De Eredan.

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Atto 3: Bagliore


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Bagliore


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La natura aveva coperto la Tomba degli Antenati di una fitta vegetazione obbedendo a coloro che sono nati dalla terra e dagli alberi. La relativa tranquillità che permeava questo posto era stata scacciata dalla furia con cui i Cuore di Linfa si erano gettati in battaglia; le liane che coprivano la pietra caduta dal cielo erano scosse e vibranti come sangue pompato da un cuore invisibile. La Sfinge con divino furore recideva le radici che lo avevano intrappolato ma la sua rabbia era troppo accecante per notare i due Hom'chaï che si stavano avvicinando pericolosamente. Fortunatamente per il Guardiano del Tempio venne soccorso da Kararine: agile e sfuggente come una pantera era riuscita a liberare il suo compagno Nomade. Quest'ultimo si ritirò dal campo di battaglia e si mise a cercare Iolmarek per progettare una controffensiva alla forte resistenza nemica. Il leader dei Nomadi era al momento occupato a fronteggiare gli attacchi magici di Kei'zan e di Parlaspirito; la magia dei due Daïs era estremamente potente ma si infrangeva contro il baluardo della fede di Iolmarek e dei suoi accoliti.

Nel frattempo nell'accampamento dei Noz'Dingard non molto lontano vi era uno strano incontro tra Valentin, il Cavaliere Drago e Melissandra.

"La forza latente di Kei'zan è di pari entità a quella dell'Albero Mondo. Dovete capire che per la nostra terra quella pietra non è un bene, la farà imputridire."

Quella mattina Valentin era stato svegliato dall'offensiva dei Cuore di Linfa ed aveva potuto osservare con i suoi occhi di drago, che la situazione era instabile e l'esito per nulla certo; proprio in quel frangente era comparsa la giovane Elfine che lo aveva avvicinato senza dare alcuna spiegazione.

"Noi parliamo al drago ed alla sua saggezza. Io porto un messaggio da parte di Kei'zan, chiediamo il vostro aiuto in battaglia. Immagino percepiate anche voi la presenza della perversione generata dalla Pietra."

Valentin si grattò la barba, un poco imbarazzato. Non era un mago e di questo argomento ne sapeva ben poco. L'unica ragione per cui era lì, era perché gli era stato chiesto di attendere il ritorno degli altri dalla missione.

"Io sono un Cavaliere Drago, tutto ciò di cui sono a conoscenza, lo sai anche Lui, perché siamo connessi", parlò finalmente il Drago prendendo possesso di Valentin.

I lineamenti del cavaliere mutarono fino a prendere la forma di un ibrido umano-dragone.

"Elfine”, disse rivolgendosi a Melissandra, ”ho sentito la chiamata dell'Albero Mondo. Il Male è celato agli occhi di tutti e anche a quelli dei miei Inviati".

Melissandra rimase delusa dalla risposta mentre il Drago continuò dicendo:

"Valentin vi seguirà e metterà le sue conoscenze al vostro servizio. Manderò altri alleati quando sarà il momento."

Valentin torno alla sua forma umana e disse all'elfine:

"Bene, a questo punto sono ai vostri ordini."

Più tardi, grazie anche all'aiuto del vecchio Cavaliere Drago, i Nomadi furono ricacciati indietro e si trovavano in una posizione difficile. Ci furono diversi morti tra le fila dei fedeli di Sol'Ra, ma fortunatamente per loro non erano soli: l'ideale per cui combattevano donava loro una forza straordinaria. La Pietra caduta dal cielo pur circondata dalla vegetazione emise una musica che Iolmarek riuscì a sentire e a comprendere come fossero parole divine.

"Chiama la serva. Solo lei può farcela."

Malika pensando si rivolgesse a lei visto che era la più vicina al sacerdote rimase interdetta e afferrando la tonaca del saggio gli chiese:

"Lei chi? Sia più chiaro."

Iolmarek era però assente, prese la lampada ad olio e la strofinò e da essa comparve una creatura blu.

"Sì padrone? Posso esaudire un desiderio?", disse.

"Genio, uso il mio secondo desiderio. Vorrei che Djamena fosse qui immediatamente."

"Come tu comandi, padrone", rispose la creatura della lampada.

Il genio chiuse gli occhi e intorno a lui comparve un’aura di luce che andò aumentando fino a trasformarsi in un gran Bagliore che accecò tutte le persone nelle vicinanze. Quando poterono nuovamente aprire gli occhi al suo fianco c'era una giovane donna vestita di bianco e blu, i colori dei fedeli di Sol’Ra. La giovane donna si guardò attorno con un misto di stupore e paura ma poi vide l'uomo che aveva salvato suo padre da un destino incerto e sentì nell'aria la musica celestiale. La sua voce dolce era indirizzata a lei sola:

"Djamena destati. Torna ad essere quello che eri. Ascolatami Djamena?"

La ragazza non si mosse ma qualcosa dentro di lei era scattato, qualcosa si era liberato. Dal nulla comparve una lancia che lei impugnò ed indirizzò verso la pietra caduta dal cielo; immediatamente la vegetazione che circondava la pietra si trasformò in sabbia. La pietra brillava come non mai. La ragazza era cambiata, le erano comparse delle ali e i capelli, quasi bianchi, fluttuavano nell'aria come se galleggiassero. I Nomadi lì presenti capirono che era divenuta una Solarian e che la battaglia non era ancora persa. Il terreno attorno alla pietra cominciò a crepitare per via dell'energia divina che si era messa all'opera, Ahlem percepì che Sol'Ra li stava osservando e giudicava le loro azioni. Vennero lanciate theurgie curative per rimettere in sesto i feriti e per farli combattere nuovamente. La Sfinge con un ruggito si lanciò contro Macchia Rossa tentando di decapitarlo ma quest'ultimo venne salvato da Valentin che parò il colpo della bestia leonina. A quel punto sopraggiunse Djamena.

"Sarai giudicato. Io sono le braccia del dio e tu sei solamente un insetto che calpesterò", disse rabbiosa facendo velare il cielo di nubi nere.

"Signore, le nostre azioni future non sono degne della tua vista. Che l'eclisse veli i vostri occhi e ci conceda il suo divino favore con la luce nera."

Artiglio si era avvicinato passando tra gli alberi e le liane per attaccare Djamena quando era rimasta immobile ma ora si sentiva privo di forze come se il terreno stesso lo stesse attirando a se. Iolmarek si avvicinò a Djamena, la sua apparizione gli aveva mutato il colore degli abiti, ora erano scuri come la notte.

"Eclisse, mia splendida Eclisse. Qui c'è un Guemelite."

Si avvicinò ad Artiglio, lo sollevò in aria afferrandolo al collo.

"Hai molto peccato, infedele! Ora la tua anima è mia per sempre."

Batté una mano sulla testa del Guemelite e poi, quasi avesse trovato un qualcosa di invisibile, tirò. Una forma spettrale scaturì dal corpo di Artiglio mentre il suo cuore smetteva di battere e le sue braccia smettevano di dimenarsi. Kei'zan vide tutto senza poter far nulla...

Verso i confini


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La Tomba degli Antenati era in fiamme. La pietra caduta dal cielo bruciava qualsiasi cosa e distrusse gli accampamenti di Kotoba e Noz'Dingard. I Cuore di Linfa e il Cavaliere Drago Valentin avevano dovuto ripiegare in territorio Eltarite ed erano stati presto raggiunti da altre persone che avevano assistito alla battaglia e che volevano saperne di più. I Nomadi del Deserto aveva conquistato la Tomba degli antenati ed erano galvanizzati dalla pietra e dall'eclissi che si era formata dopo la comparsa della loro nuova guerriera. Questi fanatici avevano sconfitto le creatura della natura.

Kei'zan teneva tra le braccia il corpo senza vita di Artiglio, la tristezza e la fatica erano nitidi negli occhi dell'Eltarite. Per via della gravità dell'evento vi erano molti stranieri nelle terre ancestrali che solitamente erano occultate: c'erano rappresentati dei Noz'Dingard, Kotoba, Guerrieri di Zil e perfino i Pirati, appena unitisi alla battaglia.

Il vento soffia tra gli alberi mentre Kei'zan deponeva a terra il corpo della figlia adottiva. Se avesse avuto un cuore ora sarebbe ridotto in mille pezzi per il dolore. I Cuore di Linfa si avvicinarono cominciando ad intonare il canto rituale dei morti: una triste e malinconica melodia. I Daïs quindi invocarono un antico incantesimo per fare ritorno alla terra, e delle radici spuntarono da essa che avvolto Artiglio, lo condussero sotto terra.

Nel frattempo Valentin parlava con il Drago nella sua mente.

"Mio signore, hai potuto vedere tutto grazie ai miei occhi. Cosa intende fare? Questi Nomadi del Deserto mi sembrano tanto pericolosi quanto i Fedeli di Nehant."

"Si dovrà agire senza causare uno scontro diretto per il momento. C'è una persona che potrebbe aiutare, ella si trova nella foresta ma è intrappolata."

"Dovrò trovare questa persona?”

"Sì, ne abbiamo bisogno. Altri tra gli Inviati stanno sopraggiungendo solo ora."

"Obbedisco."

Una volta che la musica mortuaria fu terminata Valentin si avvicino a Kei'zan.

"Mi scuso per il disturbo in un momento così doloroso. Ma devo chiederle un favore."

Kei'zan invitò il Cavaliere Drago a continuare.

"C'è qualcuno che ha il potere di poter fermare questi Nomadi."

"Chi?"

"Colui che è imprigionato."

Il Daïs rimase impietrito e scosse la testa.

"La persona da te nominata è stata punita per le sue azioni."

"Non voglio sindacare il suo parere, ma è almeno possibile conferire con questa persona?”

"Ho il sospetto che qualcuno ben più importante di te ti abbia già informato."

"Il Drago pensa che il prigioniero sia una parte di questo schema e che il suo aiuto sia fondamentale."

Dopo attimi di titubanza Kei'zan decise di condurre il Cavaliere Drago alla luogo in cui venne imprigionato, molti anni or sono, nel cuore della foresta. Per due giorni viaggiarono attraverso sentieri, Valentin era sorpreso nel poter vedere posti così insoliti e pittoreschi nonostante avesse viaggiato in lungo e in largo. Raggiunsero infine il luogo in cui vi era stato l'Albero-Mondo, ora ridotto ad un tronco senza vita. Il territorio di Kei'zan. Tra due alberi di grandi dimensioni si trovava il prigioniero, circondato da arbusti.

"Sei autorizzato a parlargli ma sappi che mio fratello è vendicativo."

"Tuo fratello. Bene. Ha un nome?"

"Ora lo chiamiamo l'Intrappolato."

La vegetazione si ritrasse creando un passaggio. All'interno vi era un Daïs intrappolato in una gigantesca pietra. Kei'zan passò una mano sulla testa dell'Intrappolato, dandogli il potere di percepire quello che accadeva intorno. Subito venne colpito da una grande ondata di tristezza, immediatamente comprese i fatti accaduti e la morte di Artiglio. La rabbia fu improvvisa, troppo improvvisa.

"Ecco cosa conduce tutto questo. Il tempo delle parole è terminato fratello. Liberami!"

"No, sai che è impossibile che ciò avvenga."

Valentin rimase stupito dalla potenza con cui aveva parlato.

"Tu Guemelite. Non senti la lenta distruzione che sta colpendo il nostro mondo?", disse rivolgendosi al Cavaliere Drago.

"So che abbiamo contro un pericoloso avversario e che tu sai come fermarlo."

"Prima dovete liberarmi, non posso restare immobile e paralizzato mentre muoiono gli Eltarite."

"Artiglio conosceva quali erano i rischi", rispose Kei'zan con vigore.

"Certo ma tu hai lasciato che morisse. Quindi chi di noi due dovrebbe essere intrappolato in questo blocco d'ambra, fratello?"

"Tu un mezzo per affrontare i Nomadi lo conosci si o no?", intervenne Valentin che percepiva l'animosità tra i due fratelli.

"Sì che lo conosco", rispose l'Intrappolato riacquistando un poco di calma.

"Dicci quello che sai", chiese Kei'zan.

"Te l'ho detto. Devo lasciare questa prigione perché dovrò condurre della gente dove volete andare."

Kei'zan sentì il lamento tra gli alberi e come percepissero nel cambiamento nel vento il pericolo vicino a casa. Il Daïs sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato. Se l'Intrappolato conosceva veramente un modo per affrontare questo pericolo avrebbe dovuto mettere a tacere i suoi sentimenti personali e lasciare il posto alla ragione. E se l'Intrappolato si sarebbe dimostrato instabile sarebbe tornato nella sua prigione e per l'eternità.

"Ti libererò ma al primo passo falso tornerai qui", disse colpendo il blocco d'ambra con il suo bastone.

Una grande energia scaturì e il prigioniero poté finalmente muoversi.

"Manterrò la mia parola. Ti aiuterò come meglio posso."

Diversi giorni dopo, ai margini del bosco era stato edificato il campo di tende in cui risiedevano tutte le Gilde, la Arc-Kadia, la nave pirata era ancorata poco lontano. Tutti confabulavano scambiandosi opinioni su quanto era accaduto ma smisero di parlare quando comparvero Kei'zan, Valentin e l'Intrappolato. Tutti formarono un cerchio attorno ai nuovi arrivati.L'intrappolato li guardò e quindi disse:

"La guerra è alle porte. Quelli del Deserto venerano un dio che non può essere fermato." La folla fu percorsa da molti sussurri.

"Coloro che non provano risentimento per i membri delle altre gilde saranno un supporto importante per la guerra che verrà. Seguitemi, in questo modo alcuni di voi potranno risolvere il nostro principale problema: la pietra caduta dal cielo."

"Dove pensate di andare?", chiese Malyss, il mago Kotoba.

"Ai confini...", rispose l'Intrappolato.

Anche a questa frase si udirono diversi sussurri, la parola "confini" sembrava causare diverse domande, alcune timorose, altre di curiosità.

"Conosco un modo per arrivarci. Non nego che sia esente dal pericolo ma cos'è il pericolo rispetto a quello che stiamo già affrontando? Qualche volontario? Un membro per ogni gilda mi sembra una buona soluzione."

Ergue si fece immediatamente avanti.

"Ho sempre desiderato andarci."

Quindi si aggiunse Malyss, Moira ed infine, dopo qualche tentennamento e discussione sulla possibilità di trovare qualcosa di prezioso di aggregò anche Occhio Di Gemma per i Pirati. Anche il Drago offrì il suo aiuto. Grazie a Valentin ed agli Inviati di Noz'Dingard lì presenti venne aperto un portale che conducesse al castello dei Noz in modo da poter evitare un lungo tragitto. Il gruppo venne ricevuto da Il Profeta.

"Benvenuti. La Draconia vi offrirà cibo e forniture di varia natura per affrontare al meglio questa difficile spedizione."

"Vi ringraziamo Profeta."

Una settimana dopo il gruppo raggiunse la frontiera. Lì vicino vi era la Nebbia dei confini: questa particolare zona era una barriera dietro cui era celata la tomba in Nehant, in cui era stato intrappolato un secolo prima. Questa nebbia magica era un punto di passaggio tra i due continenti, tra quello che è comunemente nota come terra di Guem e l'altro. A volte accade che i viaggiatori trovino la via d'accesso per l'altro continente, a volte per caso ed altre dopo una lunga ricerca.

"Ora che siamo al limite della nebbia, osiamo avventurarci senza sapere se troveremo mai la via per tornare indietro?", chiesero all'Intrappolato.

"Sei sicuro di voler andarci? C'è una forte presenza magica, la percepisco."

Malyss era molto preoccupato.

"Questa è la magia che ci permetterà di attraversare."

L'Intrappolato disse di stringersi l'un l'altro. Allo stesso tempo la comitiva, mossa dalla curiosità e dall'ansia per l'ignoto si precipitò ad attraversare la nebbia. Non riuscivano a vedere oltre la punta dei rispettivi nasi e si muovevano con estrema cautela. Presto il terreno si ruppe aggiungendo alla bassa visibilità anche delle nuvole di terra bruciata che rendeva estremamente ardua e dolorosa la respirazione. Passò un ora ed attorno a loro il paesaggio divenne caotico, anche se loro non potevano notarlo. Cristalli di molteplici colori affioravano dal terreno rendendo la loro avanzata sempre più lenta. La loro guida li condusse tramite diversi cambi di direzione in maniera incredibile e finalmente riuscirono ad emergere dalla nebbia e a lasciarsi alle spalle le nuvole di terra bruciata. Si guardarono attorno e ovviamente non erano più a Guem ma dall'altra parte del mondo e il panorama era sorprendente.

"Sembrano le Isole Bianche ma è enorme", esclamò Occhio di Gemma.

Ognuno di loro era stupefatto dalle meraviglie di questa parte del mondo, non avevano potuto non notare le centinaia di isole che galleggiavano tra terra e cielo. Dopo una breve occhiata in basso poterono constatare la superficie del pianeta sotto ai loro piedi.

"Bene. Il nostro viaggio è appena iniziato. Siamo partiti per cercare la più leggendaria tra le creature che popolano Guem: Il Mangia-Pietra!"

Ammutinamento


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Estratti del diario di Al la Triste.

[…]Abbiamo trovato uno strano oggetto su un'isola. Presumendo che sia suo, il Capitano Hic ha protetto la zona, per fortuna che Bragan conosceva quel sortilegio altrimenti saremmo finiti in acqua.[…]

[…] L'oggetto era in realtà una mappa perduta. Quando mi sono avvicinata alla zona della mappa, mi sono resa conto che erano apparsi dei simboli e dei solchi metallici sulla superficie. Occhio di gemma ha trascorso diverse ore sul problema senza capire di cosa si trattasse. È stata Klemence a risolverlo, quando mi sono rivolta all'equipaggio. Un altro trucco da pirata: è necessaria una manciata di polvere da sparo che va messa sull'oggetto e quindi spostata su una pergamena. Lo scopo è quello di partire da un simbolo di riferimento a forma di croce che si trova sulla sfera e proseguire sulla pergamena, la sfera allora si muoverà da sola, disegnando una forma. È molto difficile da spiegare. Dopo aver fatto ciò, sulla pergamena era apparsa una linea assai bizzarra.[…]

[…]Ho un fortissimo mal di testa, c'è da dire che abbiamo festeggiato la scoperta. Sovrapporre la mappa del capitano Hic alla pergamena con la linea e prendere per punto di partenza l'isola su cui abbiamo trovato la sfera è stata un'idea eccellente. Se si segue la linea unendo i vari punti che corrispondono ad alcuni riferimenti geografici, essi ci indicano la prossima destinazione.[…]

[…]Quando siamo arrivati nel luogo in cui speravo di trovare il prossimo enigma, ci siamo trovati davanti ad un ostacolo colossale: la mancanza di vento. Siamo in mezzo al nulla, il timone, come le macchine, non rispondono più ai comandi. Non resta che sperare che Klemence trovi una soluzione.[…]

[…]Ed ecco che sono passati già diversi giorni da quando l'Arc-Kadia è paralizzata in aria come una vecchia conchiglia arenata. Non capisco cosa stia succedendo, siamo esattamente lì dove indica la mappa, ho sbagliato qualcosa? O comunque, questo è quello che pensano alcuni della ciurma, che hanno cominciato a confabulare tra loro. Ho ascoltato una conversazione tra Poukos e Occhio di Gemma, a quanto pare non sono una capitana valida. Vado a osservare la faccenda più da vicino, il comportamento della mia capitana in seconda mi ha sorpreso.[…]

[…]Ammutinamento! È accaduto tutto così in fretta, dubito che possa essere una cosa normale. Una parte dell'equipaggio vuole che mi arrenda a loro con il pretesto di non averli protetti e di non aver previsto tutto questo. Quei vigliacchi hanno catturato Klemence e Bragan, che mi sono restati fedeli. Non so se riusciranno a fare il grande passo . Per tutte le gambe di legno! Cosa ci guadagnano? Pensano che la nave tornerà improvvisamente a muoversi una volta che si saranno liberati di me? Ho l'impressione che stiano diventando tutti pazzi. […] Più il tempo passa, più la situazione degenera. Devo riprendermi la nave a tutti i costi; per prima cosa bisogna che vada a salvare Klemence così che poi lei possa riattivare Ekrou. Con questo asso nella manica, sarà facile riprenderci il resto. È passato tanto tempo dall'ultima volta che ho avuto l'occasione di sguainare le mie pistolame, anche se avrei preferito usarle in un'occasione diversa… Non importa. […]

[…]Ce l'ho fatta, Klemence è salva. La cara Armada avrà un bel mal di testa per qualche tempo, visto che non mi lasciava passare. Sapevo che quella ragazza non era a posto, ma c'è di peggio: ha minacciato di farsi saltare in aria con noi. Come mi è venuto in mente di prenderla a bordo?[…]Klemence mi ha riferito che a volte gli ammutinati hanno un comportamento strano.[…]Iniziamo a riattivare Ekrou, per loro si mette male.[…]

[…]C'è stata una lunga battaglia. Hanno danneggiato la mia nave! Questi selvaggi pagheranno per tutto il casino che hanno combinato! L'esito è stato comunque positivo, tutti gli ammutinati sono stati neutralizzati senza alcun morto. Accidenti, non sapevo che Klemence fosse così intelligente. Ha fabbricato una specie di guanti, per metà magici e per metà meccanici. Quando Ekrou colpiva, Klemence faceva esattamente lo stesso gesto! Gli altri sono rimasti molto sorpresi da questa trovata.[…] Ho interrogato questi luridi sacchi di rum ma le loro risposte sono state vaghe e tirando le somme, nemmeno loro erano sicuri di quello che fosse successo. Dopo un'attenta riflessione, il rapporto tra l'enigma successivo e tutto quello che era successo era quasi evidente, ma io non l'avevo notato. Subito Bragan mi ha confermato che c'era qualcosa di magico in opera… Ancora una volta.[…]

[…]È accaduta un'altra cosa strana: il fantasma del capitano Hic è apparso sul ponte, un bell'uomo c'è da dire. Mi ha fatto capire che sono degna di continuare la corsa al suo tesoro. In ogni caso, avrei continuato anche senza la sua approvazione.[…] Una volta scomparso, la nave è tornata a muoversi e nel punto in cui si trovava Hic è apparso un libro rosso di piccole dimensioni chiuso da una serratura in rame che rappresentava la faccia di un demone. Sulla copertina si poteva leggere il titolo: diario del Capitano Hic. […] La serratura non ha retto a lungo, un colpo di pistone ed è volata in mille pezzi.[…]

[…] Ho letto il giornale del Capitano Hic, e si può dire che ha vissuto delle avventure incredibili. Ho notato questo in particolare, che non riesco bene ad interpretare: “Le mie ossa sono rotte. La mia nave è attraccata nel bel mezzo di un posto incredibile, ci sono bolle ovunque. Mentre la morte distende su di me il suo mantello di sventura, è il momento per me di lanciare il mio incantesimo di eredità. Se stai leggendo queste righe è perché tu sei il mio erede, ma attenzione perché…” Purtroppo questo è tutto. Un nuovo punto brilla sulla mappa, ci mettiamo in viaggio, non vedo l'ora di vedere cosa ci aspetta. […]

Il Nehantista


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Marlok guardò la sua immagine riflessa in uno dei tanti specchi presenti nella stanza da bagno. Era da un bel pezzo che non si vedeva così.

“Hai già i capelli grigi, vecchio”, disse parlando tra se e se. “È tempo di tornare a casa.”

Aerouant che faceva la guardia davanti alla porta scosse la testa, convinto che quell'uomo fosse impazzito. Dopo tutto aveva fatto parte degli Zil.

“Gli altri ci stanno aspettando da un bel pezzo, sei pronto?”

Il tono con cui Aerouant gli aveva parlato era aggressivo, come quello di sua nonna, lui non gli piaceva e non si faceva problemi a farglielo intendere.

“Figliolo, la fretta non è mai una buona cosa, così come il risentimento.”

“Non parlarmi! Lo sai che disprezzo la tua libertà provvisoria, non sei altro che un condannato.”

“Fai bene ad essere arrabbiato con me, ma se tuo zio mi ha liberato è perché sono uno dei pochi che può dipanare questa matassa e risolvere il problema che affligge gli Zil.”

Entrambi gli uomini si diressero al Cancello Nord di Noz'Dingard dove si trovavano molti tra gli Inviati e anche il nuovo Profeta; l’unica assente era Anryena.

“Può darsi che abbia da conferire con tuo padre.”

Kounouk parlò:

“Alishk, Pilkim, Aerounant e tu andrete alla Tomba degli Antenati per conferire con gli Zil. Non verranno inviate altre persone per assistervi.”

Quindi chiamò a se Zahal.

"Questa è una lettera da consegnare ad Angelica a Kastel Drakren; Cavaliere Drago consegnala senza ritardo."

Zahal prese la lettera senza guardare Profeta, ancora vergognato del suo fallimento. Salutò i soldati e partì immediatamente.

"Marlok, per voi è giunto il momento di tornare alla missione", aggiunse il Profeta.

Alcuni rimasero stupiti e Aerouant corrugò la fronte ma nessuno emise un fiato perché gli ordini del Profeta non erano discutibili.

"L'ombra estende le sue mani e si propaga sul mondo intero per arrivare fino a noi, per morderci fino a farci sanguinare. Il Sortilegio di Nehant è molto potente; è sfuggevole e può sottrarre la vita in un "batter d'occhio"."

"Profeta, le mie Stregaspada accompagneranno i Suoi uomini."

Il modo con cui Naya parlò al Profeta era sprezzante, il suo tono denotava il suo stato d'animo e dei suoi pensieri, lei avrebbe vendicato l'uomo con cui aveva condiviso gran parte della sua vita. Kounok guardò colei che era stata la compagna di suo fratello e madre di Aerouant. Il Profeta sentì il Dragone comunicargli:

"Lasciala andare, cercar vendetta ed il voler proteggere il figlio sono sentimenti che ci daranno forza."

"Siate le benvenute in questa missione, dovreste già conoscere i pericoli i cui occhi brillano di rabbia e i cui cuori battono forte, vuoi vendicare mio fratello. Siate come il morso e i denti del Drago, mordete forte!"

Così Naya, comandante delle Stregaspada, Anazra, Eglantyne e Moria si unirono alla alla spedizione. Erano passati un paio di giorni e durante il viaggio Marlok spiegò a tutti il suo piano.

"Bisognerà eseguire un rito magico per annullare il legame che vi è tra i Guerrieri di Zil ed il Nehantista. Questo rituale attirerà il male come lo sterco attira le mosche. Durante il rito verremo attaccati e lì subentrerete voi Stregaspada che dovrete proteggere il rito fino al suo completamento. Ma per il momento è necessario che ci si riposi."

Decisero quindi di accamparsi ad una distanza ragionevole da coloro che stavano cercando di liberare. Marlok indossò i suoi vecchi abiti Zil.

"Il rituale inizierà domani a mezzogiorno, questo mi darà il tempo per trovare coloro che sono sotto l'influenza del Nehantista."

Poi tirò fuori dalla borsa il braccio di quello che era stato il suo golem e dopo averlo incantato divenne parte integrante del suo braccio. Quindi guardò Aerouant e Pilkim.

"È necessario conoscere il destino di una connessione invisibile, non è vero?

"In teoria,", rispose Aerouant, "ma non ho mai provato."

"Io so come si fa", disse Pilkim timidamente. Il giovane mago ricordava ancora il suo primo incontro con Marlok.

"In questo caso lo darò a te. Così in mia assenza sarete in grado di vedere i fili."

"A che scopo?", chiese Moiria incuriosita.

"Questo rivela i legami consentendoci di vedere i fili che connettono una persona ad una pietra-cuore, tu ne hai uno. È un antico sortilegio creato da Eredan stesso. Quando avremo a che fare con il Nehantista questo ci consentirà di distinguere chi muove i fili e se necessario di vedere se qualcuno di noi è caduto sotto la sua influenza. Non dovrebbe succedere perché le nostre pietre saranno connesse al cuore del drago ma non si sa mai."

Moira annuì facendo intendere di aver capito.

"Bene, è tempo di mettersi al lavoro."

Marlok estrasse dalla borsa due pietre identiche, di un rosso opaco e marmo nero. Ne diede una ad Aerouant e l'altra ad un eccitatissimo Pilkim.

"È il jasper. È estremamente raro, dove lo hai trovato?"

Jasper era nient'altro che una pietra con altissime proprietà magiche e per questo molto utilizzata in vari riti.

"Questo è il mio piccolo segreto", rispose Marlok con un occhiolino.

"Alzati."

Pilkim rimase deluso ma orgogliosamente sollevò la pietra percependo il suo potere. I due giovani maghi andarono ai lati opposti di Marlok e così ebbe inizio il rito. Usarono la loro conoscenza nella Cristallomanzia concentrandola sulle due pietre Jasper e facendole levitare.

"Che l'invisibile diventi visibile", urlarono con una voce sola.

Marlok percepì l'effetto magico, la vista divenne un tantino rossastra. Batté le palpebre più volte per regolarla. Il mago guardò i suoi compagni vedendo che da ognuno di essi scaturiva un filo che portava a Noz'Dingard.

"Bene, funziona. Siete molto talentuosi. Naya ti aspetterò domani a mezzogiorno."

La signora annuì soddisfatta. Il mago non perse tempo e partì alla volta degli Zil. La tenda color viola e nero era tranquilla, si udiva solamente una dolce musica eseguita da Kriss. Sotto al portico, mezzo addormentato c'era Senzavolto che faceva la guardia. Marlok si avvicinò e quando fu ad una distanza ragionevole si schiarì la gola. L'Hom'chaï trasalì.

"Chi è là?", tuonò con la sua voce profonda stringendo con ambe le mani il gigantesco spadone.

"Sono io, Marlok."

"Marlok, pensavo fossi stato catturato."

"Proprio così ma sono riuscito a fuggire."

Visibilmente felice di rivederlo, Senzavolto buttò a terra lo spadone e si gettò ad abbracciare il mago. Marlok soffocato dal vigoroso abbraccio tutto muscoli dell'Hom'chaï faceva perfino fatica a respirare.

"Guarda guarda chi è tornato", disse un voce proveniente dalla tenda.

Una testa fece capolino dall'ingresso, era Spada Insanguinata che subito afferrò il mago per il braccio. Immediatamente tutta la gilda uscì dal tendone. Marlok notò immediatamente che erano tutti sotto l'influenza del nehantista: filamenti sottili scaturivano da loro. Infine anche Abyssien mise un braccio sulla spalla di Marlok.

"Bentornato, avrai un sacco di cose da raccontare, vero?"

"Domani se possibile, ora vorrei riposare, sono molto stanco."

"Certo, il tuo posto è tra di noi. Vai pure."

Il resto del pomeriggio fu molto divertente, i Guerrieri di Zil improvvisarono pure uno spettacolino nel quale ognuno aveva una parte.

"Queste persone meritano di essere salvate", disse Marlok tra se e se.

"Potranno essere utili nel conflitto che si avvicina."

Quindi venne la notte a portare tutti tra le braccia di morfeo. Il giorno seguente, il sole era nascosto dietro alle nubi come un presagio prima di una battaglia incerta. Marlok raccontò di come era stato catturato, buttato in prigione e dei suoi sforzi per uscirne, ovviamente era tutto una balla ma tutti ci credettero. A mezzogiorno tutti gli Zil erano nella tenda, il momento era giunto. Marlok si appropinquò alla porta e cominciò a piazzare per terra dei cristalli ma Spada Insanguinata ne trovò uno e si diresse immediatamente verso il mago. Il legame con il Nehantista stava diventando più forte.

"Caricatevi, in fretta", urlò Marlok lanciandosi su Spada Insanguinata e sottraendole il cristallo di mano.

Tutti gli Zil guardarono Marlok ed Abyssien chiese che diavolo stesse accadendo. Il rito era già iniziato: il mago lanciò una bolla che rendesse vana qualsiasi fuga o intrusione. Fuori Pilkim, Aerounat e Alishk avevano seguito le raccomandazioni delle Stregasapada e si erano avvicinati con prudenza. Si misero a triangolo attorno alla tenda e grazie alla loro arte magica invocarono la volontà del Drago. Enormi cristalli emersero dal terreno. All'interno della tenda Spada Insanguinata, il cui legame con il Nehantista era forte e la forza di volontà nulla, resistette a Marlok. Gli altri capirono cosa stava succedendo solo quando la bolla magica fu già innalzata, alcuni provarono a fuggire, altri capirono che era vano. Senzavolto si decise ad aiutare la sua migliore amica e si lanciò all'assalto del mago. Abyssien cominciò a comprendere la situazione percependo gli Inviati di Noz'Dingard fuori dalla tenda. Il capo degli Zil era sempre stato molto ricettivo nei confronti della magia e comprese istintivamente cosa stava accadendo.

"Si tratta di un rito di isolamento di Guem. Senzavolto smettila immediatamente."

L'ordine non venne ascoltato. Invece il legame si rafforzò ulteriormente e Senzavolto divenne incontrollabile. Marlok ebbe appena il tempo di lanciare un secondo scudo protettivo. Spada Insanguinata e Senzavoltolo attaccarono con una forza disumana il muro magico.

"Abyssien!", urlò Marlok. "È un Nehantista a controllarla. Ha la sua pietra-cuore."

Un vago ricordo crebbe nelle sua mente, il giorno dell'arrivo dello Sconosciuto. Lui non era presente ma gli avevano riferito la storia. Tutto divenne chiaro: l'assassinio del Profeta, il tradimento di alcuni membri della gilda e la partenza del suo capo... Abyssien si decise ad agire, la magia crepitava dall'ombra delle sue dita. Apparvero due palline nere che una volta toccato terra divennero ombra e poi cilindri che imprigionarono i due posseduti. All'esterno la situazione era rapidamente cambiata. I Maghi stavano per terminare il rito quando il cielo si era oscurato totalmente come se fosse diventata notte. Naya estrasse la spada, imitata dalle altre Stregaspada. Sagome umanoidi comparvero da lontano fino a divenire più chiare. Una dozzina di persone vestite da viaggiatori e da contadini avanzavano su di loro brandendo pugnali, bastoni e forconi.

"Tutto qui?", esclamò Eglantyne, "non ci sottovalutate!"

"Sorella, non sottovalutarli. La perfidia del Nehantista non ha limiti", le rispose la sorella che era poco distante.

I posseduti avanzarono nonostante gli Inviati dicessero loro di tornare indietro. Non ci fu altra soluzione che attaccare. Gli aggressori erano resi forti dal potere oscuro che li comandava ma non abbastanza forti per contrastare le guardie del corpo dei maghi. Mentre Anazra stava per uccidere uno degli ultimi rimasti,una figura si lanciò su di lei. Fortunatamente per la giovane donna, Naya la agguantò prima che venisse colpita dalle lame brandite dalla figura. Moira riconobbe immediatamente il nuovo arrivato, Telendar! Il giovanotto era cambiato, il suo volto era ricoperto di oscurità e dalle maniche uscivano grandi lame.

"TU!", urlò Naya; l'assassino del Profeta era innanzi a lei. Lasciò che tutta la rabbia esplodesse in lei mentre le comparvero delle ali di cristallo sulla schiena. Stava per avvenire una battaglia che sarebbe stata incredibile.

All'interno della tenda Abyssien stava dando una mano a tenere a bada i combattenti di Zil sotto l'influenza del Nehantista. Marlok percepì la presenza di qualcosa di potente e misterioso. Il Nehantista era lì.

"Marlok, mio piccolo Marlok. Avevo riposto in te grandi speranze. Mi sarei aspettato che tu ti unissi a me, non vuoi scoprire la Verità?"

Lo Sconosciuto era lì, non lontano da loro, c'erano dozzine di domande che gli passarono per la testa ma l'unica cosa che riuscì a dire fu:

"Torna qui."

"Tu Abyssien, sei deluso dal tuo ritiro?"

Abyssien percepì il potere della persona davanti ai suoi occhi ma occorreva trovare un piano. Difatti il Nehantista stava studiando entrambi i suoi avversari e percepì la presenza di una pietra cuore incontaminata, quella di Abyssien. La pietra cuore del capo degli Zil volò via da una delle tasche del pastrano fino ad andare nelle mani del Nehantista. Immediatamente cominciò a diventare nera. Marlok trasformò la sua mano in una lastra di cristallo e si lanciò sul suo avversario. Abyssien cominciò ad urlare, la sua volontà era aggredita da una forza potente, si sentiva come una mosca schiacciata da uno stivale. Marlok colpì la mano dello Sconosciuto facendogli cadere a terra la pietra-cuore e liberando Abyssien dal potente sortilegio. Il Nehantista scomparve. Fuori dalla tenda la situazione continuava a mutare, sempre in peggio e diventava sempre più difficile proteggere i maghi che stavano eseguendo il rito. Le Stregaspada combattevano mettendo in pratica le loro abilità supportate dalla furia di Naya che ora vestiva un armatura di cristallo ed un elmo a forma di drago. In mezzo al combattimento, non lontano da Telendar comparve il Nehantista. I nemici soverchiavano i difensori ma quest'ultime, incoraggiate dalla presenza del Drago, non arretravano di un centimetro.

"Naya, giusto? Sarai una bella convertita", disse ironicamente lo Sconosciuto.

"Rimangiati le tue parole, Nehantista."

In quel momento le armi delle Stregaspada cominciarono a brillare di una candida luce.

"Noi siamo le guardiane della giustizia e oggi giustizia sarà fatta!", urlò.

Nello stesso istante il rito era terminato. Pilkim, Alishk e Aerouant crollarono a terra esausti, la loro missione era compiuta: i Guerrieri di Zil erano liberi dalla maledizione. Il Nehantista imprecò. All'interno della cupola Marlok interruppe il legame tra il Nehantista e gli Zil. Restava da attuare solamente l'ultima parte del piano. Immediatamente uscì dalla tenda e vide le Stregaspada fronteggiare e il Nehantista. "Ha in mente qualcosa.", pensò proprio nel medesimo istante in cui una forma nera apparve accanto ad Eglantyne. La Stregaspada non ebbe il tempo di reagire e cadde al suolo graffiata da una creatura dalla pelle nera. La battaglia ricominciò e la posta in palio era la sopravvivenza. Marlok lanciò i suoi cristalli a protezione di Eglantyne, Naya usò i suoi poteri e tornò alla carica di Telendar, la cui pelle era bluastra e combatteva come una tigre azzannatrice. Moira ed Anazra crearono una coreografia mortale sotto gli occhi di Marlok. Il Nehantista con i palmi delle mani rivolti verso l'alto evocò una pietra cuore annerita che lo rese invulnerabile agli attacchi.

"Vediamo cosa sapete fare senza l'aiuto del vostro amato Drago."

Lo Sconosciuto liberò tutta la potenza di cui aveva disposizione e creò un cerchio di magia nera che avvolse tutti i presenti. Ma l'effetto che voleva non avvenne, il legame tra gli Invati e il Drago rimase. Marlok restò tanto stupito quanto il Nehantista.

"Sorpreso di quello che è successo?"

La voce era quella di Aerouant che esausto si avvicinò a Marlok.

"Guardate", disse indicando una pietra blu intagliata a forma di testa di Drago. "Questa era la pietra del Profeta, di mio padre."

"Un Guardiano di pietra?", chiese Marlok.

"Esatto", aggiunse il giovane concentrando il suo potere magico verso la pietra.

La pietra tra le mani del giovane mago si sgretolò divenendo polvere, il Nehantista ringhiò:

"Nessun problema, ora che la tua pietra non c'è più, inizierò nuovamente", Aerouant non gli fece terminare la frase e concentrò le sue ultime forze magiche.

"La Cristallomanzia è la nostra specialità, guarda e impara!"

Compose una "T" con le braccia mandando in frantumi la pietra cuore annerita del nehantista. Marlok ne approfittò e scagliò una magia: le sue mani emanavano fulmini e saette. Il Nehantista si difese. Il duello magico che ne scaturì fu incredibile, Marlok attaccava e si difendeva e lo stesso faceva lo Sconosciuto. Nessuno dei due riusciva ad avere la meglio sull'avversario; questo fin quando Naya non intervenne colpendo con la spada di luce la testa del Nehantista. Il nemico cadde in ginocchio.

"Arrenditi!", urlò il comandante in tono minaccioso. "I tuoi servitori sono stati sconfitti. Ormai sei solo."

Lo Sconosciuto guardò i suoi nemici e rise beffardo.

"Era tutto pianificato, siete stati bravi. Oggi però non mi prenderete, come hai ben detto i miei servi sono la mia via d'uscita. Arrivederci!", disse smaterializzandosi, lasciando solamente qualche traccia di sangue sul terreno.

Festività


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L'Imperatore era ancora ammalato, confinato nelle sue stanze nel palazzo di Meragi. La gente pregava che il loro sovrano recuperasse in fretta la salute, per riportarli alla sacra luce. Per le strade si scorgono persone indaffarate nell'allestire una grande festa, non in onore dell'Imperatore ma per festeggiare l'avvento del nuovo anno, il 106° dalla nascita dell'Impero Xzia.

Il mio nome è Kaori, sono incaricato di insegnare i nostri usi e costumi agli stranieri come te; è bene che tu sappia di alcuni di questi. Osserva cosa sta accadendo nelle strade dietro di noi.

Nella piazza principale della capitale, una compagnia teatrale si esibisce davanti ad una grande ed educata folla, rappresentando un opera che narra della gloria di Xzia e della fondazione dell'Impero. Viene raccontato come una storia avventurosa ed epica. Il pubblico applaude stupito da una rappresentazione così bella alla quale non potrebbero assistere in giorni normali; solo i soldati, spesso assoldati da nobili ricchi hanno il privilegio di potersi permettere tali lussi. Si tratta di un occasione per la famiglia reale di mostrarsi gentile con il popolo e l'attuale Imperatore è conosciuto per essere buono e generoso.

Al tramonto la città è illuminata dalla lanterne ed invasa dalla musica. Ovunque c'è gente che si affianca ai musicisti ed ai ballerini. Tutti possono partecipare perché questo pomeriggio non c'è niente che li trattenga e tutte le pene sono annullate. Davanti al palazzo imperiale c'è il classico torneo di Capodanno nel quale i coraggiosi possono mostrare il loro valore. Iro, campione dell'Imperatore arbitra la lotta permettendo alla gente di affrontarsi in battaglie amichevoli con spade di legno. Il vincitore è stato Goshiun, uno sconosciuto venditore d'acqua, che grazie alle sue capacità si è aggiudicato il titolo di campione dell'anno del coniglio.

Nella parte nord della città è stato preparato un grande evento per festeggiare l'arrivo del nuovo anno. La stragrande maggioranza degli abitanti di Xzia è superstiziosa; per questa ragione il "Kamizono", il giardino dedicato agli spiriti, è stato ornato con molte raffigurazioni del coniglio, simbolo dell'anno venturo. Il giardino è situato ai piedi di una collina, alla cui sommità vi è il più importante tempio di Meragi. La tradizione vuole che per arrivare al tempio bisogni passare attraverso il giardino con l'effige dello spirito Kami dell'anno precedente. Una volta saliti, mentre gli occhi di tutto l'Impero sono fissi sul ritratto quest'ultimo viene bruciato cosicché il suo spirito possa abbandonare il suo involucro fisico e tornare nel mondo celeste. Una volta completato avviene la seconda parte del rituale e cioè fare il medesimo cammino partendo dalla sommità della collina fino al Kamizono, questa volta portando l'effige dello spirito del nuovo anno. La strada per il tempio scorre tra diverse file di "Torii", delle porte attraverso le quali gli spiriti passano dal mondo celeste a quello terrestre.

Ci sono molte altre tradizioni osservate dagli abitanti di Xzia ma i vasi di terracotta sono una peculiarità. Durante i due giorni antecedenti al Capodanno, le famiglie di Xzia fanno dei vasi in terracotta. Ognuno scrive i propri desideri in modo che gli spiriti possano leggerli. Questi vasi vengono poi messi davanti all'uscio di casa o nel giardino o nel tempio con del cibo al loro interno. Ogni abitante di Xzia deve scegliere una pietanza adatta allo spirito, per esempio mettere carne è ritenuto offensivo dall'"Usagi No Kami", lo spirito protettore del nuovo anno. Se la pietanza sarà appropriata e lo spirito accetterà il dono allora il desiderio espresso verrà concesso.

Bene, spero che questa panoramica ti sia piaciuta. Ci sono molte altre cose da vedere a Meragi ma ricorda, ci sono molti posti che è consigliato non varcare da soli.

Nonostante il clima gioviale dovuto al periodo di festa dell'Impero gli intrighi e le macchinazioni continuano. Oogoe Kage aveva lavorato bene negli ultimi mesi preparando un colpo di stato che avrebbe elevato il clan dei Corvo ad una posizione importante all'interno del governo. La sua vittima era niente meno che uno dei consiglieri più fidati dell'Imperatore, Gozou Zhan, ministro delle finanze. La notte scese su Meragi. In questa notte ci sarebbero state feste nelle strade. Il signor Gozou, la cui moglie era in viaggio nel nord dell'Impero, si stava intrattenendo con una giovane donna. Non sospettava che questa donna fosse stata pagata da altri per passare la notte con lui. Una cosa è certa, avrebbe ricordato per il resto della vita quello che sarebbe accaduto. Gozou aveva deciso di gustarsi al massimo il piacere carnale ed era pure ubriaco fradicio; non gli era solito comportarsi così ma grazie alle doti della prostituta ed alla quantità di alcool ingerita si era ritrovato perso nel piacere. Gozou russava sotto ad una coperta; si alzò ma cadde a terra, afferrò una borraccia d'acqua e la spruzzò in viso. Sentì un odore ben conosciuto. Si stropicciò gli occhi ed accese una lanterna.

Sangue, ne era ricoperto! Poi qualcuno bussò alla porta.

"Signor Zhan, nel nome dell'Imperatore apra la porta!"

Il poveretto non sapendo cosa fare si diresse all'uscio ed aprì la porta; c'erano cinque soldati Imperiali ad attenderlo.

"Mi dispiace disturbarla signor Zhan, abbiamo udito urla provenire da questa casa."

"Che cosa? Ci deve essere senz'altro un errore", balbettò.

A causa delle luci nella notte, il giovane capitano poté vedere le vesti imbrattate di sangue; immediatamente sguainò la spada.

"Voi. Andate a a vedere", ordinò a i suoi uomini.

I soldati, entrati in casa, videro il corpo martoriato della giovane prostituta. Sul pavimento sporco di sangue c'erano diverse bottiglie d'alcool, non lontano dal letto era sfoderata una katana. Il povero signor Zhan non capì che fosse successo ma ciò nonostante venne portato in prigione con l'accusa di omicidio. All'esterno un ombra scivolò in vicolo privo di luce. Oogoe, avvolto in un mantello piumato attendeva.

"Karasu? Hai finito? Hai servito il Corvo in maniera adeguata?"

"Sì, o mio importante cugino, tutto è andato secondo i piani. Nessuno si accorgerà di nulla."

"Beh il capitano avrà la sua ricompensa. Adesso devo controllare che nessuno si accorga di questa macchinazione."

"Nell'arco di una settimana ci sarà il nuovo ministro delle finanze dell'Imperatore."

"Quest'anno sarà sotto il simbolo del Corvo non del coniglio. Che la festa abbia inizio", disse sarcasticamente Oogoe.

Trattato di Pace


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La calma era tornata nel campo dei Guerrieri di Zil. Il Nehantista era fuggito oppure si era ritirato, come immaginava Marlok. Liberati dal giogo del mago nero, i membri della gilda di Abyssien si risvegliavano dal torpore in cui erano piombati. Allo stesso modo gli Inviati si stavano riprendendo dallo scontro, Eglantyne era stata ferita da un colpo a tradimento e Aerounant aveva speso molto del suo potere magico. La battaglia era finita ma questo era solo il primo assaggio, il futuro avrebbe portato molti altri di questi combattimenti ed Abyssien lo sapeva. Al tramonto la tenda nera e viola si riempì per discutere di ciò che era accaduto e di ciò che sarebbe successo in futuro.

"Questo Nehantista non si fermerà, Abyssien tu lo sai meglio di chiunque altro", disse Marlok mettendo la mano di cristallo sulla spalla del capo degli Zil.

Intorno ai due maghi erano radunati gli Zil e gli Inviati, entrambi gli schieramenti approfittarono di questo breve momento di pace.

"Sì, quello che più mi angoscia è che ha ancora le Pietre-Cuore dei miei Zil, quindi potrebbero ricadere sotto al suo influsso se il Nehantista trovasse il modo di contrastare il rituale con cui sono stato liberati."

Gli Zil erano molto preoccupati. Al momento la loro volontà era libera ma ben presto avrebbero potuto essere nuovamente controllati. Il ricordo di ciò che avevano compiuto sotto il controllo del Nehantista era radicato nella loro mente. SpadaInsanguinata che era tra le braccia di Senzavolto, esanime, osservava i due maghi con gli occhi colmi di tristezza.

Aerouant dopo essersi ripreso disse:

"Esiste un rituale per recuperare le Pietra-Cuore."

Tutti guardarono allibiti il giovane. Perché mai avrebbe dovuto aiutare coloro che avevano contribuito ad assassinare il padre, seppure senza volerlo?

"Mio padre aveva sviluppato questo rituale ma non è mai stato testato in pratica."

Marlok guardò stupito il ragazzo, grattandosi il mento.

"Pensi di farcela Aerouant?", chiese.

"Con l'aiuto dei maghi qui presenti possiamo provarci. Ho bisogno di un po' di tempo e dell'autorizzazione dei Compendium."

"La chiedo io mentre tu ti prepari."

Ore dopo, verso la fine della notte, gli Inviati di Noz'Dingard avevano fatto i preparativi per il rituale ed erano pronti ad iniziare. Per l'occasione e per via dell'importante flusso di magia che sarebbe stato scaturito si era deciso di procedere fuori dalla tenda. Aerouant si era levato alcuni pezzi di armatura, interamente di cristallo, per restare in indumenti più pratici. I Guerrieri di Zil la cui pietra-cuore era in mano al Nehantista furono messi all'interno di un grande cerchio. Marlok aveva sostenuto il figlio del Profeta per ottenere il permesso di praticare tale rituale e ciò aveva risolto la questione. Il mago mise i suoi cristalli blu per lanciare un incantesimo di protezione, lo scudo magico non avrebbe permesso a nessuno di interferire. Abyssien incoraggiò i suoi compagni ad avere fiducia nella magia del Drago. Anche lui avrebbe partecipato a questo esperimento.

Il rituale incominciò.

Aerouant materializzò un cristallo facendolo comparire all'interno del cerchio, poi incanalò la magia di ogni mago presente trasformando il cristallo in una pietra magica pulsante. Poi attaccò un filo magico che scaturiva dal suo corpo ad ogni Zil, uno per uno. Una volta fatto si mise sotto alla pietra. Abyssien naturalmente afferrò il funzionamento della magia. Secondo lui il cristallo serviva ad Aerouant come una sorta di antenna con la quale poter vedere la pietra-cuore di ogni persona che era connessa a lui. Poi gradualmente il giovane mago assorbì energia dal cristallo. Una forte energia gli fluiva nelle vene e gli faceva emanare una grande aura magica. Aerouant lottò per mantenere il flusso di energia senza esserne consumato. Il rituale sarebbe stato impossibile per chiunque, ma Marlok aveva visto in questo discendente del Drago delle capacità incredibili. Ora Aerouant incanalò le sue conoscenze della cristallomachia per far comparire le pietre-cuore sottratte, una per una; usò tutta la sua magia per strappare le pietra-cuore dalle mani del Nehantista. Il Nehantista lottò per mantenere il controllo delle pietre ma il rituale creato dal Profeta e la magia draconica ebbero il sopravvento. Aerouant invitò Marlok all'interno del cerchio e creò con le sue ultime forze un piccolo cristallo. Poco prima di svenire chiese a Marlok di mettere a posto i legami tra le pietre-cuore e i legittimi proprietari. Marlok lo eseguì immediatamente. Gli Inviati di Noz'Dingard, esausti, chiesero un posto in cui riposare per la notte. Il giorno seguente Abyssien ringraziò dal profondo del cuore gli Inviati ed offrì ad Aerouant la pace tra le due gilde.

Giunse il momento del ritorno a casa dei Draconiani. Marlok era stato invitato a prendere parte al ballo dei cortigiani a Castel Draken. Pochi giorni dopo, finito l'ultimatum dato da Ishaïa, venne liberato Salem; Abyssien era all'aria aperta a chiacchierare con il nuovo arrivato.

"Ho pensato molto agli ultimi avvenimenti e penso che uno dei nostri ci abbia tradito e venduta al Nehantista."

"qUeSto è PoSsIbiLe", rispose Salem annuendo come una bambola.

Abyssien si immerse nei meandri della sua memoria. Trent'anni prima, quando era molto giovane, fu apprendista di un mago in un regno a nord-ovest della terra di Guem, nella terra Oryfort. La sua abilità di comprendere la magia aveva attirato l'attenzione di una persona che si era rivelata essere seguace di Nehant. Tutto ciò gli era sembrato molto allettante, d'altronde era solo un giovane sconosciuto. Lentamente apprese i rudimenti della magia di Nehant e stava divenendo apprendista del Nehantista ma ben presto si accorse che tale magia non era quella che voleva apprendere. A lui interessava apprendere la magia dell'Ombra ma non in quel modo. Intervenne Zil a salvarlo e prendendolo sotto alla sua ala protettrice, lo formò insegnandoli la vera magia ombra. Per Zil l'utilizzo dei sortilegi ombra permette di fare molte cose ma non dovrebbe mai portare alla sottomissione di altri. Il giovane Abyssien divenne parte dei guerrieri di Zil ed a venticinque anni ne divenne il capo.

"Zil, dovrò tirarlo fuori."

"sE è NecEsSaRiO, C'è UnA pArTe Di tE cOmE dI mE cHe È dI aRtReZil."

Abyssien si accucciò guardando la sua stessa ombra.

"Mio vecchio amico, vi ho divorato tanto tempo fa ed ora è il momento che vi liberi; è necessario dare la caccia al nostro compagno che ci ha venduto."

Detto questo il mago delle ombre cominciò a vomitare una sostanza nera dalla forma vagamente umanoide. Quando Abyssien finì, il suo corpo era diverso, come se avesse perso molto peso. Salem applaudì con soddisfazione.

"Tu sei la connessione a tutto. Ho mangiato diverse ombre dei Guerrieri. Guidaci verso il traditore."

L'uomo ombra si inchinò, si voltò con calma e cominciò ad analizzare i Guerrieri di Zil presenti; c'è ne erano molti ma, ovviamente, molti altri non erano presenti. Finalmente si fermò, mise le mani su Abyssien e Salem e si unì nelle loro ombre. Ritornò sotto forma di ombra di un altra persona portando con se il legittimo proprietario di quell'ombra. Abyssien lo riconobbe immediatamente, era Maschera di Ferro, era logico. Lui era quello più assente alle riunioni di gilda, spesso occupato a viaggiare per il mondo per portare avanti relazioni diplomatiche.

"Tu!", disse Abyssien con rabbia.

"Maestro Abyssien, posso fare qualcosa per Lei?"

Salem arrivò zoppicando e tagliò il campanellino dal mantello del nuovo arrivato, quest'ultimo cadde a terra senza emettere alcun rumore.

"tU nOn sEi pIù uNo dEi mIeI gUeRrIeRi. hAi tRaDiTo lA fIdUcIa dEl tUo cApO."

Quando viene reclutato un nuovo membro nella gilda Zil, il capo dona un campanello che dimostra che tale persona si è impegnata a servire la gilda. Il diplomatico sorpreso sospirò, la sua espressione era però celata dietro alla maschera.

"In questo caso non sono più costretto a far finta di nulla."

In un batter d'occhio scomparve allo stesso modo del Nehantista con Marlok.

"Lo troveremo, ho divorato la sua ombra", disse con fermezza Abyssien.

"aMiCo mIo, È nEhAnT iL pRopRiETArIo DeLlA sUa oMbRa."

Reggenza


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La vecchia servitrice correva a perdifiato per gli stretti corridoi del palazzo imperiale tenendo in una mano un lembo del kimono in modo da non cadere. Senza più fiato arrivò ad una porta cadendo in ginocchio; si chinò come tradizione voleva.

"Eiji-Sama. È richiesto con urgenza."

Dall'altra parte della porta, Eiji Kakiji divenne frenetico per via del tono allarmato della serva. Seduto dietro al suo tavolino, il dottore lasciò cadere il pennello e si alzò bruscamente. Non era elastico come in gioventù ma il passare degli anni era stato gentile con lui; trotterellò fino alla porta e l'aprì con un gesto secco.

"Cosa succede?"

La donna alzò gli occhi, lacrime solcavano il suo viso distrutto dal dolore.

"L'Imperatore! Lui..lui è..."

La donna crollò.

Eiji guardò ad entrambi i lati del corridoio e poi con forza afferrò il braccio dell'anziana signora.

"Adesso basta lacrime. Muoviamoci."

Eiji Kaiji era da sempre il medico dell'Imperatore; dal giorno in cui era nato dal grembo dell'Imperatrice Saisho si era sempre preso cura di lui. Quando apparve la malattia venne immediatamente allontanato perché non era stato in grado di trovare una cura, ciò nonostante lui rimase l'unico che potesse fare diagnosi.

Passarono pochi istanti e furono davanti alla camera imperiale, la quale come voleva la tradizione, era sorvegliata da due ufficiali. Uno di loro, fortunatamente, era Asajiro, il quale avendo notato la celebre personalità appena giunta si inchinò facendolo entrare.

"Sei atteso", disse buttando un occhio all'interno della stanza.

Iro, Campione dell'Imperatore era inginocchiato davanti al letto a baldacchino, vedendo la persona appena entrata, si alzò, sperando finalmente di avere risposte. Alcuni tra i medici dell'Imperatore, presenti nella stanza, bisbigliavano sottovoce denigrando il collega appena venuto. Eiji avanzò verso l'Imperatore: sembrava tranquillo, aveva gli occhi chiusi.

Decise di esaminarlo.

Ben presto si sentì sollevato, l'Imperatore non aveva ancora raggiunto i suoi illustrissimi antenati ma era caduto in un sonno molto profondo. Il polso era regolare ma debole. Dopo vari tentativi di svegliare l'Imperatore, il medico scosse la testa in direzione di Iro.

"Tutti fuori", ringhiò il Campione solitamente molto calmo.

Di fronte alla rabbia del figlio del Signore Imperiale tutti i presenti alzarono i tacchi, rimase solamente Eiji. Iro andò alla porta e sussurrò alcune parole ad Asajiro.

"Non permettere a nessuno di entrare."

"Lo farò a costo della mia vita."

Asajiro era davanti alla porta, la sua lancia ghermita era equivalente ad un divieto assoluto di entrare.

"Kaiji-sama, l'Imperatore morirà?"

"Non credo ma le sue condizioni sono estremamente critiche. Il suo corpo è ancora animato dalla fiamma della vita ma la sua mente sembra già essere andata oltre."

"Quindi il gioco è fatto? È dunque questa la fine del suo regno?"

"No, lui sta ancora respirando, ma quando in situazione simili la legge parla chiara."

"Lo so, deve essere attuata una reggenza. Dato il momento attuale non so se questo sarà di buon auspicio per l'Impero. Devo far ordine in tutto questo. Farò in modo che voi stiate al capezzale dell'Imperatore, metterò alcuni Kotoba di guardia."

"Saggia decisione, Campione."

Iro lasciò la stanza, diede un ordine ad Asajiro e tornò a casa; la casa di famiglia non era molto distante dal palazzo imperiale. La casa era di grande dimensioni e si trovava nel mezzo di uno splendido giardino curato alla perfezione. Attualmente ci viveva solo Ayako, la più giovane della famiglia, con il nonno Henshin il quale aveva istruito Gakyusha. La ragazzina aveva appena iniziato una lezione di magia riguardante l'acqua dello stagno, Henshin le rivolgeva preziosi consigli al fine i migliorare i suoi poteri. Il vecchio vide Iro tornare a casa con l'aria afflitta.

"Ayako, continua senza di me e pensa che l'acqua è un materiale vivo."

Trovò Iro nella stanza di suo padre, impegnato nella ricerca di materiale su cui scrivere.

"Sembri preoccupato Iro, posso aiutarti?"

"Grazie Jii-san ma devo scrivere a mio padre in modo da far arrivare dei Kotoba. Gravi avvenimenti stanno per accadere nell'Impero."

"Cose gravi? Di che genere?"

Il giovane duellante aveva sempre considerato l'Imperatore come uno zio benevolo, vederlo in quello stato e pensare alla reggenza gli faceva male.

"Le cose stanno per cambiare, l'Imperatore non è in grado di governare e verrà sostituito da una reggenza, dando così potere a persone che non dovrebbero mai averne accesso."

"Capisco."

Il vecchio lasciò Iro a quanto aveva da fare. Quest'ultimo incominciò a scrivere una lettera, quando sentì il nonno chiamarlo. Perplesso, andò a vedere quando stava succedendo. Henshin era inginocchiato al centro della stanza e un dettaglio catturò l'attenzione di Iro, il nonno indossava una gemma magatama, un ciondolo a forma di lacrima. Vicino, per terra, aveva un rotolo di pergamena sigillato dal timbro imperiale.

"Io sono lo Shi-Ze dell'Imperatore in persona. Mi è stato affidato questo ruolo in modo che potessi cederlo a te insieme a questo messaggio quando il tempo fosse giunto."

Il giovane uomo si sedette di fronte a suo nonno, era sorpreso ed incuriosito dal contenuto del messaggio.

"Iro, sei una delle persone in cui l'Imperatore ha riposto fiducia. Questo rotolo simboleggia la speranza che tu non veda l'Impero cadere nelle mani sbagliate. Stai attento da coloro che sono saliti troppo in alto. La Kotoba, oggi più che mai, rappresentano un modo ideale di agire in nome dell'Imperatore. Non dimenticare mai che la Kotoba sono l'Imperatore e lui solo, una sentenza non avrà mai potere su di lei. Sii forte e non vacillare mai, tu sei il futuro dell'Impero."

Henshin consegnò il rotolo ad Iro che onorato lo accettò.

"Questo rotolo deve essere letto davanti al consiglio imperiale. Affrettati, non deve essere perso tempo."

Iro rinvigorito dal messaggio dell'Imperatore si diresse immediatamente a palazzo; prima però salutò la sorella, era cresciuta tanto negli ultimi tempi, per non parlare di quanto si fossero sviluppate le sue abilità magiche. Sicuramente meritava un posto all'interno della Kotoba.

Da anni non si vedevano così tante persone all'interno della Grande Camera del Consiglio. Tutti i ministri e i consiglieri imperiali erano seduti in cerchio, ognuno sul proprio confortevole cuscino di seta. Oogoe e Daijin stavano osservando i loro avversari, quando iniziò la lotta per il potere. Il Corvo sapeva che stava per vincere questa guerra e il suo silenzio rendeva nervosi molti dei presenti. Oogoe si alzò e si diresse all'interno del cerchio, con la sua solita nonchalance.

"Le leggi sono necessarie in questi casi, onorevoli servi dell'Imperatore. Non avendo il Celeste Augur alcun discendente, deve essere nominato un reggente da coloro che ne hanno il diritto. Anche se ho molto rispetto per Lei, Akizuki-sama, io credo che Daijin sia più indicato di lei per guidare l'Impero."

La reazione fu immediata. I sostenitori del primo ministro Akizuki fecero sentire la loro voce protestando. Oogoe si sedette con in volto un espressione compiaciuta, gli piaceva come stavano andando le cose, amava instillare il dubbio nei cuori degli altri. Fu il turno di Daijin di parlare. Il corvo conosceva i suoi avversari e sapeva bene che a questo punto tutto girava a suo favore. Si alzò, aiutato da Karasu.

"Bene bene, calmatevi per favore, ricordatevi che l'Imperatore nel suo sonno ci vede e ci giudica tutti. Akizuki-dono, è lei il responsabile della decisione da prendere."

Il primo ministro chinò il capo, vergognandosi di non aver previsto la mossa dell'avversario.

"Deve essere nominato un reggente."

In quel momento Iro entrò con gran fragore nella stanza. I sostenitore del Corvo protestarono per questa intrusione del Campione dell'Imperatore ma quest'ultimo si limitò a rispondere con un occhiata torva. Le proteste si spensero immediatamente.

"Campione cosa porti al Consiglio?", chiese Oogoe.

"Questo!", rispose consegnando il rotolo ad Akizuki. "È destinato al Consiglio Imperiale."

Il Ministro accettò la pergamena e quindi l'aprì. Autenticò la pergamena come ufficialmente scritto dal pugno dell'Imperatore. Il ministro si alzò e cominciò a leggere a voce alta.

"Questi sono i desideri dell'Imperatore", disse con con voce tremante.

"Anche se non siamo più accompagnati da un dio terreno è nostro dovere mantenere l'unità che i nostri antenati ci hanno lasciato. Noi non vogliamo che quest'unità si infranga e la legge dice che deve essere eletto un reggente mentre ci si prepara alla venuta di un nuovo Imperatore. Abbiamo deciso che se deve esserci un reggente dovrà venire dagli Tsoutai. Solo loro hanno la capacità necessaria di ristabilire l'ordine all'interno del caos dovuto alla Mia assenza, solo loro possono ristabilire l'equilibrio. Questa è la volontà dell'Imperatore."

Il chiacchiericcio ricominciò immediatamente perché molti pensavano fosse ingiusto dal momento che non c'erano altri candidati all'infuori di Daijin o Akizuki. Il Corvo sussurrò qualcosa all'orecchio di Oogoe.

"Calma, ricomponetevi!", disse il primo ministro. "La volontà dell'Imperatore deve essere rispettata. Nella mia veste di Presidente del Consiglio chiedo al Campione di essere garante di essa."

"Sono d'accordo, chi va contro tale volontà incontrerà la mia spada", rispose Iro.

Oogoe intervenne:

"Il Clan del Corvo intende avere solamente il miglior candidato possibile."

Akizuki non fu sedotto da tali parole, probabilmente c'era uno sporco trucco dietro all'eleganza della frase ma il Corvo era potente e un rifiuto sarebbe stato preso come un grave insulto.

"Così sia. Darò tempo al Corvo per nominare il reggente."

Akizuki non poteva sospettare che Daijin sapeva esattamente chi nominare. La riunione venne rinviata. Nelle casa del Corvo, Daijin confabulava con Karasu e Oogoe.

"Questa è una storia che potreste aver già sentito. Molto tempo fa c'era un corvo che aveva ricevuto la chiamata dei Cercafalla e divenne Tsoutai. A quel tempo, lui mi chiese di non fare più parte ufficialmente del Clan e di lasciargli percorrere la sua strada. Io accettai ad una condizione, se un giorno avessimo avuto bisogno, lui sarebbe dovuto tornare."

"Ebbene signore, questa persona è in grado di assumere la reggenza dell'impero?", chiese Oogoe.

"Lo è. Preparerò gli editti ufficiale dell'impero per l'appuntamento. E li manderò entrambi a chi di competenza."

"Signor Daijin, dove lo mandiamo?"

"Al tempio Yafujima."

Nessuno di loro conosceva questo posto ma presto avrebbero rimediato a questa ignoranza, perché il giorno successivo erano sulla via per andare al tempio. Gli era stato già detto il nome del corvo-tsoutai, il cui nome non era per nulla sconosciuto. Karasu era infuriato, approfittò del cammino per inveire contro l'Imperatore che aveva avuto l'ardire di fare di Daijin il capo, inveì contro quel dannatissimo tsoutai che nulla sapeva di politica e della vita in Meragi. Raggiunsero il tempio al tramonto e vennero ricevuti dal capo, l'uomo che oltre tutto sarebbe divenuto presto il futuro sovrano. Toran chiese cosa volessero da lui due membri del Corvo.

"Grazie per averci ricevuto Toran-sama", iniziò Oogoe.

"Non c'è bisogno di ringraziarmi, le porte di questo tempio sono sempre aperte a chi è alla ricerca di pace e tranquillità."

"Sono allietato dal sentirti parlare di pace, perché è proprio per questo che siamo venuti da lei."

Il giovane cortigiano depose la lettera del consiglio imperiale sul tavolino di legno che aveva innanzi.

"Questo è per te. Prima che lei lo legga e possa rifiutare, Daijin auspica che tu ricordi chi veramente sei."

Toran socchiuse gli occhi e suoi tatuaggi cominciarono a muoversi.

"Ti ringrazio Oogoe per avermi fatto pensare alla mia condizione, io so bene chi sono e dove appartengo, ti consiglio di riflettere su te stesso."

Oogoe mostrò un viso pietrificato con una smorfia sarcastica, ben sapendo di aver fatto centro.

Aku, che ora era apprendista di Toran spiava la scena e nonostante la sua discrezione venne notato da Karasu. Quest'ultimo si alzò, si inchinò al vecchio tsoutai e si diresse a dare una lezione di buone maniere al giovane e sfacciato tsoutai.

Dopo averlo letto due o tre volte, Toran si arrese. Era stato nominato reggente dell'impero di Xzia, lui che aveva passato gran parte della sua vita in giro per il mondo a perfezionare la sua arte.

"Capisco come si senti, Toran-sama, solo lei puoi decidere."

"Ci sono altri Tsoutai, persone ben più sagge di me."

"Sì ma non fanno parte del Corvo. Sarebbe un peccato se si offendesse Daijin-sama in un momento in cui l'impero è debole e rischia di collassare."

"Riconosco qui le parole di chi mi ha visto nascere. Accetto l'incarico affidatomi, quando devo partire alla volta di Meragi?"

"Il prima possibile."

Karasu spinse fuori Aku.

"Giochiamo a fare le spie?", sputò Karasu.

"Volevo solo assicurarmi che non accadesse nulla di male al mio maestro", rispose nervosamente Aku.

"Ti tolgo la voglia di fare lo spione."

Karasu spinse Aku facendolo crollare violentemente a terra. Intorno, nonostante l'ora tarda c'erano alcuni tsoutai presenti. La loro filosofia di vita è non rispondere mai alla violenza con altra violenza perciò chiesero educatamente di smetterla. Karasu fece orecchie di mercante. Aku non poteva replicare perché Toran gli aveva severamente proibito usare la violenza nel suo fragile stato psicologico, avrebbe dovuto padroneggiare l'arte dello tsoutai da guerra solo con il suo cercafalla, Akujin. La giovane Hime, che come gli altri non aveva visto alcuna ragione per tale attacco, decise di intervenire.

"Corvo, se cerchi qualcuno con cui confrontarti, fallo con me."

Il suo cercafalla, un maestoso airone blu, apparve al suo fianco sbattendo il becco sulla faccia di Karasu.

"La prossima volta magari, mi piacerebbe affrontare una combattente come te. Ora ho di meglio da fare."

In quel momento sopraggiunsero Oogoe e Toran a placare le ostilità.

"Hime riunisci la nostra comunità, ho qualcosa da dirvi", chiese Toran.

Pochi minuti dopo gli Tsoutai erano riuniti nel cortile del tempio, domandandosi quale sarebbe stato il futuro del loro maestro.

"L'impero è ad un bivio. L'Imperatore è nel sonno senza risveglio ed è stato nominato un reggente. Ed ora ho scoperto di essere io quel reggente; l'Imperatore pensa che solo uno Tsoutai possa essere in grado di porre fine alle divisioni interne, pertanto ho deciso umilmente di accettare l'incarico."

Ognuno aveva la sua opinione in merito, molti pensarono che l'Imperatore avesse fatto una saggia scelta.

"Sono appena tornato da voi che già devo ripartire alla volta di Meragi. Mi affido alla guida venerabile del tempio Zaoryu. Partirò domattina."

Hime ed Aku erano preoccupati per il loro futuro ma Toran andò verso di loro spiegando che i due sarebbero andati a Meragi con lui ed avrebbero continuato la loro preparazione presso il tempio Komaki, più piccolo e modesto di Yafujima.

Toran non era abituato al lusso. Era sì nato in una famiglia benestante ma se ne era allontanato presto. La stanza in cui si trovava era paragonabile solamente a quella di ricchi proprietari terrieri. Intorno a lui i servitori erano indaffarati. Si stava rendendo presentabile prima che il Consiglio lo nominasse ufficialmente reggente, ma non avrebbe rinunciato ai suoi abiti Tsoutai. L'impero aveva bisogno di lui e la situazione era delicata. Da un lato era necessario mantenere coeso l'Impero dall'altro doveva affrontare liti politiche e i tranelli del Corvo. Aveva sempre lottato per mantenere nel suo cuore le origini del Clan. Una volta pronto venne portato nella sala del consiglio, ministri e consiglieri si inchinarono al vecchio e imbarazzato Tsoutai.

"Nel giorno in cui mi fate reggente tenete a mente una cosa, l'Imperatore non è morto, lui tornerà."

Sì l'Imperatore sarebbe tornato perché Toran avrebbe fatto in modo che venisse fatta luce sul male che lo aveva colpito. Cosa porterà il futuro a Toran e all'impero di Xzia?

Missione del Re Tuonante


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"Il Re è morto! Lunga vita al Re! Il Re è morto! Lunga vita al Re."

La folla ai piedi del palazzo Carleon cantava una canzone d'addio come voleva la tradizione. Questa volta però la tradizione non sarebbe stata rispettata. Guamatta, Re di Yses morì senza lasciar alcun erede. Secondo le tradizioni dei Sette Regni si sarebbe dovuto organizzare un torneo per conquistare Yses. Questo non piaceva per nulla ad uno dei Protettori del regno. Sevylath era seduto al bordo di una fontana a scrutare il via vai di curiosi nella piazza principale. Valutò l'importanza di questa morte e le ripercussioni che avrebbe provocato. Presto sarebbero arrivati gli avvoltoi a divorare i resti ed uccidere il territorio, chi ne avrebbe pagato le conseguenze sarebbero stati i cittadini; doveva agire in fretta. Senza perdere altro tempo si diresse immediatamente alla biblioteca. Guamatta era stato un Re saggio e aveva dotato ogni grande città di una biblioteca, o meglio di un sito di stoccaggio di pergamene, papiri e vari libri. In questo luogo l'eroe di Yses sperava di trovare un cavillo o una legge che impedisse la nascita di tale torneo. Dopo due giorni non riuscì a trovare nulla che potesse servire. Eppure qualcosa attirò la sua attenzione. In fondo alla grande sala, dietro a plichi di libri c'era un arazzo grande quanto un uomo. Su di esso era raffigurata una scena del primo re di Yses, colui che era stato giustamente chiamato il Re Tuonante. Secondo la storia un giorno era scomparso, lasciando in eredità il trono al suo amico Argal, padre di Guamatta. Gli venne in mente di un grande bassorilievo in acciaio che era in città. Il suo istinto gli disse di andare a vederlo.

Ancora una volta, perso nei suoi pensieri, non si accorse di come stesse volando il tempo. C'era una sorta di culto su questo iconico personaggio. Questo culto parlava dell'esistenza di forze divine e di come queste governassero sulla vita degli abitanti delle terra di Guem. Sevylath non si era mai interessato a questo culto ed ora aveva la possibilità di riparare a questa mancanza. Non ricordava che la pietra fosse così grande, la sua dimensione poteva essere comparata ad quella di una delle torri del castello di Yses. Nella parte inferiore vi erano delle fiamme danzanti nel vento, provenienti da una pietra-cuore. Nessuno era sorpreso da tale meraviglia. Scolpito nella pietra, enorme e maestoso, il Re Tuonante osservava la città con sguardo altero. Sevylath lo aveva visto migliaia di volte ma non era mai stato a conoscenza dei piccoli dettagli che recitava. C'eran delle scritte, i cui caratteri erano della lingua corrente di Yses ma anche dei simboli il cui significato era ignoto. Prese il libro che teneva riposto nella cintura ed esaminò la copertina in pelle: c'erano due glifi non identici ma estremamente simili a quelli della scritta. Il libro era un prezioso tesoro di famiglia e gli venivano attribuiti grandi segreti anche se nessuno era mai riuscito a dipanarli. Qualcuno sopraggiunse facendo finire il flusso dei pensieri.

"Oh, mi dispiace averla infastidito."

Era una giovane donna, vestita con una candido e semplice abito bianco e gioielli molto simili a quelli indossati dal Re Tuonante. Sevylath capì che era una sacerdotessa.

"Non preoccuparti, sono io a disturbare questi luoghi. Credo che tu possa aiutarmi."

Sevylath le porse il libro.

"Vedete questi simboli? Sono della medesima lingua della scritta sulla stele", disse indicando le iscrizioni.

La giovane sacerdotessa dai capelli corvini passò una mano sulla copertina del libro e il suo viso si illuminò di un sorriso.

"Questa è la stessa lingua che parlava il Re Tuonante e la sua famiglia durante il suo regno. Dove lo ha preso?"

Sevylath tentennò, poi acconsentì a risponderle dal momento che lo stava aiutando a capire.

"Questo libro è della mia famiglia da molto tempo."

La sacerdotessa riprese a pensare: " e se fosse....? Signor Sevylath posso aprirlo?"

"Tu sai chi sono?", chiese con interesse.

"Mi è difficile non riconoscere un Protettore di Yses quando l'ho davanti. Posso?"

"Ad una condizione, sapete cosa c'è scritto sulla stele?"

"Prendi la mia lancia e colpisci. Ornatevi della mia corona ed io sarò al tuo fianco, indossa la mia armatura ed io ti proteggerò!" poi aggiunse come spiegazione "Non sappiamo chi l'abbia scritto, se sia stato il Re Tuonante o meno, ma molti di noi pensano che sia una sorta di lascito."

"Ti ringrazio per avermela tradotta. Mi interessava molto aver una risposta."

Sevylath le diede il libro.

"Sarebbe bene dirigerci in un posto dove non si possa essere disturbati."

"Ha ragione, la prego venga con me nello studio del tempio degli dei."

Ad Yses c'erano tre tempi dedicati agli dei, luoghi di culto dedicati a chi volesse pregare o praticare il proprio credo. Avevano la peculiarità di non essere dedicati ad alcun dio specifico e di essere gratuiti. Il Protettore e la giovane sacerdotessa di nome Dandranne erano poco distanti dal grande edificio di pietra grigia e coperto di muschio. La sala studio era solamente chiamata così perché in effetti era in tutto e per tutto un luogo in cui pregare. I presenti stavano discutendo animatamente sull'evento più importante della giornata, e cioè della morte del re e quindi non prestarono attenzione alla presenza del Protettore e tanto meno a quanto stesse facendo. Dandranne provò ad aprire il libro ma non riusciva rimuovere la cinghia di cuoio che lo chiudeva. Sevylath ne rimase stupito perché non aveva mai incontrato problemi del genere. Dopo un po' di tempo riuscì a rimuovere la cinghia ma il libro dopo aver emanato fulmini blu si richiuse con un tonfo.

"Ecco una cosa strana", disse sorpresa la sacerdotessa.

"Devo dire che a parte me e i miei parenti nessuno l'ha mai toccato. Forse è meglio che lo apra e lo legga io a te."

Sembrò una buona idea perché il libro si aprì e anche la sacerdotessa poteva leggerlo o meglio tentare di leggerlo.

"Conosco poco di questa lingua. Ho imparato i rudimenti ma non ho mai affrontato testi come questo. Sembrano preghiere rivolte a dio se ben interpreto il Kurun."

Dandranne chiese a Sevylath di girare le pagine per arrivare alla fine, mano a mano la scrittura cambiava fino a divenire composta di soli simboli. Dopo aver letto la pagina disse:

"Eccolo, è il Re Tuonante. Gira le pagine, si fermi, ecco, aspetti!"

Lesse una pagina più e più volte, poi alzò lo sguardo dal libro e guardò il Protettore con gioia.

"Conosce l'origine della tua famiglia, Signor Sevylath?"

"Centra qualcosa con quello che hai letto?"

"Sì, penso che lei non sappia che il Re Tuonante ebbe un figlio dal nome di Korvent."

"Korvent?", Sevylath si immerse nei suoi pensieri. "Korvent non è nome straniero, anzi Korvent è nome che ho già sentito in passato. Credo che quando fossi bambino mio nonno mi abbia parlato di un tale chiamato Korvent, doveva essere un gran comandante durante una guerra, almeno credo."

"Lui è uno dei tuoi antenati. Capisci? Tu sei uno dei discendenti del Re Tuonante!"

"Facciamo che ti creda ma come fai ad esserne così sicura?"

"C'è scritto, è scritto", rispose Dandranne euforica di aver trovato un discendente dell'uomo da lei adorato.

"Va bene, ma cosa dice?"

"Oh sì, c'è scritto che solo i i suoi discendenti possano aprire questo libro."

Sevylath non mostrò particolar interesse perché pensava a cosa avrebbe dovuto in futuro; il destino lo aveva indirizzato verso la sacerdotessa ed ora otteneva delle rivelazioni, quanto avrebbe dovuto ancora scoprire?

"Puoi credere che una persona vissuta molto tempo fa possa ritornare in vita?", chiese Sevylath facendo finta che fosse una domanda a caso.

"Tutto è possibile. Se il Re Tuonante può tornare, perché guardare da un altra parte?"

"No, hai ragione. Un re è morto, un altro re dovrà prendere le redini di Yses."

Il guardiano si alzò. Inizia così la ricerca del Re Tuonante.

"Pregherò per il successo della tua missione. Ma prima è bene che io trascriva gli scritti del tuo antenato."

Dandranne si alzò a sua volta.

"Tutto questo è veramente eccitante. Gli altri fedeli non crederanno alle loro orecchie quando glielo dirò."

Due giorni dopo il lavoro di traduzione era stato terminato; Sevylath e Dandranne avevano dormito pochissimo in questo lasso di tempo, c'era troppo da fare per perdere tempo. Le cose da fare erano ben evidenti e la ricerca era appena iniziata. Dopo una breve pausa il Guardiano partì verso l'ignoto con la folle speranza che la leggenda del Re Tuonante fosse più che una storiella. Il Protettore partì con la malinconia che soffocava il suo cuore al pensiero di Yses e della grave crisi che stava affrontando. Viaggiò tra la nebbia fino al regno di Baranthe dove apprese che erano molto preoccupati per la sorte del regno vicino. Non si fermò ma nonostante la fretta perse tempo a causa della nebbia che ora era nera e opprimente. Come se ci fossero nuvole ad occupare tutto lo spazio tra terra e cielo. Un gran brutto posto ma d'altro canto nelle vicinanze era stato richiusa la peggiore minaccia di questa terra: Nehant. Tutti coloro che avevano tentato ad andare nella prigione in cui era rinchiuso non avevano mai fatto ritorno e ciò aveva alimentato le dicerie sui poteri oscuri di Nehant.

Questo posto non gli piaceva, era intriso di sofferenza e miseria. Circa 70 anni fa molti eroi caddero nella grande battaglia che si svolse. Stringendo il suo martello santificato avanzò come le aveva detto Dandranne; pensava di poter respingere l'aria malsana dovuta al soprannaturale. Sevylath la prese come una prova, non poteva bastare così poco a fermarlo; non vedeva molto bene perciò procedette lentamente. Dopo qualche ora arrivò alla fine delle indicazioni dategli, andare tre passi a sinistra di una pietra con incisa una spirale sopra. Trovò molte pietre e fece tre passi a sinistra di esse. Sfortunatamente per il Protettore, queste pietre erano solamente i rimasugli di un antica stele in onore del Re Tuonante. Il simbolo era nascosto e Sevylath non se ne accorse. Il Guardiano emerse dalla nebbia prendendo un profondo respiro. L'aria fresca e il vento vivace lo ristorarono. Lo spettacolo che si trovò davanti era mozzafiato. Innumerevoli isole di terra e di cristallo galleggiavano nel cielo; alcune di queste isole sembravano navigare come legno sul fiume.

"Come posso spostarmi da un isola all'altra?", si chiese il Guardiano.

Esaminò la situazione, innanzitutto era arrivato. L'isola su cui si trovava era grande e se il suo antenato era stato qui doveva aver lasciato degli indizi.

"Comincerò da lì", si disse guardando un punto in cui il paesaggio differiva da Yses, i grandi alberi verdi erano qui invece fatti interamente di cristallo. Su alcuni cristalli c'erano segni di bruciature e vi erano segni di estrazione dal terreno. Non c'era alcun rumore, nemmeno il cinguettio degli uccelli, anche il suono dei suoi passi era muto. Camminò per ore avendo l'idea di non essere per nulla solo. La vegetazione diveniva sempre più lussureggiante e dopo aver girato un angolo la sua attenzione venne catturata da una sorta di totem raffigurante una creatura orrenda e deforme. Non indugiò a scrutare il totem, la sua unica sicurezza era vigilare. C'era qualcosa di sbagliato, come se la magia fosse all'opera in quel posto. Infatti in pochi attimi le radici presero vita e dopo averlo avvinghiato lo immobilizzarono.

"Cos'è questa malvagità?", urlò a voce alta.

Una creatura gli si avvicinò; non aveva mai visto una creatura del genere: grandi corna, occhi bianchi e privo di bocca. Insieme alla creatura c'era un manipolo di gente tra cui sicuramente un abitanti della Draconia, riconobbe il colore del cappotto della giovane donna.

"Mi dispiace averti dovuto fare questo, ma visto che abbiamo raggiunto i Confini, i problemi vanno e vengono", disse la giovane guardando al martello del Protettore.

"Sono Sevylath, Protettore di Yses, rilasciami Draconiana."

"Sevylath?", Aryena guardò sorpresa gli altri. "Siete scomparso decenni fa."

"Sciocchezze, sono appena arrivato qui e ho lasciato i sette regni solamente qualche giorno fa. Non ho cattive intenzioni, liberami e parleremo."

Il Dais ruppe l'incantesimo liberando il Guardiano, quest'ultimo afferrò il martello e guardò sospettoso il gruppo che aveva davanti.

"Mi sono presentato, sarebbe buona educazione fare altrettanto."

"Vero, forse i Confini hanno una brutta influenza su di noi. Io sono Anryena figlia del Drago, questa è Occhio di Gemma dell'equipaggio di Al la Triste, lui è del popolo Eltarire...."

"Forse ci potrebbe aiutare a rompere lo scudo", tagliò corto Occhio di Gemma.

Anryena era meno burbera della rozza pirata, ben lontana quest'ultima dalla eleganza delle signore draconiane. Sevylath conosceva il nome di Anryena, questo lo rendeva confuso, appariva come una donna di trent'anni anche se ne erano passati venti. Non sapeva che il tempo aveva ben poca influenza su di lei.

"Che succede? Sarei ben lieto di aiutarvi ma non so bene cosa facciate qui."

"Non lontano da qui abbiamo trovato una sorta di vecchio tempio ma non riusciamo a sorpassare la sua protezione", spiegò l'Intrappolato.

"Perché volete entrarci? Se è protetto ci sarà un motivo."

"Perché siamo alla ricerca di una persona e all'interno del tempio potrebbe esserci o lei oppure potremmo trovare indizi che ci aiutino a trovarla."

"Anch'io sto cercando qualcuno, se potrò vi aiuterò."

Si avvicinarono a Malyss ed Ergue che aspettavano fuori del tempio, un vecchio edificio composto di pietre e cristalli. Era sbiancato per via dell'esposizione al sole e una piccola parte del tetto era crollata. Tutt'intorno alla collina vi erano delle colonne su cui erano stati scolpiti dei simboli. Tra ogni colonna vi era un muro invisibile invalicabile.

"La magia non è riuscita ad infrangere le colonne e la forza bruta non è la miglior soluzione, eppure siamo potenti", si vantò il corvo.

Sevylath capì che le cose andavano differentemente. Non c'era traccia di magia e perciò usare della magia era inutile. I simboli non erano altro che lettere theurgiche, la "magia degli dei". Per lui tutto era chiaro, erano stati dei Sacerdoti a fare quest'opera per non permettere ad alcuno di passare. Sevylath si rivolse al gruppo con voce abbastanza alta da far tacere inutili discussioni.

"Il vostro fallimento è normale. Questa non è magia, è un baluardo della fede. Posso cancellarlo ma siamo sicuri che non accadrà nulla di male?"

"Non possiamo prevedere cosa accadrà, ma penso che se ci sei tu non succederà nulla di male. Dobbiamo andare.", invitò Occhio Di Gemma facendo segno agli altri di avanzare a testa bassa.

Anryena era contrariata, non sapeva nulla riguardo le theurgie. L'Intrappolato era indeciso ma il Mangiapietra avrebbe potuto essere all'interno. Ergue non era interessato al come fare, a lui interessava solo l'azione. Malyss era d'accordo con Occhio di Gemma. La decisione era stata presa, Sevylath si mise al lavoro.

Ogni pilastro aveva una prova di fede da superare, una domanda la cui risposta era celata nel cuore del lettore. Scelse il tema che gli sembrava più interessante e la risposta era la sua fede. La domanda era qualcosa del tipo: "Fino a che punto sei disposto a portare avanti la tua fede?" Sevylath non esitò, era naturale che avrebbe perfino sacrificato se stesso per i fondamenti della fede. La risposta fu soddisfacente e il pilastro si sbriciolò cadendo a terra. Il baluardo della fede si infranse.

"Tu sei degno della tua reputazione, Protettore di Yses.", disse Anryena Il gruppo salì sul fianco della collina, il loro passaggio era costellato di cadaveri di umanoidi nascosti dalle rocce.

"Tutto ciò è ben poco incoraggiante.", sussurrò a se stesso Ergue.

"Guardate là", si commosse Occhio di Gemma. "Che meraviglia."

La giovane donna prese da un cadavere una lancia fatta interamente di cristallo.

"Leggera come una piuma", aggiunse.

Sevylath riconobbe la lancia e si avvicinò.

"Posso?", chiese con tutta la sua autorevolezza.

Per un pirata un oggetto trovato è di chi lo trova ma vista la sua situazione e la consapevolezza che non cercava guai, acconsentì. Senza dubbio era stato fatta ad Yses, visto lo stile nobiliare che aveva visto molte volte.

"Sono sulla strada giusta. Andiamo."

Arrivarono davanti alla porta del tempio e poterono vedere che era costellata di simboli theurgici.

"Un sigillo divino", disse Sevylath. "Deve essere infranto per fede."

Tutti si allontanarono ad una distanza di sicurezza. Sevylath fece qualche passo indietro, impugnò il martello e mormorò qualche preghiera. Poi si girò di scatto e corse con il martello in pugno per rompere la protezione. Non se lo aspettava ma il suo colpo infranse la protezione e distrusse la porta. Ognuno diede un occhiata all'interno della struttura ma ciò che videro non era per nulla confortante, all'interno c'erano dozzine di creature simili agli umani ma che si comportavano come bestie. La loro pelle era blu e avevano un atteggiamento aggressivo. Il tempio era formato da un unica enorme stanza in mezzo alla quale vi era una persona che galleggiava in aria racchiusa tra molti archi che scaturivano dal terreno. Mentre Occhio di Gemma ed Ergue si ritiravano prima che le creature attaccassero, Sevylath comprese chi era lo strano personaggio e di fretta entrò nel tempio.

"Che sia questo il Mangiapietra?", si chiese L'Intrappolato seguendo il Protettore.

Ogni membro del gruppo era legato agli altri da una forza indissolubile. Sevylath cominciò a menare il suo martello sulle teste dei nemici ma le creature erano molte ed agguerrite; ben presto l'Intrappolato venne sopraffatto ma grazie al pronto intervento di Ergue riuscì a salvare la pelle. Malyss scagliò fuoco e Aryena attinse alla sua conoscenza nei sortilegi draconici. Tutto stava andando come previsto, le loro tecniche erano complementari e ben si adattavano a fronteggiare i nemici. Avvenne però un errore in buona fede. Aryena con le spalle al muro utilizzò la magia del fulmine per liberarsi, le sue mani si fecero cariche di saette e scagliò il suo potere contro gli assalitori. Qualcosa di sorprendente accadde, ogni volta che un fulmine colpiva una creatura, questa diveniva più forte. Le creature rigeneratesi sopraffecero il gruppo come una marea e ferirono alcuni di loro. Sevylath fece appello alla sua fede e pensò a ciascuno dei suoi compagni. Poi con furia attaccò le creature uccidendole una ad una. Ad ogni colpo inferto le ferite dei suoi compagni venivano curate. La battaglia riprese con vigore. Aryena dopo aver compreso l'errore da lei commesso, smise di utilizzare i sortilegi fulmine e cominciò ad attaccare in altre maniere. Sevylath galvanizzato dalla battaglia si aprì una via per arrivare fino alla creatura rinchiusa tra gli archi. Venne però fermato da un essere più grande e più intelligente delle altre bestie presenti; portava una corona di cristallo. Sevylath rise e posò a terra il martello

"So cosa sei, riconosco la pietra che porti sul capo."

Dietro di lui, gli altri del gruppo si stavano domandando cosa stesse dicendo il Protettore.

"Ti ripudio Guemelite. Torna dal tuo creatore", pregò.

Alzò le mani in aria facendo scaturire una luce bianca ed accecante. Occhio di Gemma che era all'ingresso del tempio, afferrò le sue strane armi ed uscì per evitare di subire anche lei il colpo di fede. Le creature ulularono di dolore, si contorsero e caddero a terra come mosche morte. Sevylath non era stato attento nel lanciare il suo esorcismo, aveva colpito anche Aryena che ora era svenuta incosciente riversa al suolo.

La battaglia era terminata, le creature così come il loro capo erano state sconfitte. Sevylath prese la corona di cristallo. Gli altri erano senza forze, la lotta era stata breve ma intensa. Sevylath curò Aryena mentre Maliss si chiedeva del perché il sortilegio fulmine avesse reso più forti quelle creature. Ergue tentava di camminare ma non era un grande idea visto che provava un parecchio dolore. Anryena dopo essere stata curata riprese conoscenza e cominciò ad imprecare contro l'attacco sì efficace ma scriteriato del Protettore. La figlia del drago riprese contegno e si interessò del prigioniero e della sua prigione.

"Dunque è questo il Mangiapietra?", chiese all'Intrappolato.

Quest'ultimo stava per rispondere ma lo Sevylath lo anticipò.

"Non so cosa sia un Mangiapietra ma la persona che sto cercando è niente meno che il Re Tuonante."

Tutti si scambiarono sguardi interrogativi, nessuno di loro aveva mai sentito parlare di lui.

"La vera domanda è come lo tiriamo fuori di lì?", chiese Malyss.

"Non è una theurgia?", chiese Ergue, ma la risposta fu:

"No, in questo caso è magia. Forse posso farmi perdonare per l'errore di prima", intervenne Anryena.

I sortilegi fulmine erano di diversi tipi; durante gli studi all'accademia di magia di Noz'Dingard ne aveva appreso i fondamenti. Camminò intorno alla prigione e concentrò la magia. Dall'interno della prigione scaturì un gran fulmine difensivo, i due fulmini si scontrarono.

"Stasi", sospirò. "Ora capisco. Protettore vieni qui."

Sevylath si avvicinò domandandosi cosa volesse la draconiana.

"Cattura il prigioniero se per caso dovessi svenire una volta che l'incantesimo sarà infranto. Può accadere. Tu sei un sacerdote e conosci delle theurgie curative. Ti consiglio di porne una su di te. Cercherò di battere il fulmine con il fulmine."

Anryena concentrò il suo potere per diverso tempo e poi lo scaricò in un sol colpo contro la prigione che divenne ben presto sovraccaricata. La prigione scoppiò liberando il Re Tuonante. Sevylath riuscì a proteggere se stesso e il suo antenato, poi si voltò verso Anryena che senza forze cadeva a terra. La afferrò prima che toccasse il suolo. Il corpo della maga cominciò a brillare di luce blu, la luce avviluppò anche Sevylath e il Re Tuonante rendendoli piano piano trasparenti. Poi l'alone sbiadì e tra gli occhi attoniti dei loro compagni i tre scomparvero nel nulla. I tre riapparvero nella sala del trono di Noz'Dingard dove si trovava Kounuk con la Chimera nelle mani.

"Madre?", pianse.

Battaglia della Pietra- Prima Parte


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Sala del trono del palazzo di Noz'Dingard.

Kounok vide delle persone comparire dal nulla in mezzo alla sala, pensando che fosse un attacco contro il Profeta impugnò Chimera sguainandola. Valentin che era lì presente per fare un rapporto al suo superiore estrasse anche lui la spada e si mise a fronteggiare il piccolo gruppo. I nuovi arrivati non sembravano avere intenzioni bellicose, anzi uno solo era cosciente mentre gli altri due erano svenuti.

"Pace Draconiani. Pace", disse Sevylath posando a terra i due compagni.

"Sono Sevylath, Protettore di Yses", aggiunse guardandosi attorno.

"Non sono tuo nemico", continuò poggiando lentamente il martello per terra.

Kounok non capiva cosa stesse accadendo ma non potette non riconoscere sua madre.

"Cosa le hai fatto?", urlò con tono accusatorio.

"Nulla. Questa signora ha appena liberato il Re Tuonante e subito dopo siamo scomparsi in una nuvola blu."

"Dovrete spiegarvi meglio di così."

Kounok depose la chimera e prese Anryena tra le sue braccia; lei era incosciente, spogliata dei suo poteri magici. Non aveva alternativa che portarla davanti al Drago.

"Valentin, fai in modo che soggiornino comodamente", disse al Cavaliere Drago che era ancora sorpreso.

"Ebbene Profeta?", rispose il Protettore.

"Siamo forse prigionieri?", chiese al Cavaliere.

"No, in quel caso te l'avrei detto ma se qualcuno compare dal nulla in questa sala, con mia madre svenuta ho il diritto di saperne di più."

"Racconta cosa è successo a Valentin."

Kounok attraversò vari corridoi per arrivare un giardino estremamente speciale; direttamente sotto la roccia del Drago Blu. C'era un giardino di rose blu e una fontana nel cui centro vi era un maestoso drago. Kounok attraversò il giardino in fretta perché era estremamente preoccupato per sua madre, non era mai stata così debole. Quando arrivò ai piedi della pietra una forma umana si materializzò. Era un uomo alto, non molto dissimile da Kounok e dal suo defunto fratello. Sulla testa aveva diverse corna di cristallo e i lunghi capelli danzavano nel vento. Il suo aspetto era quello di uno spetto blu; Kounok lo guardò sorpreso, poi si ricompose e annuì in segno di rispetto.

"Salute Profeta", Disse l'apparizione.

"Signore del Drago, volevo vederti."

"Per questo sono qui; sei giovane e quindi tendi a dimenticare che noi siamo connessi più di chiunque altro Draconiano. Sei preoccupato per tua madre ma non preoccuparti, sta bene."

"Che cosa ha?", chiese con una nota di apprensione.

"Lei è esausta. Ha usato quasi tutta la sua magia"

"Per questo è tornata qui, giusto?"

"Io amo mia figlia, la mia unica figlia. Non permetterò mai che le accada qualcosa di male, la proteggerò come meglio posso. Una delle mie scaglie, che lei ha, è incantata in modo che se è vulnerabile torni qui."

"Capisco, ora che facciamo?"

"Ha bisogno di riposare", disse avvicinandosi.

Prese la ragazza tra le braccia e sorrise prima di scomparire agli occhi del Profeta. Anryena si svegliò. Il cuore le batteva forte, tutta la sua forza le era tornata percepiva il potere del sangue del drago che la stava curando. Intorno a lei il letto era blu, riconobbe il luogo e si mise a sedere sul baldacchino. Era il posto in cui aveva trascorso l'infanzia, il luogo dome dimorava suo padre. Non appena pensò al padre, lui comparve.

"La tua forza è tornata figlia mia."

"Padre, sono contenta di vederti ma perché sono qui? Ho ancora molte cose da scoprire ai Confini."

"Il fatto che tu sia tornata dipende dalle tue azioni. Tu stessa hai corso il rischio di perdere la tua magia. Ricordati quello che ti dissi: un guemelite senza magia può morire."

"Non avevo scelta, ho percepito che la persona che abbiamo trovato ai Confini potrebbe aiutarci e diventare nostro alleato", disse Anryena. "Il Re Tuonante può essere un aiuto in questa guerra ma fin quando non reciterà la sua parte e bene che ognuno reciti la propria."

Il Drago poggiò una mano sulla guancia della figlia, molti vecchi ricordi tornarono alla luce. Anryena posò la sua mano su quella del padre; i momenti di complicità tra padre e figlia erano così rari da rapirli entrambi in questo atto d'amore.

"Cosa c'è padre? Che ruolo vuoi che assuma?"

Il Dragone prese la mano di lei ed assunse un espressione grave.

"Kounok non ha lo stesso ruolo di suo fratello. Dopo la morte di quest'ultimo il Compendium sta affrontando una lotta interna che non tollero. Promisi tempo fa di non intervenire nelle faccende di quest'ordine ma nessuno riesce a divenire il capo per guidarlo. Tu meriti di prendere il posto vacante del Profeta."

Anryena rimase scioccata, conosceva maghi e saggi Compendium che avevano capacità per assolvere l'incarico.

"E Marzhin? Lui è abbastanza potente e saggio, sarebbe un gran Arcimago."

"Vero, è molto dotato ma il suo posto è l'Accademia degli apprendisti."

"C'è qualcosa di cui mi stai tenendo all'oscuro", rispose con fermezza Anryena.

"La guerra è iniziata e bisognerà affrontare avversari con poteri sconosciuti finora. Devi guidare il Compendium per ripristinare la fede nella magia dei Magi e dei Draconiani per diventare il simbolo di Guem. Il mio cuore sanguina al pensiero che presto bisognerà affrontare il nemico, la nostra famiglia ha sofferto così tanto...."

Anryena tagliò corto.

"Assumerò questo ruolo, con il Drago dalla mia parte cosa mai potrà succedermi?"

"In questo caso il posto è tuo."

Un grande scettro con una forma di drago recata su di esso comparve tra le mani della figlia del Drago; era stato impugnato da molti maghi di Draconia, ma lei era la prima ad esserne degna. Anryena si concentrò ed apparve all'accademia di magia di Noz'Dingard.

Anryena aveva contribuito alla fondazione dell'accademia di magia: un luogo di scambio e apprendimento per tutti coloro che fossero dotati di sensibilità alla magia arcana. Il Castello venne edificato su un gruppo di gemme con la pietra cuore del Dragone che svettava sulla città. C'erano almeno 500 studenti della Draconia e di altre terre lontane che con le loro capacità e le loro pratiche di magia avevano contribuito al miglioramento della cultura generale. Anryena si trovava davanti ad un grande arco, un artefatto magico che si doveva attraversare per poter entrare in accademia. Era tardo pomeriggio e molti degli studenti, finite le lezioni, si dirigevano verso i rispettivi dormitori per studiare un altro poco. I più giovani di loro passarono senza riconoscere la donna appena giunta ma altri rimasero stupiti davanti allo scettro che portava. La donna lasciò che gli studenti facessero teoria su di esso e dopo aver passato l'arco si trovò nell'atrio dell'accademia.

La sala, maestosa e imponente, era il fulcro del palazzo, non di rado ci si doveva passare più volte per raggiungere vari luoghi. Da quando aveva lasciato l'accademia e il Compendium non era cambiato nulla in quel luogo: i soliti splendidi arazzi e vetrate di un magnifico blu. La luce che entrava nella sala era dolce ed incantevole. I passi della figlia del Dragone la condussero a memoria verso il luogo desiderato; aveva attraversato innumerevoli corridoi e sorpassato diverse rampe di scale per arrivare alla sala del Consiglio del Compendium. Il Dragone aveva convocato le più alte cariche dell'accademia.

Nell'anfiteatro di legno alcuni maghi scrutavano accigliati mentre altri sembrava più ben disposti nei confronti della nomina della figlia del Dragone come nuovo capo del Compendium e quindi dell'accademia stessa. Il Compendium non era altro che un organizzazione il cui fine era la gestione di tutto ciò che è magico, sia per quanto riguarda la ricerca che l'insegnamento.L'accademia era diventata con il tempo la sede ufficiale di tale ordine. Anryena si trovava davanti al pubblico e colpì tre volte il pavimento con la punta dello scettro.

"Grandi Maghi e Maestro-Maghi, voci spaventose sono giunte alle mie orecchie. Agitazione indisciplinata muove le fila del Compendium. Tutto ciò non può fa altro che avvantaggiare i nostri nemici e turbare l'insegnamento dei nostri apprendisti che, ora più che mai, hanno bisogno della nostra integrità. Giunto è il momento di porre fine alle liti perché ora io sono qui in veste di Arcimago del Compedium."

I maghi si alzarono ad applaudire, alcuni con più convinzione di altri. Anryena pose fine al rumore, aveva ancora qualcosa da dire.

"Maestro Mago Marzhin, alzati."

Un uomo sui 30 anni si alzò in piedi, indossava la livrea dei docenti dell'accademia e varie insegne che indicavano l'invenzione di vari incantesimi.

"Ti nomino vice direttore dell'accademia di magia di Noz'Dingard."

Era un ruolo molto importante perché in assenza del direttore ne avrebbe fatto le veci.

Un altra volta scrosciò un grande applauso, il maestro-mago si inchinò accettando il difficile ruolo affidatogli.

Dopo altre indicazioni ognuno tornò al proprio compito, nella sala rimasero solo Anryena e Marzhin.

"Grazie per la fiducia che mi avete concesso, signora Anryena."

"Tu sei una persona di gran valore per i Draconiani e un fulgido esempio per i nostri studenti."

"Queste parole mi commuovono, farò del mio meglio."

"Ho anche un caso di studio per i tuoi studenti del più alto livello."

Il Maestro Mago era molto interessato.

"Dobbiamo conoscere i nostri nemici e confrontarci con le loro abilità. So che siete il migliore per trovare una soluzione. Cosa sapete riguardo le Theurgie?"

Marzhin non si aspettava quest'argomento ma aveva studiato Theurgia e in effetti ne sapeva abbastanza.

"Se questi nemici sono davvero sacerdoti e utilizzatori di theurgie, allora abbiamo qualcosa da preoccuparci. Vi propongo di venire domattina al colle, in cortile, per partecipare ad un seminario sulla theurgia e là, con i miei studenti, aumentare la vostra conoscenza a riguardo. Ma avrei solo una domanda, perché farlo con gli studenti che non hanno ancora il titolo di saggi, e non con i grandi anziani? Alcuni hanno conoscenze molto vaste."

"Ma adesso sto parlando con te e rispetto questa tua opinione. Ho bisogno di avere uno sguardo nuovo, uno sguardo che solo la fantasia dei giovani può dare."

"In questo caso, signora Anryena, tu onori i miei studenti."

"Allora a domani."

Prima che si congedassero, il Maestro Mago volle chiedere un altra cosa.

"Dimmi, hai sentito di mio figlio?"

"Pilkim è un ragazzo che impara in fretta sul terreno, gli Inviati di Noz'Dingard sono felici di averlo con loro. State tranquillo, non è in pericolo; e se fosse ha straordinarie capacità per la sua età, deve averle prese dal padre. Prevedo un futuro radioso per lui."

Il Maestro Mago fu soddisfatto dall'apprendere che il figlio stesse bene.

Il giorno seguente gli studenti di Marzhin, pronti per divenire uomini, ebbero il grande onore di entrare nella sala normalmente riservata ai ricercatori della magia Compendium. Un luogo protetto da potenti incantesimi e in teoria indistruttibile da esperimenti magici venuti male. Appena arrivati notarono con gioia che il loro nuovo capo avanzava con altri studenti e con il loro insegnante. Quest'ultimo era seguito da un golem che portava una scatola chiusa da un lucchetto. Gli studenti si affrettarono a salutare il gruppo appena giunto. Alyshk ed Aerouant, recentemente nominati membri del Compendium era lì per dare una mano. Marzhin arrivò sul palco.

"Sedetevi per favore."

Gli studenti si diressero alle loro sedie e pendevano dalle labbra del loro maestro.

"Come potete vedere, oggi l'Arcimaga Anryena ci ha onorato della sua presenza ed è accompagnata da due saggi del Compendium che non molto tempo fa sedevano ai vostri posti."

Il Maestro Mago si diresse verso il golem che portava sempre il baule, ed incominciò ad aprirlo.

"Chi sa dirmi cos'è una theurgia?"

Diverse mani si alzarono all'istante.

"Ti ascolto Armand."

Un ragazzo con i capelli neri ed arruffati balzò in piedi schiarendosi la gola.

"La theurgia è una particolare forma di magia praticata dai sacerdoti e dalle persone di fede. Loro affermano che ottengano poteri sovrannaturali grazie agli dei."

Il ragazzo rimase in piedi.

"Non è altro che una breve definizione, non c'è alcuna differenza allora tra la magia e la theurgia. Qui allora pratichiamo tutti theurgia?", incalzò il maestro.

La risposta fu immediata.

"La magia è un potere chiuso dentro di noi e che noi possiamo richiamare tramite formule, gesti ed incantesimi, la theurgia invece è un potere concesso da un entità superiore. Per farlo bisogna conoscere preghiere e cerimoniali per ingraziarsi il favore della divinità."

"Eccellente", disse Marzhin rivolgendosi al pubblico. "Mi congratulo con te. Quindi la magia è differente dalla theurgia ma in entrambi i casi serve creare una connessione con dentro o fuori di noi. Non tutti sono in grado di utilizzare la magia o la theurgia per varie ragioni. In questo caso un altro problema ci viene posto."

Marzhin prese dal baule una grande e lucente gemma blu.

"Questo è un drago di pietra, qualcuno di voi ha già sentito parlare di questo gioiello?"

Una studentessa dai capelli biondi alzò la mano molto in alto.

"Sì Lenya?"

"Un drago di pietra è un pezzo di pietra-cuore di drago, offertaci dal nostro signore in modo da poter usare il suo potere magico."

"Il che,", rispose il professore mettendo il gioiello sulla scrivania, "fa noi capaci di usare un potere che non è magia. Se si segue il filo logico di Armand questo fa di noi dei theurgisti visto che utilizziamo un potere esterno."

Uno studente lo interruppe.

"Ma si dimentica l'entità superiore."

"Davvero? Il Dragone non è forse un entità superiore?"

"Sì ma noi non lo adoriamo", intervenne un altro studente.

"Vero, noi siamo in grado di utilizzare le pietre del drago senza dover per questo indirizzargli le nostre preghiere."

Anryena era soddisfatta dall'andazzo della discussioni, le risposte erano immediate e mai banali.

"Questo corso sarà individuale. Sapete, negli ultimi anni mi son dilettato nella creazione di nuovi incantesimi. Propongo che oggi si affronti il problema e che dalle nostre risposte si arrivi a dare all'Arcimaga una descrizioni dei rituali usati e un piano d'azione per affrontarli."

I volti degli studenti si illuminarono.

"Fino a poco tempo fa, la theurgia non era molto considerata sulla terra di Guem; se si guarda il recente passato però si vede che la gente proveniente dal deserto la utilizza contro di noi. La nostra magia non è fatta in modo per affrontare la theurgia e in qualche modo pare che la loro abilità sia superiore alla nostra. Il problema che vi pongo è questo: come possiamo usare efficacemente la magia per controbattere la theurgia?"

Da quel momento gli studenti si misero a lavorare su diverse teorie. Alcune vennero rapidamente respinte, altre invece vennero prese in considerazione. La giornata passò velocemente, Anryena lasciò gli studenti e il loro maestro allo sviluppo di quello che era diventato a tutti gli effetti un rituale. Scese la notte sulla Draconia ma la stanchezza non aveva colpito gli studenti, in loro scorreva febbrile la passione per creare; fu il maestro soddisfatto di quanto prodotto a fermare i lavori. Dopo una giornata di riposo, tutti gli studenti e l'Arcimaga vennero invitati ad una dimostrazione di quanto creato.

Per l'occasione Marzhin richiese la presenza di qualcuno che avesse già sentito la parola di una divinità. A Noz'Dingard erano rari i luoghi di culto ma una persona accettò di buon grado di aiutare i maghi dell'accademia. Gli studenti gli presentarono il rituale da compiere. Poi mentre un gruppo di studenti incominciava a lanciare incantesimi, Marzhin spiegò quello che sarebbe successo ad Anryena, Alishk ed Aerouant.

"Abbiamo iniziato la ricerca da tuo figlio e dal rapporto di Marlok sulla magia. Gli studenti hanno supposto che tra un sacerdote e la divinità possa esserci un contatto forte o debole, come un mago connesso ad una pietra cuore. Inoltre abbiamo studiato gli eventi della recente lotta contro il Nehantista. Gli studenti stanno eseguendo la stessa cosa già fatta per isolare le pietre cuore dal Nehantista in modo che si fermi la connessione tra le preghiere dei sacerdoti e la divinità."

L'Arcimaga guardava la manifestazione con occhi da mago, cercava di carpire ogni gesto e movimento. L'idea era buona e se avesse funzionato sarebbe stata utile. Come la maggior parte dei rituali vi è un maestro e ci sono degli accoliti; quest'ultimi concentravano la magia verso il maestro. Dopo pochi minuti il maestro del rituale prese una pietra e lanciò un sortilegio draconico su di essa; venne creata una sfera di buone dimensioni che avviluppò quasi tutta la stanza. Il rituale era finito ma l'incantesimo continuò. Marzhin si diresse verso la "cavia".

"Come ti senti?"

"Strano, mi sento solo."

"Posso?", il Maestro-Mago lanciò una raffica di cristallo che gli lacerò l'avambraccio. "Usa la theurgia e curami."

Il sacerdote pregò il suo dio come aveva sempre fatto ma questa volta non ci fu risposta. Marzhin annuì e fece terminare il rituale. Tutti erano esausti.

Anryena ed Aerouant rimasero soddisfatti del risultato e di come il lavoro di maghi famosi fosse servito di esempio. Alishk andò a dare una mano e congratularsi con gli studenti. Ora il sacerdote poteva ancora usare la theurgia e fu ben felice di curare la ferita del Maestro-Mago che era impegnato a spiegare i passaggi del rito ad un'interessata Anryena.

"Mi pare di capire che la durata del rituale è dovuta a quanto può resistere il maestro del rituale?"

"Sì, ma ci aspettavamo che il vostro potere combinato a quello di Alishk ed Aerouant fosse sufficiente per garantire il successo del rituale. Devo però avvertirla che il rituale impedisce sì di lanciare theurgie ma colui che è nella bolla può sempre uscirci."

"Abbiamo alleati che possono affrontare nemici corpo a corpo."

Anryena guardò lo scettro con nostalgia.

"Abbiamo già il drago di pietra, non ci resta che portarlo sul campo di battaglia. Ti prego di ringraziare i tuoi studenti, devi essere orgoglioso di loro, hanno fatto un ottimo lavoro. Questa è la conferma che ho fatto bene a nominarti vice direttore, ti lascio l'accademia in custodia, dirigerò io stessa di rituale di pietra."

"Vi auguro buona fortuna, Lady Anryena."

I maghi del Compendium trascorsero la giornata a preparare il rituale, in modo da essere pronti ad aiutare gli alleati il giorno seguente. Siccome il tempo era prezioso e non andava sprecato, il Dragone creò un portale che conducesse alla foresta degli Eltarite. Anryena, Alihsk, Aerouant e Kounok attraversarono il portale e si trovarono immediatamente ad un giorno di distanza.

Il confine con la foresta era tranquillo, la nebbia mattutina rendeva tutto misterioso ed inquietante. Il portale compariva direttamente vicino alla Tomba degli Antenati e gli Inviati Noz'Dingard apparvero in quel punto. Non passo molto tempo che alcuni Cuore di Linfa andarono loro in contro a dare il benvenuto. Dopo un breve scambio di informazioni, appresero che i Pirati erano andati in cerca di qualcosa di prezioso e che la "corruzione" della Tomba degli Antenati avanzava lentamente ma senza sosta. Di loro invece gli Inviati spiegarono il funzionamento del rituale ai Kotoba ed ai Cuore di Linfa, le uniche altre due gilde presenti.

Le truppe iniziarono la loro marcia galvanizzati dal pensiero di concludere in fretta il conflitto della pietra caduta dal cielo. I Nomadi del Deserto avevano allestito nella loro porzione di territorio un accampamento e attendevano pazientemente un segno della loro divinità. La tranquillità di quel posto venne infranta da Kararine che di guardia vide arrivare il manipolo di nemici verso la loro direzione. Era il segnale di battaglia e in poco tempo i Nomadi furono in assetto di guerra. La strategia bellica era la specialità dei Kotoba; Gakuysha aveva rapidamente elaborato un piano che tenesse conto della specialità di ognuno. I guerrieri sarebbero stati la spina dorsale mentre coloro che sono abili nell'aggirare il nemico avrebbero passato le linee nemiche per attaccare il sacerdote che era a capo di tutto. Infine i maghi sarebbero restati a distanza di sicurezza e avrebbero protetto il rituale dei Compendium.

Il Signore Imperiale non attese oltre e diede il segnalo d'attacco. Anryena, Alishk ed Aerouant iniziarono il rituale. I due uomini si erano preparati un po' prima di iniziare il rituale dei speciali cristalli che li rendevano più forti per un lasso di tempo finito. La prima fase del rituale fu perfetta, Alishk ed Aerouant scagliavano sortilegi e il loro potere si trasferiva ad Anryena, quest'ultima non si aspettava di riceverne così tanto. Il rituale inventato dagli apprendisti di Marzhin sembrava essere miracoloso. Poi Anryena afferrò lo scettro e incanalò in esso l'energia che le scorreva nel corpo, apparve una bolla di magia che cresceva a vista d'occhio.

Ben presto la bolla inglobò il campo di battaglia e la pietra caduta dal cielo. Iolmarek e i suoi sacerdoti vennero sorpresi dalla bolla e capirono quello a cui serviva solamente quando non riuscirono a guarire i Guardiani del Tempio. Tagliate le comunicazioni con il loro dio, i fedeli di Sol'ra vennero rapidamente sopraffatti dalle innumerevoli orde nemiche....

Battaglia della Pietra- Seconda Parte


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Il sole brillava alto nel cielo senza nubi del deserto di smeraldo. Il caldo, insopportabile a quest'ora della giornata, costringeva la gente a stare in zone più fresche, come le vie della città di P'tra. Un tempo era fiorente ed il centro di un regno ormai scomparso. La città nata dallo scavare e scavare nella montagna rossa di Ponant era ormai solamente l'ombra di quella che era stata. Solamente una dozzina di famiglie rimaneva in città vivendo della creazione di gioielli di smeraldo. Questo territorio era però anche l'unico in cui si adorava Kehper, il dio scarabeo che comunicava con le masse brulicanti degli insetti. Il tempio dedicatogli era una magnifica grotta immersa nella luce che passava tra le innumerevoli aperture. L'ingresso conduceva in un enorme stanza nel cui mezzo si trovava una rappresentazione umanizzata della tragedia di Kehper: un uomo dal volto di scarabeo guardava con i suoi immobili occhi bluastri l'eternità. Nelle pareti c'erano vari piccoli fori da cui i sacri scarabei andavano e venivano. Soraya era stata designata da Kehper a diventare la sua nuova servitrice e la giovane donna, che non era spaventata dagli scarabei, era stata onorata di servire una divinità. La ragazza si struggeva nel vedere il suo popolo approfittarsi di altri paesi meno forti; stava pregando Kehper di aiutarla.

"Che cosa abbiamo fatto di male? Abbiamo provocato la tua ira? I nostri fiumi si stanno essiccando e la nostra gente muore di fame. Qual'è il motivo di tutto ciò? Forse è una prova? Perché siete così crudele con la vostra gente?"

La ragazza non si aspettava risposta; Kehper rispondeva solo con piccoli segni e con la manipolazione degli scarabei. Questa volta le sue preghiere vennero però ascoltate anche se, probabilmente, non nella maniera in cui lei si aspettava.

"La tua gente nulla ha fatto per inimicarsi gli dei, giovane sacerdotessa."

Vicino all'ingresso c'era un uomo alto. La luce proveniente dalle sue spalle gli conferiva un aria suggestiva e particolare. Si diresse verso la sacerdotessa che era insicura, vedendo l'aspetto del nuovo giunto: vestito con un perizoma e vari ornamenti rappresentanti il sole, la sua pelle era molto scura, come bruciata, in contrasto con il candore dei capelli. Inoltre, per aggiungere spessore ad una figura così importante, due grandi ali battevano lentamente dietro la sua schiena.Soraya mai aveva visto qualcosa di simile ma la matrice divina era evidente, si alzò e si avvicinò al nuovo arrivato.

"Se così stanno le cose, perché c'è tutta questa miseria intorno a noi se non abbiamo fatto infuriare gli dei?"

"Il Dio ti guarda e quello che compirai determinerà le sorti del tuo popolo. Sai chi sono io?"

Soraya scosse la testa. Una lancia di luce apparve nella mano dell'uomo.

"Sono Tsheptes, messaggero di Sol'ra, dio degli dei."

Impressionata dal fatto che non le avesse mentito, la sacerdotessa si inchinò repentinamente per mostrare sottomissione.

"Sei venuto a dirmi della fine di P'tra?"

"No, non sono qui per questo. Porto un messaggio di Kehper, schiavo di Sol'Ra. Se desideri salvare la tua gente, ascolta ed ubbidisci."

"Sono al vostro servizio."

"Dovrai trovare Kephsoun, il luogo di Kehper ed ottenere il canopo della sua incarnazione."

Soraya ascoltò più volte la frase per comprendere tutte le implicazioni di ciò che le era stato chiesto. Khepsoun era un tempio dedicato alla divinità, al primo coleottero. Il canopo sarebbe stato nascosto all'interno del tempio, come recitavano gli antichi testi sacri di P'tra. Ci fu un momento in cui ebbe luogo una guerra tra gli dei e in cui vennero fatti grandi sacrifici alle divinità: esistevano due sole possibilità, sottomettersi o morire.Kehper voleva ristabilire l'ordine tra le divinità ma molte dei e dee non lo capirono, e così scoppiò la guerra contro i seguaci di Sol'Ra. Gli dei decisero di assumere forma umana. Ci furono molte sanguinose battaglie e molti "avatar" vennero uccisi. L'Avatar di Kehper morì dopo aver affrontato Ayepht, simbolo del male e marito di Ptol'a. Il suo corpo venne riportato a Kephsoun; fu allora che Sol'ra intervenne e lo curò. Il suo corpo venne imbalsamato e chiuso in una tomba, un vaso canopo contenente parte del suo potere divino venne rinchiuso nel tempio. Si narra che Ayepht imprigionò i sacerdoti che vivevano a Kehpsoun coprendo il luogo con enormi quantità di sabbia.

"Nessuno ha mai trovato Kehpsoun e ...."

"Tu esiti troppo, hai tutto a portata di mano, apri gli occhi e sopratutto, abbi fede."

La ragazza si guardò attorno, pensando che sarebbe bastato così poco per trovare un indizio ma nulla accadde. Sarebbe stata ben lieta di trovare il canopo dell'essere da lei adorata ma la missione era insormontabile.

"Ricordati chi sei Soraya, ricorda."

Tsheptes lasciò la ragazza alla sua missione divina, un destino diverso attendeva il solarian, oh sì, un destino incredibile...

Soraya turbata dalla visita, iniziò la ricerca del tempio vero e proprio. Tutto era vecchio ed fu difficile per lei trovare delle persone che potessero occuparsi della manutenzione del tempio. C'erano meno fedeli, meno soldi e certamente la gente meno qualificata. C'era più attività quando era più piccolo e specialmente più sacerdoti. Il suo fondatore era morto cinque anni fa, lasciandola sola e diventare l'ultima serva di Kehper. Il tempio era un insieme di gallerie che si affacciano su piccole sale di preghiera o in luoghi di vita per la maggior parte abbandonati. Si fece un giro, lamentandosi dello stato fatiscente del lavoro architettonico. Si fermò al vecchio luogo di preghiera, ormai abbandonato a favore della grande sala di preghiera, ma molto utilizzato quando il tempio fu fondato parecchio tempo fa.

Stranamente tutto era perfetto così come era, le decorazioni e le pareti erano di una tinta ricordante quella dei coleotteri. Soraya notò la presenza di un gran numero di questi insetti. C'erano scarabei di tutti i colori e dimensioni, essi sciamavano su un altare illuminato dalla luce. Quando la ragazza si avvicinò, gli insetti smisero di muoversi, come se fossero ben attenti a cosa stesse per fare a sacerdotessa.

Scrutò l'altare al centro e trovò un idolo di scarabeo al centro. Era già stata qui ma non aveva mai notato una scultura come quella. I piccoli animali si allontanarono quando lei tese la mano per afferrare l'idolo parzialmente coperto di sabbia. La sabbia cadde a terra dolcemente e notò nuovamente che i coleotteri sembravano in attesa di qualcosa. L'idolo era rotto, la sua superficie era stata strappata come un guscio d'uovo. Alcuni sacri scarabei addormentati ormai da tempo immemore, si svegliarono e cominciarono ad uscire dalle pareti. Uno di essi, molto più grande dei suoi fratelli si arrampicò sulla mano di Soraya, aveva tinte verdi e colori che ricordavano l'arcobaleno.

"Bene, tu saresti Kehperis?"

Il coleottero si librò in volo, danzò brevemente nell'aria e poi guardò negli occhi Soraya.

"Kehperis Ak-ik toun."

Soraya sapeva che le parole del coleottero erano nell'idioma di Kehper. Nessuno parlava quella lingua a parte alcuni ex iniziati e gli abitanti di P'tra. Queste parole confermarono alla giovane lo status della creatura. I kehperis avevano accompagnato il dio fin dal tempo dell'esistenza del deserto di smeraldo. Soraya non credeva alla coincidenze, comprese che tutto stava accadendo per un motivo preciso. Prima la comparsa di Tsheptes, poi la venuta del Kehperis e poi chissà cosa sarebbe successo. Sapeva bene l'importanza dell'aver trovato un kehperis, tra loro e Kehper c'era un fortissimo legame, l'avrebbe aiutata a trovare Kehpsoun.

"Kehperis, è di vitale importanza trovare il canopo di Kehper, percepisci anocra la sua energia?"

Lo scarabeo si poggiò a terra brevemente, poi riprese a volare in una direzione.

"Khek", rispose. Nel suo idioma significava "Sì."

La sacerdotessa ebbe appena il tempo di recuperare alcuni effetti personali che si era già usciti dal tempio. Il kehperis era seguito da diversi altri scarabei. La sabbia era incandescente ma nonostante ciò e i due faticosi giorni di marcia, Soraya non si arrese. La sua forza d'animo e la sua fede furono la sua vera forza durante questo viaggio verso ovest. Passò attraverso rose di sabbia in cui si formavano gli smeraldi, si ferì i piedi su di esse ma non si prese ulteriori momenti di riposo, per non abusare della generosità del suo dio. Il terzo giorno l'aria si fece più fresca, il mare non doveva distare molto. Quella sera il kehperis fermò il suo volo, atterrò su una collina e incominciò a scavare aiutato dai suoi compagni insetti. In poco tempo riportarono alla luce un'antica porta di roccia, adornata di antichi simboli.

"L'ingresso di Kehpsoun, Kehperis ti ringrazio."

Soraya aprì la porta, che si aprì senza problemi per lo stupore della ragazza. Immediatamente fece un passo indietro, percepiva una presenza mortale all'interno. Non si scoraggiò e dopo aver acceso una torcia, vi entrò. Ad ogni passo si vedevano centinaia di scarabei oramai morti, con il solo esoscheletro come prova della loro esistenza. Stava camminando lungo un corridoio quando si accorse dei primi sacerdoti di Kehper morti. Tutto ciò la rattristo enormemente, ecco spiegata la presenza mortale percepita prima, questi sacerdoti avevano seguito il loro padrone nella morte, una morte che non si dovrebbe augurare neppure al peggior nemico.

Avanzò lentamente per guardare meglio le incredibili meraviglie architettoniche che aveva innanzi. Secoli di storia del suo culto era incisi su pietra bianca e levigata. Man mano che avanzava, la sensazione di pericolo aumentava; percepì che era presente una forza oscura. I suoi piccoli compagni, gli scarabei, non si allontanarono mai da lei.

Improvvisamente gli scarabei si raggrupparono, facendo un muro davanti a lei. Una lancia di luce comparve dal nulla, schiantandosi contro il muro di coleotteri e uccidendone molti. Grazie al baluginare della torcia si accorse della presenza di una creatura che avanzava verso di lei. Era un sacerdote di Kehper, i suoi vestiti erano lacerati, l'aspetto mostruoso, pelle essiccata e aveva la testa di un serpente.

"La maledizione di Ayepht, è disgustoso tutto ciò."

I coleotteri giravano attorno a Soraya per darle maggior protezione. La reazione della creatura fu veloce e rapida, infuriato per la sorte che lo attendeva scagliò theurgie contro Soraya. La battaglia fu furiosa, da una parte theurgie, dall'altra l'intervento degli scarabei. La creatura fu costretta a retrocedere ma era lenta ed impacciata; menava la sua spada arrugginita con forza e dalla testa serpentina ululava promesse di morte e sofferenza. Contro la furia della creatura però Soraya aveva la sua forza di volontà e il supporto del dio che la rendeva forte.

La creatura invece, che non era più viva, non sentiva dolore e rabbia, sentiva solo il compito affidatogli, uccidere l'intruso. La fatica dei giorni di marcia incominciò a farsi sentire e Soraya fu costretta ad indietreggiare facendo guadagnar terreno alla creatura. Innanzi al pericolo, il kehperis abbandonò la lotta e si diresse alla ricerca del canopo, non passò molto che riuscì a trovarlo. Scavò sotto la sabbia, scivolò tra pietre ed infine si lanciò contro di esso per rovesciarlo. Il vigore con cui il kepheris si era lanciato fece cadere il canopo a terra. Il coperchio d'argilla di infranse in mille pezzi. Dal canopo fuoriuscirono una moltitudine di scarabei che si diresse con vigore contro la creatura, la avvolsero e la divorarono lasciando dietro il loro passaggio solamente lo scheletro. Soraya si genuflesse non appena si accorse della presenza dei coleotteri, riconobbe la presenza di Kehper.

"La mia vita è tua, mio Signore."

Il kehperis atterrò vicino a lei e attraverso di lui, il dio parlò.

"La tua vita è preziosa sacerdotessa. Ti sono grato dell'aiuto che mi hai fornito. Grazie a te, tutto non sarà più lo stesso, questo tempio ora è tuo e P'tra tornerà ad essere quella che era. Prima però dovremo condurre una nuova battaglia."

"Farò come desideri."

"Devo ripristinare le mie forze, nel frattempo farai un lungo viaggio fino alle terre prive di sabbia. Questo kepheris ti accompagnerà e quando sarai giunta a destinazione io ti raggiungerò. Hai capito, Soraya?"

"Sì, mio Signore."

"Dunque incamminati. Non conoscerai ne fame ne stanchezza, cammina per una giornata e niente ti intralcerà, questa è la mia volontà."

Soraya senza alcuna esitazione si alzò e se ne andò, seguita dai suoi fidi scarabei. Passarono alcuni giorni. Soraya sentì il canto della pietra, la sua voce le chiese di affrettarsi, di aiutarla contro gli infedeli. Superò il confine della Tomba degli Antenati, la pietra era a portata di mano. Percepiva l'energia divina della pietra, la quale si estendeva purificando vaste porzioni di territorio. Camminò intorno alla pietra e vide i Nomadi in difficoltà, rinchiusi in una gigantesca bolla magica; il kehperis le disse di non entrarci. Era giunto il momento di invocare Kehper. La sacerdotessa afferrò il sacro scarabeo e parlando nella lingua dei suoi antenati implorò la venuta di Kehper, in modo che giungesse per ristabilire giustizia e per combattere i loro nemici. Poggiò lo scarabeo a terra e continuò il rito. Alcuni Nomadi raggiunsero la sacerdotessa, erano inseguiti dai loro avversari. La giovane donna comprese che i suoi connazionali stavano proteggendola. Lodir parò con la sua scimitarra a due mani un colpo proveniente da una lancia d'ambra, La Sfinge, desideroso di fare la sua parte, non indietreggiava di un centimetro e i Guardiani del Tempio pur subendo molte ferite, difesero con le unghie e con i denti la pietra che era loro, loro e di nessun altro. Accerchiato, La Sfinge cadde a terra ricoperto del suo sangue. L'invocazione era terminata, comparve Kehper.

Un coleottero più grande di un abitazione apparve in una tempesta di sabbia. Soraya era in uno stato di trance. L'incarnazione della divinità spazzò via due Hom'chai come se nulla fosse. Il rituale di pietra si fermò. La guerra è come il gioco degli scacchi e Sol'ra era una mossa avanti, concesse alla sacerdotessa il permesso di attingere alla sua potenza divina in modo da poter curare tutti i Nomadi. Soraya si concentrò, focalizzò ogni membro dei Nomadi e fece scaturire luce dal suo corpo che venne indirizzata verso ogni singolo Nomade del Deserto. Tutte le ferite vennero curate.

Anryena e gli altri membri del Compendium erano esausti, il rituale aveva consumato quasi interamente le loro energie. Fino a quel momento tutto stava andando come previsto, i Nomadi erano stati sconfitti. L'evento appena avvenuto era stato però imprevisto, non avevano abbastanza energie per riprendere il rituale. I Nomadi serrarono nuovamente le fila e senza perdere tempo attaccarono con furia i loro nemici. I Cuore di Linfa interpretarono l'arrivo dello Scarabeo come un presagio di morte e si ritirarono. Gakyusha non riusciva a tenere le truppe, fece serrare i ranghi ai Kotoba e ai Noz. La loro strategia era difensiva e finalizzata alla ritirata. Dopo l'infuriare della battaglia, la coalizione tra gilde era stata allontanata dalla Pietra, avevano perso la battaglia della Pietra.

Cronache dei Kotoba: Jian Qiao e Sen'Ryaku


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L'esito della battaglia della Pietra non sorrideva alla coalizione tra le Gilde. I Nomadi grazie all'arrivo momentaneo dell'incarnazione divina sembravano inarrestabili. Ognuna delle gilde si ritirò entro i propri confini per analizzare la sconfitta e pensare alle prossime mosse da fare. Per qualche motivo sconosciuto, i Nomadi non inseguirono le truppe in fuga ma rimasero a guardia della Pietra caduta dal cielo. I Kotoba si rifugiarono ad Okia, una piccola città sul confine tra la Tomba degli Antenati e l'Impero di Xzia. Gakuysha, ferito in battaglia, stava recuperando le forze nella dimora del Signor Ayao; gli altri membri dei Kotoba erano stati gentilmente accolti alla locanda del Kirin.

C'era un sacco di movimento in città. I residenti, spinti dalla curiosità erano ammassati sull'uscio della locanda per cercare di carpire informazioni su quanto stesse accadendo. Xin si era allontanato dagli altri e si era rifugiato in fondo alla sala. Amaya, Tsuro, Masamune e Sen'Ryaku stavano discutendo della battaglia. Amaya voleva tornare ardentemente a prendere "a calci in culo" i Nomadi, Tsuro e Masamune analizzavano invece il come le sorti della battaglia fossero cambiate repentinamente, Sen'Ryaku dal canto suo ascoltava le argomentazioni dell'uno e dell'altro. Lei aveva dubbi riguardo all'esito di questa guerra; i Nomadi erano stati in grado di invocare degli esseri superiori, l'equivalente dei Kami. E cosa si poteva fare, combattere contro delle divinità? Condivise le sue preoccupazioni con gli altri, aggiungendo tensione ad un clima già esasperato.

"Non è da te avere tanti dubbi, cara cugina!"

La voce era abbastanza forte perché fosse udita da tutti. Passando attraverso i curiosi, una giovane donna, vestita con un abito largo bianco e rosso, entrò nella locanda. Il legame che aveva con Sen'Ryaku era lampante.

"Bene! Allora non mi saluti?"

Sen'Ryaku corse ad abbracciare la cugina. Era sorpresa di vederla.

"Jian! Che ci fai qui? Sei molto distante dallo zio."

Jian Qiao si rattristò improvvisamente.

"Ti dirò tutto più tardi ma per ora sappi," disse guardando Tsuro e Masamune, "che devo andare a presentarmi al Signore Imperiale perché sono appena diventata un nuovo membro dei Kotoba."

Sen'Ryaku esplose di gioia e le due giovani donne erano entrambe radiose.

"Il Signore Imperiale non è disponibile al momento ma essendo io il suo secondo, puoi parlare con me", tagliò corto Tsuro.

Un "Hum hum" eseguito con voce roca interruppe lo scambio di cortesie.

Alle spalle di Jian Qiao, sulle soglia, c'era un uomo vestito da magistrato con il vessillo dell'Imperatore, il Magatama. Jian Qiao si era completamente dimenticata dell'importante personaggio con cui era arrivata.

"Oh sì, egli è il cronista imperiale Sima Quian."

Udito il nome, Tsuro, Masamune e Xin si alzarono in piedi per poi inchinarsi in segno di rispetto.

"Vedo che esistono ancora persone che mostrano il rispetto dovuto ad un cronista imperiale", disse acido fissando Jian Quao e sua cugina. "Aspetta che il Signore Imperiale senta di questa spaventosa mancanza di disciplina tra le fila dei Kotoba."

"Onorevole Sima Quian, a cosa dobbiamo la sua visita?", intervenne Tsuro.

"Il Reggente Imperiale vuole che le storie dei membri della Kotoba siano raccontate alla gente, così che si ridia speranza. Quindi sono qui per parlare con alcuni di voi e trascrivere le vostre storie."

I Kotoba rimasero confusi da questa notizia. Le due cugine si fecero avanti assieme, come volontarie. Sima Quan non dissimulò la delusione ma accettò.

"Bene... vi intervisterò assieme così finirò entrambe in un colpo solo."

Il proprietario della locanda riservò una parte del suo locale al cronista imperiale, in modo che quest'ultimo potesse stare comodo in attesa di Sen'Ryaku e Jian Quao. Le due donne si inginocchiarono davanti al vecchio e attesero pazientemente come voleva la tradizione.

"Improvvisamente vi trovo molto più tranquille e rispettose delle regole di buona educazione. Credo che il vostro superiore ve le abbia ricordate. Da quello che ho capito dal lungo chiacchierare di Jian Qiao, voi fate parte della stessa famiglia."

L'uomo sembrava abbastanza infastidito e continuò dicendo.

"Sto ascoltando."

Jian Qiao si schiarì la gola.

"Siamo nate nel villaggio di Ciam-oi dove le nostre rispettive famiglie hanno sempre vissuto. Entrambe nate lo stesso giorno. I nostri padri sono fratelli e anche loro sono nati lo stesso giorno, anche i padri dei nostri padri sono fratelli. Con questo straordinario destino siamo cresciute assieme, e presto abbiamo mostrato affinità con le arti marziali."

Accanto a lei Sen'Ryaku commentava le frasi della cugina con espressioni facciali che andavano dal riso al sorriso fino ad espressione interrogative. Sima Quian trascrisse il tutto come fosse un romanzo.

"Avanti, parlatemi delle vostre gesta eroiche."

Le due cugine pensarono a cosa raccontare e a Jian Qiao venne in mente la storia giusta.

"Che ne dici dell'attacco dei banditi della montagna del Cane Morto?" Chiese alla cugina.

"Sì, sì, la racconti così bene quella storia."

La ragazza saltò in piedi in modo da raffigurare la storia visivamente.

"Era una giornata d'estate, quella famosa estate in cui il fiume che scorre vicino al villaggio si era asciugato a causa della siccità. I nostri anziani non avevano mai avuto a che fare con una siccità di tale portata. I più deboli di noi facevano la fame per la povertà del raccolto e del bestiame. Molti uomini avevano lasciato il villaggio in cerca di cibo ed acqua, lasciando vecchi, donne e bambini soli al villaggio. Quel giorno i banditi della montagna del Cane Morto decisero di attaccare il nostro villaggio...fu un grande errore da parte loro."

Erano una trentina, quei dannati rifiuti umani e armati fino ai denti. Non sapevano che io e mia cugina fossimo presenti. Li avvertimmo di andarsene o sarebbero morti tutti.Quando sentirono il nostro avvertimento scoppiarono a ridere. Morirono poco dopo..."

Jian Qiao imitava una scena di lotta, facendo pose di arti marziali e affrontando briganti immaginari. Imitava pure il rumore di ossa rotte e schivava colpi. Sen'Ryaku si alzò in piedi e fece le medesime cose.

"Abbattemmo i briganti quando apparse Thang-ye, un personaggio ignobile la cui orribile fama era arcinota nella regione. Si diceva che potesse far stramazzare un uomo con un solo pugno e che avesse il respiro di un drago."

Sen'Ryaku mimò un uomo orribile e saltò su Jian Qiao. Si svolse una breve lotta tra le due giovani donne ed infine Sen'Ryaku si finse sconfitta stramazzando al suolo.

"Loro non potevano competere con noi e così i terribili briganti di montagna del Cane Morto vennero arrestati."

Le due ragazze sorrisero e si applaudirono a vicenda.

"Bene, bene, questo era eccitante. C'è altro?", chiese il cronista.

Questa volta fu Sen'Ryaku a parlare.

"C'è l'incendio della foresta di bonsai. Ne ha mai sentito parlare?"

Sima Quian scosse la testa mentre a Jian Qiao brillavano gli occhi per l'eccitazione.

"Fu incredibile. Io e mia cugina decidemmo che fosse arrivato il momento di vivere la nostra vita, così ci dirigemmo a Meragi per trovare gloria e fortuna. Camminammo diversi giorni e il cielo era velato da una nube nera. Incuriosite andammo ad investigare. Mishima, la millenaria foresta di bonsai stava andando a fuoco. Potete immaginare che disastro? Quel luogo mistico era la casa di alberi ed animali rari, anzi unici. Nelle vicinanze di un fiume, poco distante, c'era un villaggio. La gente era rimasta terrorizzata nel vedere il disastro ma noi prendemmo immediatamente le redini della situazione. Jian Qiao assunse il comando delle operazioni ed organizzammo una grande staffetta per spegnere l'incendio. Ed alla fine ce la facemmo."

Sen'Ryaku e Jian Qiao si avvicinarono a Sima Qian e gli sussurrarono all'orecchio.

"Solo che ci eravamo sbagliate...l'incendio non era apparso dal nulla, era stato causato da mano umana. Huo, un criminale scappato di prigione, aveva appiccato il fuoco."

Jian Qiao sovrastò la cugina.

"Era alla ricerca di nemici e li trovò. Lo attirammo al fiume e dopo una lotta intensa lo facemmo finire al suo interno, sconfiggendolo. Alla fine rimanemmo ustionate", disse mostrando le cicatrici sulle braccia.

Anche Sen'Ryaku mostrò le cicatrici così da dimostrare la veridicità di quanto appena raccontato. Il cronista imperiale non fiatò, si limitò a vergare la storia raccontatagli. Non alzò lo sguardo dal foglio su cui stava scrivendo. Egli non dubitò nemmeno per un secondo che la storia raccontatagli non corrispondesse al vero. Le due ragazze si sedettero in attesa. Sima Qian poggiò gli occhiali su un piccolo vassoio di legno ed assunse un espressione divertita.

"Le vostre storie sono affascinanti, piene di vitalità e incredibili. Ma per quanto riguarda al caso Azawi?"

Quel nome fece spalancare gli occhi alle due cugine, Azawi era senza dubbio la loro più grande umiliazione.

"Non dovremmo parlarne se possibile", si affrettò a dire un'imbarazzata e timida Jian Qiao.

"Perché non vuoi parlarne? Quella missione fu un completo successo."

"Ma la situazione era svantaggiosa, non dovremmo fare in modo che la gente abbia una buona impressione dei Kotoba?"

Sen'Ryaku non disse altro, ricordava bene quella missione in cui lei e sua cugina furono inviate per rubare informazioni ad un uomo importante. In quell'occasione furono costrette a vestirsi come ragazze, truccate, con i capelli in ordine e vestite in kimono. Il loro travestimento venne compromesso una volta ottenute le informazioni richieste e dovettero affrontare uno scontro nel giardino della dimora di Azawi. C'erano tantissimi ospiti tra cui il Signore Imperiale Gakyusha, che era lì per accertarsi che la missione andasse a buon fine. Jian Quao e Sen'Ryaku furono impacciate per colpa dei loro abiti e finirono con l'essere poco vestite...davanti a tutti...

"Avete ragione a voler saltare quella storia, ho già abbastanza materiale su cui lavorare. Potete lasciarmi solo ora, a finire la vostra storia."

Le cugine non si fecero pregare, felici di non dover raccontare quella storia.

"Pensi che abbia capito quello che gli abbiamo raccontato?", chiese Jian Quao preoccupata.

"Secondo me ha già sentito tante altre storie ingigantite."

"Sì, in ogni caso è stato divertente."

Sulle tracce del Mangiapietra


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Anryéna, Sevylath e il Re Tuonante erano improvvisamente spariti davanti agli occhi sbalorditi dell'Intrappolato e dei suoi compagni. Fu un'azione così fulminea che rimasero impietriti per qualche secondo, prima di riprendersi. Ergue esaminò il suolo e la sua struttura per verificare se ci fosse qualcosa di “anormale”.

“Ecco, ecco perché non mi piace la magia! È troppo imprevedibile! E adesso, sì che va tutto bene!” Ergue si era abbastanza innervosito per la situazione. Gli sarebbe piaciuto sapere esattamente chi era quel personaggio e in più avere una ricompensa dopo che la battaglia si era conclusa.

“Ergue, se è successo ci sarà una ragione. Ora faremmo meglio ad andare, perciò mettiamoci in cammino”, ordinò l'Intrappolato dopo un breve giro del tempio.

Occhio di gemma non se lo fece ripetere due volte e fu la prima ad uscire dal tempio, che salutò inserendolo nella categoria “luogo nel quale non rimettere più piede”. Ma fu proprio quello il principio di un crollo morale del gruppo: fino a quel momento erano stati animati dallo spirito della loro missione, ma alcuni giorni dopo la sparizione di Anryéna i primi dubbi iniziarono a prendere forma. Percorsero i Confini senza una giusta direzione da seguire e senza avere la benché minima idea di che faccia avesse questo famigerato Mangiapietra che stavano cercando in vano. Un giorno Malyss non resistette più e sbottò:

“Di fatto, Intrappolato, non sai un bel niente e ci stai facendo girare a vuoto per evitare che ritorni nella tua prigione! Ci hai solamente usati!”

Il Daïs inclinò la testa, seccato dalla sfiducia dimostrata verso di lui e verso la validità della loro missione.

“Corvo, ti sei forse dimenticato che le terre di Guem sono in pericolo? Le foreste ancestrali degli Eltarite sono minacciate e la nostra unica speranza è quella di incontrare il Mangiapietra”, rispose l'Intrappolato.

Il livello di tensione aumentò rapidamente. Ergue e Occhio di gemma non erano affatto abili in campo diplomatico e la situazione precipitò. Fu un viaggiatore come loro che interruppe le ostilità: un giovane che aveva seguito le tracce del gruppo, si avvicinò. Era vestito in modo strano. Appena vide il piccolo gruppo, si fermò sul ciglio della strada, a pochi passi da loro, e si sedette per riprendersi e mangiare qualcosa, senza curarsi più di tanto dei viaggiatori. L'Intrappolato si avvicinò al giovane, che lo salutò con un sorriso amichevole.

“Mi dispiace disturbarla, ma devo ammettere che ci siamo persi.”

“Salve Daïs. Ho ascoltato la vostra discussione.”

“Sa cosa sono?”

“Ci sono molti della sua razza all'interno dei Confini. Si vede che non conosce molto bene questa parte del mondo. Ed è evidente, dato il fatto che vi siete persi.”

Il giovane rovistò nella sua borsa e tirò fuori una pergamena abbastanza spessa. Dispiegò la tela con attenzione e su di essa apparve una mappa, disegnata in modo grossolano.

“Noi siamo qui”, puntualizzò, appoggiando l'indice sulla mappa.

“Ci sono più tragitti che portano a diversi piccoli villaggi. Il più vicino è a qualche giorno di marcia da qui. Potreste iniziare la vostra ricerca da lì. Tenetela,” disse il giovane, porgendo la pergamena verso il suo interlocutore, “ve la lascio in dono.”

L'Intrappolato tornò dai suoi compagni e li mise al corrente della scoperta di quella mappa.

“Andiamo!”, suggerì Occhio di gemma, rincuorata dal fatto che ci fosse un villaggio nelle vicinanze.

“No!”, ribatté innervosito Malyss. “Andiamo verso un'altra direzione. Più individui sanno della nostra presenza e più rischiamo di incappare in qualche guaio.”

“Da dovunque venga, non sappiamo niente su di lui”, aggiunse sospettoso Ergue, riferendosi al giovane viaggiatore.

Lo Zil afferrò la mappa e cercò di decifrarne i simboli inscritti, senza successo. A quel puntò la discussione si riaccese, davanti allo sguardo incredulo del giovane. Arrivati al calar della sera, i viaggiatori non erano ancora riusciti a prendere nessuna decisione e così si sistemarono per passare lì la notte, con un'atmosfera del tutto cupa. L'Intrappolato invitò il giovane straniero ad unirsi a loro; dopo tutto era solo e faceva meglio ad approfittare della loro compagnia, sebbene non fosse delle più gradevoli in quel momento. Per il gruppo poteva anche essere un'occasione per scoprire qualcosa in più sui Confini.

“Grazie per avermi accolto tra di voi”, disse il giovane. “È certamente più bello condividere con qualcuno le proprie serate, ed è molto difficile incrociare qualcuno su queste strade.”

Il peregrino gettò delle strane noci nel fuoco prima di riprendere.

“Gli abitanti delle terre di Guem non hanno la minima idea di cosa sono i Confini, né sanno dove si trovano. Questo però forse non vi interessa; non voglio annoiarvi con i miei racconti.”

Il giovane fece un piccolo segno con la mano e le noci che si stavano scaldando nel fuoco iniziarono a fluttuare nell'aria, per poi finire davanti a lui. Le sgusciò con difficoltà perché erano bollenti e poi ne mangiò il contenuto. Curiosi come bambini, Ergue e Occhio di gemma chiesero al giovane se ne avesse delle altre; lui gliene diede alcune, poi si arrotolò in un mantello.

“Qual è il suo nome?”, chiese l'Intrappolato.

“Ciramor”, rispose lui, sbadigliando. “Buonanotte Intrappolato.”

“Aspetti!”, si affrettò Malyss. “Ci deve parlare dei Confini.”

“Un'altra volta, ora sono stanco. Porti pazienza.”

Il Corvo borbottò per qualche istante e poi andò a fare un giro; quella non fu di certo la sua giornata. Confuso e insoddisfatto, Malyss escogitò in fretta un piano - non ci dimentichiamo che era pur sempre un membro del clan del Corvo. Anche Ergue, che era abbastanza sospettoso, si unì al mago e insieme iniziarono a tramare.

“Credi che ci stia nascondendo qualcosa, Malyss?”

“Ne sono certo. Questi luoghi mi innervosiscono e credo che quel giovane non sia un semplice viaggiatore. In ogni caso, mi sembra che conosca bene il posto, ma se ci indica la strada sbagliata?”

“Non aggiungete altro!”, Occhio di gemma interruppe la conversazione.

“Non avete niente di meglio da fare che stare qui a complottare? Non è altro che un viaggiatore e domani ci dirà qualcosa in più. Ora andiamo a dormire. Siamo ben lontani dalla meta di questa missione.”

Malyss ed Ergue non aprirono più bocca, ma il dissenso all'interno del gruppo aumentava celatamente ad ogni istante. All'alba del giorno seguente il sole penetrava attraverso le nuvole e i suoi raggi colpivano i cristalli disseminati sulla moltitudine delle isole dei Confini. Intanto che Malyss, Ergue e Occhio di gemma stavano ancora dormendo, l'Intrappolato approfittò di quel momento di pace per parlare con il nuovo compagno. Essendosi svegliato molto presto, il Daïs fece uso dei suoi poteri magici per divinare sulla natura di Ciramor. E il risultato fu sorprendente: ne rilevò una magia molto potente.

“Già sapeva dove eravamo, vero?”, chiese l'Intrappolato.

“A dire il vero sì”, rispose il giovane al risveglio. “Ho avvertito la vostra presenza nei Confini dal momento in cui siete arrivati.”

“E allora chi è lei? Dobbiamo avere paura di qualcosa?”

Ciramor rise.

“No, no! Io sono realmente un viaggiatore e speravo di trovare altre persone, così da non dover vagare da solo per queste terre.”

‘Non mi sta dicendo tutto,' pensò l'Intrappolato. ‘Se le parole non bastano per fargli aprire bocca, allora passerò ai fatti.' Con grande rapidità il Daïs sfoderò il suo pugnale e si mise in guardia. Ciramor balzò in piedi e alzò le mani in segno di pace:

“Le prometto che non vi farò del male! Se avessi voluto farvene, sareste morti durante la notte.”

“Forse non sta cercando di ucciderci, ma vuole qualcosa di più.”

Ciramor si girò in modo da avere il sole alle spalle e l'Intrappolato fu accecato, intanto che la magia del suo avversario prese vita: i suoi vestiti si trasformarono, una maschera apparve sul suo volto. Poi lanciò un sortilegio che paralizzò il Daïs, prima che riuscisse ad avere tempo per reagire.

“Ora che non può fare più del male a nessuno, deve sapere che io…”

Fu interrotto da Malyss che lo attaccò senza preavviso. Iniziò un faccia a faccia. Ciramor tentò di fare capire al Corvo che lo aveva fatto solo per proteggersi, ma non riuscì a convincerlo. Malyss fece appello a tutta la sua magia. Il duello però non durò molto: il Corvo diede sfogo a tutta la sua frustrazione a la sua rabbia, ma Ciramor si rivelò un avversario temibile, in quanto la sua magia non era la stessa utilizzata nelle terre di Guem. Tornò ad apparire come un giovane; la maschera scomparve. Piantò il suo bastone a terra, poi, con un agile gesto, aprì un librò che apparve dal nulla. Malyss ne approfittò per giocare le sue ultime carte e lanciò i sortilegi più oscuri delle arti del Corvo. Il bastone di Ciramor, però, lo protesse e nulla accadde. Infine, dopo aver letto qualche riga, il viaggiatore richiuse il libro, mettendo fine al duello, perché in quell'istante Malyss perse la voglia di scontrarsi con Ciramor: tutta la sua rabbia e la sua confusione si erano volatilizzate dal suo animo. L'Intrappolato fu di nuovo libero e anche lui non aveva più lo spirito per confrontarsi con il mago. Quest'ultimo recuperò il bastone, sospirando frustrato.

“Vi darò delle risposte”, disse Ciramor. “Ma prima dovete sapere che per trovare il Mangiapietra avrete l'obbligo di essere solidali e formare un gruppo unito; senza questo non potrete arrivarci. Sediamoci e parliamo. Ho ancora qualche noce di Zyx che mi sembrano piacervi.”

Prima di prendere posto intorno al fuoco, Ciramor vi ci gettò alcune di quelle noci; poi iniziò la sua storia.

“Tempo fa questa parte del mondo era molto simile alle terre da dove venite. Ma degli uomini venuti in nome di una divinità sconosciuta ci attaccarono e di lì a poco scoppiò una guerra. A causa delle battaglie, queste terre si sgretolarono, creando delle immense crepe, faglie e ancora crepe. I Confini devono la loro salvezza a una sola persona. Certamente anche voi la conoscete, perché ha contribuito alla salvaguardia delle terre di Guem: sto parlando di Eredan.”

I quattro viaggiatori pendevano dalle labbra di Ciramor. Non descriveva granché, ma se tutto fosse stato vero, allora Eredan non aveva ancora rivelato tutti i suoi segreti.

“Avete un'aria interrogativa. Che sapete voi di Eredan?”

“Io so solo che è grazie a lui che Nehant è stato battuto, ma che subito dopo è scomparso, senza che nessuno ora sappia dove sia andato”, spiegò Ergue, mentre sgusciava una noce.

“Con validi motivi, ne approfittò e rispose a un allarme di soccorso degli abitanti di queste terre, in quanto questi non riuscivano a respingere gli attacchi degli invasori. Anche lo stesso Eredan non era abbastanza forte da resistere alla minaccia da solo, così creò una creatura capace di comprendere e respingere la magia dei nemici: voi lo chiamate Mangiapietra, ma allora aveva un altro nome. Nel bel mezzo della battaglia finale, le terre si misero e tremare ed esplosero in migliaia di isole che iniziarono a fluttuare nell'aria. Eredan, il Mangiapietra e il popolo di ciò che ormai erano divenuti i Confini, avevano vinto. Ma a quale prezzo? Colpito da uno strano dolore, Eredan si stava spegnendo pian piano. Tentò in ogni caso di trasmettere il suo sapere e lasciare in custodia il Mangiapietra a qualcuno che lui avrebbe scelto."

“Lei è uno di quelli, vero?”, chiese l'Intrappolato.

“Il mio maestro, ormai scomparso, era uno dei discepoli di Eredan.”

“E alla fine, che ne è stato di Eredan?”, domandò Malyss.

“Noi pensiamo che sia morto, ma non ne siamo sicuri, perché sebbene fosse terribilmente sofferente, decise comunque di partire. In quanto a sapere dove fosse diretto, nessuno lo sa.”

“È una storia incredibile! Vale quanto la leggenda del Titano. Ecco una storia che posso raccontare alla ciurma!”

“Adesso che ne sapete di più”, continuò Ciramor, “sta a voi darmi le informazioni che mi sfuggono: perché cercate il Mangiapietra?”

“Nelle nostre terre il Mangiapietra è una leggenda, una creatura capace di mangiare i cristalli magici più potenti. Il fatto è che una sorta di meteorite si è abbattuto sulle terre di Guem e da allora degli individui provenienti dal deserto e con poteri sconosciuti ci attaccano e difendono quella pietra caduta dal cielo. Ascoltando il suo racconto, ho paura che la storia debba ripetersi.”

“Interessante, ma nella mia storia non c'erano meteoriti.”

Ciramor guardò verso il fuoco; gli occhi persi nel vuoto. Una moltitudini di sensazioni si stavano intrecciando in lui.

“Vi aiuterò a trovare il Mangiapietra, ma devo avvertirvi: dovrete essere molto uniti per superare le prove che vi verranno poste. Eredan ha fatto in modo che avvicinarsi al Mangiapietra non fosse permesso a chiunque. Il vostro impegno sarà messo alla prova. La domanda è dunque: pensate di essere all'altezza di questo compito?”

Rinascita

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Capitolo 1 - Dimizar

Questa storia comincia molto prima della Pietra Caduta dal Cielo all'altra estremità della terra di Guem, ai piedi della montagne nere di Tantad. Un uomo camminava con passo indeciso, le sue lacrime cadevano copiose a terra e il suo cuore era ricolmo di dolore. Non sapeva dove stesse andando e rischiò di cadere a terra più e più volte. Il dolore aveva preso il sopravvento sulle altre emozioni e sulla ragione.

Camminò per ore, perso in luoghi in cui nessuno osava entrare. Nel momento più cupo della notte si ritrovò esausto, era in una baia, circondato da lucciole svolazzanti. Depose a terra la donna che teneva in braccio. Ora le lacrime si erano fermate, ma il suo viso era sconvolto da terribili singhiozzi. Con la sua mano coperta di tagli accarezzò il viso della donna e poi le baciò le palpebre, come per dirle addio.

"Potrai mai perdonare la mia debolezza ed incapacità di trovare qualcosa che fermasse la tua sofferenza? Sarai sempre nel mio cuore."

Afferrò poi una pietra e la depose accanto alla moglie, poi ne afferrò un seconda ed un terza e via via costruì una tomba. Era tardi e la stanchezza ebbe il sopravvento sull'uomo. Si addormentò, distrutto per l'eternità.

"Dimizaaaaar.....Dimizaaaaaar.....Non è colpa tua! La colpa è del guaritore che non ha fatto nulla."

Nel sogno l'uomo stava rivivendo i momenti peggiori della sua vita. La mancanza di soldi con cui non poteva sfamare la famiglia, il trovarsi bandito dalla comunità. Il volto di sua moglie che era stato gioioso e pieno di vita, che mano mano svaniva per colpa della malattia che la affliggeva. Si svegliò in un bagno di sudore. Si rese conto che era tutto reale, pianse.

"Sii forte Dimizar, è il momento che tu guardi al futuro."

Da dove proveniva quella voce? Non c'era nessuno a parte lui stesso e la tomba della moglie. Si irrigidì e si guardò attorno sospettosamente. Cadde in buco nascosto da un cespuglio, c'era un passaggio tra la roccia. Normalmente non si sarebbe avventurato nel bel mezzo del nulla e di notte per giunta ma cosa aveva da perdere? La grotta in cui era entrato, probabilmente era opera dell'uomo perché vi erano fitte rampe di scale che solcavano la montagna. L'uomo non riusciva a vedere nulla, il buio era pesto, ma non gli importava, in uno stato di trance trovò la via tra bui corridoi e zone umide. Quanto tempo era passato?

Non lo sapeva ma nemmeno gli importava perché non sarebbe mai tornato a quella città che lo aveva respinto. Una fioca luce gli suggerì di essere vicino all'uscita e lo portò in un luogo incredibile. Davanti a lui, nell'oscurità, c'era un enorme palazzo in pietra grigia. L'edificio dominava quella che avrebbe dovuto essere un gran giardino, anche se adesso era ricolmo di erbacce. C'era un cristallo oscuro che "brillava". La cosa più sorprendente era il paesaggio che attorniava il palazzo. Stranamente si sentiva a suo agio, come se questo maniero stesse aspettando proprio lui.

"Dai, sei a casa", sussurrò nuovamente la voce dentro la testa dell'uomo.

L'interno era deprimente. L'arredamento era ricoperto da polvere nera e generazioni di ragni avevano contribuito nella creazione di enormi ragnatele. Le creaturine si diedero alla fuga, non appena si accorsero della comparsa dell'uomo. La scale scricchiolavano ad ogni passo, minacciando di collassare ogni volta. Lo stile era strano, non aveva mai visto qualcosa del genere, tutto era nero, sproporzionato e crudele. L'uomo arrivò in un ufficio che era stato devastato. Fogli di pergamena si mischiavano alla polvere. La persona che aveva vissuto in quel posto doveva essere ricca, a giudicare dai titoli dei libri sparsi a terra: Cristallomante vecchio Pyrocrate - L'era della regina Rubino e molti altri vecchi grimori.

"L'ufficio Dimizar, vai in ufficio."

Era relativamente intatto, l'arredamento era ricoperto di tagli, come graffi. I cassetti era sparsi per la stanza. Passò le dita sui mobili fino a sentire un "clank". Si aprì un passaggio segreto, una parte delle libreria era scomparsa per fare posto ad un angusto spazio in cui vi era una scala a chiocciola. La scala, che era interminabile, conduceva ad una grande stanza scavata nella roccia ed illuminata da strani cristalli sferici.Gemme nere erano incastonate su tutto il pavimento e accanto a loro era tracciati strani simboli; in mezzo a quest'ultimi c'era una persona, o meglio il cadavere ormai scheletro di una persona. Sdraiato in posizione fetale, lo scheletro teneva stretto qualcosa tra le mani. Non fu la curiosità a spingere l'uomo ad avvicinarsi e vedere cosa tenesse in mano. L'oggetto era una pietra, nera e con inciso il medesimo simbolo che era presente in tutta la grotta e in tutto il palazzo.

"Questa pietra è tua, prendila Dimizar."

La voce sembrò provenire da molto vicino. Decise di afferrare la pietra. Immediatamente l'uomo si sentì sopraffatto da qualcosa, da una grande potenza, potente, furiosa e devastante. Amore, compassione, rimorso...tutti questi sentimenti svanirono in un istante. Dopo aver ripreso i sensi si accorse di non essere più lo stesso, la cosa non lo toccò, il ricordo della sua sventura era già lontano. I suoi occhi si passarono su un libro chiuso. Si avvicinò. La copertina era ricoperta da uno spesso strato di polvere. Una scrittura fine e gotica recitava "Diaro di Zejabel".

Capitolo 2 - Lo specchio e Zejabel

Pochi giorni più tardi, Dimizar aveva letto interamente il diario.

Il libro conteneva tutta la vita di Zejabel, come conobbe e decise di seguire Nehant, la sua ricerca sulla magia e varie informazioni sulle terra di Guem di quel periodo. Dimizar rimase affascinato dall'ultimo capitolo del diario. Il luogotenente di Nehant raccontava gli ultimi eventi che portarono alla fine della guerra nera.

“Eravamo così vicini. La vittoria era nelle nostre mani, e Nehant sarebbe diventato il padrone della terra di Guem. Com'è potuto accadere tutto ciò? Uno per uno, noi luogotenenti, siamo caduti.”

“Noi che abbiamo guidato le legioni contro le città delle più potenti civiltà. Poi è arrivato Profeta a portare la parola di Dragone e tutti, come cani che mordono il padrone, ci si sono rivoltati contro."

“Si sono organizzati, hanno trovato Eredan e grazie a lui ci hanno annientato su tutti i fronti. Amidaraxar, il più potente di noi, è stato rinchiuso e Xorzar ed il Flagello delle Anime sono stati spediti in un limbo.

Nelle pagine successive c'era scritto:

“Sento che il potere di Nehant si è affievolito, è quasi impercettibile. Sento che non ho più il potere concessomi."

“Sono costretto a ripiegare in questo maniero, uno dei pochi posti ancora sconosciuti a quel Profeta maledetto."

“So che mi sta cercando e se non riesco a scomparire non passerà molto tempo prima che ci riesca.

Infine Dimizar trovò una voluminosa lettera alla fine del libro:

“Tu sei colui che fa ricominciare il tutto."

“Se stai leggendo queste parole significa che la magia che proteggeva il mio diario non è stata distrutta e quindi hai anche la mia pietra cuore che, adesso, è anche la tua pietra cuore."

“Passai giorni e giorni a cercare il modo per farmi trovare dal Profeta e alla fine trovai la soluzione pensando a Nehant."

“A quello che è toccato a Nehant."

“Intrappolato in una pietra e sigillato al suo interno.”

“Ho seguito il medesimo procedimento e ho trovato il modo di sigillare la mia conoscenza, la mia magia e la mia anima all'interno di una pietra."

“Tu sei me ed io sono te."

Mentre leggi queste parole dovresti riuscire a percepire l'effetto di questo rituale e i cambiamenti che comporta."

Resta da vedere se hai intenzione di usare il mio potere o se ne verrai consumato.”

“Il tempo è giunto, il tempo di riformare i ranghi e di vendicarsi dei nemici di Nehant."

Per me è giunto il momento di lasciare questo corpo mortale e concedergli riposo."

Con questa lettera troverai lo specchio di Nehant, l'ho nascosto agli occhi di tutti."

C'è anche il mio testamento magico, ti permetterà di divenire il mio erede."

Zejabel”

Dimizar rimase turbato da questa lettera. Ovviamente percepiva dei cambiamenti. Scoprì potere e conoscenza. Scoprì che il suo modo di pensare non era più lo stesso di sempre. Non gli diede però fastidio, anzi, così avrebbe trovato il modo di vendicarsi di coloro che gli avevano negato aiuto, di coloro che avevano condannato a morte sua moglie.

Guardò gli altri fogli e scoprì che erano una sorta di chiave magica. Istintivamente recitò gli incantesimi che vi erano vergati e ciò facendo, risvegliò ciò che era stato imprigionato. Il palazzo si svegliò, come se avesse avuto una sua coscienza.

"Ora, vieni da me, Dimizar."

La stessa voce di prima provenne dalla stanza dello scheletro. Vi entrò di fretta e scoprì che un pezzo di muro era crollato, dietro di esso vi era un grande specchio con una cornice intagliata. Dimizar si avvicinò con un sorriso. Vide il riflesso di un uomo cambiato e influenzato dalla vita passata. Il viso delicato e con una leggera barba andava mano a mano cambiando, diventando sempre più deforme. Il volto era quello di un demone. Si passò una mano sulla guancia, come per rassicurarsi. Nulla era cambiato, l'immagine nello specchio non era la sua.

"Sei Nehant, vero?"

"Se così vuoi chiamarmi, allora sarò Nehant."

Dimizar si inchinò.

"Sono il tuo servo, tu ordina ed io eseguirò."

"Bene, bene, bene, è giunto il momento di fare di te un vero nehantista."

Capitolo 3 - Profeta

Passarono molti mesi da quando Dimizar aveva ottenuto i suoi poteri. Nel frattempo si era vendicato. Sperimentò i suoi poteri di corruttore sugli abitanti del suo vecchio villaggio e pose tutti sotto il suo controllo. Diventarono tutti schiavi di Dimizar e vennero trasferiti al Maniero, il vecchio feudo di Zejabel.Dimizar stava architettando un modo per nascondere il suo maniero agli occhi del Profeta, perché il Noz era ancora vivo e restava una grande minaccia per il nehantista e i suoi scagnozzi.

Molto lontano, Il Profeta stava esaminando un cristallo molto attentamente. Accanto al capo dei Noz, un libro galleggiava in aria come privo di peso. Il cristallo per Osmosi aveva rivelato al Profeta uno strano disturbo, una vibrazione negativa che non era più stata percepita dai tempi della Guerra di Nehant. Incuriosito, il figlio di Anryena, aveva passato il suo tempo a scoprirne le ragioni. I giorni passarono ma la vibrazione perdurava ed infine giunse alle orecchie del Profeta la storia di un villaggio, i cui abitanti erano scomparsi nel nulla.

Erano scomparsi senza lasciare alcuna traccia. A dare l'allarme fu il signore di quella terra, il quale non riusciva a capacitarsi di cosa fosse accaduto. Eppure il Profeta ricordava un caso molto simile. I suoi ricordi non erano sfuocati dal passare del tempo, visto che erano successi nell'ultima parte della sua lunga vita. La scomparsa di persone era probabilmente l'opera di un servo di Nehant, ma non era sicuro che avrebbe dovuto vederlo.

Dimizar ben sapeva che avrebbe attratto occhi indagatori, ma aveva anticipato le future investigazioni dei suoi nemici, tra cui Profeta. Grazie ad un incantesimo di occultamento nascose il Maniero a chi non fosse stato iniziato al nehantismo.

Il Profeta si diresse a cercare la fonte della vibrazione negativa, vi arrivò vicino ma non riuscì a trovar nulla. Si trattenne due giorni nella ricerca, cercò, setacciò le strade, abitazioni ed altri segni magici. Ma non c'era alcuna traccia, e la cosa lo disturbava perché avrebbe dovuto trovar qualcosa... nulla di nulla. Tornò a Noz'Dingard con unica certezza, il Nehantista esisteva ed era nascosto.

Il Profeta si era prefissato di continuare la ricerca del nemico ma purtroppo il destino aveva altri piani: sopraggiunse la Pietra Caduta dal Cielo e Dimizar completò l'occultamento del Maniero.

Capitolo 4 - Il Piano

"Dimizar...Dimizar."

La voce echeggiò nel Maniero.

"Giunta è l'ora."

Il Nehantista scese la scale con la certezza di cambiare il mondo. Raggiunta la caverna si mise di fronte alla luce del simbolo di Nehant che compariva dallo specchio.

"Le stelle hanno annunciato il cambiamento. Sta per giungere una Pietra, cadrà in luogo in cui si affronteranno tutte le forze del mondo."

Dimizar comprese quale potenzialità avesse tale evento.

"Non siamo interessati alla pietra ma è il diversivo ideale per attuare il nostro piano. La prima cosa da fare è eliminare l'unico che ci può fermare, il Profeta. Vai dagli Zil per questo compito, abbiamo gente che lavora per noi tra le loro fila."

"Mi metterò in contatto con queste persone."

Il simbolo scomparve dallo specchio, ora rifletteva solo l'immagine di Dimizar. Era nato un piano e le prospettive sembravano promettenti; il nehantista doveva lasciare la dimora di Zejabel e dirigersi tra le terre di Guem. Prima però doveva radunare le truppe. Il primo a tornare fu Mangia-Anima. Tra le varie cose lasciate a Dimizar da Zejabel vi erano diversi grimori e dalla loro lettura il nuovo nehantista aveva capito che il vecchio esercito di Nehant era stato composto da demoni. Grazie ad alcune pietre conservate in una scatola avrebbe potuto invocare il ritorno del demone e senza esitazione decise di farlo. I suoi schiavi disposero candele su tutto il pavimento della grotta. Dimizar afferrò in un libro vergato in una lingua mai vista che però inspiegabilmente conosceva e memorizzò i passaggi da effettuare. Mise la pietra in mezzo ad un grande simbolo di Nehant.

"Tu, tra le viscere della terra, nascosto agli occhi dei mortali, ascolta la supplica del servo di Nehant."

La pietra si illuminò, sviluppando magia.

"Tu sei il pugno che viene auto-inflitto, tu sei il problema."

La pietra cominciò a levitare.

"Tu che urli in prigionia. Tu divoratore di anime, io ti invoco. Spazza via la barriera che ostacola il tuo cammino."

L'energia attorno alla pietra cominciò a mutare di forma e a prendere i contorni di un umanoide.

"Mangia-Anima riprendi possesso del tuo corpo e dirigiti nei campi da battaglia."

Ora la forma era diventata stabile. Il demone aveva due grandi corna di cristallo, pelle abbrustolita e alcune parti del suo corpo sembravano essere fatte di lava.

"Sei forse tu a chiamarmi, Zejabel?"

Dimizar si avvicinò senza timore.

"Non esattamente, lui mi considera il suo erede."

"Io servo solo Zejabel."

"Ah sì? Ti dimostrerò che non sto scherzando", rispose Dimizar con una calma sorprendente per essere innanzi ad un demone.

Il nehantista sentiva che la pietra era ben presente nel ventre del demone e la connessione che la legava alla sua pietra-cuore era debole. Troppo debole perché il demone la percepisse, andava ripristinata. Il nehantista tirò fuori la pietra-cuore e si concentrò sulla connessione. Il demone urlò di dolore ma non ebbe il tempo di reagire. Ora la connessione era forte, era sotto il suo controllo.

"Bene, ora che questo piccolo equivoco è risolto, possiamo andare avanti."

Pochi giorni dopo, davanti alla prigione di Archopolis, la città più ad oriente di Tantad, Dimizar fissava una porta in legno. Dietro la porta vi era una creatura che attendeva la sua esecuzione per via degli efferati crimini commessi. Il nehantista non fece male ai deboli esseri umani che incontrò sul suo cammino, si limitò a controllarli. Il carceriere, come una marionetta, aprì la porta della cella.

"Dammi le chiavi, lascia una guardia alla porta della prigione, se qualcuno indagasse tu troverai una scusa per depistarli."

Poi si rivolse alla creatura.

"Non ti farò del male se non farai nulla di avventato."

Aprì la porta e vi intrufolò all'interno. La creatura era una donna ma era chiaro che sarebbe stata perseguitata per tutta la vita. Occhi dorati, pelle nera come il buio della notte e dita che terminavano in lunghi artigli. Guardò Dimizar con mani tremanti.

"Pietà, signore. Non farò nulla di male, te lo prometto."

Dimizar rise di gusto.

"Sei una grande attrice ma io so quello che sei. So la tua personalità, i tuoi sentimenti. Io ho bisogno di una come te, ti prometto che i tuoi talenti non andranno sprecati e che non te ne pentirai."

La donna fermò i suoi gemiti, il suo atteggiamento cambiò totalmente.

"Se mi fai uscire per uccidere e recare dolore a qualcuno, ben venga."

"Ottimo, come ti chiami?"

"Anagramma."

"Un falso nome, giusto?"

"Ovvio, quindi?"

"Perfetto, è perfetto. Andiamo, abbiamo molte cose da fare."

Il giorno seguente, in una radura non molto lontana da Archopolis, Dimizar e Anagramma fecero conoscenza con coloro che sarebbero state la rovina del Profeta. Due ragazze con abiti eccentrici e pelle nera litigavano con un uomo il cui volto era celato da una maschera di ferro. All'arrivo di Dimizar e Anagramma smisero di battibeccare.

"Spero siate stati attenti a non farvi seguire," disse Dimizar saltando i convenevoli.

Maschera di Ferro si inchinò con rispetto.

"Maestro, grazie per averci degnato di tale onore. Stiate sicuro che nessuno ci ha seguito."

"Perfetto. Ho sentito parlare delle tue doti come oratore, Maschera di Ferro, avrò bisogno di te per una missione speciale. Ne parleremo dopo."

"Mi insegnerai quello che sai?"

"Lo farò non appena mi dimostrerai di essere degno di tale onore," replicò Dimizar con un accenno di fastidio nella voce.

Anagramma fissava le due donne, la loro somiglianza era inquietante. Silene e Selene erano molto contente e allo stesso tempo gelose di vedere Anagramma.Anche se le tre erano molto simili fisicamente, le due sorelle erano Guemelite dell'Ombra mentre Anagramma era Guemelite di Nehant. Una differenza minima, ma per le due sorelle era importante.

"Per voi due signore, ho una missione importante. Mi piacerebbe avere più Zil tra di noi,e per farlo ho bisogno di discrezione. Se ci riuscirete verrete ricompensate. So cosa volete e credo proprio di potervelo far ottenere."

Le due donne divennero immediatamente estasiate.

"Spero che tutti si rendano conto della situazione. Il fallimento non è contemplabile. Il futuro ci riserva due sole strade: o la morte o la vittoria. Ora devo parlare da solo con Maschera di Ferro, lasciateci soli."

Anagramma e le due sorelle si allontanarono per parlare tra di loro. Rimasto solo con Dimizar, Maschera di Ferro rimosse la maschera che celava il suo volto.

"Capisco perché la indossi. Un giorno non dovrai nasconderti ma prima di allora abbiamo tanto da fare. I nostri nemici sono tanti, non posso prendermene cura di tutti."

"Esattamente, che vuoi che faccia?"

"Prima di tutto voglio essere a conoscenza di quello che accade politicamente. Voglio sapere cosa mangia l'Imperatore, cosa discute con i suoi consiglieri. Della Draconia invece so già tutto."

"Sarà fatto."

Maschera di Ferro esitò un istante e poi chiese.

"Stai formando un esercito per schiacciare questi scarafaggi?"

"Tutto è già ben delineato ma al momento preferisco che si mantenga un basso profilo. Sappi però che le nostre fila si ingrossano giorno dopo giorno, sopratutto tra gli insospettabili. Dammi la tua pietra-cuore."

Maschera di Ferro glielo consegnò con preoccupazione.

"Non preoccuparti, ho bisogno di avere tutta la tua volontà. Sto segnando la tua pietra in modo che possiamo rimaner in contatto. Saprò dove sei e potremo comunicare. Se mai dovesse accadere qualcosa ad uno di noi due, la connessione svanirà."

La mano di Dimizar tenendo la pietra-cuore venne illuminata e poi assunse un colore più cupo. Il Nehantista non consumò alcuna energia magica per compiere questa operazione.

"Giunto è il momento di mettere in atto il piano."

Capitolo 5 - La Morte di Ishaia

Il Consigliere Verace non ne poteva più. La sessione di quel giorno era stata intensa e complicata. Gli eventi intensi che stavano accadendo, venivano continuamente discussi nel Consiglio. Fortunatamente il Castello di Kaes era circondato da lussureggianti e rilassanti giardini. Il Consigliere inspirò una boccata di aria fresca e si incamminò tra i labirintici mucchi di siepi e fiori. Si tranquillizzò pian piano e stava ricominciando a riorganizzare le idee quando si imbatté in qualcosa, o meglio in qualcuno.

"Che cosa?"

Per terra giaceva un corpo senza vita, lo riconobbe immediatamente: la Consigliera Ishaia.

"Oh cielo."

Immediatamente si chinò per controllare il polso della donna.

"Guardie, guardie!!", urlò disperato.

Il cuore batteva tanto forte quanto il tremore delle mani, la Consigliera Ishaia era morta. Due mesi prima Maschera di Ferro si trovava all'orfanotrofio "Bambino Perso", una delle poche strutture adibite ad accogliere bambini abbandonati e orfani. Venne informato che vi erano cose terribili in atto e che la presenza del Consiglio era richiesta. Lui e Dimizar sapevano che era stata utilizzata magia nera in quel luogo, perciò fecero in modo che il caso andasse al Consiglio e che gli venisse affidato. L'orfanotrofio era una struttura banale, un edificio molto vecchio rinchiuso da decrepiti muri. Maschera di Ferro venne accolto come un salvatore e a vedere dal volto di chi lo attendeva, la faccenda era seria.

"Mio Signore, vi ringrazio per essere venuto."

La signora aveva l'aspetto di non aver dormito per giorni e giorni.

"Non mi ringrazi, il Consiglio è al vostro servizio, in parte finanziamo l'orfanotrofio e ci prendiamo da sempre cura di questa nobile attività."

"Grazie, grazie davvero."

"Bene, che succede?"

"I bambini...sono scomparsi."

Maschera di Ferro rimase allibito.

"Ma è terribile," rispose con un tono di finta preoccupazione molto credibile.

"Non è tutto, quando il nostro cuoco è andato via abbiamo trovato degli strani simboli nella sua stanza."

La discussione continuò mentre si dirigevano verso la stanza, quest'ultima era in soqquadro. Per terra era stato disegnato, con un carboncino, un simbolo a spirale

"Bene così," pensò Maschera di Ferro.

"Guardate, questo simbolo ha fatto scomparire il cuoco."

"Devo sbarazzarmene."

"La prego, io ho la responsabilità di questo posto e ho bisogno della collaborazione di tutti. Per questo ho chiesto la Sua presenza."

"Certamente, me ne occuperò io."

"Questo è tutto, bisogna sbrigarsi."

Quando Maschera di Ferro rimase solo il simbolo si rivelò, brillava ancora.

"Sta scomparendo," disse tra se e se mentre utilizzava un sortilegio rivelatore di Nehant, un sortilegio che gli avrebbe permesso di vedere la connessione tra un mago e il suo incantesimo.

Il filo era sottile ma il nehantista era specializzato in quel tipo di magia. Seguì la traccia fino alle cantine, in quel luogo dietro a delle scatole giaceva il cuoco, morto.

"Adesso capisco perché la connessione stava rapidamente svanendo."

Focalizzando l'attenzione sul corpo si accorse di un altra connessione che stava scomparendo.

"Devo fare in fretta."

Si diresse in quella direzione camminando speditamente. Attraversò i cortile ed entrò nell'ala riservata al personale istituzionale. La connessione svanì, doveva essere vicino. Entrò in una sala d'attesa ma non c'era nessuno a parte un forte odore di bruciato e la chiara traccia di magia nera. Chiuse la porta e incominciò a cercare qualche traccia: libri, vestiti e lettere. Maschera di Ferro percepì che erano le lettere ad essere degne di attenzione.

"Caro mio apprendista....blablablabla.... Firmato: Consigliera Edrianne."

Lesse la lettera e si fece un'idea della persona che avrebbe dovuto cercare. La donna era stata inviata lì per controllare le finanze dell'Orfanotrofio e aiutare la responsabile nelle sue mansioni. Il nehantista trovò in una scatola alcuni simboli di nehant, tracciati con discrezione.

"Uhm è un pesce grosso."

Nel frattempo avrebbe dovuto trovare un modo per spiegare la morte del cuoco e trovare i bambini. La notte scese rapidamente e il corpo del cuoco venne trovato, la causa della morte era stato un "tragico incidente". Durante la cena il nehantista ebbe modo di capire chi era l'apprendista della Consigliera Edrianne, una giovane donna, timida e fragile. "Gioca a nascondino." Nel frattempo contattò Dimizar e quest'ultimo gli disse di portare "la colpevole" al maniero di Zejabel.

I piccoli orfani dormivano nella convinzione di esser protetti vista la presenza di un membro ed investigatore del Consiglio, avessero saputo la verità sarebbero fuggiti a gambe levate. Maschera di Ferro si presentò alla porta della colpevole e bussò.

"Sì?", disse una timida voce.

Il Nehantista entrò senza fronzoli e una volta dentro vi fu un gioco di sguardi tra i due, entrambi incantati dalla origine magica dei loro poteri. Maschera di Ferro rimase paralizzato dall'anima nera e arsa al dolore della donna.

"Tu..tu sei un..."

"Shhh.", lo interruppe lei "Zitta."

Il suo atteggiamento non era più quello di una fragile fanciulla, anche il suo corpo era mutato in una figura più completa ed attraente.

"Un nehantista. Sei la mia fortuna, possiam parlare senza essere disturbati?"

"Dovresti ringraziarmi, se io e il mio padrone non ci fossimo accorti dell'utilizzo di magia nera, ora saresti nei guai."

"Non mi interessa il tuo maestro o cose del genere, vai via senza voltarti."

"Davvero pensi che possa lasciare tutto come è? Dove sono i bambini, non hai fatto loro del male?"

"No, sono così odiosi, sempre a pensare a se stessi. Una delizia."

"Hai detto che non ti servono, allora consegnameli, o dovrò sottometterti al mio volere", disse con asprezza Maschera di Ferro.

La giovane donna incominciò a respirare velocemente, stringendo i pugni.

"Va bene", disse con voce rotta.

Il giorno seguente i bambini vennero ritrovati e per sicurezza venne cancellata loro la memoria degli ultimi avvenimenti. La versione ufficiale fu che si erano allontanati per giocare e si erano persi. I due nehantisti dopo aver accampato una scusa si diressero da Dimizar, al maniero di Zejabel.La giovane donna chiamata Odio era stata fonte di eccitazione per i due nehantisti: il demone aveva approfittato di un contratto firmato dalla giovane donna e si era incarnato in quel corpo. Si sa, i contratti sono sempre sfavorevoli a chi li firma. Odio si era ben trovata in quel corpo e si era aggregata come apprendista di un Consigliere. Pochi giorni dopo a Dimizar venne in mente un piano che avrebbe contribuito non poco a mettere sotto controllo il Consiglio delle gilde. Il Nehantista ordinò a Maschera di Ferro e ad Odio di ritrovarsi per una piccola riunione di "lavoro". La stanza era stata trasformata da Dimizar e ora è una sorta di via di mezzo caotica tra un laboratorio ed una biblioteca. Odio e Maschera di Ferro trovarono Dimizar davanti allo specchio.

"Mio Signore, tutto verrà fatto secondo i tuoi desideri. Avete altri consigli?"

Segnò qualcosa, come se avesse sentito qualcosa oltre alle parole del suo apprendista e poi rispose.

"Direi che abbiamo una settimana. Verrà eletto un sostituto in fretta ma in quel lasso di tempo il Consiglio sarà nostro."

Dimizar si voltò verso i due con un gran sorriso che non tradiva la sua gioia.

"Stiamo andando a colpire, colpite duro. Il Consiglio governa le Gilde, gilde che hanno contribuito a rinchiudere Nehant. Dobbiamo prendere possesso del Consiglio e due saranno le persone artefici della sua rovina. Maschera, mi hai detto che al ballo di Kastel Draken c'era una persona che mostrava invidia nei confronti della Consigliera Ishaia?"

"Sì, Maestro. Una donna chiamata Angelica è innamorata di Marlok ed odia Ishaia con tutte le sue forze."

"Vorresti che l'odio risorgesse e prendesse il controllo del suo essere", disse Odio con impazienza.

"Hai capito il mio piano ma ora ti racconterò come andrà. Prima Maschera di Ferro diverrà confidente di Angelica e la porterà ad odiare ulteriormente Ishaia, ha fiducia in voi, non sarà difficile. A quel punto le presenteremo una maga che si spaccerà per una grande amica di Maschera di ferro e che la convincerà che Marlok non ama Ishaia ma è accecato da un incantesimo che può essere infranto firmando un contratto."

Odio guardò Dimizar comprendendo il piano.

"Una volta firmato il contratto, tu Odio se in grado di assumere le esatte sembianze di chi lo ha firmato. Sarà impossibile riconoscere la vera Angelica da te."

"Ma Maestro perché non far uccidere Ishaia dalla vera Angelica?"

"Giusta domanda, Ishaia è protetta da potenti incantesimo che Angelica non saprebbe affrontare ma questi incantesimi non sono a prova di demone. La Consigliera sarà indifesa come una bambola."

Dimizar si rivolse verso lo specchio.

"Una volta che Ishaia verrà a mancare, si aprirà un bando per un nuovo consigliere, e magari un apprendista che ha sempre fatto bene e ha risolto il caso dell'orfanotrofio potrebbe essere scelto. Direi che il piano funzionerà."

Il piano del nehantista stava andando come pianificato, Ishaia ed Angelica camminavano fianco a fianco nei giardini. Dopo uno scambio di reciproche cortesie stavano parlando del nulla.

"Mia piccola Angelica, qual'è il motivo di un colloquio così segreto e urgente? Spero non vogliate parlarmi del mio riavvicinamento con il vostro amico Marlok."

"No, non ti preoccupare, quello di cui ti devo parlare è molto più importante, anzi direi che è fondamentale."

"Bene, se posso dare una mano."

Ora le due donne erano nella giusta posizione, abbastanza lontane dagli occhi di tutti. Tutto accadde in un attimo, la falsa Angelica sguainò un pugnale stregato da Dimizar e lo fece passare nel cuore di Ishaia. Angelica ritirò la lama e la Consigliera cadde a terra davanti al suo assassino.

"Dimizar ti porge i suoi saluti."

Ishaia provò a proferire parola ma Odio/Angelica mise un dito sulla sua bocca.

"Adesso è tutto finito."

Il demone allora si tolse un pezzo di stoffa blu e lo avvicinò alla Consigliera. Così morì la Consigliera Ishaia.


Ultima Speranza


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Una scossa investì il villaggio. Molto lontano, un costone di ghiaccio si rovesciò improvvisamente e andò in mille pezzi, come un castello di carte. Questo non era la prima volta che succedeva, ultimamente queste scosse si stavano manifestando sempre di più, il Ghiacciaio Ametista stava morendo. Nel più grande villaggio degli Elfi del Ghiaccio, che abitavano solo in questa parte di mondo, la situazione era piuttosto grave ed era stata convocata un assemblea nella piazza centrale. Donne e uomini piangevano e allo stesso tempo interrogavano la loro profetessa Yilith.

"Che ne sarà di noi?", chiese un maschio che sembrava essere un cacciatore.

"Aveva ragione la profetessa! Il ghiaccio si sta sciogliendo e spaccando. Cosa rimarrà del nostro paese e del nostro ghiacciaio?", esclamò un elfo ben più alto degli altri-

In quel preciso istante un altra scossa venne avvertita e la sacra statua del villaggio si infranse in mille pezzi. Questa statua raffigurava una creatura torturata legata da una catena di ametista. Yilith percepiva la grande tristezza del suo popolo.

"Io...io devo vedere Nibelle."

"Sei sicura? Nibelle ci ha chiesto di non andare da lei."

"La mia percezione della verità sta cominciando ad oscurarsi. Devo tornare a vedere con limpidezza."

Gli Elfi del Ghiaccio rimasero storditi dalle parole di Yilith, questa oscurità aveva previsto la fine del Ghiacciaio di Ametista e della loro stessa esistenza. Yilith terminò di rispondere alle domande e si diresse verso la sua meta. Camminò senza sosta per due giorni, mossa dal desiderio di ottenere risposte. I ghiacciai stavano divenendo sempre più instabili e Yilith dovette sfuggire alle insidie che celavano. Improvvisamente una bufera di neve la investì, come un gatto fa con il topo, fortunatamente però gli Elfi del Ghiaccio sono impermeabili al freddo e la donna si ritrovò solo ostacolata e rallentata. Continuò senza sosta fino alla casa della vecchia Elfa Nibelle. Da lei, Yilith aveva imparato tutto quello che sapeva sulla divinazione e la comunicazione spirituale. Diversi anni fa Nibelle era scomparsa, lasciando solo una lettera per Yilith in cui c'erano poche parole: "Per me è arrivato il tempo di lasciare alla mia apprendista la mia posizione. Me ne vado ad "Anima Violata" sul ghiacciaio Ametista, vi proibisco di avvicinarvi a quel posto maledetto". Quegli avvertimenti erano stati rispettati, fino ad oggi.

Yilith raggiunse la sua destinazione ma quasi non riconobbe il luogo. "Violata" si era trasformata in un enorme buco simile ad una ferita. La profetessa attinse ai suoi poteri per scegliere il modo migliore per andare in basso. Sentiva un potere divino all'opera, un potere familiare. Nibelle era qui, da qualche parte sotto la ferita nel ghiaccio. Forse era in pericolo. Il ghiaccio era duro e inframezzato da cristalli di ametista. Yilith, mentre si calava, non poteva non ferirsi ma questo non la preoccupava visto i suoi poteri di guarigione. Quando raggiunse il fondo, vide un sentiero scavato nel ghiaccio. Non perse tempo a decidere cosa fare, visto che un altra scossa rischiò di sommergerla di ghiaccio e ametista.

Accese una lampada ad olio e procedette con cautela. Il sentiero conduceva a delle scale scavate nel ghiaccio e da esse si poteva sentire la voce di qualcuno. Senza alcuna esitazione, Yilith passò le scale e si ritrovò in un sala di forma semi-ellittica. C'era una vecchia elfa del ghiaccio inginocchiata, persa a pregare davanti ad una grande porta nera. Sei gemme di varie forme e colori era incastonate nella porta. Una di queste gemme, quella rossa, non brillava più e sembrava essersi infranta. Yilith si avvicinò pian piano all'Elfa.

"Non venire avanti, mia bambina. Siediti. Dobbiamo parlare", le labbra della vecchia Elfa del Ghiaccio non si erano mosse, stava comunicando telepaticamente.

"Che sta succedendo Nibelle? Perché il ghiaccio si sta sciogliendo?", chiese Yilith con foga.

"L'imponderabile, Yilith. L'imponderabile sta avvenendo. Non ho tutte le risposte alle tue domande ma ti parlerò di questo posto. Poco più di una vita di Elfo del Ghiaccio fa, il mondo venne avvolto in fatti sinistri: una guerra mondiale contro Nehant e i suoi discepoli. Devastarono tutto ciò in cui incorrevano prima di essere fermati da Eredan e i suoi eroi. Dietro questa porta è chiuso Amidaraxar, il più potente dei luogotenenti di Nehant. Riposa sotto alla mia sorveglianza"

"Sapevo delle storia di Nehant ma non avrei mai immaginato ciò che è celato nel ghiaccio", intervenne Yilith.

"Fino ad oggi ho contenuto la sua energia grazie al ghiaccio e all'ametista ma si sta verificando qualcosa di strano. Il ghiaccio di sta sciogliendo e sto avendo problemi nel mantenere la prigione. Amidaraxar si sta poco a poco svegliando. Ho già perso una delle pietre che chiude la porta."

"Che posso fare? Posso aiutarti a canalizzare l'energia?"

"Ci ho già messo tutta l'energia che possiedo. Dovremo trovare un aiuto esterno. Vai nelle altre nazioni a chiedere aiuto, spiega cosa sta succedendo in questo luogo. Sii veloce, non abbiamo tempo da perdere."

"Ti manderò Kyrias. Alleggerirà il tuo fardello"

Yilith fece quando le era stato chiesto. Dopo una breve sosta al suo villaggio per spiegare la situazione, raccolse le sue cose e si incamminò nuovamente. Non aveva mai attraversato il Dente di Vetro, che faceva da confine tra le lande degli Elfi del Ghiaccio e le fredde terre in cui vagavano gli uomini. Quando attraversò il confine la sua sorpresa fu grande: la neve si scioglieva e grandi iceberg galleggiavano tra il ghiacciaio e la terraferma. Il Dente di Vetro, che non era altro che un enorme cristallo di quarzo, sporgeva dall'acqua. Yilith sapeva che una tribù viveva poco distante da dove si trovava e lei si diresse in quella direzione con il cuore pieno di angoscia. Il villaggio però era semi-vuoto, il capo le spiegò che quella regione era diventata troppo pericolosa e che molti abitanti erano morti durante la caccia. Gli abitanti, le spiegò il capo, stavano per partire e andare a congiungersi in un altro villaggio poco distante. La profetessa benedì il loro cammino in modo che potessero fare un buon viaggio e venne ricambiata con un dono: una barca che la aiutasse nel suo viaggio. Grazie a questo dono, Yilith partì per il continente sperando di trovare aiuto. Sfortunatamente tutti quelli che incontrava non avevano risposte da dare alle sue domande. Attraversò l'Impero Xzia e il suo istinto la portò al tempio Yafujima. Venne accolta da un monaco chiamato Toran che le diede un importante indizio.

"Mesi fa è caduta una pietra dal cielo non molto lontano da qui. Le gilde sono in lotta per appropriarsene e vecchi dissapori sono tornati alla luce. Forse i problemi che affliggono la tua terra sono dovuti a quella pietra."

"Questa informazione è preziosa, dovrò accertarmi di questa pietra con i miei occhi."

"Buona fortuna e che il Kami possa proteggerti."

"Non conosco i Kami ma ti ringrazio", rispose Yilith prima di incamminarsi nuovamente.

Seguì le indicazioni di Toran e attraversò i pochi chilometri che la separavano prima da Okia e poi dalla Tomba degli Antenati. Mano a mano che si avvicinava percepì la presenza di qualcuno, come di una voce sussurrata, più si avvicinava e più questa voce sembrava una canzone. Vide la Pietra Caduta dal Cielo, enorme e maestosa. Molti accampamenti erano piazzati nelle vicinanze e sembrava esserci del trambusto. Continuò ad avvicinarsi alla pietra e coloro che la videro passare rimasero folgorati dalla sua strana e bella figura.

Senza rendersene conto, come una mosca con il miele, Yilith attraversò la barriera che era stata invalicabile per tutti gli altri e poggiò una mano sulla pietra. Sentì la sua anima entrare nella pietra. Galleggiava in una dimensione senza cielo o terreno, tutto era luminoso. Una figura si materializzò, simile a quella di un Elfo del Ghiaccio ma con pelle e occhi bianchi.

"Ho preso questa forma in modo che tu non abbia paura di me."

"Non ho paura. Cosa sei?"

"Sono la Piaga di Guem. Mandata per far piombare questo mondo nelle tenebre."

"Il ghiacciaio Ametista si sta sciogliendo per colpa tua?"

"Forse ma è irrilevante."

"Per me non lo è, la mia gente sta soffrendo."

"La tua sofferenza non durerà, verrà sostituita dal vostro annientamento."

"Credi veramente che ti permetteremo di farlo?"

"Credi di fermarmi? Tu sei nulla. Coloro che sto aspettando presto mi libereranno e mi permetteranno di devastare questo mondo fin quando nulla rimarrà."

"Fammi uscire da qui."

"Non posso, tu sarai la mia prima vittima."

La luce intorno a lei crebbe e Yilith percepì qualcosa di pericoloso, qualcosa di incredibilmente potente stava cercando di distruggerla. Doveva fare in fretta. Ricordò gli insegnamenti di Nibelle e si concentrò sulla fuga dal quel luogo. Improvvisamente venne espulsa dalla pietra, le ultime parole che riuscì a sentire dalla creatura furono:

"Noooo, non sfuggirai alla mia ira. Io..."

Aprì gli occhi e si trovò madida di sudore. Barcollò all'indietro e cadde sulle ginocchia. Il mondo era in grave pericolo, se nessuno fosse stato in grado di fermare la Piaga di Guem la fine sarebbe giunta.

Il Tesoro del Titano


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L'Arc-Kadia si era fermata sopra l'oceano che bagna il sud della terra di Guem.

Al la Triste teneva febbrilmente tra le mani una pergamena raffigurante un polpo.

Con rara delicatezza, srotolò la pergamena e rimase soddisfatta da ciò che vi era all'interno.

I pirati riuniti vicino erano talmente eccitati da cosa avrebbe potuto contenere il tesoro di Hic che brillavano loro gli occhi. Bragan aveva appena recuperato l'ultima parte per invocare Artaban pertanto lo avvicinò alle altre tre parti e queste si unirono a formare un unico oggetto.

"Ci siamo" annunciò Bragan "Riconosco molti simboli utilizzati da noi pirati tanto tempo fa. Mylad, Ardranis, ho bisogno di aiuto" Le due giovani donne uscirono dal capannello di gente e dedicarono la loro attenzione all'invocazione.

Avrebbero potuto eseguirla all'istante. Al la Triste ordinò che venisse fatto immediatamente. Temendo un possibile sbandamento, il resto dell'equipaggio si mise coraggiosamente in posizione, pronti ad affrontare qualsiasi evenienza.

Il tutto durò solo pochi minuti ma al Capitano dell' Arc-Kadia sembrò fosse interminabile; il rotolo si consumò lentamente e le sue ceneri vennero portate via dal vento.

Ognuno si guardò attorno per vedere cosa sarebbe successo, la tensione era palpabile. Il silenzio regnava sovrano, l'unico rumore presente era il soffuso suono dei motori della nave.

Poi d'un tratto la nave barcollò leggermente.

I pirati si affacciarono dalle balaustre e si ritirarono immediatamente quando videro una torre e tante abitazioni apparire dal nulla. L'Arc-Kadia era caduta su una città? No, era una piccola città che era appena apparsa ma la cosa più interessante era che sotto di essa vi era una creatura fatta di terra, roccia e lava.

"Artaban" mormorò Al la Triste

La giovane capitana urlò alcuni ordini e corse al timone per posizionare la nave davanti al volto della creatura. Il gigante fissò la nave, per lui molto piccola, poi fece scaturire una voce roca dalla bocca nascosta da radici.

"Chi è che mi ha chiamato?" disse lentamente

Al la Triste condusse la nave ancora più vicino agli occhi del gigante "Io sono Al la Triste, sono stata io a chiamarti"

"Cosa vuoi, Al la Triste?"

"Sto cercando il tesoro del capitano Hic, puoi condurci ad esso?"

Il gigante si voltò a destra, poi a sinistra ed infine si fermò in una direzione.

"Seguimi Al la Triste"

Il gigante cominciò a camminare, producendo enormi scosse ad ogni passo

Si procedette velocemente, Artaban attraversò un braccio di mare e si ritrovarono nel mezzo di alcune isole remote.

Il caldo era soffocante. Artaban si fermò sulla riva di una delle isole, sulla quale erano spiaggiate decine e decine di navi.

Il gigante indicò con un dito l'isola più grande dell'Arcipelago.

"Al la Triste, là troverai il tesoro nel Titano"

"Quindi il Titano è venuto a riposare qui? Cos'altro deve succederci?" pensò la Capitana

"Grazie Artaban" gli rispose

In risposta il gigante si inabissò facendo emergere dall'acqua solo la città che portava sulle spalle.

L'Arc-Kadia superò diverse isole e scese nel mezzo dell'arcipelago. Su una spiaggia di ciottoli vi era seduto un altro gigante, anche più particolare di Artaban.

I pirati si sporsero per vederlo meglio.

Ardranis, giovane elfine ed ex prigioniera non poteva credere ai suoi occhi; aveva sentito tante leggende su quell'essere. Corse dal Capitano

"Quello è il Gigante di Schiuma. Una creatura leggendaria. Siamo fortunati a vederlo"

"No, non è possibile"

Ardranis non capì la risposta, Al silenziosamente fissava con attenzione il gigante

"Quello che pensò è che...guardalo! Ha inglobato la nave che cerchiamo nel suo corpo, quello è il Titano"

Infatti coloro che conoscevano la più antica descrizione del titano puntarono il dito in direzione del gigante.

Significava che il tesoro era a portata di mano ma anche che prima di poter festeggiare la nuova ricchezza avrebbero dovuto affrontare un ostacolo significativo: Il Gigante di Schiuma.

Al la Triste avvicinò con cautela la nave, sperando che il Gigante non avrebbe reagito alla loro presenza. Sarebbe stato bello, troppo bello.

Il gigante infatti menò un possente fendente in direzione della nave e solo l'abilità della donna al timone poté evitare la catastrofe.

"Tutti ai posti di combattimento. Sparate e fate attenzione a non colpire il Titano" Al sentiva l'adrenalina pervaderla, da tempo lei ed il suo equipaggio non affrontavano un avversario del genere e non avrebbero avuto una seconda possibilità.

"Bragan"

"Che cosa c'è?" urlò di rimando il mago

"Vedi quello che puoi fare con le magie! Non so se saremo in grado di distruggerlo"

I proiettili volavano schiantandosi contro il gigante, ogni volta che quest'ultimo perdeva l'equilibrio subito si rimetteva in posizione. Il gigante, vedendo che la pioggia di proiettili andava aumentando, si alzò per difendersi al meglio dai suoi aggressori.

Non era molto veloce ma le sue enormi dimensioni gli consentivano approcci impensabili.

Afferrò dei ciottoli e li scagliò contro l'Arc-Kadia.

Normalmente per una nave che ne aveva passate di cotte e di crude non sarebbe stato niente di che ma la forza con cui questi sassi erano stati lanciati li rese proiettili devastanti.

Lo scafo venne crivellato e la polena esplose in mille pezzi.

Il gigante era pronto a lanciare altri sassi ma Al la Triste anticipò le intenzioni del titano e dopo aver fatto una manovra di accerchiamento fece sparare dozzine di proiettili grazie all'ingegnosità di Klemence. La giovane pirata era molto migliorata negli ultimi tempi.

I sassi lanciati dal gigante questa volta caddero in acqua senza mai sfiorare la nave. Al la Triste guidava la nave ad istinto, come le aveva insegnato il padre.

A poco a poco il rumore delle pistole smise di squarciare l'aria, i pirati erano a corto di fiato; alcuni erano stati feriti dalla mitragliata di sassi, altri semplicemente stanchi.

Bragan aveva pensato ad un modo per fermare il gigante e lo stava spiegando al Capitano.

"Dobbiam farlo cadere all'indietro arpionandogli le gambe, a quel punto lo immobilizzeremo. Questo incantesimo non durerà a lungo, quindi dobbiamo muoverci in fretta" spiegò

"Poukoooos, ci siamo! Arpiona il Gigante!"

Poukos afferrò immediatamente quello che aveva da fare, corse a prua a prendere il suo arpione, per fortuna era ancora intatto. Con un cenno comunicò al Capitano che era pronto ad agire.

Al la Triste costrinse la sua nave a fare una manovra difficile, il legname sembrava essere pronto a spezzarsi e in quel mentre Poukos sparò!

La punta trapassò la protezione di corallo della gamba del gigante, immediatamente l'Arc-Kadia fece un giro attorno alle gambe del gigante, poi un secondo e poi fino a quando non era rimasto un solo metro di corda sulla nave.

Armata pronta ad eseguire gli ordini del Capitano aveva sfoderato il suo nuovo giocattolo, il cannone "Fine del Cielo". Questo enorme tubo emetteva enormi nuvole di vapore ben poco rassicuranti. Armata prese la mira sull'addome del Gigante e tirò il grilletto. il cannone sibilò e poi fece esplodere il suo proiettile con un potente BOOOM.

Tutto successe in fretta, il proiettile centrò il gigante al petto facendo scaturire diverse esplosioni.

Il titano nulla poté e cadde a gambe all'aria.

Al la Triste stabilizzò la Arc-Kadia e passò il pallino delle operazioni a Bragan e agli altri pirati maghi; quest'ultimi crearono del ghiaccio con il quale immobilizzarono l'enorme avversario.

"Ben fatto" disse Bragan "io starò qui a mantenere compatto il ghiaccio"

"Eccellente, Briscar prendi il timone. Avviciniamoci a quella cosa, poi saliremo sul Titano"

A bordo la gioia era incontenibile.

"Ardranis , vieni con me"

Il Titano era in cattive condizioni.

Il legno era marcio e scricchiolava.

Ardranis non era molto convinta e pensava che la nave avrebbe potuto collassare da un momento all'altro. Non disturbò però il Capitano mentre ella ammirava quella nave, antica e fiera avversaria della Arc-Kadia.

Le due donne arrivarono in quella che avrebbe dovuto essere la cabina del Capitano Hic.

Vi erano varie cose rotte tra cui un vecchio scrigno di metallo arrugginito su cui Ardranis stava per poggiare la mano.

"Non toccarlo, c'è della magia all'opera" la ammonì Al

L'elfine si mise a cercare tracce di magia e trovò alcune vecchie chiavi metalliche , tra le quali una emanava tracce magiche.

Consegnò la chiave al Capitano e questa la infilò nella toppa riuscendo ad aprire la serratura. Il baule si aprì facendo fuoriuscire una tenue luce. Un forte rumore squarciò l'aria.

Ardranis si voltò per vedere cosa stesse accadendo ma non fece in tempo a vedere nulla che venne mandata a schiantare contro delle macerie.

La cosa che stava guardando ora Al la Triste assomigliava vagamente ad una creatura umanoide ma meccanica, con diverse parti mancanti tra cui un braccio.

Sebbene arrugginita la creatura si muoveva rapidamente. Fu uno scontro metallo contro metallo.

Al la Triste afferrò con la sua mano metallica il braccio del suo avversario e lo scagliò contro una parete. Sguainò la Pistolame e mirò a quella che sembrava essere una testa. Con un Piiing il proiettile rimbalzò e finì in una delle pareti di legno del Titano.

Il colpo di Al la Triste aveva sortito solo l'effetto di stordire la creatura.

"Torna sul fondo del mare, dannata creatura"

La creatura era stara creata per un unico scopo e avrebbe fatto di tutto per portarlo a termine.

Ardranis si era ripresa , era solo un po' stordita e analizzò la situazione: Al la Triste stava fronteggiando alla pari la creatura ma il tempo non era dalla loro.

Estrasse la spada e recitò un incantesimo che investì la creatura. Immediatamente colpì con un affondo facendo rabbrividire la creatura. Al la Triste approfittò della situazione e dopo aver buttato la creatura a terra ne recise la testa con un colpo solo.

Il mostro meccanico smise di muoversi.

"Ben fatto piccola mia."

Ardranis rispose con un sorriso timido, era sempre stata in soggezione nel confronti di una gran donna come il suo Capitano. Il Capitano tornò immediatamente alla ricerca del vero motivo per cui erano qui: il tesoro di Hic.

Nulla questa volta le impedì di aprire il forziere. Era ricolmo di monete, cristalli, gioielli e oggetti incredibili. Ma Al venne attirata da una cosa in particolare.

Una collana con un medaglione recante una pietra bluastra.

La afferrò con mani tremanti, la mise in tasca e si diresse verso la Arc-Kadia.

"Pensaci tu Ardranis, manderò Klemence a recuperare i resti del bottino. So quello che contiene e so quanto mi spetta"

Stranamente Al non aveva parlato con il suo solito tono.

"Dove sta andando?"

"A bordo"

Al sbatté la porta della sua cabina.

Il suo braccio meccanico le faceva male.

Andò ad una credenza e prese una bottiglia d'alcool, una di quelle per le occasioni speciali.

Si riempì il boccale.

Mentre beveva un sorso guardò la collana appena trovata.

"Padre, ti ho trovato"

Bevve in un sol fiato quello che conteneva il boccale, le lacrime solcavano il suo viso.

Si perse nei suoi ricordi, nei ricordi di di suo padre nello specifico. La sua morte, oramai avvenuta tanto tempo fa.

Il suo sogno ad occhi aperti venne infranto quando qualcuno bussò alla sua porta.

"Capitano, Capitano, vieni presto"

Si asciugò le lacrime e si alzò dolorosamente.

Ti Mousse dietro alla porta sembrava in preda al panico.

"Che c'è?"

"C'è qualcosa che devi vedere"

Al seguì Ti Mousse tra i corridoi, la nave aveva preso quota per sfuggire al Gigante di Schiuma.

Briscar si avvicinò e le consegnò un cannocchiale.

"Guarda la"

Anche Klemence grazie ai miglioramenti visivi di cui si era dotata poteva vedere con nitidezza ciò che stava avvenendo.

Una grande nave con vele nere si avvicinava velocemente. La guardò attentamente ma non riconosceva il Jolly Roger: una bandiera nera con una spirale rossa.

Ma aveva ben riconosciuto un altro simbolo, una mano scheletrica.

"Quindi capitano?"

"Problemi grossi in vista, quella è la Dark Lady Capitan Palpegeouse. Troppo veloce, non possiamo seminarla"

Al guardò il volto preoccupato di Briscar

"Non preoccuparti" gli disse indicando la collana "Mio padre ci protegge"

Briscar sorrise e guardò il resto dell'equipaggio

"Tutti pronti alla battaglia. Ognuno ai propri posti! Klemence prepara Ekrou. Armata voglio i cannoni pronti" Cazzate la randa!!!"

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