De Eredan.
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Atto 1 : Caduta dal Cielo
Viaggio
Già da vari giorni i membri dei Kotoba battevano le vie imperiali. Avevano attraversato vari villaggi, e ogni volta, gli abitanti, sapendo dell'arrivo degli illustri eroi, offrivano loro feste e banchetti. Avevano già lasciato Okia, la zona più lontana dalla capitale, ma anche la più vicina alla Tomba degli Antenati. Il luogo dove si trovava la pietra Caduta dal Cielo era a non più di due giorni di marcia.
Avevano attraversato la grande porta Ji, costruita dagli antenati al fine di condurre i morti nel mondo dell'eterno riposo. Così facendo, avevano rotto il trattato fatto tra la Draconia e L'Impero. Ma poco importava, i tempi erano cambiati e la loro vittoria sugli stranieri era stata ottenuta. O almeno così pensavano...
L'antico cammino attraverso queste contee da tempo dimenticate si era ridotto ormai a poco più che un sentiero. Amaya trova allora delle tracce.
-“Guardate là!” - Esclama.
La giovane donna indicava una colonna di fumo che si alzava non lontano da loro. Aku si avvicinò timidamente al Signore Imperiale. - “Credo di sapere di cosa si tratta. Non abbiamo nulla da temere.”
Velocemente, si portarono sul posto. Là li aspettavano due personaggi enigmatici. Uno vestito in maniera fantasiosa e truccato, l'altro un enorme mostro muscoloso.
-“Kyoshiro e Okooni!!!” - disse sorridendo il giovane Iro, con gli occhi che gli brillavano.
I due personaggi si avvicinarono al gruppo.
-“Il gruppo Kotoba è quasi tutto di nuovo insieme. E' bello riavervi con noi” - gli disse Gakyusha.
Kyoshiro, il più piccolo dei due, si avvicinò al suo capo per salutarlo. - “Mio Signore, abbiamo visto la pietra meteorite e sapevo, nell'istante in cui è caduta, che sareste venuti fino là.” Sen'Ryaku si avvicinò al fuoco per spegnerlo, - “Tutto ciò non ci viene male, anzi. I dragoni non sono molto lontani da qui, e vogliono catturarci” - sbottò.
Kyoshiro la guardò negli occhi scuotendo la testa per dissentire. - “Sanno che saremmo arrivati dopo tanto tempo. Non li sottovalutare!”.
Accampamento
Era già da più di un giorno che gli Inviati di Noz'Dingard avevano montato il loro accampamento ai piedi dell'immensa pietra Caduta dal Cielo.
Zahal, Eglantyne e Moira erano andati ad esplorare i dintorni e sorvegliare per l'eventuale arrivo dei loro acerrimi nemici di sempre: i Kotoba. Nel frattempo il resto delle truppe parlava tranquillamente, approfittando della relativa tranquillità del posto. Profeta era seduto in una sedia da viaggio, e teneva in braccio Kounouk, mentre Anryena discuteva con suo nipote di un argomento appassionante: la sua famiglia - “Anryena, tu sei la madre del Profeta, e di conseguenza mia nonna. Ma Profeta non mi ha mai voluto dire chi era suo padre.”
-“Piccolo mio” - rispose Anryena - “è naturale che ti interroghi su queste cose. Penso che ci siano dei segreti che tuo padre ti avrebbe già dovuto raccontare e che tu avresti dovuto sapere.” - il giovane uomo bolliva d'impazienza - “io sono la figlia di Dragone e di Zaina la prima Stregaspada.”
Aerouant spalancò gli occhi, e la relazione divenne evidente. Lui era l'ultimo nipote di Dragone!! Seduto nella sua sedia, Profeta ascoltava sua madre, il cui corpo era sempre quello di una donna eternamente giovane.
-“Io ho avuto due figli: tuo padre che è il più vecchio, e il secondo...il più sorprendente...perchè tuo zio non è di forma umana”.
-“Kounok!!!” - esclama Aerouant. Il piccolo dragone guardò il cristallomante con molto interesse.
-“Quanto a te, discendente del Dragone, tua madre non è altri che l'attuale dirigente delle Stregaspada, la venerabile Naya. Ma Profeta e lei già da parecchi anni sono distanti. Solo a causa delle loro rispettive funzioni sono obbligati a frequentarsi.”
-“Basta, è sufficiente! Queste sono storie che non lo riguardano più, o almeno non direttamente...”
Un po' più lontano Alishk era perso nei suoi pensieri. Dopo l'arrivo in quel luogo, egli aveva sentito qualcosa di strano a proposito di quella pietra Caduta dal Cielo ed era rimasto lì, ad esaminare quella immensa gemma.
Ma aveva urtato contro una specie di campo magnetico che proteggeva la pietra. Nessuno poteva toccarla…la luce gialla che emanava illuminava tutto il deserto di un’energia salvatrice.
-“Allora Alisk, cosa senti grazie alla tua magia?” – il ragazzino si nascose dietro i suoi grandi occhiali. “Stranamente, non sento niente di aggressivo, ma sento anche che questo è solo in apparenza. Anche tu Pilkim, dovresti provare a sentire se la pietra ti trasmette qualcosa…” – “Si, hai ragione” , rispose il ragazzo….
Tempesta
Il vento soffiava tra le fronde degli alberi millenari della foresta dei sussurri. Moyra, Eglantyne e Zahal avevano fatto un giro nel bosco, quando, al loro ritorno all’accampamento, i sensi magici della più giovane avvertirono qualcosa.
-“Abbiamo visite. Non lontano da qui ci sono delle persone.” Zahal fece segno di andare a vedere di cosa si trattava.
Rapidamente fecero una piccola magia prime di inoltrarsi di nuovo nella foresta oscura. Il Cavaliere Dragone attese qualche istante prima di intraprendere il suo giro tra i cespugli…
Il Signore Imperiale intanto aveva inviato Tsuro, Amaya e Ryouken in avanscoperta, per scoprire qualcosa in più sugli Inviati di Noz’Dingard e gli altri lì presenti. I tre Kotoba si erano quindi avventurati alla volta dell’accampamento nemico. Videro le Stregaspada e il Cavaliere Dragone allontanarsi dall’accampamento per dirigersi verso la foresta. Era una buona occasione per raccogliere informazioni su quegli strani personaggi, la cui fama era arrivata fino alle orecchie dell’imperatore….
I due bracconieri non parlavano più a voce, ma con i segni, per non farsi sentire, e poter discretamente seguire gli Inviati. Ben accovacciati, non si immaginavano di poter essere scoperti. ---“Gli Inviati sono esseri inferiori” – pensavano. Ma Amaya, ancora novizia nell’arte della discrezione, si fece trovare dalle donne dei Noz’Dingard…
Sono i maestri dell’invisibilità. I Guerrieri di Zil avevano spiato a lungo gli Inviati e i Kotoba. E avevano scelto le loro vittime. Ma Telendar non è uomo che agisce senza avere tutte le carte in mano.
-“Soriek, Ergue, Granderabbia, andate nella foresta e eliminate tutti quelli che incontrate”
Il giovane uomo guardò Marlok
-“Tu sai come usare gli elementi, se non ricordo male”
-“Esatto. Ma è da tanto tempo che non uso più i miei poteri”
-“Non importa. Fai quello che ti dico”
Il mago obbedì agli ordini del suo capo. Si posizionò su una rocca per avere una buona visuale e iniziò a proferire le parole del suo sortilegio magico. Velocemente, delle nubi si formarono sul punto d’impatto della Pietra Caduta dal Cielo, e un forte vento prese a soffiare sulla pianura e sulla Foresta dei Sussurri. Marlok continuava con la sua magia, ma sfortunatamente, lui non era il migliore nella creazione di tempeste e presto questa scappò al suo controllo, liberando una forza devastante. Le stelle sparirono dal cielo e degli uragani iniziarono a formarsi un po’ dappertutto. Il mago Zil si vergognò molto, ma Telendar si rallegrò di questa errore che trovò molto opportuno.
-“Andiamo Guerrieri di Zil! Uccidiamoli! Uccidiamoli tutti!!!”
Scontri
Proprio quando la tempesta soffiava al meglio, la foresta dei sussurri è stata testimone dell'apertura delle ostilità tra gli inviati di Noz'Dingard e i Bracconieri di Xzia, giunti entrambi ai piedi della Pietra Caduta dal cielo. Lo scontro fu agguerrito, e ognuno cercava di prevalere sull’altro. I bracconieri stavano avendo la meglio sugli Inviati. La loro discrezione non permise alle Stragaspada e al Cavaliere Dragone di prevalere. Un evento inaspettato venne allora a perturbare uno scontro faccia a faccia… Amaya era nascosta dietro un albero mentre sfoderava la sua lama. Era a pochi passi da Moyra quando decise: non appena si scagliò sulla sua vittima, sentì un filo che le circondava la caviglia. Ebbe giusto il tempo di capire che stava succedendo, ma già era troppo tardi. Una rete abilmente nascosta sotto le foglie la imprigionò e il rumore avvisò Moyra.
-“Ah bene!, ecco un topo preso in trappola!” – “Lasciami andare, maledetta stregaspada” – disse la bracconiera.
-“Non sono io che devi ri…” la stregaspada s’interruppe bruscamente, avendo sentito dei rumori. Si voltò e vide sua sorella venire verso di lei. “Stai giù” – gridò. Eglantyne tirò a terra sua sorella.
Tsuro, osservando la sua giovane allieva, non fu capace di lasciarla in quella situazione. Approfittando della confusione, il vecchio bracconiere saltò sull’albero a cui era attaccata la rete, ma si ritrovò faccia a faccia con una creatura verde che lo guardò con grandi occhi.
-“Non toccare villano o ti ammazzo!”
Con un violento calcio Tsuro fece cadere Granderabbia a terra, ma questa si rialzò subito. Il Bracconiere, saltando giù dall’albero , tagliò la corda con un colpo secco e si ritrovò davanti a Granderabbia.
-“Non so chi sei, ma ti garantisco che avrai problemi”
Granderabbia non rispose, temporeggiando giusto il tempo necessario affinché Ergue potesse colpire. Amaya, appena liberata, saltò su Granderabbia proprio in quel momento. Proprio in quel momento il cacciatore lanciò la sua strana arma circolare verso il bracconiere che ebbe giusto il tempo di schivare l’attacco. Eglantyne e Moyra si rialzarono. Nella caduta finirono su un cespuglio dal quale provenivano degli strani rumori. All’improvviso una enorme creatura blu uscì da lì dentro e si lanciò sulle due sorelle. Eglantyne sferrò allora un attacco rapido, ma la creatura parò i colpi. E dal nulla apparse Aez, brandendo la sua spada per proteggete le compagne…
Esecuzione
Quando i primi scontri ebbero inizio, alla frontiera tra la Tomba degli Antenati, la diaconia e i Sette Regni, Dama Jeanne era già da qualche tempo a capo di una missione al tempio dei Precades che era sia un convento che ostello e ospedale. A quel tempo era frequentato da viaggiatori o dagli abitanti del luogo per curarsi o fermarsi una notte di passaggio. Il nome dei Precades era diventato famoso a causa della loro incrollabile fede alla dea Mera. La giovane donna era cresciuta in questo luogo, amata dalle sue sorelle. Seguì la via che il destino gli aveva riservato: quella di aiutare il prossimo…trovando così un posto in questo mondo spesso così ostile…
-“Jeanne…”
La giovane donna stava pregando in una piccola sala dove amava rifugiarsi. La voce era femminile, così dolce e calorosa, ma totalmente irreale. La presenza che Jeanne sentiva era familiare, ma mai Mera si era manifestata direttamente ai suoi servitori.
-“Jeanne…seguo la tua vita con molto interesse…” la rivelazione fece tremare il cuore della giovane, le guance le si erano arrossate dall’emozione. Non proferì parola.
-“Jeanne…una prova ti attende, lì dove è Caduta la Pietra. Và figlia mia, e non dimenticare che sono sempre con te!”. Dama Jeanne ringraziò il cielo per questa rivelazione, ma mai immaginava che questa prova sarebbe arrivata così rapidamente.
-“Addio!” – la voce del Braccamago era modificata a causa della maschera che portava.
La povera ragazza passò dalla gioia di aver comunicato con la sua Dea, alla paura del Braccamago, che si era fatto una grande fama di assassino spietato negli anni. Mise il dito sul grilletto, ma il risultato non fu quello sperato. Un velo di luce avvolse la generosa figura di Jeanne e il raggio della pistola rimbalzo è colpì il Braccamago alla spalla.
Le regole del Braccamago era ferree : se un’esecuzione andava male, la soluzione era la fuga. Ma c’era stato rumore, e questo aveva attirato l’attenzione dei pellegrini presenti. La situazione peggiorava per il Braccamago. Le poche persone ad averlo mai visto erano morte o quasi.
-“Seguilo!”
La voce di Mera risuonò nella sua testa. Anche se non era molto agile, corse come meglio poteva per uscire dal tempio. Le persone presenti capirono cosa successe perché la giovane era ancora avvolta dalla luce divina. Le persone gli indicarono la direzione in cui l’assassino era scappato. Dentro la sua testa l’eccitazione si mischiava con la paura. Le tracce erano facili da seguire. C’erano numerose tracce di sangue che la condussero fino alla Tomba degli Antenati.
Intanto , lontano, la tempesta provocata da Marlok stava devastando tutto al suo passaggio, e per fortuna per Dama Jeanne, il Braccamago si stava dirigendo proprio in quella direzione. Le sue ferite erano più gravi di quello che pensava.
-“Devo trovarlo, così mi aiuterà a fermare l’emorragia e mi toglierà questa maledetta Theurgia che mi affligge." – I suoi abiti si erano bruciati, e anche parte del suo casco ormai era andato….lasciando intravedere una lunga capigliatura bruna.
Vendetta
Questi fatti furono sufficienti per scatenare la guerra tra Inviati di Noz’Dingard e Kotoba. La tormenta era stata un pretesto per accusarsi a vicenda. In poco tempo l’accampamento draconiano fu raso al suolo. Però, a mano a mano che la battaglia avanzava, il Profeta era sempre più sicuro che la tormenta non era stata provocata dagli stranieri di Xzia, e che la magia utilizzata per provocarla era simile a quella che usavano gli Inviati di Noz’Dingard. Decise quindi di interrompere la tempesta, affinché la magia del dragone non fosse più perturbata. La pioggia cessò, il vento sparì e l’incontrollata magia si dileguò.
Fu in questo preciso momento quando Aku ebbe l’opportunità di rompere il sigillo che bloccava la sua potente magia. Inoltre convocò Akujin, che ebbe un gran piacere nel rivederlo. Dopotutto, il Cercafalla avevano il controllo su Aku dal primo giorno in cui le loro strade si erano incrociate.
-“Siamo liberi adesso” – disse con sollievo il giovane.
-“Tu credi?”
Aku riconobbe subito la voce del suo antico maestro. Toran era lì davanti a lui e lo fissava con occhi pieni di vendetta.
In un attimo alunno e maestro si affrontarono. Akujin iniziò la lotta, e questo costrinse Aku a trasformarsi in Akutsaï. Toran aveva atteso questo momento per anni e adesso aveva l’occasione di vendicare tutti gli esseri uccisi dalla sua ignoranza e arroganza. I tatuaggi del vecchio iniziarono ad emergere dal suo corpo, dandogli un aspetto spettrale. Si lanciarono l’uno contro l’altro ritrovandosi alla Tomba degli Antenati. Ma Akustai non riuscì a prevalere sul maestro, pur avendo due Cercafalla, cosa che lo rendeva un buon avversario. A parte i bracconieri di Xzia, nessuno l’aveva mai sconfitto, tanto meno uno Tsoutai. Akutsai si nascose tra le rovine della Tomba degli Antenati, un vecchio villaggio distrutto dalla guerra. Toran aveva previsto tutto. Il suo piano sarebbe stato infallibile e la sua vendetta implacabile. Era riuscito a farsi seguire dal suo alunno ovunque. E adesso aveva preparato un rituale Tsoutai che era servito altre volte a sconfiggere Akujin. Si era allenato per anni aspettando questo scontro. I nemici giurati si trovarono così al centro del villaggio in rovina. La notte arrivava lentamente e già erano trascorse parecchie ore. Toran fece credere al suo antico alunno di essere stremato, inginocchiandosi a qualche metro da lui.
-“Hahaha, il potente Toran è ai miei piedi! Come ci si sente a sapere che presto raggiungerai i tuoi cari amici? Ti senti liberato? Toran fissò fermamente Akutsai. – “Liberato? Si, presto. Ed è proprio Aku che io libererò!”.
E quando la notte coprì col suo manto di tenebre la Tomba degli Antenati, apparirono dal nulla intorno ai due Tsoutai delle forme eteree, come dei fantasmi.
-“Li riconosci? Sono venuti a prenderti Akujin, e mi daranno la forza necessaria per realizzare quello che più voglio. Guarda a terra!”
Akutsai riconobbe tutte le persone che aveva ucciso negli anni passati. La terra diventò luminosa e si intravedevano forme strane. Ma non ebbe tempo di chiedersi di più. I due si ritrovarono tra le braccia del mostro. Toran iniziò allora a recitare le parole dell’antico rituale. La magia immobilizzò Akutsai, facendogli provare un’intenso dolore. I Cercafalla tiravano ognuno da una parte, come se volessero rompere un pezzo di carta. Il dolore era troppo forte. Comprese allora quello che era successo. Dopo qualche minuto le due entità erano di nuovo separate. Aku cadde a terra, svenuto, mentre Akujin cercava di liberarsi dalla presa di Toran.
-“Akujin, ti cancellerò dalla faccia della terra anche se non posso ucciderti. Ma ti intrappolerò per sempre e scioglierò l’influenza che hai su Aku.”
L’anziano aprì una pergamena dove migliaia di simboli erano disegnati, e lui stesso iniziò a emanare una luce rossa. E Akujin sparì, assorbito dalla pergamena. Toran si inchinò alle creature che formavano un semicerchio dietro di lui – “Grazie, adesso potrete riposare in pace…adesso che siete stati vendicati!”
Il Mostro
Le lotte stavano sconvolgendo la foresta dei Sussurri. Ergue e i suoi seguaci erano tenuti sotto scacco dal gruppo formato da Tsuro, Amaya, Eglantyne e Moira. Il vento staccava le foglie e rompeva i rami, riducendo la visibilità dei combattenti.
Asserragliati, i Guerrieri di Zil non contavano più sull’effetto sorpresa, ma con la loro formidabile capacità di cacciatori. Ergue sciolse la vecchia corda che teneva chiuso un sacco, e ne estrasse una polvere bianca che a contatto con l’aria si trasformo in una fitta nebbia che invase tutto. All’improvviso il vento cessò e apparse il sole, che fece che la nebbia rendesse ancora più difficile la visione ai Bracconieri e agli Stegaspada, che cercavano con ansia i loro avversari. Intanto Ergue aveva cominciato a cantare una litania dal ritmo esotico. Era uno dei pochi a conoscere questa segreta magia originaria degli abitanti di una lontana isola. Dei tamburi in lontananza iniziarono a sentirsi, scandendo un ritmo sempre più veloce. Moira e Eglantyne sentirono che qualcosa di anormale era successo. Un stana magia era in atto, e questo non gli piaceva per niente.
I bracconieri intanto, dall’apparizione della nebbia, si erano messi all’erta. Sospettavano che quello era un trucco dei loro nemici. E avevano ragione. Ergue, lontano da occhi indiscreti, si mise a realizzare una particolare danza. Soriek e Granderage non si muovevano mentre il cacciatore girava intorno a loro. Fu allora che la nebbia come per magia, avvolse i Guerrieri di Zil, rendendoli invisibili e alla fine si dissolse…invece dei tre seguaci adesso c’era un mostro, un ibrido perfetto, un colosso gigante azzurro e verde, conun affilato corno che assomigliava a quello che portava Soriek.
-“Che inizi lo spettacolo!!” esclamò la cosa con un miz di tre voci, e saltò sugli alberi rompendone i rami come fossero pagliuzze.
-“Preparatevi, ciò che arriva è poderoso. Amaya, Kaidan!!”
La giovane guardò il suo maestro e reagì all’improvviso. Una maschera rossa era apparsa tra le sue mani. Istintivamente se la portò sul viso e fu così che scomparve.
Anche le Stregaspada reagirono velocemente. Moira si mise davanti alla sorella e invocò un incatenamento per la sua arma, e l’altra iniziò a recitare una specie di preghiera.
-“Oh Dragone, concedi ai tuoi servitori il potere necessario per vincere. Fai che lo spirito di mia sorella e il mio siano in armonia.” Fu allora che la creatura arrivò davanti a loro, fermandosi davanti al piccolo gruppetto.
-“Hahaha, sareste dovuti scappare quando potevate, adesso siete perduti!”
- “Questo è quello che pensi tu!” – esclamò Tsuro mentre una maschera appariva nelle sue mani. Se la mise e si lanciò verso la creatura.
La lotta iniziò, stavolta con più intensità. Quella che prima era stata una piccola battaglia, adesso si era trasformata in una vera e propria guerra, dove c’erano in gioco delle vite e il sangue non tardò a scorrere. L’offensiva sferrata dall’Abominazione era incredibile, i colpi di Tsuro e Moira sembravano punture di zanzara. Pronto il mostro ebbe la meglio. Moira era già sofferente, e la specialità di Tsuro era affrontare i maghi, non mostri incredibili. Erano disperati, e stavano perdendo ogni speranza.
-“Eglantyne…il mostro sta per batterci….”. Ma all’improvviso Moira sentì una energia familiare dentro di lei, quella del Dragone. Le sue ferite si chiusero e la sua forza di volontà trovò nuovo impulso. Eglantyne si mise a fianco alla sorella e un dragone di fumo blu le circondò. Le loro spade brillavano adesso di un fuoco azzurro ed erano leggere come piume. Le ragazze si gettarono sul mostro che soffriva a ogni colpo di spada.
Amaya intanto aveva finito la sua preparazione, incidendo dei simboli bracconieri sulle cortecce degli alberi circostanti. Fece segno al suo maestro e questo si mise in posizione d’attacco. Un ideogramma apparse a terra sotto di lui. Il simbolo si illuminò per qualche secondo e poi scomparse. Il vecchio colpì l’abominazione con una velocità incredibile. Il mostro prende allora Eglantyne da un piede e la getta sui bracconieri che la schivano. Folle di rabbia, Moira infilza completamente la lama della sua spada nel corpo del mostro, che grida di dolore. Allora Tsuro ne approfitta per utilizzare una tecnica particolare ereditata dai grandi maestri della sua famiglia. Mentre prega, tocca vari punti nevralgici della creatura. E, come per miracolo, l’abominazione cadde a terra. Dalla creatura si levò di nuovo una intensa nebbia bianca, a al posto del mostro riapparirono i tre Guerrieri di Zil…
La morte del Profeta – capitolo 1
La notte copriva col suo oscuro manto la Tomba degli Antenati. Gli Inviati di Noz’Dingard e i Kotoba si erano separati, continuando ognuno per la propria strada. L’antica arte del maneggio delle armi aveva uguagliato la magia. Le lotte erano durate tutto il giorno, e adesso la calma regnava sulla regione. O quasi. Perché nell’ombra si tramava un piano…
Le parole risuonavano nella testa di Telendar e dei suoi seguaci. L’ordine era semplice: uccidere il Profeta. L’uomo misterioso non li aveva scelti a caso, selezionandoli tra gli esseri senza rimorsi, specialisti dell’assassinio e delle armi. Il capo dei Guerrieri di Zil aveva ucciso numerose persone, senza nascondere il piacere che questo gli provocava.
Questa volta il piano era semplice: dividersi per colpire meglio. La prima parte aveva funzionato con successo. Ergue, Soriek e Granderabbia erano stati mandati per creare un diversivo. Nel frattempo Telendar ne aveva approfittato per analizzare i nemici e conoscere tutte le loro debolezze. I Kotoba non erano un pericolo, essendo lontani dal luogo del crimine. Gakyusha per questo aveva preferito montare l’accampamento dall’altra parte della pietra caduta dal cielo.
-“Mia cara, ci divertiremo.” L’entusiasmo di Silene fece sorridere la sorella.
-“Lo spero..ci siamo un po’ annoiate da quando siamo qui. Telendar ci ha promesso azione”
Il giovane uomo rifletteva….-“si, avete ragione. Se tutto va secondo i miei piani, questa sarà una grande notte per i Guerrieri di Zil. Gli dimostreremo che siamo i migliori tra le gilde! Non dimenticate, dovete attirarli il più lontano possibile mentre io faccio il mio lavoro. Marlok non dovrebbe tardare a lanciare la controffensiva.”
Le due Guemelite risposero gioiosamente all’unisono “si, capo”…e Telendar scomparve in una nube di fumo e le due sorelle si misero a correre verso l’accampamento degli Inviati. Questi ultimi intanto si erano rifugiati tra le rovine del loro accampamento, distrutto dalla tempesta. Le tende strappate sventolavano, e tutte le loro cose erano sparse in mezzo al fango.
Il giovane Pilkim raccolse il suo prezioso rullo. Ammesso da poco in questa gilda grazie ai suoi incredibili poteri magici, Pilkim rimaneva comunque un ragazzo, e proprio la gioventù era la sua maggiore debolezza. Si mise a raccogliere le pergamene disperse, non capendo ancora bene quello che stava succedendo, perso nei suoi pensieri. Finì per inciampare su una pietra. -“Ahi!” – cadde sorpreso – “Chi ha messo quest…” . Si fermò quando vide di cosa realmente si trattava: un enorme golem di cristallo, vecchio e sporco.
-“Wow!” – disse estasiato – “un golem….di cristallo…” ma si mise subito in guardia, sentendo un rumore…e aveva ragione. Una voce lo raggiunse da dietro.
-“Ciao piccolo. Ti sei perso?” – Pilkim si girò e si trovo davanti un uomo dalla brutta reputazione: Marlok, il traditore. Immediatamente il giovane mago lanciò un sortilegio formando una barricata di ghiaccio, e scappò via senza rispondere. Gridò sufficientemente forte affinchè tutti gli inviati potessero sentirlo.
-“AAAHHHHHH!!! MARLOOOOKKK!!!!”
Fu in quel preciso momento che arrivarono Silene e Selene, sorprendendo tutti, seguite da Marlok e il suo Golem. E fu il caos, proprio come avevano pianificato. La rabbia delle sorelle e il potere del mago esiliato scatenarono un putiferio. Anryena vide il suo antico apprendista e si mise in guardia. Il mago Zil intanto, vedendo avvicinarsi la discendente del Dragone, retrocedeva, non dimenticando che l’obiettivo era tenerla lontana dalla zona chiave. Le sorelle nel frattempo combattevano contro Aerouant, Alishk e Pilkim. I sortilegi si spargevano dappertutto senza toccare i Guemelite, abituati com’erano ad affrontare dei maghi. L’accampamento, che era stato da poco rimesso in ordine, si trovò di nuovo distrutto e bruciato dalle fiamme. I maghi di Noz’Dingard presero dunque l’iniziativa, sfruttando a loro favore il buio delle tenebre, ma soprattutto la capacità di Silene e Selene di trasformarsi in una sola creatura: Ombrosa, che non era cosa da poco. La sorprendente entità, con sembianze di serpente, busto di donna e quattro braccia, lasciò tutti senza fiato. Il capo Zil intanto si avvicinava alla sua preda, il Profeta, e dopo aver attirato la sua attenzione, lo intrappolò nella sua rete. -“Ovviamente gli sciacalli non sono lontani. Riconosco il modo di agire degli Zil!”
Il Vagabondo rispose con un attacco rapido. Questo fece arrabbiare il mago Noz che iniziò a lanciare poderosi sortilegi. Ma Telendar non si lasciò intimidire e schivò tutti gli attacchi, affrontando il suo rivale. Questo piccolo gioco durò giusto il tempo necessario per mettere in atto la trappola. Di lì a poco si sarebbe verificata una delle tragedie che avrebbe cambiato per sempre i destini dei Guerrieri di Zil e degli Inviati di Noz’Dingard.
-“Sei morto!” – disse con orgoglio il Profeta.
-“Tu credi? Il sangue del Dragone che scorre nelle tue vene ti fa troppo sicuro” – disse la voce di una figura vestita di nero.
-“Tu??? Credevo che le persone come te fossero sparite per sempre!” – gridò il mago.
-“Mai dire mai!”.
Lo sconosciuto fece cadere a terra una gemma che Telendar raccolse velocemente. Il Profeta sgranò gli occhi alla vista di quella cosa.
-“Vedo che hai capito, mezzo-dragone, che per te la morte è l’unica via d’uscita”
Telendar attaccò con tutte le sue forze, e il Profeta fece lo stesso, con i suoi potenti sortilegi; ma la pietra al collo del suo avversario lo proteggeva. Giunse quindi il fatidico momento: le grinfie del Vagabondo affondarono nel petto del mago, e il sangue iniziò a scorrere…
La morte del Profeta – Capitolo 2
Sotto lo sguardo dello sconosciuto, Telendar gettò a terra il corpo del Profeta e con i suoi artigli gli aprì la gola. Così morì il Profeta… “Prima eri un rivale più temibile” – tuonò lo sconosciuto.
Tutti gli Inviati di Noz’Dingard sentirono che qualcosa di grave era successo, e grazie alla loro capacità di pensiero semi-collettivo, tutti seppero della sparizione del loro leader. Anryena fu la prima a reagire. Il suo primo sentimento fu la collera e non la tristezza.
-“Che gli hai fatto!!! Che gli hai fatto, maledetto Zil!” – urlò con rabbia.
Il suo aspetto cambiò e le sembianze umane lasciarono spazio a sembianze da rettile. Dalla sua schiena, due grandi ali forarono i vestiti, lacerandoli. E così fece anche Kounouk, trasformandosi in un Dragonide pieno d’ira.
-“La pagherete!”- disse, gettandosi su Ombrosa con l’aiuto di Pilkim, che non poteva trattenere le lacrime.
Aerouant ci mise un po’ a riprendersi. Oltre che al legame di sangue, padre e figlio erano legati da una profonda somiglianza. Fu lui ad iniziarlo alla magia del Dragone e alla Cristallomachia, arte nella quale Aerouant eccelleva. Gli si ruppe il cuore quando non vide più vicino a sé il Profeta. E purtroppo, tutto ciò non era un sogno. Adesso voleva solo stare con suo padre, e allora, utilizzando tutta la magia che conosceva, all’improvviso si ritrovò sulla scena del crimine.
-“Oh!! Che sorpresa! Il figlio che si ricongiunge al padre…” – disse ridendo Telendar.
-“Sbarazziamoci di questo intruso” – ordinò la voce dello sconosciuto.
Aerouant non disse niente, ma fissò fermamente l’assassino. Dei cristalli apparvero tra le sue mani del mago, ed anche un’armatura a protezione del corpo. Telendar si sorprese, ma la pietra-cuore annerita lo protesse dagli attacchi poderosi che lanciò Aerounat, il quale aveva in mente solo una cosa: far mangiare la polvere a quel vile assassino. Ma si rese subito conto che quella pietra lo proteggeva dai sui sortilegi e allora intraprese un’altra via: quella della cristallomachia. Riunì tutto il suo potere e attraverso i cristalli che aveva in mano fece tremare la terra. Telendar si rese conto che il suo avversario stava facendo qualcosa che lui non sarebbe stato in grado di affrontare. Il sorriso sulla faccia dello sconosciuto si trasformò in preoccupazione. La pietra al collo di Telendar si stava rompendo poco a poco e quest’ultimo gridava di dolore come se fosse il suo proprio cuore ad andare in frantumi.
-“Annienterò l’effetto della pietra, e pagherai per il tuo assassinio!”
Lo sconosciuto si avvicino allora a Telendar strappandogli la pietra dal collo, e con la mano disperse nell’aria una polvere nera che avvolse i due nelle tenebre….e sparirono entrambi. Disgraziatamente per Aurouant, i due non erano più lì.
-“Codardi!! Gli Inviati vi troveranno dovunque voi siate!!! –
L’ira lasciò spazio alla tristezza. Anryena, arrivata da poco sul posto dopo l’inseguimento per prendere Ombrosa, mise la mano sulla testa del figlio e l’accarezzo con amore.
-“Figlio mio, ti porterò dal Dragone, e il tuo spirito e il tuo corpo saranno con lui una cosa sola. Nel frattempo, prima che un altro Profeta sia annunciato, tu sarai al comando degli Inviati.”
Poi, in un bagliore di luce, Anryena sparì, lasciando Aerouant pieno di tristezza e dubbi, e gli Inviati senza un leader.
Da lontano, Tsuro e Amaya avevano seguito la scena in silenzio, e andarono a fare rapporto al Signore Imperiale. – “Signore, il capo degli Inviati di Noz’Dingard è morto, assassinato da un vile Zil”.
Gakyusha bevve un sorso ma rimase pensieroso. – “Gli Inviati adesso non hanno un leader, perciò possiamo considerarci i proprietari della pietra. Ma mi rattrista che Profeta sia morto così, per un tradimento. Onoriamo la sua memoria, perché è stato sempre tra i nostri più coraggiosi avversari.”
Cronaca del Re
Io sono Aez, già principe di Avalonia, e oggi, io sono il Re. Ma in passato, ero come un’anima in pena, e vagavo sempre con sete di vendetta.
Come detto, sono il primogenito di Mirion ed ero destinato ad occupare il trono nel momento adeguato, ma, sfortunatamente, un tragico evento me lo ha impedito. Anni fa, come tutti i principi dei 7 Reami, dovevo fare 2 anni di esperienza presso una famiglia reale. Avevo scelto di andare dai Valdoria, con i quali avevamo eccellenti rapporti. I miei genitori si erano messi d’accordo con i suoi e mi avrebbero data la loro figlia Myrie in sposa. Non poteva andare meglio. Facevo parte della famiglia e il mio futuro posto sul trono sembrava assicurato.
Ma arrivò un funesto giorno. Mentre mi allenavo nel cortile del castello dei Valdoria, arrivò un messaggero al galoppo. Aveva l’armatura tipica del mio regno e un mantello nero, in segno di lutto. Era successo qualcosa di grave nel mio reame? L’uomo non mi disse niente e corse verso la sala del trono. Poco dopo Myrie venne correndo verso di me, con le lacrime agli occhi.
-“Aez…il re d’Avalonia….tuo padre…” e si fermò singhiozzando.
-“Ebbene?..Dimmi! Parla!”- dissi con il cuore in gola.
-“Ha raggiunto i suoi antenati..”- queste parole furono come un pugnale in pieno petto.
Partì immediatamente per Avalonia, per sapere di più su quello che era successo. Mia madre mi accolse con aria triste. Mi raccontò che mio padre un giorno ricevette degli Zxiarites che erano di passaggio, e uno di questi durante la visita insultò l’Imperatore in persona. Quindi mio padre si vide obbligato a sfidarlo in un combattimento. L’avversario, essendo molto più giovane ebbe la meglio e così il mio anziano padre perì. Questo dette il diritto allo Zxiarite di avere da mio padre la preziosa spada dei 5 Antenati…e fu così che sparì anche il mio destino…perché secondo la tradizione, per diventare il Re di Avalonia, devo possedere la spada dei 5 Antenati, forgiata più di 100 anni fa dal primo Re, e senza la spada sarebbe stato impossibile far compiere il mio destino. Mi lanciai dunque alla sua ricerca, lasciando il regno nelle mani di mia madre. Partì, in giro per il mondo, alla ricerca di qualcosa che mi spettava di diritto. Tre lunghi anni passarono, tre anni in giro per il regno senza trovare traccia della spada. Chi erano questi Xziarites? Attraversai buona parte dell’impero senza che nessuno sapesse dirmi niente su queste persone o sulla spada. Fu allora quando lasciai l’impero per dirigermi verso i luoghi dove si trovava la pietra caduta dal cielo.
Qui, una battaglia tra vari clan era in atto da tempo. Non mi ero mai interessato a queste vicende, fino a quel giorno. Ma, per fortuna, o perché era arrivato il giorno della mia vendetta, trovai infine il ladro della mia spada. Ma….era un ragazzino di 15 anni…come aveva fatto a sconfiggere mio padre? Lo osservai qualche giorno e infine capii…era bravissimo con le armi e nell’arte del combattimento. Io stesso non avrei potuto batterlo! Il destino volle che io non fossi all’altezza di Iro. E inoltre, non era solo. Era circondato da guerrieri, anche loro sembravano invincibili nell’arte del combattimento. Ad ogni modo, con coraggio, mi presentai dal loro capo per sfidare Iro. La lotta fu breve. Io ero molto lento a causa di questa pesante armatura. Non vi racconterò quindi della mia bruciante sconfitta.
Ero disperato. Avalonia era diventata una terra di tutti, con scontri e battaglie dappertutto. Fu allora che incontrai un individuo che mi promise che sarei diventato quello che sono oggi. Non dimenticherò mai quella conversazione:
-“C’è un tempo per tutto. Un tempo per la tristezza, uno per agire, e un altro per la vendetta.”- era un piccolo signore seduto su un oggetto che stava sospeso da terra.
-“Chi siete?” – gli chiesi – “non voglio che mi disturbiate!”
-“Si lo vedo. Ma so cosa ti provoca dolore e conosco la maniera per riscattare il tuo onore.” E mentre pronunciava queste parole mi diede un oggetto rotondo con delle lancette.
-“Cos’è?” –
-“Questo ti permetterà d’ottenere quello che vuoi. Dovrai stare attento e pensare bene a quello che fai, perché questo oggetto amplifica le debolezze dei tuoi nemici”-
-“Perché fate questo per me? Non ci conosciamo.”
-“ Lo so. Ma diciamo piuttosto che non ci conosciamo ancora. In cambio di ciò, un giorno io verrò a chiederti qualcosa di molto importante, e tu me lo darai, perché adesso mi sei debitore.”
Tutto era molto misterioso. Avevo visto cose strane, ma questa…Mi si offriva la possibilità di mettermi alla prova, ed accettai.
Immediatamente, le lancette di quest’oggetto si misero a girare velocissime, e ci fu un bagliore fortissimo intorno a me. Persi i sensi. Quando mi svegliai, non ero più nello stesso luogo, ma per mia grande sorpresa, mi trovai in una grande città Xziarite, Mèragi, la capitale imperiale.
Perché mai mi aveva inviato li? Certamente il mio avversario veniva da questo luogo, però adesso si trovava a migliaia di kilometri di distanza. In quel momento vidi tante persone radunate che sembravano festeggiare qualcosa. Mi avvicinai. Si trattava del passaggio di Iro, il campione dell’Impero, che tornava da una vittoria. Cercai di infilarmi tra la folla per vedere se si trattava dello stesso Iro, ed effettivamente, era lui. Ma il suo aspetto era cambiato, era diventato ben più vecchio di me. Impossibile!
Cercai di capire la situazione….probabilmente mi trovavo si a Mèragi, ma nel futuro. Quindi, che avrei dovuto fare? Mi informai sul suo conto, anche grazie alle informazioni della gente del posto, e, dopo un paio di giorni, arrivai a escogitare un piano per consumare la mia vendetta.
Mi recai al palazzo imperiale, fermandomi di fronte alle guardie: - “Io, re d’Avalonia, sfido Iro, campione di sua Maestà Imperatore di Xzia.”
Le guardie si sorpresero, ma ugualmente recapitarono il messaggio. Poco dopo mi condussero nella sala del trono, e notai una cosa interessante: alle pareti erano attaccate tante armi, spade per la maggior parte.E il mio cuore si fermò per un attimo quando vidi quella dei miei antenati. Lì in mezzo, mi aspettava Iro. I cortigiani che stavano tutt’intorno alla sala si burlavano di me, condannandomi a una veloce sconfitta. Evidentemente Iro non mi riconobbe e questo giocò a mio favore.
-“Accetto la tua sfida forestiero, e vorrei offrire questo trionfo all’Imperatore. Faremo presto” – disse con un sorriso enorme. La folla rise. – “Dato che sono sfidato, sceglierò la spada da usare”-
-“Non avendo spada, posso permettermi di sceglierne una tra quelle?” – dissi, segnalando la parete.
-“Certo. Ma questo non ti farà vincere. Queste spade sono di coloro che hanno perso contro di me.”
E senza più aspettare, ebbi fra le mani la spada dei miei antenati, e fu una grande felicità per me. I miei antenati erano lì con me – “Vendicami” mi dicevano all’orecchio, “Fammi giustizia, figlio mio” – sentì la voce che da anni non sentivo: quella di mio padre.
La lotta iniziò, e Iro si lanciò su di me, senza armatura. Era veloce e abile, ma questa volta la situazione era diversa, già conoscevo i suoi colpi, ma soprattutto avevo la mia spada. Parai tutti i suoi attacchi. –“Guarda un po’, un avversario alla mia altezza!”- disse.
Sferrò un altro attacco che fermai con tutte le mie forze, mormorando preghiere ai miei antenati, quando la spada iniziò a emettere una strana luce verde..Iro si lanciò su di me, mi girai, e gridavo con tutta la rabbia che avevo dentro.
la luce verde divenne così forte da abbagliare tutti, e quando i nostri occhi si recuperarono, vidi come Iro cadeva a terra. Il mio scudo era rotto, ma la sua spada anche.
Mi girai e dissi: - “Io sono Aez, re d’Avalonia, e vivrai per sempre con l’onta di questa sconfitta!”.
Il Sigillo
Altro tempo, altro luogo.
Il Re Gaumatta era morto, lasciando nel caos il Gran Torneo. A poca distanza dalla capitale, Guedenot tornava dal suo giro tra i mercati della regione, dove aveva venduto quel poco che gli era rimasto dopo aver pagato tutti i pesanti dazi. Lungo il cammino, vicino al bosco di Moshat, il mercante sentì un rumore provenire dal suo carro. Scoprì cosi due creature, vestite di stracci e molto affamate. Il mercante non aveva mai abbandonato nessuno al momento del bisogno, umani o no che fossero, e questi due umani non erano.
-“Ma chi siete?” – si girò per guardarli meglio – “Ah, creature del bosco…di quelle che raramente si vedono…Avvicinatevi, così posso vedervi meglio”.
Anche se spaventate, le due creature si scoprirono di più, lasciandosi vedere sotto il debole sole autunnale.
– “Mamma mia, sembrate due piccoli spaventapasseri. Quanti anni avete? Di dove siete? Ma mi capite almeno?”
Il più grande era un Hom’chai impaurito, e l’altra era una Elfine, ancora più piccola dell’altro, con lunghi capelli.
-“ Va bene. Vi porterò a casa con me, non posso lasciarvi così. Nascondetevi là sotto” – disse, indicando una coperta. Ma senza aspettare, li spinse sotto la lana. Nel breve percorso che lo separava dal villaggio, il mercante si domandava che avrebbe fatto con quei due piccoli viaggiatori. In questa parte del regno la superstizione era molto radicata, come il razzismo verso esseri che non fossero umani. All’arrivo, la notte copriva le poche case che componevano il villaggio di Herberonde, che si trovava in un bosco. I suoi abitanti erano per la maggior parte taglialegna o dei coltivatori di Linfamiele. Tutto quello che veniva dall’esterno era visto come una minaccia per la piccola comunità. Guedenot portò il carro dentro il fienile affinché nessuno vedesse le sue creature. -“Non uscite, capito? Torno subito. Non uscite assolutamente.” I due piccoli, stretti uno contro l’altro si guardavano intorno impauriti. Il commerciate entrò in casa, dove la moglie e i suoi due figli lo aspettavano con ansia da settimane, e lo accolsero con allegria. Dopo di che, egli spiegò loro dell’incontro che aveva fatto, dicendo di voler aiutare i forestieri.
-“Ma cosa dici!! Non ti rendi conto del rischio che corriamo?”-
-“Certo, Meween, che me ne rendo conto, ma sono bambini! Sono Bambini! Li abbandoneresti al loro destino?” - La moglie dubitò un attimo, ma poi capii che non potevano abbandonarli..in fin dei conti, anche se non erano umani, erano sempre dei bambini.
Da quel giorno gli Eltariti, così si chiamavano le creature del bosco, entrarono a far parte della famiglia di Guedenot. Gli abitanti del villaggio inizialmente avevano paura, ma poi, col tempo, si affezionarono a loro…e il tempo continuò, col suo interminabile corso…
Anni dopo.
I bambini crescevano a una velocità incredibile. La Elfine era alta quanto un’adolescente e l’Hom’chai aveva superato in altezza la maggior parte dei taglialegna più robusti, e naturalmente aveva trovato lavoro in questo settore. Si facevano chiamare Elaine e Gaherhis, due nomi tipici della regione di Yses. Avevano imparato gli usi e la lingua del luogo per adattarsi meglio, però certe persone sembravano che non volessero mai parlare con loro. Ma questo non gli importava, dopotutto, non si trovavano nella loro vera casa, e probabilmente non ci sarebbero mai stati. Un bella mattina di primavera, mentre si preparavano i festeggiamenti per un matrimonio, arrivò il Signore di quelle terre, accompagnato da due cavalieri, per l’ispezione dei terreni. Fu il fato a farlo incontrare con i due adottati. Furioso, perché nessuno lo aveva avvisato di quel cambiamento, volle castigare il capo del villaggio e Guedenot. Elaine e Gaherhis si opposero, provocando la reazione dei cavalieri, che se la presero con gli abitanti. L’Hom’chai fu gravemente ferito al viso, allora la Elfine, piena di collera uccise il cavaliere con la sua strana lama d’ambra. Questo strano oggetto cresceva in proporzione alla ragazza, e quello che all’inizio era un coltellino, arrivò ad essere una bella spada curva. Al contatto con il sangue dell’avversario, la lama si tinse di un colore rosso.
Fu il caos generale. Con l’aiuto di Meween, Elaine trascinò Gaherhis fuori dal villaggio per curare le sue ferite. Purtroppo le cicatrici gli sarebbero rimaste a vita. Nel cuore del bosco, il fato intervenne di nuovo: poco distante da lì si trova un gruppo di saltimbanchi che si erano fermati in quel luogo. Meween implorò loro di prendersi cura dei due, perché ormai non potevano più rimanere nel villaggio.
E fu così che si unirono ai Guerrieri di Zil.
Oggi.
Dopo quell’episodio, i due compagni si erano uniti agli Zil. La loro natura di Eltarite gli permise di resistere alla pazzia che caratterizzava gli Zil. Poco prima del loro arrivo alla Tomba degli Antenati, decisero di dividersi dal gruppo, per andare verso la Grande Foresta del Nord. Erano luoghi poco visitati, in cui, si diceva, vivessero delle strane e leggendarie creature.
Abyssien li aveva avvertiti che la loro ricerca avrebbe potuto deluderli. Essere cresciuti con gli umani gli aveva dato una cultura molto diversa da quella che dovrebbe essere stata la loro. Ma partirono ugualmente.
La notte li raggiunse, e l’accampamento di fortuna che avevano montato era fiocamente illuminato dalla lontana luce che emetteva la pietra caduta dal cielo. Spadainsanguinata e Senzavolto erano immersi nei loro pensieri…quando una voce li fece tornare vigili…
-“Scusate se vi disturbo. Credo di essermi persa…” –
Spadainsanguinata la osservò, aveva un aspetto strano, soprattutto gli occhi, che erano completamente bianchi….era cieca.
-“Posso fermarvi qui con voi per questa notte?” – l’incontro aveva qualcosa di irreale. Spadainsanguinata si domandava come questa persona fosse arrivata fin là, sola e cieca.
-“Avete ragione a chiedervi chi sono. L’ultima volta che ci siamo visti voi eravate molto giovani”.
-“Di che parli? – ruggi Senzavolto – “Ci conosci?”
-“Conosco tutto di voi, so chi siete e la vostra storia” – Spadainsanguinata sfoderò la sua lama. – “Allora sai che devi dirci tutto!” –
La giovane donna dai capelli bianchi spostò la lama con il suo ombrello. –“Si, vi dirò tutto.” – disse con un sorriso – “ma prima fatemi sistemare qui con voi”.
-“Come ti chiami?”-
-“Un nome? Ebbene qui mi chiamano l’Apostolo. Avrei voluto qualcosa di più femminile, ma mi ci sono ormai abituata.”
Questo nome non diceva niente ai due. La donna si mise accanto al fuoco in attesa che gli ponessero delle domande.
-“Chi siamo noi?”
-“Voi siete i dipersi, due bambini che hanno un destino importante nella storia del mondo. Voi discendete da un popolo segreto che abita queste foreste. E per ritrovarlo prima dovrete trovare il modo di entrare in territorio Eltarite.”
-“Dici che già ci hai visto prima. Quando?-
-“Ci siamo incontrati, quando vi affidai alle cure di Guedenot, vi ricordate di lui?”
-“Certo che si!” – disse Senzavolto con la sua voce roca.
-“Perché non ci hai preso e portato con la nostra gente?”
-“Ed essere cresciuti da una cieca? No, non potevo”
-“Comunque, adesso dicci come tornare con il nostro popolo”
-“Potrei, ma adesso non so se volete davvero rivederli. Siete così diversi dai veri Eltarite ormai”
-“Hai detto di dirci tutto, quindi avanti! Parla!”
L’Apostolo fece un attimo di riflessione.
-“L’entrata per la foresta è un portale che si trova qui vicino. La maggior parte delle persone non ci fa caso perché non lo può vedere. Solo le persone come voi possono vederlo, ma soprattutto aprirlo.”
-“Ebbene, cosa stiamo aspettando allora?” – incoraggiò Spadainsanguinata – “Prendi le tue cose Senzavolto e andiamo in cerca dei nostri”.
E così i due Zil partirono, con la speranza di vedere i loro simili. -“Grazie per il tuo aiuto” – disse la Elfine – “dove si trova questo luogo esattamente?”
-“Segui il tuo istinto e lo troverai!”-
Una volta che i due se ne andarono l’Apostolo restò sola davanti al fuoco, e una lacrima correva sulla sua guancia. – “Perché mi obblighi a mentirgli? Come vuoi che vadano verso la luce se gli racconto solo bugie? Quello che ho appena fatto cambierà il destino di tutti gli abitanti di questo continente.”
Senzavolto e Spadainsanguinata camminarono per un’ora nel buio, felici come non erano da tempo. Tanti anni di ricerche finalmente sarebbero stati ripagati. Alla fine arrivarono davanti a un portale enorme, due aperture si intravedevano verticalmente. L’iscrizione in lingua Eltarite si mise a brillare e i due si collocarono istintivamente di fronte alle aperture. Contemporaneamente misero la mano sulla porta, e con sinistri rumori la porta iniziò ad aprirsi…
Le aperture smisero di brillare, e la porta dell’Infinito era ormai aperta. Dietro non si vedeva un bosco, ma qualcosa di totalmente diverso. Spadainsanguinata e Senzavolto si resero subito conto che quello non era un portale che li avrebbe ricondotti a casa…
La Chiamata
La Pietra fendeva il cielo a velocità elevatissima, la sua corsa sarebbe dovuta terminare nel Deserto di Smeraldo, ma non fu così. Venne a cadere in mezzo al continente, in un luogo neutrale dove anteriormente grandi battaglie avevano avuto luogo: La Tomba degli Antenati. La pietra, grande quanto una casa, attirò l’attenzione di tutti. I capi pensarono che un gran potere avrebbe ottenuto chi sarebbe riuscito a impossessarsi della pietra. I primi scontri erano finiti con la morte del Profeta, il tradimento di Telendar e la vittoria, tutta relativa, dei Kotoba…
C’era calma nell’accampamento degli Xziarite. Il giorno prima avevano festeggiato la morte di un valoroso nemico: Profeta. Il sole brillava con una strana luce, non c’era una nuvola. Asajiro, che stava di guardia in quel momento, vigilava, ma fu distratto dai commenti degli altri lì presenti, che parlavano di questa pietra caduta dal cielo…si avvicinò più del dovuto e un enorme raggio colpì la pietra, provocando la cecità all’ufficiale imperiale. Alishk, in meditazione in quel momento, non poteva credere ai suoi occhi. Il raggio colpì la pietra con una potenza incredibile, ma lui non aveva visto nessuna magia. Rapidamente, svegliò gli altri Inviati. Aerouant non dormiva, incapace di dimenticare il brutto momento che aveva passato. Anche lui sentiva qualcosa di “anormale”.
-“Tutto ciò non mi dice niente” – disse il mago del deserto.
-“Sono d’accordo. Cosa dobbiamo aspettarci adesso?”
Kriss, che puliva il suo organo, restò con la bocca aperta a veder quel raggio di luce. Abyssien, di fianco a lui, lo scosse: - “Allora, che ti succede?” – il musicista rispose indicando la Pietra caduta dal Cielo e mormorando cose incomprensibili: - “Nassaafaraa oukt naass oukt nassaaafaraaa..”
-“Hai sentito questa voce Aryhpas? E’ chiara e dolce” – Saphyra era una giovane che viaggiava per il mondo in cerca di informazioni sulle varie religioni esistenti. Aveva sentito parlare del culto di Mera e del Tempio di Precades, e se ne era interessata.
-“No, non ho sentito niente. Che dice questa voce?”-
La voce veniva dalla bambola di porcellana dalla quale lei non si separava mai. Era viva? Lei credeva di si. – “La bambola chiama delle persone in una lingua sconosciuta, ma capisco il loro senso. Arriveranno delle persone da non molto lontano. Andiamo, presto, voglio vedere chi sono.”
“Nassaafaraa oukt naass oukt nassaaafaraaa..”
A chilometri e chilometri più in là, si trovava il Deserto di Smeraldo. Lì non ci sono alberi, ma solo sabbia dalla quale sorgono immensi cristalli di smeraldo. Ciò nonostante, una civiltà riuscì a restare in quel luogo così ostile. Minephta è la capitale. Quando gli abitanti escono dalle mura che la circondano, è solo per cercare le scarse materie prime che ci sono in giro, e che gli servono a confezionare gioielli e oggetti preziosi. Accanto al palazzo reale si trova il tempio di Sol’ra, la loro divinità protettrice. La curiosità di questo luogo era che, nella maggior parte delle costruzioni, il tetto era assente, e ciò permettere al sole di entrare per il più lungo tempo possibile. Iolmarek, il sacerdote del tempio, e Ahlem stavano pregando nel cortile, quando sentirono le parole…
“Nassaafaraa oukt naass oukt nassaaafaraaa..”
-“Vai! Vai alla ricerca del dono che ti è destinato. Gli infedeli tentano di appropriarsene, castigali come si deve.”
In questo preciso momento, quelli che stavano dormendo si svegliarono.
-“Alhem, vai con Aziz e con chi si trovi lì vicino, mentre io riunisco gli altri!”-
-“Bene, grande sacerdote, vado a cercarli subito. Quali sono i suoi ordini riguardo agli infedeli? Devo portare con me anche la sua discepola?”
-“Certo. Lei già è in viaggio. Quanto agli infedeli, se si intromettono nel tuo cammino saranno giudicati da Sol’ra!”
Il giorno dopo una piccola truppa lasciò silenziosamente la città di Minephta e si mise in marcia verso la Tomba degli Antenati.
Il Prezioso
Si dice che di notte, tutti i gatti sono neri. Questo è un proverbio che la nostra giovane ladra metteva in pratica ogni volta che poteva. Qualche giorno prima, Helena ebbe un colpo di fortuna: l’informazione del secolo. Un informatore gli aveva detto che il celebre tesoro del famoso capitano pirata Gol’Denai era stato trovato dal Governo delle Isole Bianche e sarebbe stato presto esposto al pubblico prima di tornare alle Tesoreria Nazionale. Il tesoro di Gol’Denai! Incredibile! Helena non poteva lasciarsi scappare questa occasione: appropiarsi del tesoro! Faceva troppo gola! Doveva fare in fretta, perché la notizia circolava a gran velocità. Rischiava di non essere la sola a volersi impossessare del tesoro. Eccola dunque a Pierrevent, la capitale delle Isole Bianche, un luogo dove gli sbadati potevano cadere e perdersi per sempre. Si, perché le Isole Bianche non erano terra in mezzo al mare, bensì erano sospese nell’aria, e tutto ciò come conseguenza della grande guerra contro Nehant. Il piano era perfetto, efficace e non lasciava nulla al caso. Evidentemente niente va come lo si pianifica. E ripensandoci bene, nessuno dei suoi piani era riuscito come lo aveva pianificato, perché il caso era sempre intervenuto. Mancanza di fortuna o coincidenza?
Al tramonto, prima parte del piano: disattivare le protezioni magiche. Nessun problema fin qui: l’allarme, un Cristalloguardia 2.0, non presentò nessuna difficoltà. Un po’ di polvere di gemma specchio è tutto era risolto. Poi, salì in cima alla alta torre grazie alla sua fedele corda fina e resistente. Perfetto. Nessuno l’aveva vista. Facile, no? C’erano solo 2 guardie a sorvegliare il tesoro. O il Governo delle Isole Bianche era avaro, o non conosceva le doti di Helena. Che stupidi!
Il Petzouille era un animale particolare. Grande come un gattino, era conosciuto molto tra i ladri. Bastava fargli mangiare dei semi di girasole e si gonfiava come un’otre. Era poi sufficiente lanciarlo in un luogo per fargli emettere un gas soporifero d’effetto rapido. Ed ecco due dormiglioni nella sala dell’esposizione! Il forziere, immenso, campeggiava nel mezzo della sala. Stranamente nessun sistema magico di protezione era stato adottato. Clic! Il forziere era aperto. Gli occhi le brillavano e il cuore batteva all’impazzata mentre lo apriva…ma….niente! Vuoto, era vuoto!!! Era una trappola allora? No, non era così. Fu allora, quando un pezzo di pergamena si materializzò, insieme a un cristallo di cachemin, un materiale che i ladri usano per lasciarsi messaggi tra loro. C’erano scritte solo poche parole: CE L’HO, firmato QUILINGO. La ladra strinse la pergamena con rabbia! -“Quilingoooooo” – urlò con rabbia . E scappò rapidamente. Non poteva farsi prendere. Poco dopo era già al sicuro, in una via poco frequentata, pensando alla sua umiliante sconfitta. “Nessun tesoro, nessun tesoro. Pensa, pensa! Rifletti! Un panda non può passare inosservato. Userò tutti i miei agganci per scovarlo, dovessi andare in capo al mondo!”
Pochi giorni dopo, la ladra si trovava in una densa foresta all’estremo sud della Draconia, e aveva un nuovo piano. Ancora più preciso che l’ultimo. Le tracce di un panda, soprattutto con sembianze umane, erano facili da seguire. Aveva scelto un luogo dal quale era impossibile scappare, un ponte su un precipizio e sotto un fiume pieno di animali pericolosi. Era anche l’unico punto di passaggio per andare dall’altro lato della foresta. Aveva collocato delle trappole che avrebbero immobilizzato Quilingo senza fargli male. Poi si nascose e aspettò pazientemente l’arrivo della sua vittima. Il tempo le sembrava interminabile…fino a quando sentì scricchiolare delle tavole…si sporse dal suo nascondiglio e con somma sorpresa vide Quilingo che era già a metà del ponte. Come aveva fatto a passare senza farsi prendere dalle trappole? Si mise a correre e in una attimo era già davanti a Quilingo.
-“Vediamo..vorresti il tesoro? Sai che non ti appartiene” – disse il panda.
-“Non provocarmi. Lascia il forziere e vattene, ed eviterai di avere problemi” – rispose Helena.
-“Hahahaha, tu vuoi derubare me?? Vedi che io non sono come le guardie che hai addormentato. Hai sentito Erevent? La tua amica vuole derubarmi!”
Helena aggrottò la fronte. – “Che stai dicendo?” – quando all’improvviso apparve a fianco al panda Erevent. Come Helena, lui era un membro degli Inviati di Noz’Dingard.
-“Ho capito e sono d’accordo. Hai fatto un buon lavoro!” –
-“Tu? Tu hai fatto tutto questo contro di me? Perché?” –
-“Perché gli Inviati sono rispettosi, e derubare gli alleati non è consentito.”
-“Tu non sei nessuno per dirmi cosa devo fare o no, hai capito brutto animale!” –
Helena, nella sua mente, già escogitava un nuovo piano. Doveva prolungare più che poteva la discussione.
-“Insultando dimostri la tua indegnità. Non sono io a giudicarti, ma Dragone lo farà, se ancora appartieni agli Inviati. La mia missione è finita. Considerati mia prigioniera”
-“Come no!” – disse lei, tirando per terra una sfera di vetro che emise un denso fumo bianco, per tentare la fuga. Ma Erevent era uno dei migliori investigatori della Draconia e conosceva tutti i trucchi dei ladri come lei. Grazie alla “saliva di gnomo” che aveva sparso a terra, la ladra non fu capace di scappare.
-“Ok, ok, parliamone…” – disse Helena con un sorriso.
Però già era troppo tardi. Quilingo aveva preso una corda, la legò come un salame e se la mise sulla spalla. E tutti e tre se ne andarono a Noz’Dingard.
Il Runico, capitolo 1
Il Deserto di Smeraldo era pieno di luoghi incredibili, dove la vita era rigogliosissima come non mai. Questo grazie all’acqua che sgorgava dalle profondità e attraeva tantissime forme di vita, e favoriva una vegetazione lussureggiante. Fu in una di queste oasi (così le chiamavano gli abitanti del luogo) che una tribù che lì viveva fu quasi totalmente sterminata. L’attacco fu sferrato all’alba, quando tutti dormivano. Fu una cosa brutale e senza pietà. Gli aggressori erano numerosi e ben organizzati, si trattava di una delle bande che trafficavano con schiavi. Le urla squarciarono il silenzio e la pace dell’oasi, e molto sangue tinse il deserto. Gli uomini che con coraggio avevano cercato di difendere le proprie famiglie morirono atrocemente, per la ferocità di questi banditi e dei loro leoni. I cadaveri degli uomini giacevano nell’acqua, mentre i bambini e le donne furono fatti prigionieri per essere rivenduti. Fra questi, c’era il giovane Kalhid, di appena 9 anni. Il bimbo fu venduto giorni dopo al mercato degli schiavi di Minephta a un uomo potente che viveva sulle montagne a nord del deserto. Arrivato nelle proprietà di Abn el Hissan, il bambino fu mandato nelle miniere di separa, un minerale raro che si incontrava in poche zone di quelle montagne. Così era diventato ricco quell’uomo.
Gli anni passarono ed il bambino si fece uomo. Tutti gli schiavi morivano in fretta in queste mine, ma sorprendentemente, egli resistette, lottando contro la sua condizione di schiavo perchè così lo avevano cresciuto, col valore della speranza come motore che alimenta la vita. E alla fine il suo tempo arrivò. Dopo tanti anni di prigionia, era ora di recuperare la libertà che gli avevano rubato. Grazie alla sua forza e a un piano attentamente ragionato, lui e qualche altro schiavo riuscirono ad evadere. Finalmente la fortuna gli sorrideva.
Purtroppo li abbandonò rapidamente, perché qualche ora dopo essere scappati, una tempesta di sabbia si scatenò su di loro con una potenza inaudita. Quasi tutti furono portati via come stracci al vento. Kalhid, allo stremo delle forze, stava per consegnarsi alla morte. Quando aprì gli occhi, sentì che il suo cuore batteva ancora, e si trovò in una stanza buia, e non vedeva nulla. All’improvviso, quattro fiaccole si accesero. Era disteso su un comodo letto e intorno a lui c’erano mobili di uno stile che non conosceva e un bidone d’acqua. Bevve e si bagnò il volto. Centinaia di pensieri gli turbinavano in testa. Una porta si aprì e una voce gli chiese di avvicinarsi. Si avvicinò alla porta e percorse il lungo corridoio, anche questo illuminato dalla luce delle fiaccole. Le pareti erano piene di simboli armoniosi. Arrivò in un’immensa sala, e ovunque, simboli luminosi, ma soprattutto armature magnificamente lavorate e armi lucenti. Un’incudine occupava la parte centrale della sala, e dietro di questa, una creatura con due grandi corna che lo guardava. Avanzò un po’ spaventato ma la voce lo rassicurò: - “Non avere paura. Non vogliamo farti del male…altrimenti ti avremmo abbandonato alla tua triste sorte.” – allora si avvicinò un po’ di più.
-“Grazie per avermi salvato”-
-“Non ci ringraziare” – tagliò corto la cratura – “Sfortunatamente non abbiamo potuto salvare i tuoi compagni, sono tutti morti.”
- “E’ una gran bella coincidenza che mi abbiate trovato allora”
- “No, non è una coincidenza! Sapevamo che ti saresti trovati li”
- “Non capisco…”
- “Veniamo da lontano e cerchiamo persone con un destino particolare come il tuo.”
Kalhid aggrottò la fronte – “quindi vi aspettate qualcosa da me, vero?”