita da vagabondo. Però non poteva lasciare gli Zil alla loro sorte…loro, che l’avevano accolto quando lui non aveva nessun posto dove andare…
Abbandonata
Ergue era stanco. La sua lotta contro Tsuro e le stregaspada aveva richiesto grande sforzo, e nonostante ciò non era riuscito a mantenere il suo stato di Abominio per batterli e l’unica soluzione fu scappare. I suoi compagni Soriek e Granderabbia erano scappati ognuno in direzioni diverse per depistare i rivali. Da varie settimane dormivano nei dintorni e si combatteva una guerriglia, a volte con gli Inviati di Noz’Dingard, e a volte coi Kotoba.
Mentre si abbeverava al fiume, Ergue vide un pezzo di stoffa grigia in mezzo all’acqua…alzò lo sguardo e vide il corpo di una persona sulla riva, per metà immerso nell’acqua gelata.
-“Vai a vedere…” – mormorò una voce nella sua testa.
Si avvicinò e sollevando l’abito ormai sgualcito, riconobbe subito di chi si trattava. I suoi abiti non mentivano…era il Braccamago! Ma perché si trovava lì? Che scoperta sensazionale! La risposta a tante domande sull’origine di quell’assassino. Ergue girò il corpo e vide che si trattava di una donna. Delle ciocche di capelli uscivano da sotto la maschera quasi totalmente rovinata, e il resto dell’abito era nelle stesse condizioni. Allora decise di legarle le mani e portarla all’accampamento. Gli altri sicuramente avrebbero saputo che farne di lei.
Lungo il cammino la Braccamago si svegliò e si rese conto che la stavano trasportando come un sacco di patate. Assestò dei buoni colpi e in un secondo si liberò, correndo via come un coniglio. Ma Ergue era una cacciatore, e di fronte a una preda, in parte legata, non aveva problemi. La riacciuffò subito, mentre lei si dibatteva con rabbia. Granderabbia si unì a loro nel cammino verso l’accampamento, e bisogna dire che era un po’ gelosa del “pacco” che il suo compagno trasportava.
-“Cos’è?”
-“L’ho trovata sulla riva del fiume. E’ Braccamago.”
-“Cosa?”
-“Hai capito bene, non fare il tonto, perché non sono in vena.” – disse.
Arrivando all’accampamento trovarono solo Abyssien, fedele al suo posto di guardia: - “Ergue, iniziavo a preoccuparmi. Soriek è con te?”
-“No, non so dove sia. Ma penso che abbia intenzione di tornare presto.”
-“Hai un’espressione stanca e annoiata, è a causa del sacco che si muove che hai sulla spalla?”
-“Si.” – e lo getta su alcuni cuscini. Abyssien la guardò, osservando meglio ancora una volta l’abito e la maschera. -“Dove l’hai presa?”
-“In riva al fiume a qualche ora da qui. Era svenuta.”
Il capo degli Zil le si avvicina: - “adesso ti liberiamo, non vogliamo farti del male, solo vogliamo sapere da dove sei venuta. Ti vogliamo aiutare. Tanto da questa tenda non potrai uscire, è chiusa magicamente. Hai capito?”
La ragazza fece un cenno affermativo con la testa e Abyssien, dopo aver chiuso la tenda, la liberò. La Braccamago non si mosse, ma le lacrime le bagnavano il volto.
-“Sei davvero la Braccamago?”
-“Io…”
-“Ti avviso che tutto quello che diremo rimarrà tra noi…”
-“Non sono la Braccamago, ma sarei dovuta diventarlo”
-“Prenderai il suo posto?”
-“No, sarei stata una in più” – disse con rabbia e amarezza.
-“Che vuoi dire con questo? Ci sarebbero vari Braccamago?”
-“Si, noi…siamo parecchi a portare questo abito”
Abyssien si voltò verso i compagni – “andate a prendere qualcosa da mangiare per la nostra ospite”.
Approfittando dell’assenza di Granderabbia ed Ergue, il capo degli Zil lanciò un sortilegio del Tempo, che gli permetteva vedere le vicende che avevano condotto la ragazza fino a loro. Quello che scoprì fu una rivelazione. In effetti le immagini che vedeva mostravano varie persone con l’abito da Braccamago, ed erano tutti della stessa stazza. Stavano intorno alla ragazza, facendole una specie di rituale, quando uno avanzò verso di lei: - “prendo questa allieva sotto la mia ala, le insegnerò i nostri segreti, a braccare e ad uccidere i rivali senza mai farsi prendere”. Si avvicinò un altro: - “Ombra, dimentica questo nome, perché già non ti appartiene. Da oggi tu sei una Braccamago, e servirai l’organizzazione fino alla morte.” Un altro ancora si avvicinò, mettendole la maschera sul volto: - “adesso vai, i tuoi primi bersagli sono già stabiliti”.
La scena finì così. Abyssien comprese allora come fu costruita la reputazione del celebre assassino.
-“Allora, Ombra, com’è che ti abbiamo preso in questo stato?”
-“Sono stata abbandonata dal mio maestro. La missione alla quale eravamo destinati è finita male, ed ho dovuto affrontare rivali più forti di me. Ho fallito. Il mio maestro mi ha creduto morta e mi ha abbandonata…un vero Braccamago sarebbe riuscito a risolvere una tale situazione. Ma le regole sono dure, e quando un Braccamago fallisce, colui che lo accompagna deve risolvere la situazione e disfarsi del corpo del Braccamago. Queste sono le regole.”
-“Ho ancora una domanda, poi ti lascio tranquilla. Perché mi riveli tutto ciò?”
-“Perché li odio!”
-“E’ una ragione sufficiente. Adesso dunque, tu non fai più parte dei Braccamago. Che pensi di fare?”
-“Non lo so”
-“Le persone che non sanno dove andare qui sono benvenute.
Resta con noi Ombra, e con il tempo scopriremo il tuo talento, e questo ci sarà d’aiuto. Potremo imparare da te, e noi ti proteggeremo dai Braccamago se ce ne sarà bisogno. Quelli con cui desidero che tu stia stanno arrivando già.”
Effettivamente, dopo che Abyssien aprì la tenda, entrarono SpadaInsanguinata, Senzavolto e Rabbioso…
L’Ambasciatore
L’accampamento degli Xzia aveva ritrovato la calma. La luce delle torce illuminava le tende con toni rossi e caldi; l’incenso profumava l’aria. Gakyusha approfittava della calma momentanea per prendersi un meritato riposo. Ancora una volta l’Imperatore sarebbe stato soddisfatto dei suoi servizi. Ma all’improvviso una voce scosse il silenzio:
-“Signore! Abbiamo dei problemi!”
Stanco, Gakyusha sospirò. Si alzò e uscì dalla tenda, e vide la sentinella fuori dalla tenda in ginocchio: - “Che succede?”
-“Un essere strano si è presentato all’entrata dell’accampamento e vuole essere ricevuto.”
-“Un essere? Si tratta di un draconiano o di uno dei furfanti degli Zil?”
-“Né l’uno né l’altro signore. Dice di parlare in nome della foresta.”
-“Della foresta? Sono curioso allora di sapere che cosa ci vuole dire. Avvisa mio figlio e Asajiro, che si tengano pronti, nel caso si tratti di uno scherzetto degli Zil”.
La sentinella condusse Gakyusha nel luogo dove c’erano già Ergue e Soriek (il colosso blu sul quale Tsuro aveva fatto rapporto); Granderabbia probabilmente era nascosto tra gli alberi. L’essere che avevano davanti era molto strano e sconosciuto a loro: un Hom’Chai di impressionante grandezza, con la faccia tinta di rosso. Dietro di lui, una grossa lancia piantata a terra terminava con una lama d’ambra. Ma l'essere che sembrava avesse organizzato questo incontro era totalmente sconosciuto dallo Xziarite. Aveva un’espressione poco gradevole, era piccolo e poco muscoloso, i suoi occhi non avevano pupilla, ma soprattutto era privo di bocca. Era vestito con fogliame e liane, come se la natura volesse proteggere il suo corpo. Nella sua mano, un bastone con l’estremità a forma di luna, al centro della quale si trovava una piccola figura avvolta dalle fiamme.
Ergue guardò Gakyusha, e lesse nel suo sguardo lo stesso suo stupore. Una voce risuonò nelle loro teste, così chiara come se la stessero ascoltando:
-“Salve signor Gakyusha dell’Impero di Xzia. Sono Parlaspirito, e vi parlo in nome del popolo Eltarite. Ho voluto incontrarvi oggi, per informarvi che le terre che state calpestando non vi appartengono. Esse sono proprietà del popolo della foresta da molto prima che esistessero le vostre nazioni.
Gakyusha si mise a ridere: -“Scherza? La Tomba degli Antenati è contesa tra la draconia e l’Impero di Xzia da moltissimo tempo. Inoltre il popolo di cui lei è portavoce ci è sconosciuto, e penso che anche al Consiglio lo sia. Questo per dirle che la sua impresa è destinata al fallimento.”
-“Ci dispiacerebbe molto ricorrere alla forza per proteggere le nostre terre. Ma già in passato lo abbiamo fatto, e lo faremo di nuovo se il caso lo richiedesse” – risuonò la voce del Dais.
-“Mi scusi” – disse Ergue – “se questi conflitti riguardano pochi uomini, che per giunta non si inoltrano nemmeno nella foresta, perché vi disturbate?”
-“Il pericolo non viene dalla guerra che vi fate, bensì da quella pietra che si trova sulla superficie del nostro mondo” – disse puntando il suo bastone verso la Pietra caduta dal Cielo, che brillava intensamente. La terra sotto la pietra bruciava e marciva, come presa da un’infezione.
-“Adesso comincio a capire” – mormorò Ergue.
-“Questa pietra è molto grande – disse Gakyusha – “non potremmo trasportala lontano senza un imponente dispiego di mezzi e uomini. Nonostante la nostra supremazia nel conflitto, questa pietra è ambita da sempre più persone. Non posso prendere questa decisione da solo. Devo consultarmi con l’Imperatore” – e alzandosi aggiunse: - “Il suo messaggio è stato ricevuto Parlaspirito, ma dubito che il suo insignificante popolo sarà ascoltato!”
-“Bene, Signor Imperiale. Anche io trasmetterò le sue parole al mio popolo.”- e i due si allontanarono.
Tornato nella sua tenda, Gakyusha si rimise a letto, pensieroso. Che cosa rappresentava davvero questa pietra, perché così tanta gente ne era interessata? Questo popolo sconosciuto poteva rappresentare un vero pericolo? Non si fidava, la sua esperienza gli aveva insegnato che chi veniva a sfidare a viso aperto il nemico o era pazzo o era molto sicuro di sé…..poi chiamò Tsuro: - “Sono riusciti i tuoi Bracconieri a seguire gli emissari della foresta?”
-“No, mio signore. Ne abbiamo perse le tracce appena si sono inoltrati nella foresta….”
-“Cosa sai di questo popolo Eltarite?”
-“Non molto, mio sognore. Sappiamo che questa piccola tribu di Hom’Chai e Eltarite stanno ai bordi della foresta. Commerciano con piante, gioielli d’ambra e vivono della caccia, ma non hanno contatti con le altre nazioni. Non sapevo che facessero parte di un gruppo di tribù o che obbedissero ad altri popoli.”
-“Allora…Probabilmente sono un gruppo di pazzi…”
Ergue marciava nell’oscurità con passo rapido. Le sue capacità animali gli permettevano di vedere nell’oscurità come se fosse giorno. Se Marlok fosse stato ancora dei loro, avrebbe potuto illuminarli circa la visita ricevuta. Una cosa era certa però. Non avrebbe sottovalutato quel popolo, come aveva fatto quel presuntuoso di Gakyusha. Ricordò quello che sapeva sui Dais. In uno dei suoi viaggi attraverso le tribù primitive del paese aveva sentito parlare di loro, ma non ne aveva mai visto uno. Erano venerati come dei da tutti i popoli vicini alla natura. La leggenda raccontava che possedevano grandi poteri magici, per volontà della natura, e che tutte le forme di vita obbedivano alle loro leggi. Un nuovo poderoso avversario stava per entrare in gioco.
Il grande blocco d’ambra illuminava la stanza con una luce dolce e dorata. Kei’zan, con aria malinconica, lo contemplava. Poi si avvicinò alla pietra e mise la sua mano rugosa sulla superficie. La voce risuonò immediatamente nella sua testa: - “Allora, fratello mio, gli uomini sono stati all’altezza delle tue aspettative?”
-“Purtroppo no” – disse silenziosamente Kei’zan – “il nostro tentativo di ragionare con loro ha fallito. Avevo inviato Parlaspirito e Macchia Rossa per parlare con loro, ma abbiamo incontrato solo indifferenza e sdegno.”
-“Te l’avevo detto, questi mocciosi non capiranno mai niente. Liberami e vedrai che gli farò ricordare perché i loro antenati avevano così paura della foresta.”
-“No” – disse malinconicamente Kei’zan – “le azioni che hai commesso in passato ti hanno condannato a questa prigionia, e rimarrai lì fino alla fine dei tempi. La collera della foresta si sta svegliano, e molto presto capiranno che non sono a casa loro.”
La Mummia
150 anni prima che la pietra cadesse dal cielo, il Deserto di Smeraldo era teatro di una guerra civile.
I tuareg del sud, capeggiati dallo sceicco Azine e dalla sacerdotessa Ptol’a, sfidavano la supremazia del culto di Sol’ra. I conflitti avevano portato a lotte fratricide dove gli sfidanti potevano arrivare ad essere della stessa famiglia. L’ultimo scontro fu portato avanti dai politeisti, che per una volta riuscirono a coalizzarsi contro i monoteisti di Sol’ra, capeggiati da Ahmid. Nel cuore della battaglia, Ahmid e la sacerdotessa Ptol’a si scontrarono con una ferocia inaudita, spazzando tutto al loro passo.
Presto non rimase più nessuno intorno a loro. La spada di Ahmid tagliava l’aria con un suono terribile, mentre la sacerdotessa pregava affinché Ptol’a le concedesse poteri mortali e distruttivi. Disgraziatamente Solaris appoggiò Ahmid, e questi riuscì a tagliare la testa della sua avversaria. Guardò la sua testa rotolare sulla sabbia, gli occhi ancora si muovevano, e a un certo punto la bocca disse: - “Non muore colui che non dorme mai! Hai vinto, ma uccidendomi anche tu ti sei inflitto la morte…!”
Invaso da un brivido, Ahmid capì che quella voce non era della sacerdotessa, bensi dello stesso Ptol’a. Da quel giorno iniziò la supremazia delle forze di Minephta. Quello stesso pomeriggio, nel cuore del deserto, si celebrò una grande festa in onore di Ahmid e del suo esercito. L’alcol scorreva a fiumi, e Ahmid fu presto ubriaco. I sensi iniziarono a vacillargli. In mezzo alla moltitudine vide una persona che gli sembrò familiare. La seguì fino al bordo del fiume che passava poco distante da là. Doveva trattarsi di un fantasma, perché la persona che vedeva era la sacerdotessa di Ptol’a.
-“Sei tu?” – disse tra lo stupore e la paura. La donna gli sorrise come per dire che si, era lei.
-“Ma è impossibile. Ti ho ucciso con le mie mani.” – le lacrime scorrevano sulle sue guancie – “ti ho uccisa”. Cadde in ginocchio e si pentì di tutti quegli anni di guerra. In quel tempo aveva un amore che gli dei purtroppo non favorirono, a causa dell’arrivo della guerra. Però adesso, vedendola ancora, sapeva che il suo amore per lei non si sarebbe mai spento.
Anche la sacerdotessa si inginocchiò e prese il viso di Ahmid tra le mani e lo baciò. Il guardiano del tempio sentì un profondo dolore, proprio all’altezza del cuore.
-“Muori, per mano di colei che ti ha amato, come lei morì per mano tua.”
Il guerriero non riusciva più a respirare, il sangue bolliva nelle sue vene.
-“Quando sarai morto, il tuo popolo ti mummificherà, e sarai venerato come un santo. Per tua sfortuna, quando ti sveglierai, sarai chiuso nella tua tomba, per l’eternità.
Ahmid sentiva il suo cuore rallentare, ebbe solo il tempo di sentire le ultime parole della sacerdotessa: - “Hai capito che sono Ptol’a in persona. Mi è costato molto sforzo venire fino a qui. Arriverà il giorno in cui riavrò il mio antico splendore. Addio guardiano del tempio di Sol’ra.”
Ahmid fu pianto come si conveniva ad un eroe, come aveva previsto Ptol’a. Gli diedero una tomba degna di un re. Passarono molti anni prima che Ahmid si risvegliasse da quella morte apparente. Si sentì perso, ma soprattutto cambiato. Colpì il coperchio del sarcofago per poter uscire, provò vari giorni a trovare una via d’uscita, ma invano.
Fuori, Djamena seguiva da qualche settimana gli insegnamenti dei sacerdoti, i quali erano stupiti dalla velocità d’apprendimento dei precetti di Sol’ra della giovane. Una notte, Djamena si svegliò con una strana sensazione, come se dovesse fare qualcosa. Come guidata da una forza superiore, uscì dal tempio. Una voce le diceva che aveva bisogno di lei. Arrivò fino alla grande piramide, ed entrò per una porta laterale che fino a quel momento ignorava. I sinuosi corridoi la condussero fino al cuore dell’edificio, dove Ahmid aspettava da tantissimi anni. Istintivamente, aprì la porta della tomba e vi entrò senza nessuna esitazione o paura. All’improvviso il suo aspetto cambiò. Ali apparsero sulla sua schiena, e i capelli divennero biondi come la sabbia che brilla al sole.
-“Chi è?” – gridò Ahmid.
Djamena avanzò, avvolta dalla luce. Il guerriero si gettò subito in ginocchio, riconoscendo la potenza divina di Sol’ra. “Un inviato di Sol’ra” - pensò tra se - “è l’ora che io mi ricongiunga con i miei antenati”.
-“Vieni a liberarmi da questa non vita?” – chiese con voce cavernosa – “Ho servito fedelmente durante tutta la mia vita. La imploro, messaggera, di lasciarmi andare”
-“Ho altri progetti per te, guardiano del tempio. Servimi con fedeltà e ti libererò da questa maledizione.”
-“Ma…io ho fatto la guerra in nome di Sol’ra, ho ucciso per lui, ho sacrificato la mia anima in nome suo…E’ questo il suo modo di ringraziarmi?”
-“Ti ringrazierà a tempo debito. Non c’è niente da discutere. Potrebbe anche continuare a lasciarti così, ma non è questo quello che vuoi, giusto?”
La mummia ricordò il supremo mandato dei guardiani del tempio: obbedire.
-“Così sia. Che devo fare per il mio signore?” – disse con amarezza.
-“Quello che sai fare meglio: uccidere. Una grande minaccia si prospetta. Iolmarek e altri nomadi del deserto avranno molto da fare per contrastarla. Devi aiutarli.”
-“Obbedisco”
Poi la giovane donna tornò ad essere Djamena, i capelli tornarono ad essere neri e le ali sparirono.
Il Risveglio
Una freccia tagliò l’aria, e si conficcò giusto nel centro del petto di Gakyusha….
Egli aveva fatto orecchie da mercante all’avvertimento di Parlaspirito. Per lui la pietra apparteneva all’Imperatore, e niente avrebbe cambiato quello stato dei fatti. Gli Inviati non si interessavano quasi più alla pietra, e i Guerrieri Zil erano quasi stati sconfitti. Solo i Nomadi del Deserto sembravano un problema, ma fino a quel momento non si erano dimostrati bellicosi. Ma quella non era che una facciata, presto Iolmarek avrebbe saputo come utilizzare i poteri della pietra caduta dal cielo e mettere fine al conflitto.
Purtroppo non aveva considerato questi nuovi avversari, i quali desideravano solo che gli invasori sparissero dai territori che da millenni gli appartenevano. Così, delle radici spuntarono dal terreno e devastarono l’accampamento. Tutti cercavano di liberarsi da quella repentina vegetazione, ma era quasi impossibile.
Ydiane, che aveva osservato tutto ciò, era poco lontana. Lei e Artiglio si erano avventurate non lontano dall’accampamento, e si apprestavano ad eliminare alcuni membri dei Kotoba. Puntò il suo arco verso uno che sembrava essere il loro capo, e Artiglio si gettò sul più grosso di loro. Xin non ebbe il tempo di reagire, e le liane lo bloccarono. Quanto a Gakyusha, ringraziò nella sua mente Masamune che gli aveva forgiato quell’armatura. La freccia si distrusse al colpirla. Questo però voleva dire che qualcuno attentava alla sua vita. Nel bel mezzo della battaglia vide un essere con forma di insetto aggredire il suo Portaferro, e non esitò a saltargli addosso. Per identificare Ydiane, afferrò il fodero della sua fedele Parola dell'Imperatore e riuscì a vederla tramite il suo spirito. Si concentrava sulla seconda freccia che era staca scoccata. Non era la prima volta che ricorreva a tale tecnica, ma mai in una situazione così "originale". Mentre la freccia gli avrebbe tolto la vita colpendolo in testa, il Signore Imperiale usò una tecnica antica, iaïjutsu, sfoderando con una incredibile velocità la spada, facendo deviare la freccia di lato.
Tsuro e Amaya non c’erano, e Iro e Asajiro erano nella capitale. L’attacco li trovava quindi un po’ scoperti; la lotta sarebbe stata dura.
Dall’altra parte, i nomadi si erano rifugiati ai piedi della pietra, e il potere divino impediva alle liane e alla vegetazione di arrivare fino a loro.Iolmarek e Ahlem imploravano gli dei affinché tutto ciò finisse presto. Di fronte a loro stavano già gli Hom’Chai, giganteschi. Kei’zan si avvicino, protetto da un’armatura che sembrava fatta da spine viventi: - “E’ ora che voi ve ne andiate! Non ve lo ripeteremo.”
-“Creature del male! Voi non siete niente in confronto a Sol’ra. Siete degli insetti e vi schiacceremo!” – gridò la Sfinge scagliandosi contro Kei’zan. Quest’ultimo colpì il suolo col suo bastone e delle radici in un secondo immobilizzarono il bestione. Ci fu uno scontro incredibile. Il sangue colava, ma le ferite dei nomadi si curavano rapidamente, grazie alle preghiere dei loro sacerdoti. Era la prima volta che i Cuore di linfa affrontavano questa magia. Iolmarek li giudicava troppo selvaggi per far si che si impossessassero della pietra. Mentre gli Hom'chai combattevano contro i guerrieri del deserto, Melissandrà montò sul suo lupo, accompagnata da Pikounours ed il resto delle truppe. Fortunatamente per i sacerdoti, un nuovo arrivato riuscì a ristabilire l'equilibrio tra le due forze. Ahmid si impose ad un Hom'chai, quest'ultimo comprese la sua natura di non morto, ma non vivente per imporsi ai suoi avversari.
-“Sono Ahmid, flagello di Sol’ra. Vi riunirete con i vostri morti che già dormono nelle profondità della terra!!!”
Iolmarek ammirava Ahmid, era davvero un eroe! E questo gli fece recuperare fiducia.
Nel frattempo Kei’zan riuniva le forze e concentrò la sua energia nella pietra-cuore, un pezzo di dio-albero, e si trasformò appunto in un uomo albero. I suoi piedi diventarono radici e si conficcarono nel suolo, dal corpo gli spuntarono rami fioriti. Il Dais irradiava la potenza dell’albero-mondo. Quella era la vera forza dei Cuore di linfa. In quel momento tutti gli Hom’Chai e gli Elfine si trasformarono in Guemelite, in armonia con la terra. La terra iniziò a tremare e radici e liane grosse come tronchi uscirono dal suolo avvolgendo la pietra caduta dal cielo. Dopo pochi secondi non si vide più nemmeno un centimetro della superficie gialla.
Iomalek e gli altri nomadi sentirono che il legame con la pietra si era appena spezzato, e loro avevano perso la battaglia. Ma chi avrebbe vinto quella ormai terribile guerra?
Il Corvo
Qualche giorno prima dell’attacco dei Cuore di Linfa, Xin guardava l'entrata dell'accampamento dei Kotoba…era stanco, perché dopo l’arrivo della gente dal deserto, nuovi scontri erano scoppiati.
-“Allora, dormiamo in piedi Portaferro?”
La frase svegliò il Kotoba dal suo stato di trance. Non si era accorto che quell’uomo veniva verso di lui. Lo guardò meglio e vide il marchio dei Kotoba sul suo kimono.
-“Mi fai entrare o no?”
-“Come la devo annunciare?”
-“Non sai chi sono?”
Xin scosse la testa…
-“Mmmm, andiamo bene! Annuncia dunque al Signor Gakyusha che Oogoe Kage è qui, e fammi entrare grassone!”
Il giovane Kotoba ribolliva dentro per l’insulto ricevuto, però non poté rispondere.
Iro, che si trovava li vicino ad allenarsi, assistette alla scena, lasciò ciò che stava facendo per avvicinarsi ai due chiedendosi cosa mai potesse volere Oogoe.
-“Ecco il campione dell’Imperatore! Iro, devo vedere subito tuo padre. Vai a prepararti perché dovrai partire per Meragi!” – disse Oogoe.
- “Perché?”
-“L’Imperatore richiede la tua presenza”
Nella tenda di comando il signore imperaiale Gakyusha ricevette Oogoe Kage.
-“Signore imperiale, una grave notizia mi fa arrivare fino a voi. L’Imperatore è gravemente malato.”
-“Vuoi dire che sta per morire?”
Oogoe abbasso la testa in maniera affermativa.
-“Grazie per avermi avvertito. Vado a prepararmi immediatamente per andare a Meragi”
-“Signore, temo che la sua presenza sia più importante qui” – disse consegnandogli una pergamena.
Dopo averla letta, il signore imperiale si sedette e a sua volta ne scrisse una, dandola a Oogoe.
-“Iro e Asajiro ti accompagneranno, Corvo. Voglio che mio figlio, e solo lui, legga queste parole all’Imperatore, hai capito?”
Il tono severo lascio Oogoe impassibile – “sarà fatto signore”.
-“Fate chiamare mio figlio!”
Iro era pronto. L’imperatore era sempre stato generoso con lui, anche nel dargli il titolo di campione dell’imperatore a una tenerissima età. Andando verso la tenda del padre, Iro incontrò SenRyaku. La giovane donna prendendogli il braccio gli disse all’orecchio: -“Stai attento e non fidarti di quelli che ti stanno attorno. Fidati solo di Asajiro, lui sempre ti sarà fedele.” – poi scappò via.
Iro entrò nella tenda che profumava di incenso. Questo odore gli ricordava momenti che da sempre cercava di dimenticare: la lunga e lenta morte di sua madre, nonostante tutte le cure prestatele per non morire. Anche il signore imperiale aveva accettato duramente la morte della sposa.
-“Padre, sei qui?”
-“Si Iro, vieni accanto a me”
Il signore imperiale si trovava in un’ala della tanda di fronte a un piccolo altare. Su di esso un quadretto raffigurante una donna nuda coperta solo dai suoi lunghi capelli, e paletti di incenso che bruciavano intorno alla figura. Pregarono insieme e la notte cadde lentamente.
-“Iro, ho ricevuto un messaggio da Tsuro, dopo l’arrivo di Oogoe. La situazione in seno all’Impero è inquieta e le relazioni politiche si intensificano. Con un'abile manovra mi hanno lasciato al margine di tutto ciò. È per questo che conto sul tuo aiuto. Voglio che tu mi tenga informato.”
Iro guardava l’altare, perso nei suoi pensieri. Ascoltava le parole del padre, ma non poteva fare a meno di vedere il viso di sua madre che affiorava nei suoi ricordi.
Poco distante da li Malyss recitava un incantesimo nella tomba degli antenati. Era sul punto di svenire, le sue forze magiche si stavano esaurendo prima del normale. Non era un caso che si trovasse li, ma per un piano ben preciso che doveva compiere.
Alcune settimane prima aveva aiutato Toran, affinché il suo duello con Akutsai avesse avuto luogo proprio lì. La loro presenza in quel luogo aveva messo in rivolta il mondo degli spiriti, causando una breccia in questo mondo. Malyss cercava lo spirito di un guerriero morto durante la lotta, tanto tempo fa. Quando finì il suo incantesimo tutto intorno a lui diventò più bianco, quindi apparvero forme di nebbia, che presero consistenza sembrando uomini. Malyss teneva gli occhi chiusi perché non gli era permesso vedere quel luogo. Prese una piccola latta dallo zaino e ne estrasse una piuma di corvo…troppo lunga per essere quella di un corvo normale. La lasciò, e questa si mise a volare. Lo spirito fu attratto fortemente da questa piuma e la toccò. In un attimo tutto tornò alla normalità. Malyss aprì gli occhi e di fronte a lui si trovava la persona che lui era venuto a cercare.
-“Gan’so, il corvo è felice di vederti di nuovo tra noi. Siete atteso con impazienza”
-“Grazie a te per essere venuto a cercarmi. Era troppo tempo chè stavo là”
-“Dobbiamo andare a Meragi, il Corvo ci aspetta”.
Iro e Oogoe intanto erano arrivati in città. La capitale era sempre affascinante e piena di attività. Non vollero riposarsi, e chiesero subito di incontrare l’Imperatore. Arrivarono fino alla stanza imperiale dove Ayuka, la vecchia badante, si occupava del malato. L’imperatore giaceva pallido nel suo letto. I due ebbero pena di vederlo in quello stato. Un violento colpo di tosse svegliò l’imperatore che si accorse che non stava solo. E quando vide il suo campione e Oogoe, chiese a quest’ultimo di lasciarli soli. -“Iro, le tenebre annebbiano piano piano i miei pensieri, e tra poco sarò con i miei antenati.”
-“Non dica così. Presto troveremo una cura.”
-“I migliori dottori ci hanno provato, senza soluzione. So che la morte presto mi porterà via. Avvicinati, ho delle cose importanti da dirti.
Iro si avvicino. Questo era per lui un grande onore. Nessuno si avvicinava così all’Imperatore.
-“Forse non lo sai, ma quando un imperatore non può più regnare, gli succede un reggente. Però, ascolta bene, io sento che delle ombre mi accerchiano, mi stringono, e questo non è normale. Come mio campione ti chiedo di proteggermi da queste influenze.
-“Proteggervi? Da chi? Da cosa?”
Proprio in quel momento un uomo vestito di nero e con una lunga barba entrò nella stanza:-“Credo sia ora di lasciar riposare l’imperatore.”
Iro conosceva bene quell’uomo, Daijin. Era un dirigente poderoso del Clan del Corvo e un fedele imperialista. Iro stava per andarsene quando l’imperatore lo prese dal polso dicendo: -“Ricordati delle mie parole…proteggi l’impero….”
Tempus Fugit
Psaume era seduto su una roccia pronto con la sua arpa in mano. In molti, anche da villaggi vicini, erano venuti per assistere al raro avvenimento, e aspettavano con impazienza. Psaume schiarisce la voce e inizia a suonare una dolce melodia: - “Ascoltate, ascoltate la storia degli esiliati del tempo, venuti fino a noi per scappare dalla loro sfortuna….questo succederà nel futuro, ma non sappiamo quando e dove…Samia, giovane apprendista curiosa della vita, non ascoltò mai nulla di tutto ciò…ma poi fu avvisata, il destino non si offre a chiunque….leggere il Libro non è per tutti….evidentemente non diede ascolto alla lezione e al Libro si avvicinò…”
Erano mesi che Psaume viaggiava verso la Pietra Caduta dal Cielo, come molti. Ma lui e il suo cavallo erano molto stanchi. La vista di un fuoco in mezzo ad un accampamento in un villaggio tranquillo fu per lui come un faro nella notte. Avvicinandosi vide una donna con vestiti strani, era sola in questo luogo conosciuto per la sua calma.
-“Scusi, viaggio da molto e cerco un luogo dove passare la notte. Potrei avere l’onore di dividere questo accampamento con lei?” Quando la donna alzò la testa, Psaume vide che era cieca. Gli occhi erano completamente bianchi.
-“Tutti cerchiamo qualcosa. Prego, si accomodi senza timore."
Il giovane uomo scese dal cavallo e lo legò. Sistemò una coperta a terra e si mise a giocare con la sua lira.
-“Lei è musicista?” – chiese la donna con innocenza.
-“Si. Il mio nome è Psaume” – e dopo aver suonato qualche canzone posò la lira.
-“Sapete come noi cantori componiamo le canzoni?”
-“No. Ditemi”
-“A parte le leggende che tutti conoscono, parliamo tanto con le persone che incontriamo lungo i nostri viaggi. Ci possono raccontare molte cose che non sappiamo.”
-“Quindi vuole sapere se ho cose da raccontare…beh…pensandoci, si, ho una storia da raccontare..”
La faccia di Psaume rivelò un grande interesse: - “Racconti, la ascolto” – e prese un block notes.
-“Il mio nome è Samia. Però nella presente epoca sono l’Apostolo del Destino. Vengo dal futuro.”
-“Dal futuro? Vuol dire che lei sa cosa succederà?
-“Le domande più tardi. La mia storia è abbastanza lunga”
-“Mi scusi”
-“Nel futuro io sarò un’apprendista dell’orologiaio, una persona rispettabile di una società segreta chiamata Tempus. Sarò ancora giovane, quando succederà un evento che cambierà molte cose.”
Psaume già fremeva di domande. Questa storia lo rapiva. I verbi si mescolavano stranamente tra passato, presente e futuro.
-“Tempus è il guardiano dei segreti del Destino e conserva anche l’equilibrio del Tempo. Nel futuro, sarò troppo curiosa perché non obbedirò a una regola assoluta dettata da Tempus, e cioè quella di non leggere il Grande Libro del Destino. Questo libro magico, creato da Eredan, può rivelare a chi lo legge il destino di qualsiasi persona. Basta concentrarsi sulla persona della quale si vuole conoscere il destino, e il libro cambia.”
Che storia incredibile! Psaume si chiedeva se non fosse totalmente inventata.
-“Fu allora che ebbi un’idea della quale sempre mi pentirò. Voler leggere nel libro il mio destino. Io però non sapevo di quella rigida regola, e sono stata punita con gravi conseguenze. Il destino mi ha castigata, rendendomi cieca. Da adesso in poi potrò solo leggere il destino delle persone che incontro, mai più potrò sapere del mio. Sono condannata a questo."
-“Appassionante” – esclamò Psaume – “e poi, cosa è successo?”
-“Succederà che avendo infranto varie regole sacre scatenerò l’ira di Tempus. Dovrò allora la mia salvezza all’orologiaio, a cui sono molto vicina. Ancora non so cosa lo spingerà ad aiutarmi. Apparirà a seguito della mia perdita della vista e scapperemo attraverso il Tempus Fugit, una linea temporale proibita ai più, e arriveremo qui, in questo tempo.
-“Quindi, se ho ben capito, siete tornati nel passato. Però questi Tempus non potrebbero anche loro venire qui, in questo tempo?”
-“Lei è perspicace, Psaume. Arriveranno presto, è solo questione di tempo. Però convinceremo delle persone con un destino eccezionale ad aiutarci.”
-“Pero, così facendo, non si modificherà anche il futuro?
-“Possiamo avere due teorie: secondo una il futuro non verrà modificato, perché veniamo da lì. Secondo l’altra invece, questo potrebbe accadere. Però le confesso che per queste teorie è più preparato l’orologiaio. La mia visione del tempo si limita al destino delle persone.”
-“Quindi lei sa che avventure vivrò?”
-“Certo. So che questa storia grazie a lei farà il giro del mondo e che, arrivato il momento, lei si ricorderà di me.”
Lontano, nel futuro, nel momento in cui l’Apostolo e l’Orologiaio svanivano nei meandri del tempo, un uomo apparve. Il suo vestito era quello dei Tempus: - “ho visto che quello che è appena accaduto modificherà il passato fratelli. La regola è stata infranta, e dobbiamo agire.” – altre persone vestite allo stesso modo apparvero dietro di lui.
-“Saranno rinchiusi”
-“Saranno castigati”
-“Gli eventi saranno annunciati”
Poi tutti scomparvero attraverso la linea del Tempo Fugit…
Modo d’uso, capitolo 1
Baranthe è la regione più orientale dei 7 regni, ma anche la più vicina alle terre selvagge, quelle che in altri tempi furono luogo di terribili scontri durante la guerra contro Nehant. Il suo re, chiamato anche lui Baranthe, era un uomo ambizioso. Il suo predecessore gli aveva lasciato in mano un regno debole, pieno di problemi e cose da risolvere, e questo lo infastidiva molto. Dato ciò, aveva intrapreso lavori importanti per far riprendere l’economia e migliorare le condizioni di vita del suo popolo. Un bel giorno un contadino si presentò al castello di Baranthe con una lettera che suscitò l’interesse del re. La lettera annunciava la scoperta di uno strano oggetto di grandi dimensioni, seppellito nella regione di Thane, la più povera del regno. La prima reazione del re fu lo stupore. Di cosa poteva trattarsi? Chiese consiglio agli artigiani del regno, ma nessuno seppe dare una spiegazione. Quello che si sapeva era solo che questo oggetto era un artefatto dai meccanismi molto complessi. La reazione non si fece aspettare: - “bene, dato che siete degli incompetenti, dovrò rivolgermi all’unica persona capace di darmi ulteriori spiegazioni: il gioielliere reale!”
Questi arrivò poco dopo e disse con aria altera: - “risolverò quest’enigma per sua maestà!”
Il gran gioielliere era famoso per molte invenzioni di sua creazione, alcune anche con meccanismi molto complicati. Viaggiò quindi a Thane dove lo aspettava la “cosa”. Lì passò una settimana intera cercando di risolvere l’enigma. Sfortunatamente, dopo tre giorni, non aveva fatto nessun progresso. I servitori presenti lo videro il sesto giorno quasi nudo intorno alla cosa gridando: - “non potrò risolverlo! Non potrò risolverlo!” – e in effetti non ci riuscì. Il povero quasi si prese un esaurimento nervoso, e ci mise molto a rimettersi completamente.
Il re era molto arrabbiato, stava iniziando a perdere prestigio a causa di questa storia che non poteva risolvere. Quando gli venne in mente un’idea: - “Ambasciatori! Andate in giro per il mondo, e invitate tutti gli artigiani del mondo a risolvere questo enigma, uno dei più difficili al mondo. Chi ci riuscirà sarà cospicuamente ricompensato.”
Molto in fretta la voce circolò, e presto molti artigiani e curiosi arrivarono a Baranthe. Erano così tanti che il re fu costretto a indire delle selezioni. I migliori furono quindi inviati a Thane, dove il signore del luogo si prese cura di loro, e della supervisione dei lavori.
-“Benvenuti a Thane. Spero che il vostro talento ci porti finalmente a scoprire di cosa si tratta, venite a vedere.” – li porto di fronte al recinto che era stato costruito con il fine di proteggere la cosa. Quando le porte furono aperte gli artigiani rimasero impressionati. Era un cubo immenso, alto quanto tre uomini e in parte era ancora ricoperto di terra. La superficie presentava un mare di meccanismi e di gemme che si illuminavano di diversi colori.
-“Va bene, abbiamo tanto lavoro” – disse Delko, il famoso fabbricante di Golem di Noz’Dingard.
-“Ha ragione, caro collega” – rispose Jorus.
-“ Mettiamoci a lavoro” – disse Klemence, e senza la benché minima delicatezza si scagliò con forza con il suo martello contro i meccanismi. Non successe nulla, a parte la distruzione del suo martello. Delko e Jorus intanto studiavano delle teorie: - “e se allineassimo le gemme dello stesso colore?” , “non credo, forse bisogna premerle tutte allo stesso tempo” ….
Non lontano da li due Braccamago spiavano la scena con molto interesse:
-“Ecco un oggetto del quale non sentivamo parlare da tanto tempo”
-“Già. Allora ne esistono ancora…”
-“Si, questa è la sua opera maestra. La seconda!”
-“Si. Perfino oggi, nessuno è capace di capire quanto egli era avanti nei tempi. Un vero genio!”
-“Quello che è strano è che il cubo è stato seppellito….servirà per caso da cassaforte?”
-“E cosa ci sarà dentro?”
-“Lo sapremo se loro riusciranno ad aprirlo”
-“Vai a fare rapporto alla confraternita, dobbiamo tenerli al corrente. Possiamo trarre vantaggio da questa nuova tecnologia, ci aiuterà nei nostri affari.”
-“Si, vado subito”
L’Albero-Mondo
Il vento soffiava dolcemente tra i rami dell’albero-mondo. In quei giorni la vita era molto tranquilla a Guem. Nessun umano andava per queste terre.
L’Albero-mondo era il centro, l’origine della vita. Oltre ad essere immenso, la sua particolarità era quella di possedere al suo interno una pietra-cuore, la quale, secondo la leggenda, fu la prima esistente a Guem. Quando il vento fece cadere sulla pietra un seme portato dal vento, una pianta si sviluppo a velocità sconcertante. È così che era nato l’albero-mondo.
La primavera chè seguì, l’albero fece fiori, che si trasformarono in frutti, che maturarono. Quando questi caddero al suolo non diedero vita ad altri alberi, bensì a creature, come se fossero pulcini nati da un uovo. Così nacquero i primi abitanti di Guem, i Dais. I figli dell’albero-mondo vivevano in armonia.
Gli anni passarono e tutto andava bene in questo prospero mondo. Ma, uno di questi esseri sembrava essere preoccupato. Era stato scelto per diventare il leader dei Dais, si chiamava Kei’Zan. Nacque da un frutto speciale dell’albero, infatti nacquero lui e un fratello. I membri di questo popolo erano conosciuti per essere dei potenti sensitivi, percepivano i pensieri e le sensazioni di chi gli stava intorno.
Mentre Kei’Zan guardava serio il tronco dell’albero gli si avvicinò il fratello, che percepì la sua preoccupazione.
-“Sento che sei preoccupato fratello, cosa ti fa stare cosi?”
-“Ogni Dais che nasce debilita l’albero”
-“Come può essere?”
-“La pietra-cuore si debilita ogni giorno di più, e ascolto la voce di nostra madre in agonia”
-“Davvero? Ma sembra andare tutto bene, i rami sono pieni di rigogliosi fiori, annunciando l’arrivo di altri bimbi Dais”
-“Il problema è più profondo”
-“Dai, non preoccuparti. Sono sicuro che la situazione migliorerà”
-“Non credo”
Infatti la situazione non migliorò. Dopo qualche tempo tutti percepirono che la morte era vicina per l’albero. La pietra, visibile dalle fessure nella corteccia, emetteva solo una debole luce. La tristezza invase il popolo Dais. Senza l’albero erano destinati ad estinguersi.
Ad un tratto il fratello di Kei’Zan si avvicinò all’albero e guardando tra le crepe della corteccia vide che la pietra cuore si ingrandiva sempre più….e anche velocemente…..ebbe solo il tempo di correre via, e cercando di mettere a riparo anche il fratello, insieme caddero a terra. Ci fu una grande esplosione. Molti Dais erano morti, travolti dai rami e dal legno che erano volati dappertutto. Anche i futuri Dais racchiusi nei fiori morirono. Al rialzarsi Kei’Zan si sentì diverso. Non aveva più la capacità di sensitivo, non sentiva più dentro di sé il dolore del suo popolo, né quello del fratello che pure lui era stato ferito. Lo mise in salvo e poi ritornò sul luogo dell’esplosione. Non rimaneva quasi più niente dell’albero-mondo se non rami, foglie e tronchi spezzati dappertutto. In mezzo a quella distruzione, vicino alle radici, Kei’Zan scorse qualcosa, una gemma particolare, grande quanto un pugno, con al suo interno un pezzetto di radice. Quando la prese in mano senti delle parole: - “La morte non è la fine. Mi porterai con te e vivremo fino al giorno della rinascita”
In quel momento si rese conto che quella pietra era il seme dell’albero-mondo e che il ciclo della vita sarebbe continuato. Un giorno, nel futuro, un altro albero-mondo sarebbe nato. Pero, quando?
Modo d’uso, capitolo 2
Sala del trono del castello di Baranthe, qualche tempo dopo la partenza degli artigiani per Thane.
Il re era solo, seduto nel suo comodo trono centenario. Pensava al favoloso tesoro che presto sarebbe stato suo. Era felice dentro di sé. Ma presto il suo buon umore sarebbe sparito a causa di un arrivo imprevisto. Si sentiva stanco, la vista gli mancava….come se la luce passasse attraverso finestre annerite…i suoi occhi non vedevano…dalla tasca interna della sua giacca uscì una pietra, che lievitando si portò vicino alla sua testa. Questa pietra-cuore era probabilmente verde, ma lui adesso la vedeva quasi nera. Poi del fumo nero riempì la stanza, e da questo apparve una figura col volto parzialmente coperto da un cappuccio. Avanzò verso il re colpendo il suolo col suo bastone.
-“Ottimo lavoro re Baranthe. Presto sarai ricco e i 7 regni saranno ai tuoi piedi.”
Le parole del nehantista fecero centro. L’avarizia e la vanità del re servirono come punto d’entrata alla coscienza del re.
-“Il piano va come previsto.”
Il nehantista porse quindi al re una pergamena bianca. -“Scriverai una lettera al signore di Thane. Digli che un certo Quilingo andrà per aiutare a risolvere l’enigma, e che è molto importante che lui entri per primo quando riusciranno ad aprire il cubo.”
Pochi minuti dopo la pergamena era già preparata e chiusa col sigillo reale.
-“Quilingo arriverà domani. Lo riceverai discretamente e gli darai i tuoi ordini.” – e retrocedendo fino al centro della stanza aggiunse: - “non dimenticare che il tuo nome passarà alla storia” Il nehantista si convertì di nuovo in fumo, che piano piano svanì, man mano che il re recuperava coscienza. Per tutti, era una sua idea.
Durante vari giorni gli artigiani lavorarono intensamente per risolvere l’enigma. Questo piccolo esercito viveva isolato in un villaggio. Quella notte il signore di Thane convocò una riunione per fare il punto della situazione e parlare dei progressi. C’erano tutti intorno al tavolo, e la confusione regnava, perché ogni artigiano difendeva ad alta voce le proprie idee e teorie. Il povero Signore faticò molto per attirare l’attenzione di tutti: -“Signore e signori, un attimo di attenzione. Vorrei che ognuno di voi mi informasse sulle proprie ipotesi. Vuoi cominciare tu Klemence?” La giovane si sorprese che fossero interessati a lei. Si schiarì la voce e iniziò a parlare: - “Se sapessimo chi ha fabbricato questo affare potremmo avere qualche indizio in più, perché non c’è modo di aprire il cubo!”.
-“Tu, Delko, che ne pensi?”
-“Come ha ben detto Klemence, se sapessimo lo scopo per il quale il cubo è stato costruito avremmo più possibilità”
-“Mi state dicendo che ancora non avete fatto progressi per niente?”
-“Non è cosi. Ci stiamo scambiando pareri, e questo ci farà andare avanti. Se lei pensa che avremmo risolto con una sola occhiata il dilemma, si sbaglia. Comunque ci piacerebbe sapere chi è il fabbricante di tale oggetto.”
Effettivamente, il mattino dopo, un messaggero arrivò con una pergamena per Delko. Tutti si strinsero intorno a lui per sapere. “Maestro Delko,
il fabbricante è il maestro Elmijah di Kref’ga, conosciuto anche come Ebohki. Abbiamo poche informazioni su di lui nella biblioteca del Compendio, perché questi è sparito dopo la guerra contro Nehant.
Nella speranza che questa informazione vi sia utile Vostro devoto
Aerouant”
Ebohki. Questo nome risvegliò subito l’interesse di tutti gli artigiani che stavano intorno e tutti ripresero a discutere. Tutti pensavano che questo tale Ebohki doveva essere un gran genio, un precursore.
Già da un paio di giorni Quilingo era arrivato all’accampamento. L’attesa lo annoiava, era stanco di giocare con Ylong. Finalmente però un rumore squarciò la monotonia e nel bel mezzo dell’agitazione di tutti la porta si apri, con un rumore assordante di ferraglia. Tutti gli artigiani erano pazzi di gioia e si complimentavano tra loro con pacche sulle spalle.
Quilingo saltò dal banchetto dove stava seduto e si avvicinò all’entrata. Dovette ricordare a tutti che solo lui poteva entrare, e solo. Poi gli altri sarebbe entrati dopo. L’interno era incredibile, le pareti del cubo erano coperte da meccanismi e luci verdi. A terra, un vero e proprio tesoro: soldi, oggetti, armature, scrigni e ricchi vestiti. Quilingo in silenzio aprì una pergamena che aveva con sé e osservò l’illustrazione: si trattava di una spada. L’uomo-panda si guardò attorno fino a quando non trovò quello che cercava: una spada molto speciale. La avvolse in una tela e se ne andò senza nemmeno salutare.
Nel frattempo il signore di Thane si cullava per la riuscita. Voleva sapere dagli artigiani come erano riusciti ad aprire la cosa: - “Masaume, dimmi, come ci siete riusciti?”
-“Ci siamo adattati. Questa è stata la chiave. C’erano serrature di tutti i tipi e dimensioni. Mettendo insieme le nostre conoscenze ce l’abbiamo fatta”
L’onore ritrovato
C’erano tutte. Tutta la confraternita era davanti a lei, come volendo controbilanciare il peso della sua vergogna. Vergogna che sentiva da settimane. Portava un vestito grigio, che era il colore della disgrazia. Oggi, non era più una Stregaspada, e posando la sua spada ai piedi di Naya non fu capace di trattenere le lacrime. Lacrime che molte di loro condivisero. Quando una Stregaspada non portava a termine la missione assegnatale, era tutta l’organizzazione e tutti i loro principi che cadevano in vergogna. L’errore della giovane donna era l’errore di tutte loro, ma nonostante ciò, era lei a pagarne il prezzo.
-“Anazra. Oggi il tuo onore è stato macchiato, e l’onore è il pilastro dei nostri principi” – disse la comandante raccogliendo la spada di Anazra.
-“Ricordo il giorno in cui ti ho dato quest’arma, eri molto giovane allora. Togliertela oggi è per me un gran dolore.”
Le lacrime di Anazra cadevano con forza sul suolo della caverna del tempio.
-“E’ ora che tu vada via. Conserverò questa spada, sperando un giorno di potertela ridare nel giorno in cui avrai ritrovato il tuo onore.”
Così terminava una cerimonia nella quale si ritirava il titolo a una Stregaspada. Questo succedeva molto di rado, però ogni volta era un momento molto duro per tutta l’organizzazione.
Giorni dopo, la giovane donna aveva abbandonato tutte le speranze di tornare ad essere quella che era. Passava la maggior parte del tempo nei giardini di Noz’Dingard dove stavano le statue degli eroi del passato che fieramente guardavano all’orizzonte…come fare per recuperare l’onore?...si era fatta questa domanda milioni di volte, senza mai trovare una risposta.
-“Allora, hai trovato l’ispirazione Anazra?”
Due giovani donne si avvicinarono, vestite da Stregaspada.
-“Venite a provocarmi con insolenza, sorelle?”
Moira ed Eglantyne erano entrate nell’organizzazione nello stesso periodo di Anazra, e tutte e tre avevano stretto un legame forte.
-“Ancora no….”
-“Non avevamo tue notizie, sembrava che la tua presenza fosse nascosta da Dragone”
-“Dragone? Si starà divertendo tanto vedendo in che situazione mi trovo…” – aggiunse ironicamente.
-“Se fossi al tuo posto non ne sarei così sicura” – aggiunse Eglantyne.
-“Però non sei al mio posto. Mi piacerebbe molto vedertici!” Entrambe si sedettero a fianco ad Anazra.
-“Ti ricordi di come siamo diventate Stregaspada?” – chiese Moira
-“Perfettamente”
Le tre ricordarono quindi la formazione ricevuta dalla loro sorella maggiore, Naya, e le prime fasi del loro apprendimento e quella frase che veniva ripetuta sempre”la Stregaspada è nel contempo fine lama e maga. Deve essere agile e comprendere gli arcani del Dragone”.
Poi ricordarono fatti più recenti, le avventure delle tre, quando una volta si avventurarono in una profonda regione della Draconia. Lì avevano capito il significato della parola onore.
Anazra guardò alle amiche con interesse. Le due sorridevano. Sapeva bene che le stavano dando una pista per il suo ritorno a Stregaspada. Si alzò con il cuore pieno di speranza.
-“Grazie sorelle, ho capito quello che devo fare!” – e andò via.
-“Credi che ce la farà?”
-“Dragone veglia sempre su di lei come lo fa con noi. Per adesso non è una stregaspada, ma è pur sempre una Draconiana, e i suoi poteri sono temibili”
-“Vedremo che succede”
Anazra fece tappa nell’ostello dove dormiva, prese le sue cose e la spada che le avevano dato per rimpiazzare quella sottratta da Naya e lasciò la città. Sapeva che il suo viaggio sarebbe stato breve, passando per i villaggi lungo il tragitto. Era il viaggio di un nuovo inizio. Si diresse a sud, verso Noz’Zar, la seconda città più importante della Draconia. Da lì lasciò la strada segnata per inoltrarsi nelle pianure deserte di Mornepierres. Tutto si ripeteva, salvo che questa volta, una volta arrivata al bordo della pianura, incontrò un viandante. Anazra non si aspettava di vedere qualcuno qui, in quel deserto. La figura si alzò e le venne incontro. Era un ragazzo, più o meno della sua età, e portava vestiti inequivocabili: faceva parte della nobiltà. I suoi lineamenti le ricordavano qualcuno, ma non riusciva a ricordare chi.
-“E’ lei?” – disse il ragazzo con aria soddisfatta
La giovane donna si sorprese – “questo dipende da chi sta aspettando…”
-“Aspetto la donna che avrebbe dovuto proteggere mio padre, ma che non l’ha fatto”
Il cuore di Anazra si strinse e la vergogna riapparse sul suo volto.
-“Oh mi scusi, la prego, non volevo offenderla. Venga, si sieda qui con me e le spiego il motivo per il quale sono qui”
I due si sedettero sull’erba.
-“Ci siamo incontrati due anni fa, quando Dragone mi diede il compito di succedere a mio padre, l’antico signore Dragone di Drak’Azol.”
-“Congratulazioni, è una grande responsabilità” – disse la ragazza.
-“Grazie. Però non sono qui per questo. Ho saputo che lei si dirigeva verso il Soffio del Dragone. Io devo andare a trovare il Signor Karn e faccio lo stesso cammino.”
-“E come l’ha saputo?”
-“Le sue amiche Moira e Eglantyne me lo hanno detto”
“Me l’hanno combinata” pensò Anazra, era chiaro, quei discorsi sulla nostra formazione non erano fatti a caso…. - “quindi le avranno anche detto che ricordarmi dei miei errori lungo il viaggio sarà un castigo interessante, no?”
-“No, no, al contrario. Lei sa che quello che è successo è dovuto solo a due cose: la fatalità e il Braccamago. Se le sue amiche fossero state al suo posto sarebbe finita alla stessa maniera”
-“Lei si sta basando su supposizioni”
-“Capisco che lei si senta male per non aver fatto il suo dovere.
Ma se tutto questo è accaduto è perché così doveva essere”
-“Non sono convinta di questo, signor Draconico. Comunque mettiamoci in marcia, questi luoghi non sono molto sicuri”
-“Ha ragione”
Presero allora il cammino che passava attraverso le montagne rosse. All’inizio Anazra ascoltava appena i discorsi del giovane, ma poi, a mano a mano che avanzavano, si interessava sempre più, e prendeva anche confidenza in se stessa. Dopo un paio di giorni di marcia arrivarono al luogo conosciuto come Soffio del Dragone. Una vallata nebbiosa senza fine.
-“Eccoci arrivati. Io adesso continuo il mio cammino fino al castello Drak. Spero che questi giorni in mia compagnia le abbiano aperto gli occhi.”
Anazra sapeva che il cammino fino al castello era pericoloso, perché pieno di briganti: - “Se vuole l’accompagno fino a lì”
-“No, grazie, lei ha cose migliori da fare che scortarmi. Nessuno attaccherebbe un Signore Draconico.”
-“Speriamo che sia così”
Le loro strade si divisero e la Stegaspada continuò. La leggenda racconta che sia proprio questo luogo, il Soffio del Dragone, a impedire che i segreti di questa area siano rivelati. Le giovani Stregaspada venivano portate qui per essere messe alla prova.
Anazra avanzò un bel po’ prima di sentire la presenza del Dragone.
-“Quali sono le regole dell’Ordine delle Stregaspada?” – chiese una voce cavernosa.
-“Servirti, servire il popolo e i signori Draconici”
-“E come si serve al meglio un Signore Draconico?" – la voce si fece più seria.
Anazra rimase in silenzio. Poi il cuore le si strinse nel petto. Aveva lasciato da solo il signor di Drak’Azol davanti a un potenziale rischio. Se cercava di ritrovare il suo onore doveva correre, e in fretta. Invocò i suoi poteri magici per andare più veloce. Trovò il Signore mentre dei briganti lo stavano attaccando per derubarlo. Senza dubitare, sguainò la spada e in pochi secondi li mise in fuga. Il signore era salvo senza nemmeno un graffio.
-“Ho pensato davvero che lei mi abbandonasse”
-“Le Stregaspada devono velare per la protezione dei Signori Draconici”
-“Ma lei è una Stregaspada?”
-“Se la dirigente dell’ordine lo vuole….”
-“In questo caso metterò io una buona parola…”
Giorni dopo, nel tempio dell’ordine, le Stregaspada stavano tutte lì riunite. Questa volta i loro abiti erano azzurri e le facce sorridenti. Anazra era di nuovo in ginocchio di fronte Naya.
-“L’onore non ci abbandona mai. Quando dubitiamo, sempre possiamo contare sulle altre”
Prese la spada di Anazra.
-“Questo è il simbolo del nostro impegno, e oggi sono felice di restituirtelo. Porta con orgoglio quest’arma e riunisciti alle tue sorelle Anazra, Stregaspada di Noz’Dingard.”
Liberare l’Ombra
Il ballo dei cortigiani era finito, ma la missione di Ishaia non era terminata. Lei aveva affidato una missione a Marlok e adesso le rimaneva solo da comunicare la cattiva notizia. Era partita con i suoi seguaci per andare alla Tomba degli Antenati, e dopo molti giorni di viaggio finalmente era arrivata alla meta:
l’accampamento dei Guerrieri di Zil.
Vedendo arrivare la delegazione vestita coi colori del Consiglio, Ergue avvisa Abyssien. Questi riunì tutti i Guerrieri di Zil al fine di accogliere al meglio gli importanti ospiti. Non fu sorpreso di vedere lo stendardo di Dama Ishaia. Nel passato le loro vite si erano già incrociate. La consigliera guardò i presenti senza nessuna espressione.
-“Consigliera, siate la benvenuta tre le nostre umili mura.”
-“Grazie Abyssien per la vostra accoglienza – disse inclinando il capo – ma non preoccupatevi, non rimarremo a lungo.”
I Guerrieri di Zil si guardarono gli uni con gli altri. Cosa succede?
La maggior parte di loro non sapeva nemmeno che esistesse un Consiglio delle gilde. I due si appartarono in una zona privata, e il capo Zil offrì una bevanda alla Consigliera.
-“Mi fa piacere vedere che ancora sai come ricevere degli ospiti importanti!”
-“Grazie per i complimenti. Non dimenticare chi ti ha fatto entrare nel Consiglio” – disse con un po’ di ira nella voce.
-“E’ proprio perché ci conosciamo che il Consiglio ha inviato me….avresti preferito un altro?”
-“No, no, certo che no. Sono contento di vederti. Ma a volte credo che la tua attitudine sia troppo arrogante. Comunque, cosa ti porta qui?”
-“Vengo a darti una cattiva notizia – disse schiarendosi la voce e aprendo una pergamena – ci sono numerosi fatti che ci si sono presentati, tra cui: l’assassinio di Profeta da parte di Telendar, allora capo della gilda dei Guerrieri di Zil, l’infiltrazione di un Nehantista in seno alla tua gilda, il tradimento di Silene, Selene e Telendar, la mancata comunicazione dei nuovi membri entrati a far parte della tua gilda e del loro relativo operato negli ultimi mesi.”
Abyssien rimase un po’ allibito. Effettivamente era un po’ troppo.
-“Alla luce di questo, il Consiglio ha preso la seguente decisione: avete 2 mesi di tempo per aggiornare la vostra posizione e provare che la tua gilda è ancora degna di portare questo nome, altrimenti i Guerrieri di Zil si dovranno dissolvere.”
Abyssien aveva appena ricevuto un colpo fatale.
-“Capisci bene Abyssien che tutto ciò non mi fa felice, ma il Consiglio ha bisogno di una risposta ufficiale per poter rinnovare il vostro stemma e sapere che i componenti della tua gilda sono degni della fiducia del Consiglio.”
La giovane donna posò il bicchiere e si alzò.
-“Ufficialmente, tu sai che tutto questo è a causa di Telendar.
Ma le regole sono severe e il capo della gilda si assume la responsabilità per tutti gli atti della stessa. Il conflitto nel quale ci ritroviamo si intensifica. Non dubito che il talento degli Zil sia apprezzato, se riesci a canalizzare le loro energie.”
Abyssien restò in silenzio. Tutto ciò era grave e avrebbe dovuto agire con prudenza.
-“Bene, non ti trattengo ulteriormente Consigliere. Ho tante cose da fare” – il tono indicava chiaramente che Abyssien avrebbe preso in mano la situazione.
-“Va bene. Ci vediamo tra due mesi per vedere come si è evoluta la situazione”
La Consigliera partì tanto velocemente come era arrivata, lasciando il capo Zil alle sue faccende.
Abyssien era circondato da tutti gli altri Zil. Aveva spiegato loro la situazione e tutti erano diventati seri. Kriss avanzò verso il capo: - “dobbiamo riunire il triumvirato!”.
Gli Zil più anziani sapevano che quando la situazione lo richiedeva, un triumvirato si riuniva per prendere decisioni importanti. I membri più giovani ne avrebbero imparato il funzionamento.
-“Si, ce n’è bisogno” – poi, guardando l’assemblea disse: - “ascoltatemi tutti. Sgombrate la pista e mettetevi tutti in cerchio. Kriss ed io andremo a prendere una persona sconosciuta per la maggior parte di voi. Se per caso vi parla, non rispondetegli.”
Dopo aver creato il cerchio, Abyssien portò un gran baule dal quale estrasse quello che sembrava una gran marionetta di paglia con i colori della gilda. Lo accomodò dritto, e nel frattempo Kriss si mise a suonare una musica con il suo organo, sconosciuta ai più. Abyssien iniziò a lanciare sortilegi, uno notturno e un altro che creò una grande luce nel mezzo del cerchio. Il gatto nero che mai si staccava da Kriss iniziò a girare intorno alla marionetta. In quel momento entrambi iniziarono a elevarsi nell’aria. Dei tentacoli d’ombra uscirono dal gatto e si intrecciarono intorno a quello che di fatti era uno spaventapasseri; passarono per la bocca e il naso di questi lasciando il felino incosciente per terra.
La musica si fermò, così come il sortilegio. La creatura rimase in piedi, barcollando. Tutti trattenevano il fiato vedendo quello che stava succedendo. Lo spaventapasseri prese vita e iniziò a camminare, fermandosi di fronte ad Abyssien e Kriss.
-“Perché mi avete disturbato?”
-“Abbiamo dovuto riunire il triumvirato perché la gilda è in pericolo”
-“E perché la gilda che ho creato crede di essere in pericolo?”
Abyssien spiegò dunque le motivazioni. Lo spaventapasseri si mise a camminare in tondo guardando i membri, e riconoscendo solo Spadainsanguinata e Senzavolto.
-“Ohhh, piccoli miei!!! Siete cresciuti!!! Siete magnifici!!”
Continuando il giro si fermò davanti a Ombra : - “e tu, come ti chiami?”
Ma la giovane donna non rispose, ricordandosi delle parole di Abyssien. Lo spaventapasseri annuì.
-“Lei è Ombra. E’ brava a fare acrobazie. Noi adesso dobbiamo parlare in privato”
Kriss, Abyssien e lo Spaventapasseri si riunirono lasciando soli il resto degli uomini alle loro speculazioni.
Lontani da orecchie indiscrete lo spaventapasseri disse: - “non ti preoccupare, signore reale, nessuno potrà mai sciogliere la mia amata gilda. L’Ombra è qui adesso.”
-“Cosa dobbiamo fare per guadagnare credibilità?” – domandò Kriss.
-“Passeremo alle cose serie” – disse Abyssien
-“Si. Puniremo i traditori e faremo quello per cui siamo stati creati: far si che il male non esca dall’ombra.”
-“Rimarrai con noi questa volta?” – chiese di nuovo Kriss
-“Si. Però nessuno deve sapere chi sono. L’Arcimago Artrezil è stato molto chiaro! Da adesso in poi mi chiamerete Salem!”.
All’avventura
Come in qualsiasi parte del mondo, le isole bianche offrono punti di ristoro di cattiva reputazione, taverne malfamate dove l’alcol scorre a fiumi e i ladri derubano gli ubriachi. E’ in uno di questi luoghi che ha iniziò l’incredibile avventura dell’equipaggio di Al la Triste. “Le due gambe di legno” era una taverna dei quartieri più malfamati della famosa città di Volovan, un ritrovo per canaglie e truffatori di ogni genere. Burrich il battitore era uno dei clienti regolari, aveva speranze di portare a termine l’affare del secolo tentando di vendere una mappa del tesoro. Non sapendo leggere e scrivere, non capiva l’importanza di quel pezzo di carta, e dato che mai nessuno lo prendeva sul serio, nessuno credeva nel valore di quello che adesso egli offriva. Fino a quando questa storia giunse alle orecchie di Bragan, uno dei componenti dell’equipaggio di Al la Triste. Dopo qualche verifica, raccontò della veridicità della mappa alla sua capitana. Al la Triste fu molto interessata alla scoperta.
Bragan il vecchio, Pukos l’uomo pesce e la Capitana Al la Triste entrarono nella taverna dove avrebbe dovuto vendersi la famosa mappa. Molti uscirono vedendo entrare i pirati, noti per la loro cattiva reputazione. Per chi non avesse mai visto Al la triste, la prima impressione era quella di sorpresa. Con il suo tricorno e a causa della sua altezza e del suo grande braccio meccanico, aveva spesso difficoltà a passare per le porte.
Burrich li aspettava in un angolo. Già si immaginava ricco dopo la vendita di quel pezzo di carta trovato in un mercato dell’usato. I tre si sedettero vicino allo sfortunato venditore.
-“Mostraci di nuovo la mercanzia, lurido escremento!” – disse Bragan con tutta l’amabilità di cui era capace.
L’uomo prese l’oggetto tanto desiderato, una pergamena che sicuramente era stata chiusa con un cinturino di cuoio rosso e un sigillo di ceralacca. Al la Triste esaminò il documento. Finalmente! Dopo anni di ricerche finalmente lo avevano trovato quasi per caso. Però non mostrò per niente la sua soddisfazione. Poukos lanciò sul tavolo una borsa che conteneva denaro. L’uomo la prese e l’aprì con impazienza. Restò deluso quando vide che la somma non era quella che lui sperava.
-“Hey! Qui dentro non c’è niente!”
Al la Triste si alzò velocemente, lo prese per il collo e lo alzò. Gli altri due non si mossero. Bisognava tener ben vivo il mito di Al la Triste.
-“Ascolta, testa di legno, se non vuoi finire in mare con gli squali accetta questa transazione e sparisci”
L’uomo rimase muto. I due lo guardavano come fossero pronti ad ucciderlo, allora senza pensarci due volte gli diede la mappa e se ne andò.
Poco più tardi, sull’Arc-Kadia, la nave volante della capitana Al la Triste, tutti fremevano. Aveva fatto ritornare dalla licenza i suoi uomini, e nella sua cabina la giovane donna cercava di capire i segreti di quella mappa, quando qualcuno bussò alla porta.
-“Capitano, sono io” – disse una voce acuta.
Era la sua vice: - “vieni! Entra!” – “l’ho trovata! Finalmente potremo localizzare il Titan di Capitan Hic!”
Occhio di Gemma, la vice, aggrottò la fronte. Le due donne erano cresciute insieme, ed erano come sorelle. Al le mostrò la mappa trovata, spiegandola sul tavolo, pieno di altri libri e strumenti di misurazione. La mappa era davvero grande e ben illustrata.
-“Davvero credi che l’ha disegnata il Capitano Hic?”
-“Certo! Guarda!” – dice, segnalandole un sacco di pergamene – “è tutto quello che ho trovato sul suo conto. Molti suoi disegni. E lo stile corrisponde, e le date anche. Se osservi bene, la parte sinistra è il regno di Bramamir. Sappiamo che Hic visse lì prima della guerra nera”.
Occhio di Gemma osservava la mappa. Sentiva che questa emanava magia. La Guemelite allora passò la mano sulla mappa, che immediatamente si riattivò, delle nuove iscrizioni brillarono e una bolla gialla apparse fluttuando sopra la carta. Un’altra scritta in una lingua ai più sconosciuta apparve. Ma Al la conosceva bene, anche suo padre era un pirata, e le aveva insegnato tantissime cose, tra cui questa lingua. Tradusse:
“La caccia ha inizio, contro venti e maree vi troverete, ma i cardinali vi aiuteranno. In ogni tappa combatterete per trovare Titan, oppure l’oblio eterno vi avvolgerà”
Rilesse la frase varie volte.
-“Misterioso e interessante!”
La vice analizzava ancora quella sfera gialla sulla carta: - “è una parte delle Isole Bianche, possiamo essere là nel giro di due giorni”
-“Bene! Prepara gli uomini. Partiamo domani!”
-“D’accordo!”
Il giorno dopo la nave era pronta. Il gigantesco vascello era un 3 alberi spinto da due grandi motori “Vafeur”, un’eccellenza di meccanica che miscelava vapore acqueo estratto direttamente dalle nuvole, con l’elettricità statica dei fulmini.
Sul ponte tutto l’equipaggio aspettava l’apparizione della capitana, che non si fece attendere.
-“Pirati! Oggi partiamo alla ricerca del Titan, il famoso vascello del Capitano Hic, e che nasconde un grande tesoro.” - disse alzando la sciabola al cielo, come segno della sua leadership.
Tutti esultarono e si misero a urlare, già immaginandosi ricchi. E subito si misero a lavoro. Mollarono gli ormeggi e la nave si elevò nell’aria. La città di Volovan e le isole intorno si fecero sempre più piccole. Al la Triste teneva il timone con orgoglio. Aveva memorizzato la mappa e sapeva perfettamente dove doveva andare.
Dopo due giorni di navigazione si stavano avvicinando al punto desiderato, l’isola di Bramamir, interamente coperta di dune. Al interroga la vice: - “che sappiamo di questo luogo?”
-“Poco. È una regione desertica. Chi vi si reca spesso trova la morte”
-“Mmm. Un luogo ideale per nascondere qualcosa. Bragan, Ti Mousse e Armata ci andranno domani mattina in avanscoperta. Avvisali di non fallire altrimenti mi sentiranno.”
L’indomani la barca si collocò ad una distanza sufficiente affinché i tre potessero calare una corda. La sabbia era calda e immacolata, le dune si estendevano a perdita d’occhio. Il piccolo gruppo si diresse verso il centro dell’isola. Dalla nave la Capitana seguiva i tre col suo binocolo, ma presto sparirono dalla sua vista. Dopo un paio di ore di marcia Bragan si rese conto che qualcosa non andava bene: - “camminando a questo ritmo avremmo già dovuto raggiungere l’altro lato dell’isola”
-“Sembra che stiamo girando in tondo….infatti….guardate! – disse indicando le orme di tre persone – “ci siamo già passati di qua” - disse Armata.
-“E adesso che facciamo?” – sbottò Ti Mousse
-“Fammi pensare, fammi pensare” – disse Bragan ai due giovani….. – “Certooo! Ho capito. Avete mai sentito parlare degli specchi di Flint?”
-“No” – risposero i due giovani all’unisono
-“Chissa perché non mi stupisce. Comunque. Era un trucco che i pirati usavano per far si che gli avventori non trovassero il tesoro, facendoli girare sempre in tondo. Evidentemente questo sortilegio è ancora attivo anche qui”
-“E come facciamo per romperlo?”
-“Con la magia. Questi specchi creano dei miraggi. Basta rompere gli specchi. Armata, tu hai sempre con te della dinamite.
Collocala in tre bombe, e mettile a forma di triangolo.”
Nel frattempo che Armata lavorava, Bragan si concentrò, e con un altro sortilegio fece apparire tre piccole fiammelle, che si trasformarono poi in tre api.
-“Mettetevi al riparo” – disse Bragan lasciando volare le api. Ognuna si diresse verso una bomba, facendole esplodere. -“Guardate! C’è qualcosa che brilla nella sabbia”
Effettivamente, poco distante c’era un teschio con denti d’oro. Appena Bragan lo prese in mano il teschio si trasformò magicamente in sabbia, e in quel preciso istante l’isola si mise a tremare, come scossa da un terremoto.
A bordo dell’Arc-Kadia tutto l’equipaggio era preoccupato. Erano molte ore che non sapevano niente dei compagni. Poi sentirono quell’esplosione e poco dopo videro tutta l’isola mettersi a tremare…Al la triste aguzzò la vista e vide i tre che lottavano per non essere aspirati da un vortice di sabbia. Si avvicinarono immediatamente con la nave, gli tirarono una corda e li trassero in salvo giusto in tempo….prima che l’isola intera si disintegrasse…..