De Eredan.

Sommaire

Atto 5: La battaglia di Sol'ra


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1. Bramamir


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Capitolo 1 - Raduno

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"Un gioco da ragazzi" pensò Ti Mousse mentre la porta di una cassaforte nascosta dietro a un quadro si apriva in silenzio. Gettò un'occhiata all'interno dell'ufficio del Governatore delle Isole Bianche. Nessun rumore, nessun movimento, niente che potesse fargli pensare di essere stato scoperto.

Afferrò il suo zaino abbastanza pieno di oggetti fatti appositamente per la sua missione. Senza esaminare altro, svuotò il contenuto della cassa e lo riversò nel suo zaino senza lasciare neanche il più piccolo oggetto.Una volta fatto tutto ciò,chiuse la porta per poi riporre il quadro sul quale era dipinto il ritratto di una donna orribile e ritorsa che indossava un vestito troppo piccolo rispetto alla sua statura.

"Bene,ora usciamo di qui!"

Bramamir era la capitale delle Isole Bianche.La città,dalla fine della guerra di Nehant,aveva il nome dell'Antico Regno nel quale fu poi fondata la repubblica.Grazie ad un sistema ingegnoso,una moltitudine di isole volanti erano connesse alla gigantesca isola principale,essendo quest'ultima il polmone economico e sociale della città.Il governatore,il dirigente della repubblica,risiedeva in una delle ali dell'Antico Castello Reale che in parte fu distrutto durante la guerra. Ora le torri distrutte erano diventate dei giardini nei quali,al centro,era stato costruito un memoriale in Onore dell'ultimo Re di Bramamir.

In questo giorno uggioso,la milizia era minima.Quei pochi soldati in servizio se ne erano lavati le mani grazie a uno dei ministri che appoggiava i Pirati e quindi,grazie al ministro,erano andati per un ora in un altro luogo. Fu facile per Ti Mousse introdursi lì senza incontrare il benchè minimo ostacolo.

Qualche giorno prima,Al LaTriste e il suo equipaggio registrarono lo scontro dell'Ammiraglia e della Dama Nera dopo un combattimento agguerrito.Armata e Klemence esultarono nel poter recuperare diversi oggetti utili per i loro corrispettivi esperimenti

"Recuperiamo tutto quello che possiamo!Qualsiasi cosa troviamo!Voglio informazioni!" Gridò Al La Triste.

Nonostante gli ordini fossero imprecisi,l'idea di base era semplice:Scoprire il succo di tutta questa storia.Jon,sebbene incapace di mostrare la benchè minima emozione,almeno fisicamente,recuperò alcuni appunti sparsi tra i detriti dell'Ammiraglia,la Nave che ha servito scrupolosamente per molto tempo.Poi,alzando un tavolo ampio ed in parte calcinata,cacciò da un astuccio una pergamena fatta di pelle e sigillata con il sigillo dello scudo dell'armata del governo delle Isole Bianche.Con le sue dita di ossa si grattò quel poco di pelle che aveva sotto al cappello e poi lasciò cadere la pergamena prima di leggere le prime righe.In questo momento,se avesse avuto sopracciglia,le avrebbe innalzate in segno di sorpresa.

"Capitano!Deve leggere questo!" Disse indicando ciò che aveva trovato.

Al La Triste lesse la pergamena abbastanza rapidamente,indi la strinse con rabbia con la sua mano di ferro

"Merda!Scarto!Marinaio di mare!Come?!Andiamo a farglielo capire!" La giovane donna que superava tutti di gran lunga,si trovò di nuovo ad affrontare il suo destino,con la sua nave.E il suo destino non era lontano di lì.

"Occhio di Gemma,Jon,ci vediamo nella mia stanza tra un ora.Gli altri terminino pure la ricerca e prendano ciò che c'è da prendere."

Un ora dopo le tre persone più importanti dell'equipaggio erano riunite attorno alla tavola rotonda del Capitano.Al La Triste aveva posto sul tavolo oggetti diversi,la maggior parte trovati in quest'ultima ora.Occhio di Gemma esaminò alcune pergamene senza prestare molta attenzione,aspettando che il Capitano prenda la parola.In quanto a Jon,non mostrava nessun sentimento,come al solito.

"Bene,ho ricostruito la situazione ed ho scoperto che il nostro amico Akeyros ha autorizato una parte della flotta che acompagnava il disgustoso Palpegeuse.A parer mio avremo più visite e quindi dobbiamo fermare tutto ciò e fare chiarezza.

"Akeyros il governatore?" Chiese Occhio di Gemma.

"Proprio lui!" Rispose il Capitano con aria delusa " E questo nonostante il trattato tra noi e lui!" Aggiunse Al piantando una daga in un simbolo nehantista disegnato su di un foglio.

"Non vi hanno mentito.Il governatore lavorava segretamente all'imminente eliminazione del suo problema più spinoso...noi,i pirati!Tempo,purtroppo,che per farlo si sia alleato con la marmaglia nehantista" Replicò Jon

"Ed ora che facciamo?" Chiese Occhio di Gemma "Abbiamo un patto col governo!" aggiunse.

"Ed allora andiamo a "rinegoziare"!" rispose ironicamente Al La Triste.

"Qual'è il suo piano Capitano?" Chiese Occhio di Gemma.

"Cominciamo a far capire al governatore la stupidità della sua missione.E che non c'è nessun pirata..." In quel momento qualcuno bussò energicamente alla porta della stanza.

"Capitano!Deve venire al ponte!"Disse Briscar.

"Che succede?!" Rispose nervosa Al aprendo la porta.

"Beh...credo che deve vedere la nostra vittoria contro Palpegeuse cosa ha innescato.Venga a vedere!"

Effettivamente il cimitero pirata era più animato di poco fa.Le Navi pirata giungevano l' una dopo l'altra.Piccole,grandi in buono stato o no.Le Navi volanti si sistemavano a malapena per evitare di schiantarsi tra loro. I membri dell'equipaggio dell' Ark-Adia erano stupiti dallo spettacolo,puntavano con le dita le Navi dando ad esse il nome del rispettivo Capitano.Al La Triste era l'unica che non era contenta di questa "riunione"improvvisata.

"Pazzi!Siamo vulnerabili qui!Dobbiamo Nasconderci!

Grazieadun sistema astuto di codici,il messaggio fu trasmesso a tutti i Pirati: Dobbiamo uscire di qui e riunirci il più lontano possibile.Questoera il messaggio ed era chiaro,visto che il governo,probabilmente,eramolto vicino alla posizione geografica di quel luogo sacro.Attraccarono sulla Isola dei Tre Venti,conosciuta per essere un luogo dove i venti si alternavano,ed erano molto pericolosi in caso diuna eventuale battaglia.Queste isole non avevano mai conosciuto un attracco così importante.L'Isola tremò quando lenavi,o,perlo meno,quelle chepotevano farlo,atterravano non lontane dall'unica capanna checi fosse lì,la locanda del Pesce Vento.Il suo gestore,un uomo terribilmente stressato e con una vita complicata,spalancò la mandibola quando vide tutta quella affluenza.Indi,vide solo una possibilità di salvezza.Aprì fortemente le porte del suo bar facendo suonare uno stato di guerra mentre il suo piccolo,diciamo così "esercito", composto da sua moglie al servizio e sua figlia alla cucina,cominciavano a lavorare.Rapidamente tutti i tavolo erano apparecchiati per i Capitani Pirata e alcuni dei loro uomini.L'atmosfera divenne subito caotica fino al momento in cui Al La Triste si alzò per parlare e spiegare a tutti gli avvenimenti recenti.

Souchi era la figlia del gestore,con la testa riempita di leggende sui Pirati,aveva visto arrivarelì da lei il suo più grande idolo...Al LaTriste!La più celebre dei Capitani Pirata era lì a pochi passi da lei,riconoscibile dalla sua capigliatura rossa,la sua altezza ed il suo braccio meccanico.Le grandi specialità culinarie della zona erano diverse a partire dal pesce del lago salato,il resto di un antico mare che occupava la maggior parte dell'isola. Fortunatamente per lei la cucina non era separata dalla sala dove si trovavano tavoli e sedie.

Souchi prese il suo coltello e cominciò a preparare le ordinazioni che arrivavano velocemente.Nel frattempo che Al La Triste spiegava il suo piano,la giovane cuoca osservò due pirati non lontani da lei.In questo luogo erapieno di pirati,non ci sarebbe stato nulla di strano,se non fosse che i due avevano un'aria bizzarra...più miserabile degli altri e parlavano tra loro nelle orecchie. Perchè dubitò di loro?Perchè erano vestiti con stracci ed erano rasati perfettamente,cosa molto rara tra i Pirati,e soprattutto le loro spade,così come le fondine...erano simili a quelli del governo!Non importava nulla,quei due stavano spiando...e lo facevano bene!

Ma ora torniamo a Ti Mousse,che qualche giorno dopo continuava il piano della sua amata "Capitana".In verità si chiedeva come mai lui e Souchi erano stati i fortunati prescelti di questa missione che si poteva qualificare facilmente come "suicida".Ascoltando dall'interno dell'appartamento del governatorenon udì nulla nel corridoio e si precipitò a uscire. Nonostante i suoi stivali di pelle cigolanti e il suono di tutti gli oggetti nello zaino,era quasi riuscito ad uscire dal Castello...quasi,perchè per sua sfortuna una guardia,probabilmente più ligio degli altri ,vide lo sfortunato Pirata che dall'aspetto era chiaramente un ladro. Indi cominciò un inseguimento sfrenato attraverso l'abitazione.

"Piano B!Piano B!" Pensò il giovane Pirata dirigendosi nelladirezione esattamente opposta all'entrata dell'edificio principale.

All'esterno Souchi che vigilava nei dintorni,vide la scena e decise di correre velocemente verso le ampie finestre del piano terra.

"Aveva ragione!Piano B!" Pensò e corse per tutto l'edifico fino a trovarsi alle spalle di esso.

All'interno Ti Mousse prese dallo zaino una strana maschera e la indossò,indi prese una piccola bottiglia che conteneva un liquido verdognolo.Con un movimento rapido mise la bottiglia sul suolo dinnanzi a lui.Immediatamente la sostanza liquida verde si trasformò in un gas opaco e terribilmente nauseante.Le guardie ormai accorse non potettero scappare dall'olezzo nauseabondo e cominciarono a vomitare,smettendo immediatamente l'inseguimento di Ti Mousse.Quest'ultimo potete così,grazie al funzionamento del piano,salvare il bottino.Ruppe il finestrone alla fine del corridoio non per salvarsi,poichè al di sotto c'era uno strapiombo,ma per lanciare lo zaino a Souchi che lo aspettava lì giù.

"Riuscirai ad uscire di lì?"Chiese con preoccupazione questo nuovo membro dell'equipaggio di Al La Triste.

"Si!Va via!L'allarme è stato dato,ci vedremo nel punto di ritrovo come era previsto!"Disse Ti Mousse lasciando il suo zaino prima di ritornare nei corridoi del Castello del governo.

Souchi lasciò il luogo immediatamente,proseguendo per il tragitto che le era stato prefissato: Il primo albero a sinistra,continuare per la strada di pietra in fondo al giardino,indi saltare i piccoli cespugli e alla fine passare attraverso la porta della muraglia aperta preventivamente grazie all'attenzione dei Pirati.Infine,e questo fu molto facile,uscire da Bramamir senza fermarsi e arrivare al punto di ritrovo.Lì aspettò per ben un ora prima dell'arrivo del suo complice,estenuato e soprattutto ferito.

"Come va?" Chiesela sua compagna di missione.

"Sto bene,mi hanno visto ed ora,all'improvviso, ho una taglia sulla mia testa...però,a parte questo...bene!Comunque sta facendo buio,andiamo a trovare l'Arc-Kadia!

Qualche giorno prima,Souchi aveva appena preparato una buona decina di piatti quando entrambi i complici dell'armata del governo decisero di entrare in azione.Uno di loro afferrò un fucile posto al suo fianco e si lasciò scivolare sul tavolo al fine di posizionarsi il meglio possibile per sparare ad Al La Triste.Vedendo questo,Souchi prese il suo enorme coltello,e saltò sul suo tavoloda lavoro prima di saltare sul tiratore.La lama si piantò tra i due avambracci del tiratore e si conficcò nel legno,crocifiggendo lo sfortunato colpendo anch'esso.L'altro pirata falso cercò di scappare,ma per sua disgrazia si buttò in un vicolo cieco di fronte a varie decine di Pirati più pericolosi.In meno di quanto un gallo canti si trovarono circondati,picchiati,morsi e colpiti un poco...tanto!

"Portatemi questi ratti nella cantina della mia barca!"Ordinò Al La Triste furiosa del fatto che avevano tentato di ucciderla.

A causa di questo incidente lariunione fu rinviata,ma le prime decisioni furono prese...e presto si sentirà la polvere da sparo!Grazie al suo intervento incredibile e repentino il Capitanodell'Arc-Kadia propose a Souchi di unirsi al suo equipaggio.Nonostante le opposizioni del padre la giovane donna prese il suo zaino,i suoi utensili da cucina e lasciò il "bozzolo" familiare.La stessa sera Souchi e Ti Mousse furono convocati negli appartamenti del Capitano Al La Triste.Quest'ultima visibilmente ubriaca gli propose di unirsi alla piccola festa...anche se di fatto non ce n'era realmente una...

"Miei piccoli marinai!Ho una missione per voi!!Qualcosa di pericoloso ma certamente utile per noi!!"Disse Al spezzettando la frase in sorsi della sua bevanda alcolica."Dobbiamo prendere il trattato di paaaaace...tra noi...e il gove...gove...governo....mettiamogli la bottigliaprofondamente nel...nel...nel..." Ma non finì la sua frase.

"Noi?"

"Beh,si!Tu Ti Mousse,perchè è giunto il momento che ti renda utile e tu Poupi,perchè sei nuova e puoi occupare il posto di cuoca ma te lod evi meritare!

"Souchi,no Poupi..."sottolineò la cuoca.

"E'lo stesso!Andatevi a preparare!Incontrate Briscar per fare un piano e tutto il resto!

1. Nehant


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Capitolo 1- Rompere la Prima Catena

“Sarai anche riuscito ad intrappolarmi ma mi troveranno. Ti prometto, Eredan, che il tempo passerà ed un giorno i miei seguaci mi troveranno. Il mio odio devasterà ancora il mondo e ridurrò tutti in miei schiavi”

Il cristallo limpido come l'acqua, fluttuava sopra al terreno. Enormi catene si avvilupparono attorno ad esso per imprigionarlo.

Eredan, ora faccia a faccia con il suo avversario, aveva riportato una grande vittoria assieme agli Eroi ed aveva posto fine alla guerra di Nehant. Il guardiano di Guem indossava un grande cappotto con cappuccio, il quale gli celava interamente il volto.

“Pensi veramente che voglia lasciare questo posto privo di protezioni? Ho imparato tantissimo durante gli anni di lotta contro di te. Conosco i tuoi poteri e farò in modo che nessuno possa mai trovarti”

In quel mentre una leggera nebbia si alzò. Prima era leggera, poi divenne come un oscuro manto che celava alla vista qualsiasi cosa. L'intera area attorno alla prigione di Nehant ne venne avvolta.

“Coloro che ti cercheranno, finiranno dalla parte opposta del mondo. Ora è tempo di ricnhiuderti per sempre”

Un bastone grande quanto lui, gli comparve in mano. Diverse piccole gemme, vorticavano attorno al manico azzurro.

“Il potere dei figli di Guem è mio. Il mio nemico è stato sconfitto. Sigillo questa prigione per non far fuoriuscire i suoi poteri. Questa è la mia volontà, io Eredan, Guardiano di Guem”

“Cosa...NOOOOOOOO”

Eredan batté con forza il bastone per terra e rinchiuse Nehant in una prigione spazio-temporale. Il guardiano si sedette su di una roccia non molto lontana e pensò a ciò che avrebbe dovuto fare.

Aveva fatto tutto il possibile per il popolo di Guem ma ora un nuovo pericolo aveva catturato la sua attenzione.

“Addio Nehant, probabilmente non ci vedremo più”

Eredan attraversò la nebbia, si diresse verso un passaggio che lo conducesse lontano, ai Confini.


Da allora la nebbia dei Confini era diminuita e così si erano potute seguire tracce per arrivare alla prigione di Nehant. Fu così che giunsero Amidaraxar e il suo gruppo. La corruzione di Nehant aveva modificato pesantemente il paesaggio. Tutto era divenuto desertico e devastato. Schiere di demoni pattugliavano le vicinanze per impedire a chiunque di curiosare o intervenire. Amidaraxar, primo luogotenente, era intento a scagliare potenti incantesimi. Il cristallo che fungeva da gabbia recava ora simboli nehantici e aveva riflessi neri. Ogni incantesimo che si lanciava contro la roccia era mortale e antico.

“È quasi tutto pronto, mio signore.” disse continuando le incisioni “Dovrò attingere al tuo potere per completare il rituale”

Giunse la sera. Amidaraxar aveva finalmente completato il suo impressionante lavoro. Sotto al cristallo era stato tracciato un enorme simbolo nehantico, il quale era composto da migliaia di altri simboli. Ogni simbolo aveva la peculiarità di averne davanti uno uguale, in senso contrario e opposto. Come uno specchio.

Era la base di un rituale che avrebbe iniziato a breve.

Azaram, precedentemente chiamato Maschera di Ferro, era pronto da giorni. Suo padre, lo aveva informato che il loro padrone voleva fargli un dono, un dono di inestimabile valore. Dopo sarebbe cambiato tutto per lui. Non aveva alcun motivo per rifiutare ed ora si preparava ad affrontare il rito che lo avrebbe traghettato verso un nuovo livello.

Ora era nudo come un verme, la pelle sferzata dal vento. Estromise i pensieri sul vento e si concentrò sull'essenziale. Si mise al centro del simbolo capovolto.

“Inginocchiati e prostrati davanti a Nehant” ordinò Amidaraxar

Obbedì senza fiatare. I palmi delle sue mani poggiati a terra.

“Azaram...”

Il giovane uomo, almeno in apparenza, vide colui che aveva servito per molti anni. Era lì, davanti a lui, al centro del simbolo opposto al quale lui si trovava. Non si poteva vedere il volto perché era celato. Nonostante l'aspetto delicato, Azaram percepì l'enorme potere, incommensurabile. Schiacciato dalla potenza di questa apparizione, si inginocchiò con forza e sussurrò “sì”

“Mi hai servito con dedizione, sei il primo ad avermi trovato, il primo ad aver scoperto la via d'accesso al labirinto nella nebbia”

In quel mentre Amidaraxar iniziò il rito. La magia prese forma di un alone rosso scuro. Mise le mani verso il simbolo in cui si trovava il figlio. Lentamente l'iscrizione cominciò a brillare, come se la magia si stesse diffondendo.

“Azaram, dentro di te, è celato il potere di colui che guiderà le mie Legioni dai Meandri. Dalla tua anima nera sorgerà un demone capace di brandire la spada con cui scacciare gli stolti che si frapporranno a noi. Azaram vuoi servirmi per l'eternità?”

Aveva una scelta? Non proprio. Nehant gli aveva fatto una domanda ma il rito era già in atto. Azaram non poteva far altro che accettare ma in fondo la paura che provava dentro di se gli ricordò che era umano.

“Quello che hai, è un enorme onore” commentò Amidaraxar

Colui che partecipava al rituale all'infuori dei simboli, conosceva Nehant. Conosceva anche il rituale, perché lo aveva già preparato una volta; questa volta però provava un certo orgoglio per il figlio; il figlio che lo aveva liberato dalla sua prigione d ghiaccio e che aveva fatto in modo che tutto iniziasse.

Il terreno, sotto ad Azaram, si aprì inghiottendolo.

L'impressione fu che la caduta stesse durando all'infinito. Conosceva quel luogo e sapeva dove stava andando. Urtò il terreno, rompendosi due costole. Scosse la testa e si alzò. Il rumore era assordante, come se ci fosse un insieme di voci gutturali.

Intorno a lui, infatti, c'erano centinaia di demoni. Poi un demone dall'aspetto più delicato, ma anche più maestoso degli altri, si avvicinò. Aveva una spada in mano. Si piazzò davanti ad Azaram, mentre i ranghi si chiudevano nuovamente. Era una sorta di test? Cosa avrebbe dovuto fare? Prendere la spada e combattere?

No, un altro pensiero gli venne in mente. Afferrò la lama della spada con la mana sinistra, facendo sgorgare copioso il sangue. I demoni ruggirono ed urlarono con forza.

Azaram rimase in ginocchio, guardando la vita scivolargli via. L'odore attirò frotte di piccoli Tirapiedi Demoniaci. Senza attendere oltre, incominciarono a mordere e strappare la carne viva di Azaram. Ogni boccone era un tormento, la sua carne era divorata, la sua vita lo stava abbandonando...

Quando i Tirapiedi terminarono, non rimaneva molto di lui. Respirava ancora ma flebilmente. Il demone che imbracciava la spada, si avvicinò nuovamente.

“Hai fatto la cosa giusta, accetto il tuo sacrificio”

Il nehantista non sapeva se stesse avendo delle allucinazioni o meno ma per un attimo vide il demone assomigliare a qualcuno già visto in precedenza.

“Io sarò te e tu sarai me per l'eternità” disse il demone piantandogli la spada nel petto.

Il colpo pose fine alla sua vita.


Amidaraxar continuava le sue invocazioni, mentre attento osservava la scena. Azaram non si mosse per molto tempo, la sua anima era lontana, nei Meandri.


“Rivelati Signore Demone Azaram” disse Nehant

Il giovane uomo riapparve, con molta difficoltà. Si guardò le mani umane, si tastò il viso e cominciò a ridere. Si sentiva diverso, non era più come prima. Certo, possedeva ancora i ricordi della sua vita precedente ma non era più un mago e nehantista bensì un Signore Demone, comandante delle legioni di mirabolanti guerrieri.

Amidaraxar infranse gli incantesimi. I simboli di Nehant scomparvero e l'immagine di Nehant, che aveva visto prima Azaram, scomparve a sua volta.

Schiavi umani portarono vestiti per il giovane uomo nudo. Amidaraxar non potette far a meno di notare che il figlio era diverso fisicamente e anche il volto era mutato.

“Cosa stai cercando padre?” disse Azaram, avendo notato di essere squadrato “Vedo che dietro alla tua maschera, i tuoi occhi indugiano su di me”

“Che effetto fa?” chiese il luogotenente di Nehant

“Essere un demone? Mi sento di poter spostare le montagne, sento che nulla può fermarmi. Sento una forza incredibile dentro di me” rispose mentre finiva di vestirsi

“Ora possiamo passare alla fase successiva” disse Amidaraxar

“Che sarebbe?”

“Far uscire Nehant dalla sua prigione”

“Mi sta bene...ma come?”

“Dovremo rompere le catene che lo incarcerano. Per la prima ho bisogno di te”

“Non devi far altro che dirmi cosa fare”

“Eseguire un rituale, quello per donare a Fornace abbastanza potere per rompere la prima catena”

Azaram serrò le labbra, lasciando che fosse il Signor Demone dentro di lui a parlare. Dare potere ad un demone era cosa difficile per via della loro natura instabile. Il fallimento avrebbe dato luogo a molti problemi. La furia di un demone poteva rivoltarsi contro chi lo aveva potenziato. Grazie ai suoi nuovi poteri sapeva quali demoni ci fossero nei Meandri e in tutta Guem.

“Fornace eseguirà il rituale, è uno tra i demoni più potenti”

“Per questo ho pensato a lui. Conto su di te per questo.”

Azaram ridacchiò, come a dire che non c'era alcun problema.

“vuoi che faccia io l'invocazione?”

“Sì, lascio fare a te. Io vado a preparare la catena, in modo che tutto sia perfetto”

Azaram teneva il libro scritto da Nehant in persona. Colui che lo possedeva poteva aprire un collegamento fino ai Meandri per ottenere il favore di un demone. Dall'imprigionamento di Nehant, il libro era passato di mano in mano, come un giocattolo con dei bambini. Per fortuna, ora era nelle sue mani.

Scorse le pagine ed incominciò il rituale di Fornace.

Ogni parola perfettamente pronunciata nella lingua dei demoni, veniva pronunciata verso uno schiavo soggiogato dal potere di Nehant. Lo schiavo neppure sapeva che stava andando incontro ad una morte orribile.

Come la prima volta, quando fronteggiò l'elfo Nibelle, finì l'invocazione sbattendo il libro.

Lo schiavo divenne Fornace. Un demone veramente colossale, due-tre volte più grande di Azaram.

“Sono Fornace!!!!! Chi osa invocare il Signore Demone delle Fiamme?”

“Ancora io” rispose il suo invocatore

Furioso il demone stava per colpire l'invocatore, quando si accorse chi fosse colui che lo aveva invocato. Inaspettatamente si inginocchiò. Attorno a lui decine di Tirapiedi urlavano, litigavano, sbraitavano.

“Signore Demone, sono al tuo servizio”

“Bene bene, stavo per rimandarti indietro. Seguimi, abbiamo un lavoro da fare”

Azaram condusse Fornace davanti ad una delle catene che incarceravano il cristallo in cui era rinchiuso Nehant. Intorno a loro c'erano inginocchiati il Decaduto, Mortelame, incarnatasi nel corpo di una schiava e Calice.

“Ho già provato a rompere una di queste catene” disse Fornace con fare irritato

“Sì ma questa volta non sarai da solo” squillò una voce femminile

Ombrosa serpeggiò attorno a loro, fissando i demoni, uno dopo l'altro.

“Non deludeteci, fate del vostro meglio e sarete ricompensati come si deve”

“Nessuno deluderà la Dama di Nehant perché non abbiamo diritto alcuno di sbagliare” insistette Amidaraxar “Ora iniziate”

Azaram sguainò la sua lama nera e si diresse verso gli schavi, i quali protendevano, con fare estatico, le braccia verso il Signore Demone.

“Tu, tu e tu” disse indicando alcuni di loro

I servi saltellarono verso Fornace, come avessero vinto un favoloso premio.

Amidaraxar prese il primo, il quale urlò con forza, e lo uccise immediatamente. Tutta la sua energia fluì in Fornace. E così via per gli altri servi. Formace urlò ogni volta che veniva alimentato.

Poi fu il turno del Decaduto ma questa volta Amidaraxar non lo uccise. Prese solamente gran parte della sua energia.

Questa volta Fornace gemette pesantemente. Il calore divenne insopportabile. Sentendosi pronto afferrò con forza gli anelli e tirò con tutta la sua forza.

Gli anelli scricchiolarono ma la catena resisteva ancora. Il demone divenne furioso.

Poi fu il turno di Calice. La lama si lamentò quando Amidaraxar prese una parte della sua anima.

Quando l'energia di Calice entrò in Fornace, il demone delle fiamme, stava per diventare incontrollabile. Era talmente furioso che dovette intervenire Azaram.

“Mantieni la tua rabbia focalizzata sul nostro obbiettivo. Rompere la catena”

Fornace stentava a moderarsi ma la presenza di Azaram bastò a mettere le cose a posto. La catena non si era ancora rotta ma non avrebbe potuto resistergli a lungo.

“Raaaaaaah, spezzati” gridò con la sua voce potente

Amidaraxar si avvicinò a Mortelame, la quale lo accolse a braccia conserte, in segno di sottomisione. Lui la afferrò per la gola e le succhiò l'energia demoniaca. Caricò tutta l'energia in un solo colpo, con il quale rinvigorì Fornace, pur rischiando di andare a fuoco.

“Prendi questa” disse riversando tutta l'energia demoniaca

La rabbia eruppe. Fornace urlò, tremando, come fosse in overdose. Per sua natura non poteva essere consumato dall'energia magica ma la rabbia che provava faceva più paura. Azaram mantenne il contatto mentale per controllare il demone.

Questa volta, indebolito dall'incredibile presa, il metallo si infranse in decine di pezzi.

Così si ruppe la prima catena del carcere di Nehant.


Capitolo 2- Rompere la Seconda Catena


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L'ombra scura di Nehant prese forma come un fantasma, rivelandosi cioè in parte a chi dimorava in questa parte di mondo. Amidaraxar urlava i suoi ordini come un cane che abbaia ad un gruppo di gatti, solo che questi non erano felini e i loro artigli erano ben nascosti, mentre eseguivano gli ordini.

La prima catena era stata infranta sotto all'incredibile forza di Fornace. Le piastre di metallo che la componevano era riversi al suolo. I seguaci del Signore Oscuro erano impegnati nel rompere le altre; gli schiavi lavoravano senza sosta proprio per questo obbiettivo. Questa volta il potere dei demoni non sarebbe servito a nulla, ci avevano provato ma senza alcun risultato. Anche 80 anni dopo, la magia di Eredan, dimostrava di essere senza rivali. Amidaraxar era furioso per la mancanza di risultati. Stava analizzando una ad una le tre catene rimanenti, in modo da capire quale delle tre avrebbe incorso nella sua furia. Ma i loro segreti erano ben nascosti, impenetrabili....

“Abbi pazienza...Sono anni che tento di liberarmi” disse Nehant con voce tetra e monotona

“Lo so, Mio Signore, ma in questo momento gli occhi del mondo sono puntati lontano. Dobbiamo capire i segreti di queste catene ed in fretta” rispose Amidaraxar non dissimulando il suo desiderio

“Ricordo bene quel giorno in cui Eredan e i suoi alleati mi bloccarono. Anche io posso aiutarti a svolgere un rituale per rompere le catene. Sarò io colui che ti donerà il potere di elevarti nuovamente. Preparati”

Amidaraxar si allontanò, pensando a quanto sarebbe successo. Nehant chiamò a se Azaram per una missione molto speciale.

“Sì, mio Signore? Posso fare qualche cosa per te?”

“Riusciremo a rompere la seconda catena. Ho ottenuto la maggior parte dei miei poteri ma non potrò prendere forma corporea fin quando ci sarà anche una sola catena. Devi trovare i tre frammenti dell'Onyrim.”

“L'Onyrim?”

“L'antica corona del re di una piccola civiltà, in cui ho vissuto a lungo. Quei tre frammenti sono nella mani dei Draconiani ma non ne conoscono il vero potere. Grazie a ciò sarà più facile il nostro compito”

“Potrebbe essere difficile da recuperare. Secondo i nostri informatori, Dragone, ha sigillato i confini del suo territorio con la magia” disse Azaram un po' seccato

“Pensi che questo mi possa fermare?” domandò Nehant con voce carica di rimprovero “Ho molti uomini sparsi per il mondo. Come Signore Demone voglio che tu svegli i tre Tormentatori, i quali sono da qualche parte nella Draconia”

Azaram non sentiva parlare di quei demoni da molto tempo, pensava fossero morti.

“Sarà fatto come desideri”

“Non potrebbe essere altrimenti”


Azaram attraversò la nebbia dei Confini con determinazione. Ovunque fossero i Tormentatori avrebbero percepito il suo appello e si sarebbero mossi per rendere possibile il volere di Nehant.

Una volta giunto dall'altro lato della nebbia, vide la barriera magica di Dragone.

Il Signore Demone si fermò e diede inizio ad una cantilena, con quale chiese a Nehant di ottenere abbastanza forza per compiere la sua missione. Dopo un po' di tempo la terra si lacerò, rivelando una forte luce rossa. Un paio di mani sgusciarono dal basso. Una creatura demoniaca dall'aspetto deformato, uscì dal buco con difficoltà. Riconoscendo il suo superiore s'inchinò, come segno di assoluta sottomissione.

“Ai vostrrrrri orrrrdini Signorrrrre” soffiò il demone appena uscito dai Meandri

“Lo sapevi che i Tormentatori esistono ancora, eh feccia?” urlò Azaram

Il demone pareva imbarazzato, si strofinò le mani, non osando incrociare lo sguardo con il suo padrone. Il suo silenzio fu eloquente.

“Perché non mi è stato detto? Non dovresti essere il mio braccio destro, messaggero dei Meandri?”

Il servo cominciò a dimenarsi e contorcersi.

“Non è colpa mia, errrrra un orrrrdine di Nehant. Mi aveva orrrrdinato di non parrrlarrne. Solo in caso di necessità lo avrrrrebbe rrrivelato lui”

Azaram che stava per colpire il servo, cambiò idea. Se aveva agito per ordine di Nehant, e non lo metteva in dubbio, non doveva punirlo.

“Invia un messaggio ai Tormentatori. Ordina loro di aprire gli occhi e di compiere la volontà di Nehant”

“Bene, orrrra vado...”

“Non dovrai farti vedere o sentire”

Il servo si rituffò nel buco nel terreno, il quale si serrò un attimo dopo. Azaram guardò in direzione della Draconia. Trovava difficile che i Tormentatori sarebbero stati utili senza un venerabile Nehantista o un Signore Demone a cui appoggiarsi. Sperava che tutto andasse bene, in modo che lui non dovesse passare il resto dei suoi giorni a cercare di oltrepassare quella barriera magica. La liberazione di Nehant ora dipendeva dai tre demoni. Da un'ora, Amidaraxar, attendeva di spaccare il mondo. Seduto su di una alta roccia, si preparava a ricevere un notevole potere magico. Mentalmente, faceva ordine tra pensieri e conoscenze.

Molto tempo addietro fu il primo ad unirsi alla causa di Nehant, quando si accorse dell'enorme potenziale di questo maestro di magia, di questo figlio di Guem. Lui stesso era un mago famoso prima di cambiare identità. Era nato con il dono di comprendere la magia in tutte le sue forme; per lui, il nehantismo, non era altro che una magia che permetteva di manipolare le altre forme di magia, la giudicava vicina all'essenza di Guem.

Erano ricordi di molto tempo addietro. Scosse la testa perché il passato poco importava, ora esisteva solo il futuro. Questa volta non ci sarebbe stato nessun Eredan a salvare questo mondo, ne alcun carcere nel ghiaccio. Questo mondo non sarebbe sopravvissuto a lungo sotto alle legioni di demoni ed alla magia di Nehant.

Era pronto, avrebbe ridotto la catena in ceneri fumanti. Avanzò verso il suo obbiettivo. Un'aura rossa si manifestò attorno a lui, segno che il rituale era già incominciato. Nella sua testa sentiva le parole di Nehant. In lui soffiava forte la magia di Nehant.

Canalizzò la magia sulla catena. Il nehantista emanò magia, in una quantità assurda, possibile solo ai maghi più potenti del mondo. Non avrebbe potuto farcela da solo ma Nehant era lì con lui. Lo irrorava con la sua magia, in quantità incredibili ed eppure ciò era solo una minima parte della sua potenza.

Tutti gli altri demoni e nehantisti si fermarono a guardare il luogotenente di Nehant. Gli spettatori non rimasero delusi. Simboli magici apparvero a formare il simbolo di Nehant. Una volta completato, Amidaraxar si posizionò al suo interno e canalizzò i simboli per formare una sorta di tentacolo che si avviluppò alla catena.

Il mago percepì la forza della magia che conteneva la prigione di Nehant ma non arretrò. Ora che era connesso alla catena, capì perché Nehant gli aveva chiesto di essere proprio lui ad affrontare il problema. La catena era protetta da un miscuglio di incantesimi: acqua, aria, fuoco, terra ma anche quella gentile della luce e perfino quella draconica. Ognuna di essere aveva una funzione. La terra dava forza, l'aria nascondeva altre magie, quella della luce proteggeva da ogni sorta di Ombra, anche quella di Nehant. Doveva corromperne una per una. Non si mosse.

Il sudore scorreva sotto alla sua maschera. Contro la creatura di Eredan stava lottando assieme a Nehant. La catena divenne nient'altro che metallo inerte.

Con un gesto secco, il mago chiuse il pugno, dando così il segnale di finire il lavoro. Le maglie della catena andarono in frantumi. Nehant apparve davanti ad Amidaraxar. Tutti si prostrarono davanti a lui.

“È bello essere nuovamente capace di respirare l'aria di Guem. Ora sarà più difficile però. Rompendo questa catena abbiamo fatto sapere a Dragone che il mio ritorno non è impossibile.”

“Fammi richiamare le Legioni” disse Amidaraxar con voce debole

“Quello sarà il passo successivo ma prima ho bisogno del primo Onyrim”

Così si ruppe la seconda catena del carcere di Nehant.


Il messaggero demoniaco apparve nella Draconia; in un piccolo villaggio di poche case. Inosservato attraverso diverse strade prima di entrare in una casa, da una finestra aperta. Entrò in una stanza dove un ragazzo stava dormendo. Aveva un sonno turbato.

“Svegliati Tormentatore, è giunto il momento di servire il tuo padrone” sussurrò all'orecchio del ragazzo “Tu sei Incubo, ed inubi farai vivere ai tuoi nemici. Svegliati demone di Nehant.” aggiunse prima di andarsene

Al mattino, quando il ragazzo si alzò, sentì gli ordini di Nehant e si mise alla ricerca del primo frammento dell'Onyrim. Il messaggero doveva visitare Pena e Sofferenza, gli altri due Tormentatori, in modo che anche loro cercassero la loro parte di tesoro.

Capitolo 3- Rompere la Terza Catena


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I profumi delle spezie fluttuavano per le strade, inebriando i nasi degli abitanti e dei viaggiatori. La città fortezza di Karreg era un importante crocevia della Draconia, essendo un passaggio obbligato per molti mercanti.

La città in se non era nulla di indimenticabile. Aveva poche centinaia di abitanti, molte case a più piani che si affacciavano su di una piazza che faceva da ingresso alla fortezza. La storia aveva, fin ad ora, risparmiato Karreg ma pace e tranquillità erano solamente un illusione.

Di notte, nelle osterie e nei dormitori, si spacciavano tesori esotici. Era un favoloso parco giochi per i tre Tormentatori, demoni avidi, che divoravano la mente delle loro vittime. Fuori, nelle strade, pochi ubriaconi molesti, giravano per la piazza sotto al vigile sguardo del signore dragone di Karreg.

Incubo, Pena e Sofferenza erano stati attirati come mosche dal miele. In quel luogo c'era un frammento dell'Onyrim. Due di essi erano già in loro possesso, ne mancava solo uno.

Incubo, leggero come stoffa mossa dal vento, si muoveva nelle camere da letto.

La porta non fece il minimo rumore, appena un leggero “clack” quando la maniglia venne richiusa. La camera era modesta ma ordinata. Il demone camminava quasi senza calpestare il pavimento. Una luce si accese. Non una luce da lampada ma una leggera luce violetta, creata dall'occupante della stanza.

“Le cose buone avvengono solo per chi sa aspettare” disse prendendo alcune fiammelle

La luce illuminò brevemente il viso nascosto di questo strano personaggio, vestito in maniera ancora più strana. Il demone non poté fare nulla, non riusciva nemmeno a muoversi, come se fosse bloccato da un muro invisibile.

“Che significa. Chi sei tu?” ringhiò

“Sono Ciramor, erede di Eredan. E tu sei il demone chiamato Incubo. Sono venuto a proporti uno scambio, il tuo padrone non potrà rifiutare. Fai venire anche gli altri Tormentatori , non c'è bisogno che facciano il lavoro sporco. Oh sì, il frammento do Onyrim che ti manca è qui al sicuro, non c'è bisogno che lo cerchi, non lo troveresti”

Incubo, perennemente in contatto con Pena e Sofferenza, li avvertì della situazione. Il gruppo si riunì nella stanza, che ora conteneva quattro persone. Gli altri due demoni, dall'aspetto di due donne, rimasero indietro, in modo da non farsi intrappolare dalla magia di Ciramor. I tre Tormentatori stavano discutendo mentalmente su cosa fare.

Ciramor, seduto sul letto, intercettò gli scambi mentali dei demoni, senza farsi scoprire.

“Dobbiamo reagire” disse Pena

“Tu cosa ne pensi?” chiese Sofferenza

“Tormento! Non può fronteggiarci se ci uniamo assieme” decise Pena

“Questo ragazzo non è da prendere sottogamba, se è davvero l'erede di Eredan ci sa di che preoccuparsi” intervenne Incubo

“Esattamente” s'intromise Ciramor “Non fate nulla ed ascoltatemi. Non sono venuto a cercare guai...sino qui per contrattare”

I demoni gli lanciarono sguardi carichi di sospetto.

“Cosa vuoi contrattare?”chiese Pena

Dietro alla sua maschera, Ciramor prese un gran respiro prima di prendere una decisione che avrebbe sconvolto il mondo di Guem.

“Voi cercate i frammenti dell'Onyrim, io ho l'ultimo. Anche io però devo chiedere qualcosa a...Nehant. Voi mi condurrete da lui e farete un patto demoniaco in modo da garantire la mia sicurezza fin quando non sarò davanti a lui”

“Vuoi fare un patto?” chiese Sofferenza “Ottimo, allora facciamolo. Noi ti garantiamo la tua sicurezza fin quando non arriverai alla prigione del Maestro”

Ciramor si mise a ridere

“Cosa c'è di divertente?” chiese Incubo

“Rido perché è uno scherzo degno della fama dei demoni. Andiamo, non cercate di prendermi in giro. Sono stato messo a conoscenza da Eredan su come pensate. Mi condurreste fino a lì per poi uccidermi immediatamente. No, miei piccoli demoni. Io voglio essere al sicuro fin quando il patto resterà intatto. In cambio il frammento dell'Onyrim sarà vostro”

“Accetto” dichiarò Sofferenza “Ci impegniamo a rispettare questo patto”

In quel mentre apparve un segno sulla mano sinistra di Sofferenza e lo stesso avvenne su quella Ciramor. Il patto era stato stabilito. L'erede di Eredan, a quel punto, scese dal letto, recuperò il bastone ed uscì dalla stanza.

“Andiamo fuori città”

“Come pensi di poter uscire dai confini della Draconia?” chiese Incubo

“Non preoccuparti di quello”

I Tormentatori accompagnarono Ciramor per le campagne della Draconia. Ciramor manteneva la sua mente inattaccabile dalla tentazione, in modo che i demoni non potessero testare i suoi limiti. Il giovane sapeva quello che doveva fare, si era allenato settimane per questo.

Raggiunsero il confine orientale, dopo un paio di giorni di viaggio. Il muro magico creato da Dragone era davanti a loro ma Ciramor si diresse per un intricato dedalo di grotte, nel quale non era presente la barriera magica. Così poterono oltrepassare i confini della Draconia.

I tre Tormentatori erano estasiati per essere riusciti ad ingannare la magia dell'antico nemico di Nehant. Il viaggio continuò fino entro la nebbia dei Confini.

Ad Amidaraxar venne fatto sapere che i tre demoni erano di ritorno e si affrettò ad incontrarli. Il luogotenente di Nehant era felice di rivedere i tre Tormentatori ma rimase di sasso a vedere chi era con loro. Riconobbe gli abiti e fu preso dalla paura.

“Eredan!”

Poi la curiosità prese il posto della paura. I vestiti erano giusti ma ne la stazza, ne il bastone corrispondevano. Capì, che fortunatamente, non era il Guardiano in persona, bensì qualcun altro.

Salutò il gruppo con apprensione. I Tre Tormentatori si inginocchiarono davanti al Nehantista e quest'ultimo notò il simbolo magico che c'era sulla mano di Sofferenza.

“Signore...costui...Ciramor....erede...d'Eredan” sussurrò Sofferenza

Amidaraxar non le prestò più attenzione, concentrandosi invece su Ciramor. Gli assomigliava. Entrambi avevano una maschera che celava i tratti del volto e le emozioni.

“Sei venuto per offrirti a noi erede d'Eredan?” chiese avviluppandosi in un'aura rossa.

Il luogotenente stava per colpire Ciramor quando i Tormentatori si frapposero.

“Abbiamo stipulato un patto con lui. Ci avrebbe dato il frammento di Onyrim una volta che lo avessimo condotto da Nehant”

Amidaraxar cessò la sua magia , pensando che avrebbe ringraziato Ciramor una volta che lo avesse imprigionato.

“Allora non t farò perdere tempo” disse ironico Amidaraxar

Lo condusse verso quello che sperava che sarebbe stato un viaggio di sola andata per Ciramor. Quest'ultimo rimase senza parola davanti alla prigione di Nehant. Non era per nulla simile al ricordo che aveva da Eredan. Tutto era stato divorato, corrotto, pieno di schiavi e demoni. Questo triste spettacolo lo toccò ma si concentrò sul suo compito.

Il cristallo rosso scuro, che fungeva da prigione per una delle creature più potenti di Guem, era scheggiato e due delle quattro catene erano state ridotte in cenere. Sotto al cristallo, vi era un trono. Su di esso, stava placidamente seduta la manifestazione spirituale di Nehant, il quale guardava calmo i suoi servi lavorare. Vedendo Ciramor, raddrizzò la testa dietro al cappuccio. Per un attimo credette che fosse Eredan in persona, giunto per fermarlo nuovamente, ma poi, non percependo l'enorme potere magico del Guardiano, capì che doveva essere un'altra persona.

“Signore Nehant, sono l'erede di Eredan, vorrei conferire con Lei”

“L'erede di Eredan. Vieni avanti, erede d'Eredan, che io possa contemplare colui che diventerà me fino alla sua morte”

Ciramor aveva paura ma non poteva darlo a vedere. Se i suoi sentimenti fossero stati troppo evidenti, i demoni, grazie alla loro capacità di leggere nel cuore umano, si sarebbero accorti delle sue intenzioni.

“I tuoi demoni sono efficaci. Hanno trovato due dei tre frammenti. Ma il terzo, forse non lo sai, venne distrutto da Dragone in persona. Non potrai ritrovare i suoi poteri”

“Sei venuto per dirmi questo, erede di Eredan?” domandò con voce bassa ed irritata.

“Oh no ma mi sembrava giusto fartelo sapere. Sono qui per aiutarti a rompere un'altra catena”

I segni del patto stipulato con Sofferenza sbiadirono. La Tormentatrice si rodeva per essere stata manipolata da quel mago.

“Miei piccoli demoni, prima di divorare la sua carne, aspettiamo che finisca di parlare. Ti ascolto Erede”

Ciramor aveva fatto abboccare il pesce, ora non doveva far altro che tirare pian piano la lenza.

“Sai cosa succede a Nord Ovest, dove si è schiantata la Pietra Caduta dal Cielo? L'Avatar di un dio distruttivo, forse Sol'ra o, per meglio dire, Solar, come lo conosci tu, sta distruggendo tutto. Uno dei tuoi servi, Dimizar, fece un paio di mesi fa una dimostrazione incredibile dei poteri che tu disponi.”

“Cosa vorresti che io facessi? Non mi può distruggere”

“Sbagli. Se non sei abbastanza forte da uscire dalla tua prigione, quando sarà qua, ti ridurrà in polvere”

“Vedo chiaramente il tuo disegno, erede. Vorresti che uccidessi questo dio per evitare che il mondo venga distrutto”

Ciramor stava colpendo nel punto debole di Nehant: nell'orgoglio.

Ma il gioco non era che iniziato.

“Esattamente. Su cosa espanderai il tuo dominio se questo mondo cesserà di esistere?”

Nehant si alzò dal suo trono e scese i gradini con passi misurati. I Tirapiedi Demoniaci lo seguivano come un ombra, ringhiando come bestie. Nehant si fermò davanti a Ciramor, avevano le stesse dimensioni,

“Suppongo tu sappia come liberarmi dalla mia prigionia, è corretto?” chiese Nehant

“Sì, posso assicurarti di liberarti dalle catene. Ecco cosa succederà, non è trattabile”

“Parla”

“Romperò la terza catena. A quel punto potrai prendere possesso di un corpo e vorrei prendessi il mio come ricettacolo. A quel punto saremo in grado di opporci a chi vuole distruggere questo mondo, Quando quella minaccia sarà sconfitta potremo rompere l'ultima catena”

Nehant ascoltò le parole del giovane erede d'Eredan . Gli stava offrendo un corpo e la possibilità di andare ovunque volesse. Lui era capace di rendere succubi anche le volontà più forti, questo giovane guardiano voleva divenire Nehant?

“Mi sembra che mi convenga” dichiarò Nehant, convinto di poter manipolare Ciramor “Come rompere la terza catena?”

Calice apparve nella mano di Ciramor. La lama esalò fumo da una bocca incisa nel metallo. Si sentiva crepitare la sua energia magica. Nehant fu felice di rivederla; il giovane erede d'Eredan aveva portato la sua più grande creazione, un ulteriore errore da parte sua.

“Preparati Signor Nehant, una volta infranta la catena, prendi possesso del mio corpo” disse afferrando la spada

“Come hai trovato Calice?” chiese Amidaraxar

“In guerra...” rispose senza entrare nei dettagli

L'erede non voleva rispondere a domande che gli avrebbero guastato il piano. Afferrò la lama per l'elsa e la sollevò senza sforzo. La spada era un vettore, ritornato ad essere potente in presenza del suo maestro. Ciramor si avvicinò alla catena, passando attraverso un nugolo di demoni e schiavi. Gli occhi di Nehant non lo persero mai di vista.


La concentrazione era massima. Ciramor tenendo la spada a due mani, sudava per lo sforzo anche sotto alla maschera. Il piano che aveva progettato per molto tempo, con alcuni dei migliori maghi del mondo, traendo saggezza dal alcuni segreti di Eredan, stava finalmente per essere completato.

Un piano che gli avrebbe permesso di fermare la distruzione di Solar.

Numerose scritte presero possesso della catena, nate dai sussurri di Ciramor. La magia di Guem cresceva lentamente e poi, d'un tratto, Ciramor si lanciò brandendo Calice con forza. Il metallo della lama tagliò la catena con facilità.

Così si ruppe la terza catena del carcere di Nehant.

Il resto si svolse molto in fretta. Nonostante ci fosse una quarta catena, Nehant si sentì nuovamente parte del mondo. La sua nera forma prese il controllo di Ciramor, il quale non oppose resistenza. Nella testa del giovane, Nehant tesseva la sua tela ma non si accorse di essere caduto nella trappola di un vecchio nemico: Eredan.

“Hai veramente pensato di prendere il controllo del mio erede? Ciramor ha da tempo predisposto il piano in modo infallibile. Sa i tuoi segreti, i tuoi trucchi, come resistere al tuo dominio. Non hai possibilità di inganno, dovrai mantenere la parola e lottare contro Solar. Ciramor è ora il tuo ricettacolo, il tuo corpo ma anche il guardiano di questo mondo. Ora mio vecchio nemico, è giunto il momento che tu ti occupi di quanto concordato per la tua semi libertà. I tuoi alleati sono pronti a ricevere i tuoi comandi e tu, Nehant, preparati a guidare le tue legioni”

La fusione tra Nehant e Ciramor avvenne senza problemi. La maschera del guardiano cadde a terra, il suo aspetto mutò, era simile sia ad un uomo che ad un demone. Amidaraxar, Azaram e tutti gli altri si inchinarono davanti al loro signore.

“Mio Signore Nehant, quali sono i tuoi ordini?”

Nehant afferrò Calice, la quale faceva le fusa come un gatto.

“Chiamate le mie legioni...Abbiamo un dio da annientare, non tollererò che quanto mi appartiene venga distrutto”

Amidaraxar che conosceva Nehant trovò strano il suo comportamento.

“Non vuoi rompere l'ultima catena?” osò chiedere il luogotenente

“Non fare domande ed obbedisci. Sono già incredibilmente potente e non ho molto tempo. Agiamo”

La risposta non soddisfò Amidaraxar ma non disse nulla. Era comunque contento di servire il suo padrone, come già aveva fatto per anni. Il dominio del mondo gli andava benissimo.

Nehant, pur non essendo del tutto se stesso, percepiva comunque i legami con gli schiavi, servi,guemeliti e i vari demoni. Gli rimaneva solo di andare a vedere questi famosi alleati.

Molto più tardi, una coorte di demoni invase il mondo, guidati da Nehant. Ciramor/Nehant grazie alla conoscenza della magia di Eredan, infranse la nebbia dei Confini. Così facendo la nebbia scomparve, rivelando tutta l'area circostante. Dall'altro lato era presente un intero esercito perfettamente posizionato. Draconiani.

I demoni ruggirono davanti al nemico ma il Ricettacolo tacque. Due persone si staccarono dalle fila e si diressero verso i demoni. Erano in groppa a splendidi cavalli. Erano entrambi draconiani: il Profeta, Kounok e il Cavaliere Drago, Zahal.

“Sei pronto...Ciramor?” chiese Kounok

“Io preferisco essere chiamato Nehant, draconiano”

“Cosa significa tutto questo?” ringhiò Amidaraxar

“Significa che la fine è vicina” assicurò il Ricettacolo, facendo così tacere il luogotenente

“Allora partiamo. Dovrai affrontare Solar prima che attacchi la Draconia e Dragone. Non abbiamo molto tempo” disse Kounok facendo un inversione ad U sulla sua cavalcatura.

1. Dragone

Capitolo 1- Alle spalle la profezia, davanti la tempesta

l servo temette per la vita di lei, quando vide La Phytie riversa a terra. Fece immediatamente cadere le vettovaglie che portava con il vassoio, urlando il nome della sua signora, chiedendo aiuto. Inginocchiandosi accanto al corpo di lei, con mani tremanti, si accorse che perdeva sangue dal naso, dagli occhi e dalle orecchie. Era morta? Pregò Dragone. Si rassicurò quando vide che respirava ancora. I cristalli che solitamente galleggiavano attorno alla donna, ora erano schiantati al suolo, alcuni infrantisi per terra. Diversi altri membri della servitù, allertati dalle urla, giunsero in preda al panico, alla porta. Presero la loro padrona e la adagiarono con delicatezza su di una stuoia. Il più anziano tra i presenti, si mise ad ascoltare il battito del cuore della Phythie.

“Presto...portate dell'acqua”

“Ma cos'ha?” chiese uno dei più giovani

“Non lo so ma sta cominciando a riprendersi. Torna pure a fare quanto stavi già facendo, mi occuperò io di lei”

Uno andò a prendere dell'acqua e tutti si erano dati da fare. Ora erano tutti davanti al capezzale della loro padrona.

“Non dite a nessuno quanto successo, chiaro?”

Tutti risposero di sì. La Phythie si mosse, alzò un braccio, non si sa con quali energie, e si aggrappò ad una cameriera.

“Non muovetevi, mia signora, non stai bene”

“Che cosa...la mia testa...mi fa male”

“Sei stata trovata riversa a terra, con sangue che usciva da ogni orifizio del tuo volto. Siete freddissima” disse coprendola

Per la Phythie fu un grande sforzo fare mente locale per ricordare quanto accaduto.


“Ero seduta e stavo leggendo una lettera quando la mia attenzione venne catturata dallo specchio davanti a me. D'un tratto, molteplici visioni mi hanno colpito. Ho sentito miseria, desolazione e morte. Devo risolvere il mistero di queste visioni ma so che molto eventi importanti si sono già verificati. Eventi del genere, modificano la storia”

“Di cosa state parlando?”

In quel mentre, tornò la domestica con dell'acqua, la quale si rassicurò subito nel vedere cosciente la Phythie. Mise quanto portava su di un mobile ed andò ad annunciare a tutti la lieta notizia.

“Un potere divino è giunto su Guem per distruggere ogni cosa. Un essere è morto ed altri stanno per farlo”

Il servo che stava pulendo il sangue per terra, ascoltava la misteriosa profezia.

“Più vicino a noi, in questa stessa città, una donna sta per avere il cuore spezzato”


Castel Levarak era una delle città più belle della Draconia. Costruita su di un un colle, al centro di un lago artificiale, il luogo era immerso nel misticismo. Si diceva che il Castello e la sua straordinaria architettura risalissero a ben prima della nascit della Draconia. Quest era anche il luogo che aveva dato i natali a Marlok ed alla Phythie. Non stiamo parlando però di questi due celebri personaggi ma di una donna del popolo.

Svegliarsi era stato difficile, la notte troppo breve. Il giorno prima Ylliana e Zerimar avevano orgogliosamente celebrato il loro fidanzamento con amici e parenti. I due piccioncini avevano la testa colma di buoni propositi e progetti per il futuro. A braccetto, durante una passeggiata, progettavano di figli da avere, della casa in cui abitare.

I loro passi li condussero in una zona periferica della città, luogo famoso per essere frequentato da gente losca. Si resero conto di dove fossero finiti solo alla fine del vicolo, quando incrociarono un rapinatore, il quale aveva gironzolato per la zona dopo aver passato la notte all'addiaccio. Zerimar si frappose al tentativo di scippo e non si accorse del pugnale impugnato dal rapinatore. La lama affondò completamente nella carne del ragazzo. Un grido di Ylliana squarciò il silenzio mentre il suo ragazzo cadeva a terra nel fango.

Zerimar cercò di rialzarsi ma non ce la fece, la ferita era mortale. Le sue mani grondavano sangue.

Ylliana chiamò aiuto mentre lottava contro il rapinatore. Non voleva che scappasse, oh aveva paura naturalmente ma quella sensazione era passata in secondo piano. Tirò una gomitata in faccia all'assalitore.

Poi si inginocchiò davanti a Zerimar, proprio nel mentre la vita di lui se ne andava. Ylliana si mise a piangere, ripetendo all'infinito il nome del suo amato.

Il ladro, ora assassino, rideva della sua malefatta. Non si accorse però della presenza dell'autorità incarnata dalla Stregaspada. Una Stregaspada, infatti, era su di un tetto poco distante e si lanciò addosso al criminale, facendolo crollare a terra come un sacco di patate. Yilliana con glo occhi colmi di lacrime manco si accorse di quanto accaduto.

“Signorina...signorina”

La Stregaspada mise una mano sulla spalla di Ylliana, facendolo sussultare.

“Stai bene?”

La domanda era ridicola. L'amore della sua vita era morto. MORTO! Ylliana si alzò da terra, furiosa, guardò in faccia la Stregaspada. Afferrò il pugnale attaccato alla cintura della sua salvatrice e si lanciò sull'assassino. Reclinò la testa del criminale e menò un colpo per recidergli la gola. Venne però fermata dalla Stregaspada, la quale le afferrò con forza il polso.

“No, signorina. Non farlo” disse piano

“Lui l'ha fatto. Lo ha ucciso. Era tutto per me” urlò prima di crollare tra le braccia della sua interlocutrice.

“Lascialo nelle mani della giustizia. Dragone gli darà la punizione che merita. Vieni con me, ti porto dalla tua famiglia. Quando l'odio e il dolore saranno sopportabili, torna da me”

Diversi soldati di Levarak erano presenti, chiamati da chi aveva sentito le urla.

“Portate il corpo dello sventurato a casa sua e prelevate l'assassino, il più presto possibile”

Capitolo 2- Sacrificio


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Erano passate appena poche ore da quando le truppe draconiane erano partite per la Tomba degli Antenati. Anryena stava lasciando il palazzo per dirigersi verso i suoi appartamenti quando avvertì una scossa, come di un terremoto. Non lunga ma abbastanza violenta da suscitare curiosità a riguardo. La zona in cui risiedeva non era famosa per l'attività sismica.

Il potere divino veniva da molto lontano ma ciononostante si percepiva benissimo. Si voltò verso quella direzione.

“È così forte...”

Dragone apparve al suo fianco; il volto era una maschera di preoccupazione.

“Figlia mia...abbiamo perso...”

Anryena sbatté le palpebre, non credendo a quanto aveva sentito.

“La Pietra Caduta dal Cielo è esplosa, rilasciando una creatura. Queste vibrazioni provengono da essa”

“Esplosioni? I nostri uomini?” disse preoccupata

“Non lo so. Non riesco più a percepire nessuna delle persone a me legate”

“È un disastro! Dobbiamo muoverci in fretta! Muovere tutte le armate della Draconia!”

“Ho deciso di darti carta bianca, figlia mia. Intanto creerò una barriera magica in modo che i nostri confini siano protetti da quella creatura. Raccogli più informazioni possibili. In assenza di Naya, la sua allieva a Castel Levarak ne prenderà le veci. Avremo anche bisogno di Kounok” disse con voce stentorea

“Bene. Guardieee! Guardieee”

Due guardie draconiche si mossero in fretta dall'entrata della sala, fino ai due autorevoli personaggi.

“Andate a chiamare i ministri e gli araldi di Dragone, siano portati a me”

Entrambi si inchinarono e sparirono in fretta.

“Non è tutto figlia mia” disse Dragone

“Ah!”

“Il Signore-Dragone delle terre dell'est mi ha mandato informazioni ancora più inquietanti. C'è un'insolita attività ai confini”

“Nehant? Non possiamo coprire tutti i fronti, padre. Se si dovesse liberare sarebbe la fine per noi”

“Finché avrò vita questo non accadrà. Ho giurato ad Eredan che avrei dato la vita per questo. Il problema è come affrontare due minacce del genere? Figlia mia, bisognerà muoversi con intelligenza e con un piano in mente”

Anryena annuì.

“Andrò a creare uno scudo magico, a partire da quando sarà attivo non potrò più comparire. Sarai da sola a capo della Draconia. Se avrai bisogno vieni pure da me ma i miei pensieri e le mie energie saranno rivolte a difendere la Draconia”

“Non preoccuparti, non è la prima crisi che affronto. Mi piacerebbe però...che fosse l'ultima”

Dragone si avvicinò ad Anryena e la baciò sulla fronte.

“Bisogna che si sia a pieni poteri” disse scomparendo.

Lei fece un gran sospiro.

“A pieni poteri. Bene, cominciamo” disse a voce alta, afferrando il suo scettro draconico.

Si concentrò, il forte legame tra la figlia e Dragone le permetteva di localizzarlo e parlarci. La sua concentrazione la portò su di una montagna, in mezza ad una tempesta di neve. Un uomo portava sulle spalle un'altra persona, svenuta. Entrambi erano avvolti in pellicce.

“Ma cosa ci fa lì? Sembra un brutto momento ma devo comunque conferire con lui”

Lo scettro cominciò a brillare di una luce azzurra. Anryena utilizzò i poteri del padre.

“Nel nome di Dragone. Io, ti chiamo Profeta, ora, in questo luogo e in questo preciso momento”

Passò un momento senza che nulla accadesse, poi Kounok apparve dal nulla. Il Profeta dovette fare uno sforzo per non scivolare a terra. Era stupito di ritrovarsi a palazzo, davanti a sua madre. Con molta cura, poggiò la persona svenuta a terra. Altri non era che Ardrakar,

“Scusami Kounok per averti chiamato così. Sembravi in difficoltà e noi abbiamo bisogno di un Profeta nella Draconia”

Kounok era magro impiccato. Le sue vesti erano lacere, strappate e sporche. Anryena lo guardò esasperata, espressione che scomparve quando si accorse di chi era con lui, il cavaliere decaduto.

“Un'altra volta ti racconterò di questa splendida storia, madre. Grazie per avermi ricondotto a casa; cosa è successo in mia assenza”

La figlia di Dragone scosse la testa.

“Mi chiedo se ho fatto bene a lasciarti andare”

“Non ho potuto fare a meno e poi, come pensi che avresti potuto fermare il Profeta?” domandò con fare di sfida

“È cambiato” si disse Anryen. Poi spiegò quanto accaduto. Il Profeta analizzò la situazione.


“Abbiamo già fallito contro i Nomadi. Il problema principale sono i Nehantisti. Ardrakar ci aiuterà”

“Ti fidi di quella traditrice?”

“Mi fido di mia moglie”

Anryena quasi svenne a quelle parole. Guardò con apprensione il figlio, poi si chinò su di Ardrakar.

In quel mentre giunsero i ministri e gli araldi di Dragone.

“Tornerò subito. Proibisco di fare piani senza il mio consenso, è chiaro?” disse il Profeta con tutta l'autorità di cui disponeva.


La luce era accecante. Sol'ra nella sua sete di distruzione, aveva deciso che la sua volontà divina fosse chiara per tutti. Nessuno aveva avuto il tempo di reagire e quando la luce cessò, Sol'ra aveva perforato la crosta terrestre di Guem. Intorno, tutto era devastato. La Tomba degli Antenati era in frantumi.

L'esercito degli antenati era stato spazzato via.

Marzhin emerse dalla sabbia. Si alzò a fatica, aveva dolori ovunque. Intorno a lui, c'erano molte persone svenute, altre che rantolavano a terra. Il mosaico di colori presenti gli fece capire che erano l'esercito Xzia, quello draconiano e quello dei Cuore di Linfa. Subito dopo, anche Pilkim riprese conoscenza, senza capire quanto fosse accaduto.

Il Maestro-Mago ricostruì mentalmente quanto accaduto: la creatura divina stava per distruggere il mondo, Mangiapietra si era frapposta. E poi? Una luce bianca o forse era gialla. Tanta luce.

“Stai bene?” chiese il padre al figlio. Pilkim fece segno di stare bene, si sistemo gli occhiali sul naso.

“Dov'è Mangiapietra” chiese guardandosi attorno.

“È là” urlò Pilkim

Il giovane e prodigioso mago, indicò un braccio che spuntava dal terreno. La pelle era grigia e coperta dei tatuaggi che aveva Mangiapietra.

Padre e figlio corsero in quella direzione e tirarono fuori dal terreno, il corpo senza forze di Mangiapietra. Si muoveva ancora ma il Maestro-mago non percepiva alcuna magia in lei. Il Guemelite di Guem, aprì a fatica gli occhi e fece un dolce sorriso ai presenti.

“Siete salvi....ho fatto del mio meglio...mi dispiace...che non...ho potuto fare di più....quando...io....prendi...la mia pietra”

Non riuscì a terminare la frase. Mangiapietra morì tra le braccia di Marzhin.

“Un sacrificio...con cui ci hai salvato”

Capitolo 3- Penitenza


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Kounok si era avvicinato ai Confini della Draconia poiché temeva un eventuale presenza di Nehantisti. La sua armatura presentava diversi tagli, dovuti allo scontro contro il Decaduto. Passò la mano su quei tagli profondi nell'armatura e pensò “Meno male che ti portavo. Quei demoni sono formidabili, è una cosa preoccupante” Il suo sguardo si abbassò su una figura, quella di Ardrakar, che dormiva un sonno estremamente agitato.


Ardrakar vagava nel deserto della magia oscura di Nehant. Non sapeva chi fosse o dove fosse, in realtà. Teneva la Chimera, per il pomo, lasciando che lama toccasse per terra e lì diffondesse il suo putrido odore. La spada vivente l'aveva portata a fare cose indegne e la corruzione di Nehant l'aveva intaccata piano piano. Ora era solamente per metà cosciente, non aveva alcuna nozione sul tempo e sul luogo in cui fosse.

Era forse quello il luogo in cui Dragone l'aveva inviata per divenire Cavaliere Drago? Lei che era stata la più forte dell'Ordine era precipitata in un vortice infernale.

Tutto era accaduto l'ultima volta che era stata Cavaliere Drago. Chimera, dotata di vita da Dragone, le aveva detto di non farlo. Aveva scalato montagne e finalmente era raggiunta quasi a destinazione, poteva vederlo: il Tempio di Exhien. Sentiva voci oscure e maligne, eppure così suadenti, dirle di abbandonare la sua famiglia per una vita più avventurosa e sopratutto eterna. All'interno del tempio, gemme azzurre, proiettavano la loro fredda luce sulle pareti della grotta naturale. Era già stata in quel posto, non ricordava, forse con il suo maestro Arkalon? Non lo sapeva e quel punto manco le importava.

Fin dalla nascita dell'Ordine, quando un Cavaliere Drago moriva, la sua spada veniva portata in quel luogo, in modo che lì riposasse fino alla fine dei tempi. Ardrakar voleva riservare a Chimera un destino ancora peggiore. Voleva portarla lì, sì è vero, ma voleva anche infrangerla.

“Se lo fai, non sarai un Cavaliere Drago! Sono la tua unica difesa contro Nehant” urlò Chimera

“No...sei tu...sei tu! Questo sarà il mio Ultimo Gesto...qualche altro Cavaliere Drago potrà riportarti a nuovo”

Ardrakar afferrò saldamente Chimera per l'impugnatura e la schiantò con forza contro la parete. Il colpo fu terribile, la spada di cristallo esplose. La giovane donna mise i frammenti della spada insieme a quelli delle altre spade dei vecchi cavalieri drago. Quando uscì dal tempio, il legame con Dragone era scomparso e lei divenne Ardrakar, Cavaliere di Nehant....

Si svegliò di soprassalto. Il sudore le imperlava il viso, il cuore batteva forte. Esaminò l'ambiente circostante, dov'era? I suoi occhi si posarono sull'uomo accanto a lei, il quale la guardava di contraccambio. Non sapeva cosa fare, i suoi pensieri vagavano su Amidaraxar, i Tirapiedi, il rituale...

“Non hai nulla da temere, Ardrakar”

Chi era questo uomo? Si sentiva al sicuro con una vaga impressione di deja-vu. Anche se non riconobbe lui immediatamente, riconobbe la spada che portava: Chimera.

Presa dal panico, indietreggiò. L'ultima volta che l'aveva vista era nelle mani di Arkalon, durante il loro scontro, ora però era nelle mani di un'altra persona.

“Questa è la spada che ti terrorizza Ardrakar?”

Lei annuì e così lui la ripose nel fodero.

“Ti ho detto che non hai nulla da temere. Io...io sono Kounok”

Ardrakar spalancò gli occhi per via di questa rivelazione.

“Kounok?? Ma com'è possibile?” disse avvicinandosi

“Dragone mi ha nominato Profeta e mi ha dato forma umana. Oh, ho qualcosa che ti appartiene” disse

Sciolse delle cinghie di cuoio e libero un oggetto dal suo fagotto. Una spada con riflessi vermigli emanava bagliori infuocati.

“Quando sono partito alla tua ricerca ho trovato la spada. È tua”

Ardrakar ricordò. Azzurro le era caduta quando era stata catturata dai Tirapiedi di Amidaraxar.

“Non ho il diritto di poterla usare. Mio signore...sono una traditrice. Ho rinunciato alla mia via quando ho abbandonato Dragone”

Kounok, che tendeva Azzurro verso Ardrakar, sospirò gravemente. Non gli piaceva fare discorsi personali ma per lei avrebbe dovuto farlo.

“In te vedo la voglia di riscatto e del rimorso. Puoi correggere gli sbagli che hai fatto e avere una vita migliore. Puoi tornare ad essere Cavaliere Drago, anche perché...”

Kounok non finì la frase

“Nehant t ha gettato via come un rifiuto, come uno schiavo. Ritorna a legarti a Dragone”

Kounok aveva ragione. Il demone se ne era andato da lei. Si sentiva diversa, vicina a quello che era stata. Ma era ancora legata al corruttore, lo sentiva nelle viscere. Sciolse la bisaccia che portava attaccata alla cintura, rivelando la sua Pietra-Cuore, quella che una volta, tempo addietro, le aveva affidato Dragone. La pietra brillava debolmente, nonostante i segni neri sulla superficie.

“Impossibile, se mi porti via la Pietra-Cuore, morirò”

“Comprendo il tuo pessimismo, dopo tutto quello che ti è successo è normale. Io però non credo accadrà quel che temi. Se desideri farlo, conosco un Vincolatore di Pietre in grado di farlo. Si trova oltre quelle montagne, lontano dalla Draconia”

Ardrakar, da tempo ormai persa nel buio, vide per la prima volta un lampo di speranza. Non poteva più vivere così ma non capiva perché volesse aiutarla, lei che aveva ucciso degli innocenti e tradito la Draconia. La domanda le sgorgò genuinamente dalla bocca.

“Perché mi aiuti Kounok?”

“Sono tanti i motivi. C'è un legame tra di noi e poi...c'è il dovere. Abbiamo avuto molte avventure assieme. Tu non lo ricorderai ma quei momenti sono rimasti incisi e lo saranno per sempre” disse passandosi una mano sul cuore “Inoltre io sono il Profeta, anche se non ho la saggezza del mio defunto fratello. Riesco a percepire che questa è un'ottima occasione. Dragone ha detto il vero, durante questa guerra serviranno più Cavalieri Drago. Arkalon è tornato, Valentin è tornato dalla pensione, Zahal un giorno sarà pronto a prendere il comando. Per quanto riguarda me, il mio ruolo è quello di renderci pronti per il futuro. Ardrakar tu hai la forza di affrontare questa sfida e di rompere le catene che ti legano a lui ed al dolore”

Lacrime nere scorrevano lungo le guance della giovane donna. Le parole di Kounok l'avevano confortata, i ricordi della sua vita precedente riemersero e cominciò a ricordarsi di Kounok quando si allenava da Cavaliere Drago. Lui era sempre lì per lei.


“Io..farò...penitenza”

“Non sarà facile, fin quando sarai collegato al lui, t potrà rintracciare. Non può permetterti di lasciarti in vita. Quindi afferra Azzurro e sii pronta ad usarlo per difenderti”

Ardrakar afferrò la spada, la cui impugnatura era perfetta nella sua mano. Un'altra cosa le venne in mente.

“Perché hai Chimera? L'ho distrutta nel tempio di Exhien”

“L'ho presa dove l'hai lasciata. Ogni Cavaliere Drago deve avere una spada ma piuttosto di averne una nuova, ho deciso di prendere questa, di ripararla e...correggerla”

La parola “correggere” fece sorridere Ardrakar, capendo che era stata lei a dare questa esigenza.

“Chimera, ora è più stabile di una volta. Domattina ci metteremo in viaggio, prima ci dirigeremo verso un villaggio in modo da prepararci per il cammino”


Kounok e Ardrakar erano all'attrazione del villaggio Pie' di Nebbia, non essendo abituati ad avere personaggi importanti, la voce si sparse in fretta. Il Signore Dragone della zona non aveva mai messo piede in quel villaggio e ciò venne fatto notare a Kounok. Il Profeta ascoltò quanto le persone aveva da dirgli, con pazienza e rispetto. Ardrakar, dopo due soli giorni di viaggio con lui, sentiva il legame tra di loro diventare più forte ma allo stesso tempo percepiva la presenza di Nehant diventare più aggressiva.

I suoi connotati da demone erano spariti, non aveva più le corna di nero cristallo ed anche i suoi occhi stavano tornando ad un colore normale.

Kounok trovò alloggio nella locanda della zona. L'interno era caldo e piacevole con un ottimo profumo di cibi sani cotti a lungo sulla stufa.

“Ho parlato con il capo-villaggio e quello che mi ha detto non è bello. Ci sono state frane e perciò molte strade sono ora interrotte. Tra un paio di giorni arriverà una guida, solo lui è in grado di condurci a destinazione”

Ardrakar ascoltava distratta, persa a guardare gli occhi del giovane Profeta

“Sono dispiaciuta per Ketanir”

Questo gesto di affetto turbò un poco Kounok

“Ti ringrazio, Penso a lui tutti i giorni” rispose facendo segno ad un intimidito domestico di farsi avanti

L'uomo, un poco cicciottello, corse a perdifiato con un vassoio recante una bottiglia e due bicchieri. Tremando per l'eccitazione, li sistemò sul tavolo.

“È offerto dalla casa Signore...Profeta”

“È un bel pensiero da parte tua, me ne ricorderò”

L'uomo restò pietrificato e passò qualche attimo prima che si ricordasse di stappare la bottiglia e di servire i due illustri ospiti che stavano onorando la sua locanda.

Kounok prese una manciata di cristalli rossi e li porse all'albergatore.

“Portaci qualcosa da mangiare e prepara due camere da letto...per piacere”

La somma che gli aveva dato era ben oltre il reale prezzo ma non gli importava, Kounok voleva solo che la sua compagna di viaggio fosse a proprio agio.

La serata passò in tranquillità, discutendo del passato e delle speranze future. I sentimenti tra i due sbocciarono e si ritrovarono attorno al fuoco a stringersi l'uno nelle braccia dell'altro. Nella società Draconiana un atteggiamento così lascivo non era ben visto ma a loro non importava per nulla.

Il rapporto tra i due diventava più forte giorno dopo giorno e senza rendersene conto passò una settimana. E quel che avrebbe dovuto accadere, sarebbe accaduto. Entrambi erano irrimediabilmente attratti dall'altro.

Kounok era sveglio e dopo un po', anche Ardrakar, raggomitolata contro di lui, si svegliò. Era la prima notte per lei in cui incubi, tensione e paura erano scomparsi.

“Io..ehm...devo chiederti una cosa”

Ardrakar restò ferma, in attesa.

“Il mio cuore batte per te fin dalla prima volta che ti ho visto da bambini. Voglio stare con te per sempre”

Le guance di Kounok assunsero un timido color rosso. Adrdakar sbatté le palpebre e offrì il suo miglior sorriso.

“Mi stai chiedendo se voglio sposarti?” domandò al Profeta

“Sì”

Prima di dargli una risposta, ci pensò qualche istante.

“Bhe...allora...Sì, lo voglio!” disse raggiante

Folle di gioia, Kounok strinse Ardrakar tra le sue braccia così fortemente che quasi la strozzò.


La loro guida era finalmente arrivata. Dopo aver preso pellicce per proteggersi dal freddo ed alimenti, il gruppo partì alla volta delle montagne e di un futuro radioso. L'incantevole paesaggio della foresta e delle gemme azzurre nascondeva però un ambiente pericoloso. La guida, che si chiamava Vaerzar, disse loro di non abbandonare mai il sentiero e di non separarsi mai l'uno dall'altro poiché questa foresta era il territorio di branchi di Cristocat.

“Non prendete alla leggera la loro presenza. Una volta sono stato inseguito da una di quelle fottute bestie, quasi ci stavo per rimettere le penne quando ha provato a passarmi da parte a parte con il suo corno. Sarei morto sicuramente se non mi fossi gettato in acqua, odiano l'acqua. Per questo ho con me Miao-ousse, il mio fedele Darkat, che è un predatore di Cristocat”

Senza troppi problemi attraversarono la foresta, senza neppur incontrare i Cristocat. Vaerzar se ne stupì. Normalmente Darkat fiutava la loro presenza ma questa volta non era accaduto. Era la prima volta. Come accordato la guida li condusse fino al limitare della via. Per diversi chilometri attraversarono mari di neve.

“Non si può andare oltre a cavallo. Io torno al villaggio di Piè di Nebbia, dove vi aspetterò. Il luogo in cui dovete andare è un po' più a Nord, se seguite la stella d'Almad non potrete sbagliarvi. Vi auguro buona fortuna!”

Kounok ringraziò vivamente la guida, il quale non vedeva l'ora di tornare al villaggio. Poi la coppia si incamminò per il ripido sentiero.

Kounok ed Ardrakar avevano affrontato mille avversità, fronteggiato creature potenti e pericolose ma nulla era come la morsa del gelo e il pericolo della montagna. Il minimo errore poteva essere fatale. Scivolare poteva portare alla morte perché sotto al morbido manto nevoso si nascondevano foreste di cristalli appuntiti. Più salivano in quota più aumentava il vento, arcigno nemico di tutti gli scalatori.

Kounok trainava Ardrakar, Ardrakar spingeva Kounok, le avversità aiutavano la coppia nel crescere come tale e nel confidare nella capacità dell'altro.

Poi dietro ad una roccia, apparve la stella d'Almad . Sopra alle loro teste, una luce blu brillante squarciò le nuvole. Era grazie a lei che era più facile muoversi in quelle regioni. Per chi psi inerpicava sulla montagna significava che metà del cammino era percorso.

Ardrakar si fermò di colpo. Sguainò Azzurro e corrugò lo sguardo cercando di vedere oltre la neve.

“Che c'è?” chiese Kounok “Perché ci siamo fermati?”

“Li vedi? Demoni, seno la loro presenza, sono tanti...guarda là”

Ardrakar menò un fendente nell'aria, il colpo investì qualcosa, un demone!

A quel punto apparvero dei demoni, una decina, di forme e dimensioni qualsiasi, che fino ad un attimo prima erano occultati.

Tra di loro Ardrakar notò un demone più grande ed imponente.

“Mangia-Anima”

Lo schiamazzare dei demoni era assordante. In una manovra incredibilmente disordinata si lanciarono sul loro nemico, per subissarlo di pugni, graffi e morsi. Kounok però era uno stratega, si mise schiena contro schiena con la sua fidanzata, in modo che entrambi fossero protetti da un lato. Ardarakar aveva un vantaggio, essendo ancora legata a Nehant, i suoi poteri le conferivano la capacità di limitare la forza dei demoni. La loro strategia si era rivelata efficace, molti demoni erano riversi al suolo, colpiti da Azzurro o Chimera. Non era abbastanza però.

Mangia-anima smise di vomitare ordini ai suoi sottoposti e si lanciò in una folle corsa verso uno dei demoni più piccoli che stava morendo nella neve. Questo lo supplicò di aiutarlo ma invece di farlo, Mangia-anima, gli conficcò una mano nello stomaco e gli succhiò via l'energia vitale. Il piccolo demone morì mentre Mangia-anima gli divorava la pietra-cuore. Immediatamente la sua forza aumentò drasticamente e si lanciò verso altri tre demoni riversi al suolo.

Kounok respinse un demone con il taglio della spada ed Ardrakar ne trafisse un altro con la punta, poi quest'ultima si accorse delle intenzioni dell'ex compagno.

“Kounok dobbiamo ucciderlo! In fretta! Non riusciremo a fermarlo”

Non era un problema. Kounok spinse via due demoni che gli sbarravano la strada e si diresse verso Mangia-Anima. Chimera saettò verso il collo dell'avversario ma il demone evitò senza troppa fatica. Nella mano di Mangia-Anima apparve una spada, la cui lama era un tenue cristallo nero. Kounok parò il colpo e le due spade, cozzando, rilasciarono potere magico. Ardrakar vide la lama del nemico e non poté credere ai proprio occhi.

“Chimera Nera! Ma ce l'aveva Arkalon”

Mangia-Anima fece un salto, allontanandosi dal nemico, e prese una nuova pietra-cuore da un demone.

“Traditrice, la spada è tornata dal suo unico padrone” disse prima di ingurgitare la pietra-cuore.

Ora erano solo in tre a combattere ma nonostante la superiorità numerica, Ardrakar sapeva che il nemico era ora forte quasi quanto Fornace. Fece arretrare Kounok in modo che non fosse alla portata di Chimera Nera ma in quel mentre il demone fece un balzo ad una velocità assurda, mandando l'ex Cavaliere di Nehant a schiantarsi nella neve. Azzurro si piantò nella neve, poco distante da Kounok. La rabbia eruppe nel Cavaliere Drago.

“Kounok, fagli vedere chi siamo. Distruggilo, distruggila” urlò Chimera

“Io sono il Profeta, discendente di Dragone, tu che porti solo una blanda copia di Chimera, ora assaggerai il suo potere”

La lama si infiammò di fiamme azzurrine, le quali si addensarono attorno a Kounok. Gli occhi di lui divennero completamente blu, parte del suo volto divenne quella di un drago, come era una volta. Si gettò sul suo avversario brandendo Chimera, vogliosa di annientare la sua copia.

Ardrakar riprese conoscenza nel mezzo della lotta. Si alzò a fatica e si diresse verso Azzurro. Una volta afferrata la spada, infuriata, si precipitò ad ad affrontare il demone. Si concentrò, focalizzando la sua energia sul terreno, il quale si frammentò in mille pezzi sotto al demone, intrappolandolo.

Kounok approfittò della situazione per colpire le mani del nemico, rendendo così inutile Chimera Nera. Mangia-Anima intuì la tattica del draconiano e provò a fuggire ma non ce la fece perché era bloccato dal sortilegio nehantico scagliato da Ardrakar. Senza indugiare Kounok lo trapassò con Chimera. Il demone urlò di dolore.

“Tu..tu...non mi ucciderai”

Mangia-anima cercò quindi di aprire un portale per i Meandri. Ardrakar, per paura di sentire la voce di Nehant nella sua testa fu incapace di mantenere attivo il sortilegio. Il portale si aprì e il demone ci scomparve in un attimo.

“Cos'è successo?” chiese Kounok ansimando

“Deve essere morto. ”

La battaglia lasciò una strana sensazione. Non c'erano i corpi dei loro aggressori. Solo le molte impronte nella neve dimostravano che qualcosa fosse accaduto.

“Non stiamo fermi qui, potrebbero essercene altri. Il Vincola Pietre non è lontano”

I due non ne potevano più. Ardrakar era affranta per aver usato i sortilegi nehantici, mentre Kounok era sfiancato dalla dura battaglia. Ciononostante raggiunsero la meta.

Una volta era già stato in quel luogo, ai tempi volava quindi era stato ben più facile arrivarci. Il Vincola Pietre viveva in una casetta arroccata sulla montagna. Kounok si chiese quale magia o miracolo impedisse alla casetta di cadere dalla rupe.

Stanchi, mezzi congelati, arrivarono a destinazione. Sulla soglia c'era un uomo, avvolto in un pesante mantello di pelliccia. Fece loro cenno di entrare. Indicazione che non venne rifiutata.

L'interno era un'unica stanza. La volta del soffitto era sorretta da molti pioli. Un enorme camino diffondeva tepore tutto attorno. Kounok ed Adrakar si trascinarono fino al punto più caldo della casa. L'uomo si tolse il mantello e si avvicinò a loro.

“Fate come se foste a casa vostra” disse sedendosi su di una sedia dall'aria molto comoda “Cosa porta un Inviato di Noz'Dingard e una guemelite di Nehant a venire fino a qui?”

“Maestro Maen. Io sono Kounok e lei è Ardrakar”

“Kounok? Mi ricordo di te, pensavo che mi avessi dimenticato”

“La mia venuta è la prova che non l'ho fatto” rispose fregandosi le mani “Siam venuti per chiedere il tuo aiuto”

“Ah, cosa posso fare?”

Ardrakar prese la parola per illustrare la sua situazione.

“Non voglio più essere guemelite di Nehant. Vorrei che lei mi aiutasse a liberarmi del conflitto che mi devasta interiormente”

Maestro Maen respirò rumorosamente, pensando qualche istante a cosa rispondere.

“Posso farlo ma dovrai pagarmi. I Vincola-Pietre non fanno mai nulla gratis. Penso che potremo trovare un accordo”

Maestro Maen alzò la mano in cielo, facendo apparire la pietra cuore di Adrakar, quella azzurra che le era stata sottratta tempo addietro.

“Tu avrai questa mentre io prenderò la pietra cuore-nehantica. Ti sembra un prezzo accettabile?”

Ardrakar rispose senza esitazione.

“Sì, lo è”

“Bene” disse Maen battendo le mani “Ah, ho dimenticato di dirti che sarà molto doloroso”

“Ho passato di peggio”


Maestro Maen attese un intero giorno, in modo che Ardrakar potesse recuperare le energie. Kounok non aveva potuto assistere perché il Vincola-pietre era molto geloso dei suoi segreti. Le urla della donna non erano per nulla rassicuranti. L'operazione stava continuando da più di un'ora quando le urla finirono.

Maestro Maen riapparve dalla sala operatoria; aveva gli occhi stanchi e intorno a lui fluttuavano moltitudini di cristalli multicolore.

Si avvicinò a Kounok e i cristalli si adagiarono a terra.

“Ho finito. C'era veramente molta malvagità in quella pietra-cuore. Era fatta per uccidere chi la portava ma ho fatto un buon lavoro. L'arte del vincolare le pietre cuore è più efficace di quanto pensi Nehant. Presto lei tornerà alla sua reale costituzione. Detto ciò, è bene che domani tu parta per Noz'Dingard. Qui sono isolato. Non ho nulla per stabilizzarla magicamente. Potrai trovare aiuto dal Compedium. Prima di allora non credo riprenderà conoscenza”

“Va bene, la porterò sulle spalle se questo sarà necessario.”

“Temo dovrai farlo”

“Ti ringrazio Maestro”

“Di nulla. Potevo forse negare un favore al Profeta? Inoltre mi son divertito a giocare con le pietre di Nehant”

“Stai attento, è vietato praticare la magia di Nehant o studiare i suoi poteri”

Alle orecchie del Vincola-pietre sembrò un ammonimento.

“Se io non avessi conosciuto un minimo della magia di Nehant non avrei mai potuto rimuovere la pietra-cuore. Studio quella magia per combattere Nehant. È chiaro?”

Kounok non aveva abbastanza argomenti per controbattere. Quell'uomo aveva appena salvato quanto di più caro lui avesse su questa terra.

“Dai, dimentica questa piccola sciocchezza. Brindiamo alla salute dei vincola-pietre...e a Dragone”

Come detto dal Maestro Maen, Kounok si incamminò con Ardrakar sulla schiena. La tempesta infuriava più di prima.

Nulla avrebbe potuto però fermare l'incrollabile forza di volontà di Kounok. In quel momento, grazie all'intervento di Anryena, la coppia raggiunse Noz'Dingard prima di quanto avesse immaginato.


Capitolo 4 – Dietro le quinte


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I pallidi raggi del sole attraversavano pigri la barriera magica eretta da Dragone attorno alla Draconia e lambivano con gentilezza le torri del palazzo di Noz'Dingard. La luce leggermente azzurrognola rendevano ancor più magica l'atmosfera di uno dei luoghi più magici esistenti. Kounok, il Profeta, era tornato a casa e dopo un breve riposo aveva convocato un'assemblea. L'ordine del giorno erano le manovre dei nehantisti e la creatura della Pietra Caduta dal Cielo. Il Maestro-Mago Marzhin e Pilkim erano tornati dal fronte e ora stavano raccontando quanto accaduto nei minimi dettagli: come si erano fronteggiati gli eserciti, come era esplosa la Pietra facendo fuoriuscire la creatura e come la Mangiapietra dei Confini si era sacrificata.

Molte delle persone presenti non erano ancora conosciute. Il Consigliere Abyssien era giunto, accompagnato da Marlok, L'Erede d'Eredan, Ciramor era venuto con la delegazione Noz della Tomba degli Antenati.

Anryena, seduta alla destra di Kounok, aveva il gravoso compito di fare da consulente in un momento storico così difficile. L'ultima sconfitta non aveva sicuramente fatto bene alla Draconia, la quale ormai si trovava in mezzo a due fuochi.

Marlok chiese di parlare a nome del Consiglio delle Gilde, afferrò delle pergamene ed infine parlò.

“I nostri informatori ci riferiscono che i nehantisti sono in fermento. Stanno cercando di liberare Nehant. Per le vie della Draconia ci sono dei demoni alla ricerca di un certo oggetto”

La Phythie ebbe la visione di un oggetto: una potente corona.

“L'onyrim “ disse tutto d'un fiato

La notizia ebbe l'effetto di una pugnalata al cuore di tutti i presenti.

“Il Consigliere Decano Verace ha incaricato me e il Consigliere Abyssien di coordinare gli sforzi sui nehantisti e vincere in fretta la battaglia che sicuramente ci sarà”

Kounok soppesava le sue strategie. Era chiaro che combattere due due fonti sarebbe stato un pericoloso spreco di energie. Marlok invitò Abyssien a parlare.

“Signori e signore, sono onorato di essere qui presente. Porto con me un dono. Saprete sicuramente che i Guerrieri di Zil hanno distrutto il Maniero di Zejabel, ucciso Dimizar ed un'altra creatura di Nehant. C'è qualcos'altro che non sapete”

Abyssien fece cenno di avanzare a due guardie vestite di viola. Portavano una grande cassa, dell'altezza di un uomo o poco meno. La superficie era incisa con strani simboli verdi. Abyssien la aprì facendo ricorso alla magia e rivelò una lama a due mani incandescente, grondante di magia nehantica. Anryena e pochi altri capirono immediatamente di cosa si trattasse.

“Calice!” urlò lei, alzandosi dal suo posto per ammirare al meglio il bottino di guerra.

Kounok, con Chimera, si avvicinò alla Lama di Nehant.

“Abyssien a nome di Noz'Dingard ci tengo a ringraziare gli Zil per questo...incredibile dono. Sappi che questa gilda è per noi riconosciuta come alleata e se avesse bisogno di aiuto, saremmo i primi a correre”

Il Consiglere Zil fu molto soddisfatto di questa affermazione, non si aspettava nulla di meno.

“Chiudetela, vi prego” disse Marzhin “ perturba la magia di Dragone”

Marlok ordinò che fosse nuovamente rinchiusa, poi ognuno tornò al suo posto.

“Tutto ciò è molto bello ma come ci aiuterà Calice? A meno che non sia un altro tranello degli Zil” sputò con ferocia Aerouant, il quale non sopportava la presenza di Marlok ed Abyssien.

Questo intervento mise di cattivo umore tutto il gruppo. Abyssein guardò scioccato Anryena, la quale si era infuriata. Naya, la madre di Aerouant, avrebbe dovuto dargli una punizione esemplare. Fu però Ciramor a calmare gli animi.

“Scusate” disse timidamente “Penso di avere un piano ma, vi prego di non offendervi, vorrei rimanesse cosa tra me, il Profeta e i maghi draconiani qui presenti”

“In ogni caso è d'obbligo preparare l'esercito” disse Zahal “Dovrò conferire con Ardrakar e gli altri Cavaliere Drago”

Kounok annuì.

Zahal se ne andò dalla stanza, seguito dalle Stregaspada e dai due Consiglieri.


Nel corridoio Marlok aspettava che passasse Aerouant. Quando lo video, lo afferrò per il collo e lo sbatté contro al muro, sotto allo sguardo di approvazione di Naya.

“Ascoltami Aerouant, dopo la morte di tuo padre, sei sprofondato in un baratro d'odio infinito verso gli Zil, non sei capace di usare la ragione”

Poi con un movimento fulmineo gli tirò uno schiaffo.

“Dimostra di essere degno di essere discendente di Dragone, tu hai disonorato e stai disonorando la tua famiglia con questi atteggiamenti”

I muscoli delle guance di Aerouant si contrassero per lo schiaffo. Non se lo aspettava ma capì di aver osato troppo. Marlok se ne andò, lasciandolo a sua madre.

“Ho amato tuo padre, a lungo ho pianto. È tempo che tu elabori il tuo lutto, figlio mio”


All'interno della sala riunioni, la discussione con Ciramor intanto proseguiva. “Ti ascoltiamo Ciramor” disse Kounok, ora più a suo agio con meno persone.

“Tempo addietro Eredan rinchiuse Nehant all'interno di un cristallo, il quale è incarcerato da quattro catene, ognuna delle quali incantata con un diverso sortilegio. Eredan ha fatto tutto in modo che se Nehant fosse stato trovato dai suoi seguaci non avrebbe comunque potuto liberarsi. Secondo i rapporti del Consiglio, che ho qui con me, due delle catene sono già state infrante. Il fatto che Nehant ora voglia l'Onyrim non è un caso. Non può rompere le altre catene senza quella antica corona, Eredan lo sapeva e le ha frammentate.”

“Uno di quei pezzi lo abbiamo distrutto vent'anni fa al Gran Torneo di Yses” intervenne Anryena “Quindi Nehant non può più liberarsi?”

“Temo sia più complicato di così. Certo gli ci vorrebbe più tempo, molto di più. Prima di andare oltre, credo sia necessario leggere gli altri rapporti” disse Ciramor mostrando altre carte del Consiglio “Qui vedo che Dimizar ha fatto delle dimostrazioni alquanto impressionanti davanti al Consiglio . Era riuscito a corrompere un pezzo di Pietra Caduta dal Cielo e, cito testualmente quanto disse lui davanti al Consiglio delle Gilde:”La magia di Nehant permette di esiliare i Solarian dalla fonte del loro potere e, quindi, avere successo, dove tutto il resto fallisce””

“Capisco dove vuoi andare a parare Ciramor. È fuori discussione!” tuonò Anryena

“Vuoi spingere Nehant a combattere il Solarian? Ma come?” chiese Marzhin “Come fare a liberarlo innanzi tutto?”

“Se spezziamo un'altra catena sarà in grado di usare il suo potere di prendere possesso di un corpo. “ disse Ciramor mettendosi una mano sul cuore

“Tu sei un folle! Combattere il male con altro male è sicuramente una cosa buona ma mettiamo anche che Nehant annienti il Solarian , a quel punto che facciamo? Gli diciamo: per piacere ora ritorna nella tua prigione di cristallo?” abbaiò Kounok

“Noi piegheremo la sua volontà” rispose Ciramor con pacatezza

“Tu stai vaneggiando! Altri hanno avuto l'ardire di pensare di resistergli e ora sono, nella migliore delle ipotesi, morti oppure esseri vuoti”

“Io...Penso che possiamo farcela...” osò dire Pilkim sotto lo sguardo stupito del padre “Credo di aver capito quello che vuole fare Ciramor ed è fattibile”

“Davvero?? Mettendosi a pregare?” ironizzò Anryena

“Tu vuoi che prenda possesso di te, vero Ciramor?”

“Sì, alla fine il piano è semplice ma richiede molta preparazione. Primo: trovare i demoni che cercando l'Onyrim e convincerli a portarmi da Nehant. Poi una volta lì stipulare un patto magico con Nehant in modo che una volta liberato prenda possesso del mio corpo. Una volta fatto ciò, rimane solo un problema, affrontare il Solarian!”

Anryena si passò le mani sul volto, non era molto attratta dalla prospettiva di lavorare con i Nehantisti.

“Come farai a rompere la Terza Catena?”

“Calice”

“Calice”

Ciramor e Pilkim risposero all'unisono.

“Non vi obbedirà mai”

“È fatta di magia e la magia è il nostro campo. “ soppesò le parole Pilkim “Ho un'idea. Prendiamo Calice e vediamo se funziona. Dovesse funzionare dovrei essere in grado di fornire abbastanza protezione a Ciramor per resistere all'influenza di Nehant”

“Ti trovo pretenzioso piccolo mago ma se riesci ad ingannare Calice, sono pronto a nominarti Maestro-mago” scherzò Kounok

Pilkim divenne subito motivatissimo.

“Sei sicuro di quanto dici di poter fare Ciramor? Se tu fallissi metteresti le tue conoscenze d'Eredan in mano di Nehant, oltre al fatto che saresti alla sua mercé”

“Come ha detto Pilkim. Saranno i risultati su Calice a darci l'esatta prospettiva su questo piano”

“Così sia. Nel frattempo ordinerò ai Signori Dragone di preparare le loro truppe”


Il giorno dopo nella casa di famiglia di Marzhin e Pilkim.


Il ragazzo aveva passato la notte ad elaborare incantesimi con il padre. Il Maestro-mago era sbalordito dal figlio, aveva un ingegno incredibile e un'affinità unica con la magia. Oramai se ne rendeva conto, suo figlio era cresciuto.

Pilkim si era addormentato in mezzo ai libri di incantesimi, solo dopo averne creati di nuovi e potentissimi.

Ora era venuto il momento di testare le nove scoperte. Ciramor, Marzhin e Pilkim entrarono in una grande sala circolare di casa loro. In quel luogo non avrebbero mai rischiato di distruggere i mobili perché era la stanza adibita agli esercizi magici. Marzhin era lì in caso di osservatore, pronto ad intervenire in caso di bisogno.

“Come stiamo procedendo?” chiese Ciramor

“Vi spiego come funziona. Ho studiato i legami della magia delle ombre. Notate che pur essendo simile a quella nehantica non lo è. Se la magia nehantica piega alla propria volontà, la soluzione che ho dovuto escogitare, è stata quella di modificare la natura stessa della magia. Per farlo ho dovuto usare la prima vera forma di magia, quella più pura, Guem”

Allora Pilkim prese da una bisaccia la pietra-cuore della Mangiapietra dei Confini e la posò davanti a se.

“La magia, quella più pura, è quella che domina le altre e che regola tutte le forme di vita sulla terra”

La pietra-cuore cominciò a levitare davanti a Pilkim, il quale gettò in aria dei cristalli blu , i quali cominciarono a loro volta a fluttuare.

“Il fine è quello di attingere a questa magia purissima senza perdere il controllo, senza esserne soggiogati. Questi cristalli blu sono pezzi della gemma di Dragone. Lui era un guemelite di Guem così come Eredan e la Mangiapietra dei Confini. Se la mia parte di rituale sarà pericolosa la tua non lo sarà di meno. Dovrai trannere Calice, dandomi il tempo di recidere il legame che ha con Nehant e legarla a te. Se funzionerà ti insegnerò a stipulare legame magici in grado di modificare la magia di Nehant. Cominciamo!”

La scatola che racchiudeva Calice era stata posata vicino a Marzhin, Ciramor la afferrò.

“Oh, finalmente un nuovo portatore degno di questo nome” si congratulò la spada, parlando nella mente del giovane. Sentiva la volontà della spada crescere in lui e fece appello alle sue forze per resisterle. Iniziò un braccio di ferro mentale tra Calice e Ciramor. Pilkim diede vita al suo sortilegio, creato durante la notte. Gli occhi del padre erano colmi di orgoglio misto a preoccupazione.

I cristalli della gemma di Dragone si accesero in una luce armoniosa. Sottili filamenti di legame draconico li legavano. Poi la pietra-cuore di Mangiapietra rilasciò altri legami che colpirono ogni singolo cristallo . Pilkim canalizzava questi filamenti indirizzandoli a destinazione, sentiva la magia di guem scorrere in lui.

Ciramor teneva la lama come fosse un'estensione del suo braccio, non poteva mollarla ma allo stesso tempo la lama bruciava come un pezzo di brace. “Non ti lascerò controllarmi” urlò nella sua testa Ciramor Ma inevitabilmente Calice stava prendendo possesso della mente del ragazzo, il che era ovvio visto che era stata creata per farlo.

“Presto, veloce” urlò “Mi sta divorando”

Pilkim assorbì la magia da tutti quei cristalli magici. Attorno a lui il tempo sembrava rallentare. La sua mano era riscaldata dal turbinare di luce blui, poi afferrò la spada. Percepì le particelle di magia che la componevano, diverse da quelle di metallo. Poteva vedere al suo interno come fosse rotta. Vi entrò. Vide il legame che univa la spada a Ciramor, il giovane portatore era in difficoltà. Pilkim invertì quel processo , facendo in modo che fosse il portatore a corrompere la spada.

Di colpo Pilkim mollò Calice. Ora Ciramor era in grado di controllarla.

“Incredibile.” disse Marzhin aggrottando la fronte

Poi il rito si concluse. I cristalli di gemma caddero a terra, Pilkim fece in tempo ad afferrare la pietra-cuore prima che facesse la stessa fine.

“A volte mi chiedo se tu non sia da mettere sullo stesso piano d'Eredan figlio mio”

“Io non sono Eredan. Io sono il Maestro-mago Pilkim”

Continua con "La fine di un'epoca"

1. Albero-Mondo

Capitolo 1- Pericolo in nostra dimora


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Eikytan e il Sachem non avevano partecipato alla battaglia che aveva visto giungere Sol'ra. Mentre l'elfine guidava le truppe in ritardo, il Dais si era avventurato dove ben pochi eltariti osavano. In quel luogo la vegetazione era più scura e cresceva l'una ammassata sull'altra. Ad elfine ed Hom'Chai non piaceva quel posto così squallido e poco osiptale. Dietro quell'apparente bruttezza si celava una bellezza straordinaria. Questo era il luogo in cui viveva prima Eikytan. Lui conosceva il valore degli esseri viventi che vi dimoravano nelle varie stagioni. Loro non si erano mai mostrati e vivevano nascosti agli occhi degli altri abitanti della foresta.

Il Dais fermò il suo incedere nel mezzo di una radura ben poco accogliente.

“Io sono Eikytan, guardiano dell'inverno, frutto dell'Albero-mondo. Sono venuto per chiedere il vostro aiuto”

Un sussurro si fece largo.

“Perché? Perché?”

“Perché aiutarci? Mi sono svegliato perché la terra sta morendo e la foresta si sta riducendo. Se non agiamo i nostri villaggi scompariranno”

“Loro non vengono qui. Loro non ci onorano”

“Possiamo biasimarli? Siete spariti diventando leggendari. Se non farete nulla la foresta scomparirà e voi con essa”

Il leggero crepitare venne ascoltato. Un fruscio di foglie e passi venne subito dopo. Gli spiriti dell'inverno si mostrarono uno dopo l'altro. Il loro fisico era quello degli esseri umani ma la loro pelle faceva assomigliare il loro aspetto a vecchi alberi rachitici. Camminavano a scatti, i loro volti erano di una bruttezza impressionante così come si cantava nelle leggende sui crudeli spiriti dell'inverno.

“Grazie per aver accettato di aiutarci”

“Non possiamo fare altrimenti, tu sei il guardiano d'inverno. Cosa vuoi che facciamo?”

“Diverse cose. Rinforzare le fila degli eltariti e aggiornarmi su quanto successo a Quercus”

Uno degli spiriti si avvicinò vero Eikytan.

“Ti posso condurre da lui, so dove stanno i suoi resti”

“Noi invece , andremo al villaggio più vicino”

Mentre gli spiriti invernali abbandonavano il loro territorio per la prima volta dopo innumerevoli anni, Eikytan seguì la sua guida attraverso la foresta. Normalmente gli eltariti non sarebbero mai venuti in quella zona, solo chi si fosse perso o chi fosse all'avventura sarebbe giunto in luoghi tanto ameni. Ora la foresta confinava con la catena montuosa Sfonda-Cielo; la vegetazione era composta quasi esclusivamente da imponenti querce e castagni. Eikytan ritenne che gli alberi presenti in quel luogo fossero ben più antichi che gli altri della foresta.

“Non posso andare oltre. Troverai Quercus continuando su questa strada”

“Hai tutta la mia gratitudine, spirito dell'inverno, torna pure indietro. Ci vedremo più tardi”

Il guardiano dell'inverno si sentiva bene in un luogo tanto bello. In quel luogo non c'era alcuna influenza da parte della Pietra Caduta dal Cielo, i colori erano vivaci. Le querce erano coperte di licheni, i cui colori erano contrastanti da quelli delle foglie di castagno che cadevano gentilmente sul terreno umido. Un leggero profumo di legno inebriava l'aria.

Stava camminando lentamente, cercando una sorta di edificio costruito in onore di Quercus, quando una freccia si conficcò poco distante dai suoi piedi.

“Altolà” gridò una voce femminile “non ti muovere”

Il dais vide un'ombra vicino ad una quercia, un'ombra di elfine, la quale brandiva un arco bianco.

“Che cosa vuoi?” chiese questa volta una voce maschile

Un Hom'Chai piccolo ma corpulento apparve da dietro un albero e si mise in mezzo alla strada come per bloccare il passaggio.

“Il mio nome è Eikytan, sono il custode d'inverno. Mi è stato detto che Quercus dimori qui, sono venuto solo per onorare la sua memoria”

L'elfine saltò a terra con grazia dal suo appiglio, l'arco di lei sempre puntato contro il bersaglio.

“Non sono un nemico, sono un dais”

L'Hom'Chai e l'elfine si guardarono in faccia, poi l'arciere, vinta dalla curiosità, si avvicinò ad Eikytan per toccarlo con mano.

“Nessun Dais è venuto qui per generazioni” disse l'Hom'Chai con fare accusatorio.

“Questo è un male, il Key'zan non dovrebbe ignorare questa parte di foresta perché anche essa fa parte del territorio eltarite. Puoi rispondere alla mia domanda: dov'è Quercus?”

I due guardiani si consultarono privatamente.

“Lo lasciamo passare o lo facciamo tornare su suoi passi?” chiese l'elfine pronta all'attacco.

“Mmm, per una volta che abbiamo un Dais a farci visita, dovremmo lasciarlo passare”

“Per me va bene ma dobbiamo tenerlo d'occhio. Al primo sgarro si beccherà una freccia in mezzo agli occhi”

Poi si avvicinarono al dais che comunque aveva sentito tutto.

“Quali sono i vostri nomi?” chiese Eikytan

“Moarg e lei è Castagna”

“Castagna...capisco perché ti chiamano così” disse ironicamente

L'elfine evitò di controbattere al legame che c'era tra il suo nome e il suo brutto carattere e, piccata, si incamminò per la via. Moarg, Eikytan e Castagna percorsero diversi sentieri, i quali passavano tra gli alberi e conducevano ad un villaggio situato in un enorme cerchio di roccia. All'interno di quel cerchi c'era un ancora più impressionante quercia. Era più grande di qualunque altra pianta della sua specie. Eikytan rimase sorpreso della somiglianza tra quell'albero e l'Albero-Mondo. Non doveva essersi originato da una ghianda.

Gli abitanti del villaggio prima guardarono Eikytan con curiosità mista a paura e poi solamente con curiosità. Castagna e Moarg vennero esaltati per quanto fatto ed ora si vantavano del loro “ritrovamento”.

Eikytan non prestò attenzione agli hom'chai ed alla elfine, si diresse, sussurrando, invece verso l'albero. Dopo aver fatto un giro attorno al fusto, si sedette ai piedi dell'albero, chiuse gli occhi e lasciò vagare la mente. La magia era onnipresente in quel luogo, sia dentro che fuori dell'albero. C'era una magia famigliare, simile alla sua.

“Quercus, sei qui” pensò

In risposta alla sua ipotesi, le radici dell'albero che fuoriuscivano dal terreno incominciarono a muoversi lentamente.

“Sono qui, fratello Dais” rispose una voce profonda

Le radici si avvilupparono dolcemente su Eikytan trascinandolo verso terra. Il dais lasciò fare, non c'era alcun aggressività in quel gesto. La terra si aprì e lo lasciò passare come se quel passaggio ci fosse sempre stato. Ora era sotto l'albero. Le radici lo lasciarono in un buco che brillava per via delle molteplici gemme d'ambra.

Eikytan sentiva forte la presenza di Quercus ma non vedeva altro che liane e radici.

“Quercus!”

Le radici e le liane si avvilupparono per creare la forma di un corpo, simile a quella di un dais. Quella cosa atterrò per terra, davanti ad Eikytan.

“Guardiano d'inverno”

La dizione non era perfetta, la voce era allo stesso tempo cavernosa ed esitante.

“Quercus...non lo sono più....io non sono più”

“Com'è possibile, sei davanti a me, mi stai parlando. Il Key'zan mi aveva detto che eri morto”

“Io...sono...oltre...la morte. Il Key'zan...mi crede...morto. Ma io....non...Non sono...mort...Mutato”

“Come hai fatto a diventare un albero? Nessun dais ha mai potuto farlo! Vuoi dire che possiamo trasformarci in alberi?”

“No...ho avuto questo...dono....perché...io..sono..il primo frutto”

Eikytan rimase deluso dalla risposta ma era contento di sapere che Quercus non fosse morto.

“Sei diventato un albero-mondo?”

“No..non posso...ma la madre....io...posso...donare la vita”

“Devo dare questa buona notizia agli eltarite”

“No...questo posto...deve essere segreto”

In quel momento la terra tremò, rischiando di far collassare quella piccola grotta. Eikytan sapeva che quell'energia proveniva da ciò che era stato svegliato, da ciò che corrodeva la terra”

“Questo..è l'inizio...Eikytan..prendi questo...incomincia la grande caccia”

Altre radici, mosse come lunghe dita nodose, portarono un oggetto di legno. Il guardiano d'inverno afferrò quell'oggetto che non era altro che la vecchia maschera indossata da Quercus quando camminava sulle terre di Guem.


Il Key'zan si svegliò. Sapeva che dopo il sacrificio del Magiapietra tutto sarebbe stato diverso. In lontananza si vedeva una grande colonna di fumo, un segnale che sembrava promettere che il peggio stesse arrivando. Non poteva ancora sapere che fosse ancora peggio delle sue paure...

Tutto tremava, come se scosso a sua volta dal dolore originatosi. Molti membri dei Cuore di Linfa si riunirono vicino al loro capo. Tutti erano preoccupati per quell'infausto segnale e si diressero verso la foresta. Il fumo non faceva che aumentare. Enormi fiammate divoravano gli alberi uno dopo l'altro.

Il Sachem sentiva che l'energia di Sol'ra si stava diffondendo come una malattia assieme ad un terribile odore di legno in fiamme. Gli hom'chai e le elfine della sua tribù abbandonarono quanto stavano facendo. Tutti attendevano gli ordini del loro capo. Quest'ultimo attese fin quando un'orda di animali impauriti provenne dal centro della foresta.

“Devo andare a vedere. I guerrieri mi seguano, gli altri siano pronti al peggio”

Mentre si dirigevano dentro la foresta, l'odore diventava sempre più forte e un fumo leggero cominciò a provenire dagli alberi. Il gruppo incominciò a correre verso il limitare della foresta quando le fiamme cominciarono divorare alberi ed erba. Il caldo era insopportabile. Il fuoco si stava propagando in maniera incredibile, le fiamme sembravano esseri viventi, danzavano da ramo a ramo. L'energia del fuoco era tutt'altro che normale.

Non lontano da lì, un villaggio era minacciato dalle fiamme e i suoi guerrieri cercavano di arginare la furia del fuoco con la magia. Incominciarono a ballare e ad invocare il favore del cielo. Ci vollero dieci minuti buoni prima che le prime gocce cominciassero a cadere sulla regione.

Il Key'zan e i rimanenti Cuore di Linfa giunsero quando la pioggia oramai batteva forte. Purtroppo però, l'acqua sembrava non avere alcun effetto sulle fiamme.

Capitolo 2- Aiuto Imprevisto


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La tempesta soffiava con forza. La sua intensità era tale che avrebbe potuto uccidere un'animale abbastanza sciocco da avventurarsi in un ambiente tanto ostile. Gli Elfi del Ghiaccio però erano abituati a tali fenomeni, si muovevano con cautela e in più non pativano il freddo.

Yilith, la profeta, aveva viaggiato lungo tutto il globo per trovare una soluzione all'agonia del suo popolo. Purtroppo non aveva avuto successo. Anzi, la situazione non aveva fatto altro che peggiorare e quello che aveva appreso parlava solo della fine del mondo, del suo mondo. Non aveva mai visto una tempesta tanto violenta. Pensava che dovesse essere l'ira degli dei ma questi erano silenti, le loro voci, portatrici di divine verità, ridotte a sussurri imperscrutabili.

Era dunque il crepuscolo tanto temuto?

In un solo anno, la Faglia era divenuto un lago di acqua ghiacciata, di coloro azzurrino quasi turchese. Yilith cercava di avanzare più in fretta possibile, doveva arrivare alla grotta in cui sperava di trovare Nibelle. I segni di artigli nel ghiaccio non lasciavano intendere buone nuove. L'acqua aveva inondato i corridoi nei quali una volta transitavano i più grandi profeti.

D'un tratto il suo cuore si fermò. Poco innanzi c'era il corpo di colei che era stata una madre per lei. Nibelle giaceva senza vita, in parte sommersa dal ghiaccio. Lacrime di ghiaccio, scivolarono le guance blu mentre liberava la vecchia elfa dal ghiaccio.

“Perché? Perché?” si lasciò sfuggire mentre le sue lacrime si mischiavano all'acqua. “Perché dei l'avete lasciata morire?”

Il dolore per la perdita di una persona tanto cara fece vacillare un attimo la fede di Yilith, come acqua a contatto con il fuoco. Una volta passati i primi terribili momenti, si guardò attorno alla ricerca della verità su quanto fosse accaduto il quel luogo. La porta che Nibelle sorvegliava, era spalancata e le bruciature presenti sul corpo dell'elfa facevano intendere che fosse stato un demone a ferirla.

“Restate silenziosi, dei. Forse perché noi che eravamo i guardiani abbiamo fallito nel vegliare sul prigioniero?” disse abbracciando il corpo di Nibelle “Come potete pensare che il nostro popolo confidi ancora in voi?”

Senza attendere una risposta, abbandonò quei luoghi per lei ora maledetti. Il paese più vicino alla Faglia era ad una mezza giornata di cammino. Decise di andare in quel luogo in modo da preparare un rito funebre adeguato.

Una disgrazia tira l'altra ed Yilith non aveva terminato di scoprirle. Al posto del villaggio c'erano una moltitudine di iceberg che galleggiavano alla deriva. La popolazione aveva cercato di salvare il salvabile ed ora viveva in alloggi di fortuna. La profetessa ben presto si trovò circondata da donne in lacrime, le quali la pregavano di intercedere con gli dei per far smettere lo scioglimento del ghiacciaio.

Yilith posò Nibelle al centro del villaggio e armandosi di coraggio diede al popolo la triste notizia.

“Ho percorso tutto il mondo e ho visto paura, violenza e mancanza di solidarietà. Torno a casa e trovo la morte e la fine del nostro popolo. Gli dei non mi parlano, guardano lontano da questa parte di mondo. Nibelle non c'è più e colui che noi vegliavamo in prigionia è ora libero chissà dove”

Un elfo si avvicinò, dal vestito era sicuramente un capo tribù.

“Quello che annunci è terribile profetessa. Conferma ciò che già temevamo. Mi chiamo Ursyd e in tua assenza ho convocato una riunione dei capi tribù per prendere decisioni”

Yilith ascoltava solo a metà, intenta com'era a cercare oggetti necessari al rito che voleva praticare.

“Parleremo dopo Ursyd, se ti va bene. Ora vorrei dire addio a Nibelle” disse tra le lacrime.

Il capo comprese le ragione della profetessa ed ordinò che venisse aiutata a rispettare le tradizioni. Un'ora dopo era tutto pronto. Nibelle venne posata su di una pira di legno bianco, legno proveniente dalle vecchie case del paese.

Tutti gli abitanti, circa una quarantina, formarono diversi cerchi attorno a Nibelle ed Yilith; quest'ultima iniziò ad intonare un canto sacro conosciuto da tutti, in modo che gli dei potessero ospitare la loro serva nella loro eterna dimora.

La canzone riempie il cuore, già pesante, di dolore per il caro perduto. Poi quando il canto venne terminato, il defunto venne adagiato sulla pira cosicché l'anima potesse abbandonare il corpo.

Finita la cerimonia lei si rivolse ad Ursyd.

“Ti ascolto”

“La maggior parte dei villaggi, compreso il nostro, è stato travolto dallo scioglimento dei ghiacci. I capo tribù hanno convenuto di andare a nord, oltre la bianca foresta di Norr, là dove il ghiaccio non si scioglie mai.”

“È una buona scelta ma è pericolosa. Tutti coloro che sono partiti non sono più tornati”

“Sì è una buona scelta ma la mia opinione è diversa!” si infuriò

Ylith si giro il capo tribù, che era accompagnato da diversi altri elfi, tra cui un guerriero armato di ascia e una giovane donna dallo sguardo duro.

“Spiegati meglio”

“La mia tribù si unirà a quella di Asmardine, andrà a nord senza di noi.”

“E tu?”

“Io andrò con loro” disse indicando i suoi compari “Andremo verso sud e troveremo i responsabili di questo disastro. Noi seguiamo i precetti di Agmundar: se si viene colpiti bisogna contrattaccare con il doppio della forza”

“Ma tu non sai nemmeno contro chi combattere”

“Lo scopriremo. Il nostro destino è quello di andare via dal ghiacciaio per vivere altrove”

Lei che aveva perso la speranza si trovava innanzi ad elfi coraggiosi, pronti a lasciare le loro terre per affrontare un nemico di cui non sapevano nulla. Era una prova degli dei?

“E tu Profetessa, cosa intendi fare?”

La domanda era giusta. Cosa intendeva fare? La riposta in realtà era semplice.

“Verrò con te. Verrò per catturare l'assassino di Nibelle e rimettere colui che era imprigionato nel ghiacciaio al suo posto”


Così partirono come esuli. Ayir, Kokrem, Ursyd e Yilith partirono dal ghiacciaio ametista e non ci fecero mai più ritorno. Quello che sarebbe accaduto loro sarebbe rimasto per sempre nelle pagine della storia di Guem.

Dama Yilith aveva deciso di condurli nel luogo che accomunava i destini di molti, il luogo della Pietra Caduta dal Cielo. Il gruppo passò attraverso la brughiera prima, lungo sentieri sulle alte catene montuose poi ed infine costeggiò l'intero impero Xziarite. Nel bel mezzo del viaggio, Yilith fermò il gruppo non appena sentì un lieve tremore nella terra, seguito da un'onda d'urto.

“Cos'è stato?” chiese Ursyd con ansia

“Non avevo sentito qualcosa del genere dal giorno della comparsa delle divinità Athorg e Berylnir. Questa però è molto più potente”

“Un dio? Molti dei? Significa che non sono scomparsi?” chiese Ayir

“Credo che questo non sia uno dei nostri dei. Durante il mio viaggio ho incontrato molte fedi e religioni”

Il gruppo si mosse quindi con più celerità. Lasciarono quindi le montagne, la cui presenza dominava il paesaggio. Di fronte a loro, c'era la foresta Eltarite , maestoso ed imponente. Tuttavia era in fiamme. Gli Elfi del Ghiaccio poterono vedere solo questo della foresta, un grande fumo che oscurava il cielo. Poco distante, la Tomba degli Antenati era ridotta ad un cratere, parzialmente ricoperto di una nebbia giallastra. Yilith era convinta che li fosse presente una divinità, ne sentiva il potere ma anche la volontà, una gran voglia di distruzione.

“Che succede?” chiese Ursyd

“Andiamo a vedere la foresta che brucia”

Il giorno seguente giunsero fino alla tomba degli antenati, dove infuriava una feroce battaglia tra i cuore di linfa e la gente venuta dal deserto. Non capivano che stesse accadendo ma Yilith prese la decisione di aiutare un Hom'Chai ferito, appoggiato ad un tronco. Si avvicinò con gentilezza mentre Ursyd, Kokrem e Ayir si mettevano a mezzaluna per proteggerla. L'hom chai non si fidava, sembravano elfine blu. In ogni caso non poteva darsi alla fuga. In quel mentre l'elfo parlò.

“Sono Yilith, io e i miei compagni vengono da nord. Non voglio farti del male, son qui per aiutare”

A quel punto le ginocchia del gigante si piegarono facendolo cadere a terra. Stremato si sedette a terra.

“Puoi dirmi il tuo nome? Cosa sta succedendo qui?”

“Io sono Macchia Rossa, guerriero dei Cuore di Linfa. Quello che sta accadendo qui è una storia lunga ma in breve siamo attaccati dalla gente che viene dal deserto. Hanno portato qui il loro dio e stanno distruggendo tutto. Stiamo cercando di resistere e fermare quelle fiamme ma non ce la faremo.”

Mentre Macchia Rossa parlava, Yilith chiese l'intercessione di Berylnir, il dio benefattore. Fu sorpresa di vedere che gli aveva concesso il dono di curare le ferite. Le ferite dell'hom'chai si richiusero.

“Incredibile” disse il guerriero battendo dove si era ferito “Non ho più nulla. Grazie di cuore straniera. Non so chi tu sia ma grazie”

Quindi si alzò, afferrò la sua lancia e si diresse con passo deciso verso la battaglia. Ursyd stringeva con forza i pugni, Kokrem mulinava con foga le braccia.

“Sono d'accordo” disse Yilith comprendendo cosa intendessero fare i suoi compagni. Andate ad aiutare quella gente contro l'invasore. Ayir tu no, ho bisogno di te”

La giovane elfo rimase delusa quando i due maschi si gettarono con foga nella battaglia.

“Queste fiamme non sono naturali. È l'opera di un dio, sicuramente quello che abbiamo percepito tempo fa”

“Pensi di poterci fare qualcosa?” chiese Ayir dubbiosa

“Noi siamo figli degli dei, quindi credo di sì ma dovrai aiutarmi a pregare per farci sentire”

“Certamente”


Mentre Ayr e Yilith si allontanavano dalla battaglia, Kokrem ed Ursyd si unirono alle fila dei cuore di linfa contro i Nomadi. Gli Hom'Chai erano particolarmente famosi per essere aggressivi in battaglia ma rimasero piacevolmente stupiti dalla furia con cui combattevano i due elfi. I Nomadi si organizzarono per fronteggiare i nuovi nemici. La Sfinge si diresse verso i due nemici, pronta a porre fine alle loro ostilità. Il capo tribù lo vide arrivare e la sua rabbia eruppe! In un attimo il suo aspetto cambiò. La testa divenne quella di un orso, gli crebbe una bianca pelliccia e le mani si dotarono di artigli. Urlando come un ossesso, senza più alcuna remora, si avventò sul nemico per annientarlo. Lo scontro fu terribile. Ursyd evitò la lancia del nemico e gli piombò addosso con tutta la forza di cui disponeva. Il Nomade non poté evitare il colpo. Lottavano corpo a corpo come due bestie selvagge. Ursyd usava artigli e morsi, mentre la Sfinge replicava con potenti pugni.

Prima di questo spettacolo, anche Kokrem pregò Agmundar di dargli la forza e trasformarlo in un berserker, seminatore di morte. Anche lui cambiò aspetto, la testa divenne quella di un ariete e si tuffò in battaglia.

I nomadi si affrettarono per aiutare La Sfinge e ben presto Ursyd si trovò soverchiato in numero. Questo era una brutta sitazione. Ma in quel momento Rargnor, Macchia Rossa e Kokrem guidarono la controffensiva. Ben presto la coalizione dei Cuore di Linfa riuscì a respingere i Nomadi verso i confini della foresta eltarite....


In quel momento, poco lontano, i maghi dei Cuore di Linfa, stavano cercando disperatamente di fermare le fiamme. Una piccola parte della foresta, ma comunque enorme, era stata già arsa sotto allo sguardo attonito di Keyzan. La loro magia era inefficace contro il potere divino.

Ogni albero che bruciava era una pugnalata al cuore dei dais, i quali erano connessi alla natura più di qualunque altro essere vivente. Keyzan aveva sprecato tutta sua sua magia senza ottenere risultato.

Gli altri maghi cercavano di porre rimedio ma non sapevano che fare. Yilith e Ayir si avvicinarono con cautela, Keyzan si voltò verso di loro con curiosità.

“Non voglio disturbare” disse Yilith al capo dei Cuore di Linfa.

“Non ci disturbi, credo che ormai sia finita” disse carico di disfattismo

Altri maghi, sentendo queste parole, si fermarono.

“Possiamo provare a modo nostro?”

“Certo ma devo avvertirvi che la magia è inutile”

“Noi non pratichiamo la magia. State indietro, lontano dagli alberi e non disturbateci, per favore”

Parlapietra e Il Sachem protestarono ma il Key zan usò tutta la sua autorità. Se non potevano spegnere le fiamme loro stessi, ogni aiuto poteva essere prezioso.

Una volta che Yilith ritenne che gli abitanti della foresta fossero al sicuro, incominciò a lavorare.

Si mise al centro di una radura, la lancia conficcata nel terreno. La punta indicava il cielo.

“Pronta?” chiese ad Ayir

“Non proprio, non so cosa fare”

“Metti le mani sulla lancia, chiudi gli occhi ed invoca l'aiuto di Edda, la creativa. Trova le giuste parole per implorare il suo aiuto”

“Questo è tutto?”

“Questo è molto, al resto ci penso io”

Ayir obbedì alla profetessa. Nonostante il caldi infernale si concentrò come meglio poteva. Edda era la dea principale del pantheon degli Elfi del Ghiaccio. Secondo la loro religione, lei aveva creato il ghiacciaio d'Ametista e le sue lacrime avevano dato vita agli Elfi del Ghiaccio.

Rimasero così, immobili, per molto molto tempo, pregando Edda di fermare le fiamme che divoravano la foresta. Non lontano, Key zan e gli altri, sentivano il calore generato dalle fiamme e poi pian piano giungere un senso di fresco.

“Che sta succedendo?” chiese Parlapietra mentre gli alberi si ricoprivano di brina

“Guardate” urlò il Sachem “Le fiamme stanno svanendo”

Infatti sugli alberi su cui c'era la brina erano scomparse le fiamme. Key zan andò a vedere. Al centro della radura trovò le due elfe e intorno a loro solo ghiaccio.

“Hai fatto un miracolo?” chiese stupito il dais

Ayir lasciò cadere a terra la lancia mentre Yilith si guardò a destra e a sinistra.

“Sembra che la foresta sia un po' imbiancata” disse l'elfa

“Un po' sì” rispose Yilith, poi si rivolse a Keyzan “Ciò che un dio ha fatto può essere annullato da un altro, Siamo in grado di sedare completamente le fiamme, solo che ci vorrà del tempo”

“Prendetevi tutto il tempo che volete, voi siete qui...grazie a voi”

Capitolo 3 - Spiriti dell'inverno


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In questo momento della storia, la foresta Eltarite non era stata ancora arsa dalla furia dell'Avatar di Sol'ra. Eikytan, il dais incaricato di vegliare sull'inverno si era svegliato in anticipo dal suo sonno. La situazione attuale preoccupava molto colui che era uno dei primi frutti dell'albero-mondo, a dire il vero non era mai stato così preoccupato. Il pericolo era come una cappa opprimente, così come un cielo carico di neve.

Eikytan aveva lasciato Keyzan e i draconiani con l'uovo del Mangiapietra e pensò fosse giunta l'ora di andare a chiamare gli spiriti dell'inverno. Il Sachem vide il dais andarsene e, perplesso, decise di seguirlo.

“Posso accompagnarti Antico?” chiese con molto rispetto

“Se non soffri il freddo sì. Mi piacerebbe molto parlare con te. C'è molta strada da fare prima di giungere nella parte settentrionale della foresta”

Camminarono seguendo il fiume, il quale divideva la foresta in un'asse nord-sud. Eikytan rimase stupito nel vedere la neve sciogliersi a terra.

“Di cosa volevi parlare Antico?”

“Io sono vivo da molto tempo e ad ogni mia veglia vedo impotente che i nostri costumi e usanze stanno scomparendo. Molti spiriti e creature non abitano più nella foresta. Cos'è successo?”

“È una domanda alla quale faccio fatica a rispondere. Io e la mia tribù abbiamo vissuto per decine e decine d'anni dall'altra parte del mondo, ignorando che avessi fratelli e sorelle lontani. Adoravamo false credenze. Quello di cui posso parlare è il raffronto con quanto credevo fosse giusto”

I maschi elfine mostravano spesso di essere sensibili al loro ambiente, per questo erano tenuti in gran considerazione e spesso si rivelano essere ottimi capi.

“Dammi il tuo parere, Akem”

“Akem” ripeté l'elfine “Questo nome è il perfetto esempio di quello che voglio dire. Quando la foresta è in pericolo, le forze che la animano cooperano. Non credo sia un caso che io e la ma tribù siamo tornati qui, che la Mangiapietra abbia attirato l'attenzione e che io ed Akem abbiamo stretto un patto. Tu sei destato, ora devi svegliare gli spiriti dell'inverno. Penso che tu sia addolorato dalla scomparsa dell'Albero-mondo e perciò hai l'impressione che tutto stia crollando. Io invece penso che tutto sia mutato m tu sia rimasto quello di un tempo e che quindi non possa essertene accorto”

Eikytan continuò a camminare pensando alle parole del Sachem. Quest'ultimo cercò più volte di riprendere il discorso ma il dais era distante con la testa. La neve ora ammantava tutto di bianco. Le foglie avevano perso tutte le loro foglie. Eikytan si voltò, visibilmente disorientato.

“Che succede Antico? Siamo già passati di qua, diverse volte”

“La presenza degli spiriti dell'inverno è molto diffusa, questo è strano. Hai ragione, non mi piace che gli eltariti siano cambiati, non mi piace il cambiamento. Non riusciamo a sentire gli spiriti dell'inverno, questo è normale ora ma è colpa del...cambiamento” disse con tono irato

“ Andiamo al totem dell'inverno, da lì potrò farli tornare”

Il sachem osservò bene il Dais. Aveva creduto per tutta la vita che quelle creature fossero il male assoluto. Oltre a ciò c’era un altro fenomeno che lo interessava particolarmente: quando avevano lasciato il villaggio, il Dais era ingobbito e camminava a fatica ma ora che la neve cadeva copiosa, era più forte e vigile, era letteralmente cambiato.

La curiosità era troppa e per non poté fare a meno di chiedergli il motivo. “Io sono il custode dell’inverno . Quando fa freddo, il terreno è ghiacciato e gli animali dormono, io sono all’apice delle mie forze. Quando tornerà la primavera, le mie forze scemeranno ed io tornerò nel mio riposo. A quel punto toccherà ad un altro guardiano prendere le redini della situazione”

“Ho capito, grazie per la risposta Antico”

“Siamo a destinazione, guarda” disse Eikytan indicando un pilastro in mezzo ad una radura. Il totem era un enorme blocco d’ambra. La neve ne aveva ricoperto la superficie.

Il Dais fece un giro attorno ad esso. “Non ci sono le pietre!”

“Di cosa parli?”

“C’erano quattro pietre magiche. Grazie ad esse può essere usato il totem e quindi svegliare gli spiriti dell’inverno” Il sachem passò le mani sul totem, liberandolo dalla neve e vedendo così gli animali raffiguratici : alce, lupo, coniglio e gufo. C’erano delle cavità, grandi quante un uovo di gallina, in cui inserire degli oggetti.

“Mi permetteresti di vedere la storia del luogo? Così da capire quanto successo” Eikytan annuì. Il Sachem ,concentrato, sedeva a gambe incrociate poco distante dal totem. Aveva già usato quel genere di incantesimo quando era ai Confini. “Vedi Eikytan, quando si usa la magia del tempo c’è sempre il rischio di esservi risucchiato, conto su di te perché questo non accada” Il Sacem formò una V con i suoi avambracci “Spiriti del passato, ascoltatemi, liberatemi dalle catene del presente. Io seguo le tracce della grande storia…”

Immagini cominciarono a balenare nella sua mente, innumerevoli giorni e notti accelerarono verso il passato. La neve scomparve, si dissolse tra gli alberi ed infine apparve una creatura. Il sachem usò tutta la sua magia per rallentare l’arrivo di questa creatura. Il suo aspetto era quello di una gazza, dal piumaggio bianco e nero. Le sue ali erano anche le sue braccia e il suo aspetto non lasciava alcun dubbio: era di origine eltarite. Con fare deciso afferrò le pietre e le ripose nella sua bisaccia.

Eikytan guardava con attenzione Il Sachem, il quale era perfettamente immobile.

Per mezz’ora si limitò a guardarlo, poi quando vide che il corpo del compagno stava diventando trasparente decise di intervenire fermando il rito magico. Con forza scosse l’elfine, facendo così terminare il sortilegio. La magia si fermò e il Sachem tornò al presente, non sentiva più le gambe.

Scosse la pelliccia d’Akem per riscaldarsi. “Allora, che hai visto?”

“Brrrr….. Ho visto un uccello femmina. Ha rubato le pietre e se ne è andata come niente fosse”

“Un uccello donna. Aveva per caso macchie bianche sulle ali?”

“Sì e aveva anche qualcosa nel becco”

“Una Laken. Ne rimangono ormai pochi. Se non sbaglio dimorano qui vicino, dobbiamo andare a controllare”

E via di nuovo, sfidando la neve ed il gelo. Il Sachem era ormai senza energie e dovette chiedere aiuto ad Akem per diventare un uomo-felino. Il pelo lo riscaldò in poco tempo, rendendogli più facile progredire nel territorio Laken. Il paesaggio era mutato di poco ma la presenza di piume bianche e nere faceva intendere che la direzione fosse giusta.

Akem riconobbe la sagoma, in volo, del ladro e le pietre che portava. La indicò a Eikytan, il quale passò subito all’offensiva facendo germogliare radici che si avvilupparono attorno alle zampe della ladra. Eikytan tirò le radici ma la ladra resistette, rimanendo in volo grazie alla potenza delle sue forti ali. Akem ed Eikytan balzarono in aria e la ingarbugliarono con molte radici.

“Cos’hai fatto alle pietre?” disse Akem afferrandola per la gola Scossa e spaventata, la donna uccello scosse la testa in tutte le direzioni, emettendo strilli acuti e provando a scappare.

“Aspetta Akem, guarda il suo becco” disse Eikytan mostrando lo strano gioiello che usciva dal suo becco “Se la smetti di dimenarti non ti farò nulla”

Eikytan si avvicinò alla ladra

“Ora rimuoverò alcune radici ma sarà bene che ti ci dica la verità. Non sono molto paziente, il tuo gesto mi impedisce di svegliare gli spiriti dell’inverno e di salvare la foresta. Non so se sono stato chiaro”

La Laken raccontò quanto era successo ed Eikytan tolse le radici che le bloccavano le gambe.

“Dove sono le pietre?” insistette Akem

La Laken mostrò il gioiello incastrato nel becco sia ad Eikytan che ad Akem, poi ripeté il gesto per essere ben compresa. Non riuscivano però a capirla ed allora cominciò a raccogliere ciottoli. Infine, lentamente indicò nuovamente il gioiello in modo da farsi capire.

“Vuoi che ti togliamo il gioiello e in cambio ci daresti le pietre?”

Lei annuì.

“Se volevi liberarti di quel gioiello perché non hai chiesto aiuto ad uno sciamano?” chiese Akem

La Laken rivolse lo sguardo al cielo e strinse le spalle.

“È nella sua natura” spiegò Eikyan “I laken sono creature difficili. Penso abbia fatto tutto questo solo per costringermi ad aiutarla. Questo piccolo ricatto non mi sorprende affatto”

“Accettiamo” disse Eikytan “Dacci le pietre e prometto di restituirti la parola”

Akem continuava a lamentarsi ma il Dais non stava ad ascoltarlo, era concentrato sul suo compito. La Laken li condusse a poche centinaia di metri, sulle rive di un laghetto ghiacciato.

“Non sento alcuna magia qui. Non avrei di sicuro cercato le pietre qui” disse Eikytan avanzando titubante sul ghiaccio.

La laken si fermò infine, mostrando che le pietre fossero sotto il ghiaccio. Il guardiano dell'inverno ruppe il ghiaccio con diversi colpi del suo bastone, facendo in modo ch lo spazio fosse sufficiente per passarci attraverso. Dietro di lui sia la Laken che Akem pregavano che non fosse chiesto loro di immergersi nell'acqua ghiacciata . Furono fortunati. Non soffrendo il freddo fu il dais ad immergersi senza esitazione alcuna. Eikytan non aveva lo stesso metabolismo di elfine o esseri umani, avrebbe potuto restare immerso per molto molto tempo. Il lago non era molto profondo ma era comunque buio. Tastando il fondo riuscì a trovare una borsa, nella quale vi erano le pietre.

Akem intanti era lontano dalle poco rassicuranti crepe nel ghiaccio, aiutò Eikytan ad emergere cercando però di bagnarsi il meno possibile. Da quando il Sachem era divenuto Akem provava una certa repulsione per l'acqua, d'altronde Akem era un felino.

Eikytan esaminò bene la borsa. Quando era chiusa non faceva trapelare la minima traccia magica.

“Pelle di Zanil, non è vero?”

“Zanil?” chiese Akem

“Lo zanil è un animale insensibile alla magia. È una specie ormai estinta, cancellata dalla faccia della terra dagli umani.” disse dando la borsa alla legittima proprietaria. La Laken annuì vigorosamente e si avvicinò indicando il gioiello incastrato nel mento.

“Rispetterò la parola data, ti libererò da quell'oggetto. Bada bene però alle parole, non mi costa nulla rimetterlo”

Eikytan accarezzò il lungo becco della Laken, indugiando sui gioielli. Il metallo dei gioielli si contorse come animato da vita ed Eikytan tirò in quel momento. La Lakem riuscì finalmente ad aprire il becco, felice di poter parlare nuovamente. Si gettò tra le braccia del Dais, il quale rimase impassibile a questa dimostrazione d'affetto.

“Grazie grazie grazie” disse con voce gracchiante

“Non devi ringraziarmi, ho dovuto fare in fretta. Non ho finito con t però, come ti chiami?”

“Non so perché ma gli altri mi chiamano Bandita”

“Perché sei una ladra” disse con ironia Akem

“Akem! Ti ho già detto che per i Lakem è una cosa normale quanto volare. Ora non attardiamoci, torniamo al totem”

Eikytan, aiutato da Bandita rimise ogni pietra nel rispettivo foro. Il totem d'ambra cominciò a vibrare quando l'ultima pietra fu inserita e così facendo la neve che lo ricopriva cadde al suolo.

“Ecco la magia dell'albero-mondo. Questo è Quercus, scolpito nei tempi passati. Sento gli spiriti dell'inverno farsi più vicini”

Eikytan piantò il suo bastone davanti al totm: la neve cominciò a turbinare.

“Quando il freddo morde la terra e il ghiaccio artiglia la corteccia, ora che tutti sono in letargo è tempo che torniate a camminare su questa terra. Spiriti dell'inverno svegliate ovunque voi siate”

Eikytan ripeté questa invocazione una dozzina di volte. Ogni volta le pietre brillavano un pochino di più. Infine tutta la struttura cominciò a brillare. Il dais, in trance, era in totale armonia con la foresta eltarite. Percepiva il risveglio degli spiriti invernali. Quando il rito cessò il totem divenne inerte, come una roccia.

“Hai fatto?” chiese Akem

“Gli spiriti d'inverno si stanno svegliando, questo ci aiuterà. Bandita ora vorrei che ci facessi un favore, ok? Tra gli spiriti dell'inverno ci sono dei Lakem come te. Vorrei che andassi a convincerli ad aiutarci. So che saranno riluttanti, è tipico. Se incontrerai gente lungo la strada convincili ad unirsi alla nostra causa.”

Bandita mise una mano piumata sulla guancia del Dais

“Per me va bene”

Poi con un balzò volò via. La neve scivolò via dal suo piumaggio.

“Akem , devo parlare con gli spiriti dell'inverno vicino al villaggio. Devo sapere che è successo a Quercus. Andiamo”

Capitolo 4 - La scelta di Key'zan


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Vento freddo soffiava tra i rami spogli degli alberi della foresta eltarite. Il provvidenziale arrivo degli Elfi del Ghiaccio aveva cambiato i rapporti di forza tra i Nomadi del Deserto e i Cuore di Linfa; quest'ultimi, infatti, senza aiuto sarebbe stati annientati presto.

In questo momento regna la calma. I Nomadi, respinti momentaneamente lontano, non mostravano alcun segno di belligeranza e ciò permise ai valorosi difensori della foresta di riprendere le forze. C'erano molti feriti tra i quali Ydiane, Parlaspirito ed Ursyd, la cui furia da berserker lo aveva spinto a combattere oltre al limite e a procurarsi profonde ferite. L'Antico Maillander raccolse la sua lancia, oramai spezzata in più punti.

“Ahhhh, che peccato. Una così bella arma” disse con una vena di tristezza.

“Te ne farò un'altra, non posso vederti così” disse Gaya con un sorriso mentre raccoglieva i vari pezzi della lancia.

“Sì ma prendere sottogamba la mia tristezza. Quell'arma era mia da ben prima che tu nascessi” rispose andandosene

Key'zan era angosciato nel vedere un tale marasma. La natura, erosa, avrebbe avuto bisogno di molti anni per rigenerarsi e alcuni alberi avrebbero portato le cicatrici della battaglia per secoli. Questo non era l'unico tormento che angosciava Key'zan perché una nuova sventura stava per giungere. Mentre gli elfi del ghiaccio e gli eltartiti si leccavano le ferite, Parlapietra si girò improvvisamente, percependo qualcosa.

“Qualcosa sta arrivando” disse guardandosi attorno.

Si guardarono tutti attorno per vedere quale nemico stesse per giungere ma non era un Nomade bensì un Hom'Chai. Ancora più importante era il fatto che sfoggiasse pitture di guerra sul volto e sulle possenti braccia. I suoi semplici abiti e la chioma indomabile gli davano un aspetto selvaggio. Parlapietra lo riconobbe immediatamente.

“Custode dei totem..” disse tutto d'un fiato

“Custode dei totem?” Key'zan aveva già sentito quel nome, durante il suo peregrinare da villaggio a villaggio.

“Cosa ci fai qui?” chiese il Maillander, non ammettendo l'ovvia verità, dal momento che capiva cosa ci fosse scritto sul corpo dell'altro hom'chai.

Ben presto, il nuovo arrivato venne circondato da elfine e hom'chai, tutti curiosi di vedere chi fosse il nuovo arrivato. Rargnor, in mezzo al cerchio, era imponente e guardava con astio il nuovo arrivato. Un rituale stava iniziando.

“Non avvicinarti, siamo i guardiani dell'Albero-Mondo” disse quasi con rabbia.

Il Guardiano del Totem afferrò, a questo punto, un totem d'ambra hom'chai.

“Gli spiriti mi hanno parlato, mi hanno parlato della battaglia, della vostra vittoria, mi hanno urlato il nome di colui che sta per morire.......” rispose il Guardiano

La risposta dl nuovo arrivato, turbò la moltitudine di elfine e hom'chai. Gli Elfi del Ghiaccio non capivano che stesse accadendo. Ayir lo chiese a Key'zan.

“Quello è un guardiano dei morti. Viene a cercare chi sta per morire”

Gli Elfi del Ghiaccio guardarono tutto con attenzione.

“Non avvicinarti, sappiamo perchè sei venuto” disse Rargnor con le braccia tese

“Ho scolpito un totem d'ambra per l'Albero-Mondo. Non perdete tempo, perché come ogni respiro ormai fatto, questo è perduto. Non aspettate più Macchia Rossa, coraggioso tra i coraggiosi”

In quel momento il cuore degli hom'chai venne colpito, come da lama invisibile. Il cuore di Ydiane subì un dolore ancora peggiore, come se il suo cuore le venisse estratto dalla viva carne.

“Macchia....Rossa” balbettò mentre le lacrime sgorgavano copiose dai suoi occhi color dell'oro “Dov'è?”

L'arciere uscì dal cerchio del rito e si lanciò tra i cespugli per cercare l'amico e compagno.

“TROVATELO” urlò cercandolo dappertutto

Tutti si diedero da fare per cercarlo ma fu inutile perché Custode del Totem sapeva dove stesse e li condusse. Macchia Rossa era appoggiato ad un muro di roccia ed era coperto di sangue. Era ancora in vita ma assieme al sangue, anche la vita lo stava abbandonando. Ydiane seguì Custode del Totem e giunse così dal suo amato.

“NO! No, no no! Non devi morire” urlò con rabbia

Ydiane si gettò su di lui. Le mani di lei tremavano incontrollabilmente. Si lanciò verso Dama Yilith, l'aveva vista curare ogni genere di ferita. La supplicò di intervenire.

La profetessa delicatamente esaminò la ferita dell'Hom'chai ma non c'era nulla da fare.

“La ferita è troppo profonda...il suo destino è già tra le mani degli dei...io...io...mi dispiace”

Ydiane lasciò che fosse la sua tristezza a parlare, le lacrime oramai rigavano profondamente le sue guance smunte. Macchia Rossa, con le ultime forze, poggiò la sua grande mano sulla guancia della persona da lui amata.

“Non piangere...è stato...bello...noi due” sussurrò

“Macchia Rossa, il mio nome è Custode dei Totem, sono venuto a prendere il tuo ultimo respiro, in modo che esso non venga mai perso”

L'Hom'Chai lo guardò, sapendo che la sua ora era ormai giunta.

“Sono pronto” poi guardò Ydiane “Sarò...per sempre...nel tuo cuore”

Sentendo che la fine di Macchia Rossa stesse giungendo, il Custode cominciò a cantare nell'antica lingua degli spiriti. Ordinò a Macchia Rossa di alzarsi e di andare nella sua ultima dimora. Una sorta di fantasma, replica del defunto, lasciò il corpo di Macchia Rossa.

Tutto il gruppo era sconvolto ed allo stesso tempo cercava di sostenere Ydiane. Melissandra aiutava l'amica elfine a tenersi in piedi.

Il fantasma sorrise ai suoi vecchi amici, fece un cenno con una mano scomparendo all'interno del totem d'ambra che il Custode portava con se.

“È finita. Se vuoi, puoi partecipare” disse lo sciamano

Key'zan era perso nei suoi pensieri e non sentì l'invito. Pensava agli ultimi mesi trascorsi, alle discussioni con il più grande sciamano della foresta. Pensava ovviamente a Macchia Rossa ma anche all'Artiglio, orfano che lui aveva adottato come un figlio.

Lo strazio era ancora forte in lui mentre intonò un sortilegio di ritorno alla terra. Radici afferrarono delicatamente il corpo dell'hom'chai morto e lo fecero sprofondare nel terreno, in modo che avesse un posto per riposare nel suo inverno.

L'intrappolato che conosceva bene il fratello, percepì il suo dolore.

“Che succede?”

Key'zan fece un cenno al fratello, pregandolo di seguirlo lontano dagli altri.

“Sono stanco. Ogni giorno che passa, svuota il suo carico di tristezza sul nostro popolo” disse “ con voce estremamente calma

“Questa non è la prima volta che siamo nel bel mezzo di una tempesta”

“Però potrebbe essere l'ultima”

“Perché dici questo?”

“Fratello, mi accompagneresti al monte Olmo?”

“Cosa vuoi fare?”

“Vedrai”

“Va bene, andiamo”


I due dais si allontanarono dal gruppo ma Parlaspirito, che aveva sentito la discussione, decise di accompagnarli.

Il monte Olmo era al centro della foresta Eltarite. In realtà era più simile ad una collina che ad una montagna. Questo colle era circondato di magnifici olmi. Sulla cima però non cresceva nulla. Era in quel punto che una volta Key'zan aveva provato a coltivare un seme dell'albero-mondo. Aveva però fallito perché il seme non riusciva a trovare una fonte d'energia che lo sostenesse. Molti dais aevano passato la vita in quel posto e molti di loro c'erano morti.

Il gruppo trovò Eikytan, il quale non poté spiegare perché fosse lì. Qualcosa lo aveva guidato. Non era però il solo. C'erano anche una ventina di altri dais.

“Cosa sta succedendo?” chiese l'Intrappolato

“Sono qui per me” rispose Key'zan

“Cosa sta per accadere? Non capisco”

“Qualunque cosa succeda, non intervenire”

Key'zan si mise al centro del colle, in mezzo a questo straordinario gruppo di presenti.

“Siamo tutti qui presenti. Questo è tutto ciò che rimane dei frutti dell'Albero-Mondo. Eravamo così tanti prima che l'albero-mondo esplodesse lasciandoci soli”

Key'zan si trasformò, come contro i Nomadi, in un grande albero. Il suo volto divenne come quello di una grande fiamma verde. Tutti attorno poterono percepire l'enorme potere di Key'zan.

“Cosa fai?” chiese Eikytan “Tu vuoi fare come Quercus e lasciarci ad affrontare da soli tutto questo” disse rammaricato

“Quercus non c'è più, è un albero che però non da frutti. Ci ho pensato molto e credo di aver trovato la soluzione. Fratelli miei, è tempo di far rinascere l'Albero-Mondo”

Key'zan fece apparire da un sacchetto di tela, gli ultimi semi dell'albero-mondo in possesso degli eltarite. Si concentrò e diffuse la sua magia in modo da nutrire i semi e fondersi con essi. La magia divenne percepibile per chilometri e chilometri.

“Voi mi proteggerete, da oggi è la vostra priorità” disse Key'zan

L'Intrappolato rimase allibito dalla scelta e dal coraggio del fratello. Nessuno aveva mai provato a fare qualcosa del genere. Se avesse fallito, lo avrebbe perso per sempre. Non ebbe però il tempo di fermarlo.

Key'zan si diresse sulla sommità del colle, innanzi agli altri dais. Lì mescolò il seme al suo corpo, grazie alla magia. L'unione lo trasformò. I suoi piedi affondarono nella collina, le gambe ed il busto divennero un tronco e le braccia si frammentarono in più rami. Key'zan divenne un giovane e bellissimo olmo. Nel suo tronco, ben visibili, decine e decine di cristalli verdi.

I dais rimasero esterrefatti ed Eikytan, il più antico tra i dais viventi percepì nuovamente la potenza dell'Albero-Mondo.

“Arriva la primavera”

1. Artrezil

Capitolo 1 – Liberato


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Il Maniero di Zejabel era dato alle fiamme. Selvaggia e i Guerrieri di Zil avevano appena riportato una grande vittoria sui Nehantisti. Durante gli scontri, Telendar era ricomparso per eseguire la sentenza degli Inviati di Noz'Dingard....

L'ex capo degli Zil venne subito circondato dai vecchi commilitoni e subissato di domande su quanto gli fosse successo nell'ultimo anno, di come avesse saputo dell'attacco alla gilda, sul palazzo di Zejabel e mille altre domande ancora. Il giovane non sapeva che fare, a cosa rispondere per prima.

“Lasciatelo. Lasciatelo respirare” disse SpadaInsanguinata “In ogni caso ci sono cose che deve spiegare” continuò con tono di rimbrotto

Selvaggia respinse tutti, fino a trovarsi faccia a faccia con Telendar. Lo fissò con uno sguardo torvo.

“Ehi tu, dimmi un po'. Pensi di poter venire qui, proprio quando stiamo compiendo una missione segreta e di vitale importanza e poi far finta di nulla? Meno male che il nostro era un piano perfetto”


Il piano, in realtà, era stato tutt'altro che perfetto. Senza l'intervento di Telendar, Dimizar sarebbe scappato e comunque buona parte dei nehantisti era riuscita a farsi alla macchia. Di fatto era stata solamente una mezza vittoria. Telendar, pur pensando queste cose, stette zitto perché sapeva di aver responsabilità, perché provava rammarico per le sue vecchie colpe e perché voleva raccontare tante cose ai suoi vecchi compagni.

“Non voglio far finta di nulla, vi racconterò tutto”

Poi decise di cambiare argomento.

“Porca vacca! Sei cresciuta dall'ultima volta che ti ho visto, sei una donna ormai”

Selvaggia arrossì violentemente, scatenando l'ilarità del gruppo.

“Sì, sì. Ok, torniamo alla tenda, missione compiuta” gridò lei imbarazzata.


Un'ora più tardi, al calar della notte, la gilda era tornata alla tenda. Niente avrebbe potuto far più felice Telendar di rivedere la sua casa.

Mentre il fumo dell'incendio al Maniero colorava la notte, gli Zil organizzarono una festa. Echi di risate risuonavano nel tendone mentre i compagni si narravano le gesta dei combatttimenti contro i nehantisti, anche esagerando la portata delle proprie imprese. Ergue, Soriek e Granderabbia raccontarono di come, unendosi, avessero sbriciolato quell'essere di cristallo rosso e nero. E solo con i pugni!

Nonostante il buon umore di tutti, Selvaggia non tolse mai lo sguardo di dosso da Telendar, il quale trascinato dal buon umore collettivo non faceva a meno di sorridere. Selvaggia, di colpo, si alzò dal suo enorme cuscino e si raschiò la gola.

“Zil, stasera abbiamo vinto una battaglia, non la guerra. Brindiamo ma ricordate che la caccia non è finita e quando l'alba sorgerà, riprenderemo a cacciare. La nostra missione è compiuta, dovremo informare Abyssien di quanto fatto ma senza alcun dubbio, dovremo rintracciare tutti i nehantisti scomparsi”

Selvaggia scrutò Telendar mentre si grattava il naso.

“Bene, tocca a te parlare” continuò con voce atona.

La frase, quasi un ordine, venne accolta da cori di apprezzamento.

“Sì, Telendar, spiegaci un po'” urlarono in molti.

Il giovane si alzò e si mise in mezzo al gruppo. Non gli era mai piaciuto parlare in pubblico, nemmeno quando era lui a guidare la gilda. Doveva però sforzarsi per dimostrare loro che fosse cambiato.

“Ho sempre amato combattere. Ho sempre amato la violenza, sono nato con il dono di portare morte. Dimizar l'ha capito e grazie a Maschera di Ferro è riuscito a portare sotto alla sua influenza tutta la gilda. Ci ha messo sotto al naso Silene e Selene, in modo da controllarci. Non mi rendevo conto di cosa stessi facendo ma il ricordo di ogni uomo, donna e bambino da me ucciso mi ossessiona. Non era capace di oppormi. Dimizar mi fece uccidere il Profeta, attirando sugli Zil, l'ira degli Inviati di Noz'Dingard”

Telendar ripensò alla sua tragica esistenza di quel periodo, ora stava per parlare della parte che più lo aveva fatto sprofondare nell'oscurità.

“Dimizar non si è fermato a qualche omicidio, mi ha usato come cavia. Ha fatto su di me degli esperimenti che non era stati mai fatti su altro essere vivente. Tante volte avrei voluto morire ma il mio corpo e la mia mente si son rifiutate di cedere. Ero diventato l'ombra di quello che ero. Quando non gli sono più stato utile, mi ha consegnato a voi sotto alla maschera di quel traditore di Maschera di Ferro. Il resto lo sapete. Venni curato da Kriss, non lo ringrazierò mai abbastanza, e poi Abyssein, sbagliando, ha chiesto al Consiglio di liberarmi. Venni mandato a giudizio dai Noz'Dingard, mi aspettavo di morire. Se fossero stati clementi, speravo che avrei potuto ottenere una morte rapida. Non avvenne così però. I draconiani capirono che la responsabilità maggiore era di Dimizar e che avrebbe dovuto pagare per i suoi crimini. La mia sentenza disse che avrei dovuto fare il possibile per trovarlo ed ucciderlo. Pertanto ho seguito le vostre tracce per settimane e ho approfittato del vostro assalto per infiltrarmi e trovare il mio obbiettivo. Questa, Zil, è la mia storia”

Sul gruppo cadde il silenzio. Tutti avevano ascoltato con grande interesse. Ombra si alzò, aveva i capelli spettinati dall'ultima battaglia.

“Quindi Dimizar è morto?”

“In teoria no. Sento su di me la magia draconica, quindi deve essere sopravvissuto” disse deluso “Vorrei anche chiedere ad Abyssien se posso tornare con voi”

Selvaggia avanzò furiosa ed afferrò per la spalla il ragazzo.

“Forse tu non lo sai ma Abyssien non guida più i Guerrieri di Zil, ora è nel Consiglio delle Gilde. Io sono il capo, ora! Non mi dispiacerebbe averti tra di noi ma....”

Girò il volto verso gli altri membri della gilda.

“Pensate che Telendar meriti di tornare tra di noi?”

Lo scambio di sguardi fu talmente chiaro che non ci sarebbe stato bisogno di risposta alcuna. Selvaggia sapeva già la risposta ma doveva attenersi alle regole che sempre erano esistite. Ergue, Granderabbia e Soriek furono i primi ad urlare, con tutto il fiato che avevano in gola” SÌ, SÌ SÌ” Tutti gli altri seguirono a ruota.

“Allora sei di nuovo un Guerriero di Zil. Non devi più nutrire alcun senso di colpa nei nostri confronti” poi gli sussurrò ad un orecchio “È per merito tuo che son voluta restare in questa gilda” disse arrossendo “Ben tornato”

Il ricongiungimento di Telendar fu l'ennesimo motivo per far baldoria ma non tutti facevano parte della festa. Salem, schivo per sua natura, era in disparte. Per qualche motivo sentiva che ci fosse qualcosa di sbagliato in lui. Zoppicò e poi dal nulla si accasciò a terra come una bambola.

“cHe SuCcEdE?”

La materia d'ombra che componeva il volto dello spaventapasseri cominciò a fluire dal suo volto, come se si stesse sciogliendo. Con le mani cercava di tenerla.

“NoOoOoOoO” urlò

Kriss sopraggiunse immediatamente. Il musicista amava queste serate di giubilo ma preferiva bere al chiaro di luna. Il rumore fatto da Salem lo aveva fatto però tornare immediatamente indietro. Vide il povero Salem in una pozzanghera nera.

“Salem! Che ti succede?”

Non osava avvicinarsi alla materia nera, ombrosa. Non aveva mai visto qualcosa del genere.

“nOn tI mUoVeRe kRiSs”

La voce non proveniva dal fantoccio ma dalla pozzanghera stessa. Cominciò quindi a muoversi, dimostrando che fosse fatta di materia viva. Poi, improvvisamente, un migliaio di tentacoli d'ombra acchiappò lo spaventapasseri e vi entrò. Salem, di nuovo nel suo “corpo” provò a rialzarsi ma era esausto. Kriss lo aiutò e adagiò lontano dagli altri. Nessuno aveva visto nulla e non voleva che altri, oltre a lui, sapessero quanto accaduto.

“Mi vuoi spiegare quanto successo? Cosa è stato?” chiese Kris preoccupato.

“nOn lO sO! mA sO cHe nOn sArò iN gRaDo dI mAnTeNeRe qUeSto cOrPo aNcOrA a lUnGo”

“Ma come? Così da nulla? Vuoi che controlli?”

“d'Un tRaTto mI sEnTo sVeNiRe”

Kriss poggiò la mano sulla fredda superficie del braccio di Salem e sei concentrò. Dopo qualche minuto si arrese, non capiva proprio perché Salem stesse male. Ciò lo sorprese perché, di solito Kriss, si vantava di poter diagnosticare qualunque malattia, fosse essa naturale o magica.

“Non hai niente, non preoccuparti”

“nO, SbAgLi. RisChIo dI sCoMpArIrE kRisS”

“Ma sei ancora in forma di Spaventapasseri. Certo, non sei più potente come quando venisti creato. Pensi che Artrezil non avesse abbastanza energia da darti l'immortalità?”

“L'aVeVa....dEvE eSsErE qUaLcOs'AltRo”

“Ma cosa? Dobbiamo assolutamente scoprirlo. Se ti scomparissi la gilda perderebbe il suo più antico membro e noi, non potremmo più chiamarci i Guerrieri di Zil”

Capitolo 2 – Alyce


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La festa andò avanti tutta la notte. Il gruppo dormiva beato. Il russare era l'unico suono presente e il dolce odore dell'alcool inebriava l'aria. Telendar e Kriss erano stati più saggi degli altri. L'assassino e il musicista approfittarono della frescura mattutina per chiacchierare della loro gilda, riportando alla luce vecchie imprese, spesso incredibili e rischiose. Stavano parlando di una vecchia impresa: la caccia in un villaggio chiamato Baranthe, caccia finita in un mucchio di letame, quando un uomo a cavallo si fermò davanti a loro. L'uomo era vestito con la divisa del Consiglio delle Gilde e guardava i due Zil con una certa preoccupazione.

“Vi porgo i miei saluti, Guerrieri di Zil. Sono qui per consegnarvi un messaggio dal Consigliere Abyssien, posso parlare con il capo gilda?”

“Il Consigliere Abyssien? Devo ancora abituarmi all'idea” disse Telendar con una risata “Vado a chiamare il capo”

Kriss aiutò l'uomo a smontare da cavallo, il quale lo ringraziò calorosamente, spiegando che aveva percorso tutta la strada dal Castello di Kaes, in un sola volata.

“Il messaggio che porti deve essere urgente, riposati e mangia un boccone nel frattempo” disse Kriss indicando l'entrata del tendone.

Il messaggero non rifiutò l'ospitalità, era veramente esausto. Da poco lavorava per il Consiglio e ci stava mettendo tutta la sua passione. Si sedette di schianto sopra un enorme mucchio di cuscini, lottando per rimanere sveglio. Telendar tornò presto, accompagnando Selvaggia, ancora mezza imbronciata dal sonno.

“Io sono il capo di questa manica di lestofanti” disse dando una pacca amichevole sulla spalla a Telendar “Cosa possiamo fare per il consiglio?”

L'uomo si alzò, si sistemò il suo vestito, si schiarì la gola e poi, dopo aver afferrato la sua borsa, prese un rotolo di tela. Lesse il messaggio contenuto all'interno.


“Cara Selvaggia

Spero che tu ti stia ben comportando come capo dei Guerrieri di Zil e che tu ti stia facendo rispettare ed allo stesso tempo muovendo con rispetto degli altri. La mia annessione al Consiglio delle Gilde è meno noiosa di quanto pensassi potesse essere, anzi sembra che le mie poche capacità siano di grande utilità.

La notizia che ti sto per dare è importante, ascoltala attentamente perché non è una buona notizia. Numerosi rapporti ci riferiscono che c'è una grande attività ai Confini. Sospettoso di questo fermento, il consigliere Marlok ha deciso di investigare e quanto riferitogli è disastroso.

Nehant sta preparando nuove armate e i suoi nehantisti stanno catturando molte persone per ridurle in schiavitù. Pensiamo che stiano lavorando per liberare Nehant dalla sua prigione.

Ciò non deve accadere!

Per questo motivo, il Consiglio delle Gilde ordina ai Guerrieri di Zil di unire le forze agli Inviati di NozDingard al fine di condurre un assalto contro i nehantisi e sventare la minaccia. Il Consigliere Marlok vi attende presso la città di Arbenn. Mettiti in cammino non appena avrai ascoltato questo messaggio. Il Consiglio cercherà di fronteggiare questo pericolo e lo stesso vale per la minaccia dei Nomadi. Ti terrò informata,

Abyssien”


L'uomo avvolse la pergamena e la consegnò a Selvaggia.

“Eri proprio obbligato a leggerla a voce così alta?” protestò lei

L'uomo, indignato, sgranò gli occhi.

“Ma signorina, così vuole la procedura”

“Vabbè va, grazie mille per tutto, ora prendi riposo e butta giù un boccone. Quanto a voialtri Zil, avete sentito gli ordini del Consiglio delle Gilde, smontate tutto e partiamo. Arbenn dista una settimana di cammino, non abbiamo tempo da perdere”

Il tendone venne smontato, i guerrieri di Zil si misero a preparare le loro roulotte mentre altri accudivano gli animali. In una delle carrozze, Kriss aveva incontrato vari membri della gilda tra cui Selvaggia e Lo Psichiatra per rivelare loro cosa fosse accaduto a Salem. Lo psicoanalista aveva visitato lo spaventapasseri per cercare un qualunque segno che giustificasse quanto accadutogli. Alla fine arrivò ad una conclusione, per nulla piacevole e che andava a confermare quanto già temessero: Salem sarebbe scomparso. La magia in questo mondo stava cambiando, era sconvolta dalle perturbazioni che stavo modificando la storia di Guem e la magia stessa che aveva permesso la creazione di Salem e Zil era scomparsa da tempo. Kriss si decise ad informare il suo capo.

“Selvaggia, c'è qualcosa che devo dirti”

Dalle facce tristi, dei presenti, Selvaggia già si aspettava una terribile notizia.

“Ti ascolto, che problema c'è?”

“Durante la scorsa nottata, durante la festa, è successo un incidente. Un qualcosa di cui facciamo fatica a comprendere le ragioni, seppure abbiamo numerose teorie a riguardo, Ho trovato Salem riverso in una pozza d'ombra. Era della stessa sostanza che lo compone. Dopo un po' è riuscito a riprendere possesso di quella sostanza ma ciò andrà a peggiorare con il tempo”

Selvaggia era allibita. Le cose magiche non erano il suo forte, non quanto Abyssien almeno. Prima di parlare decise di ascoltare bene quanto riferitole. Fu il turno dello Psichiatra a parlare.

“Percepisco molte inquietudini nel nostro amico Salem, lo vedo turbato da quanto sta accadendo. Come ho detto a Kriss, è la magia che lo compone ad essere turbata. Non conosco molti dettagli riguardo alla creazione di Salem, quindi di Zil ma facendo supposizioni, benché avvalorate da...”

“Sì, sì arriva al punto però” di spazientì Selvaggia

“La versione breve è che lo spaventapasseri non è più in grado di contenere Zil”

“In questo caso non tornerebbe dentro al gatto in cui stava prima?”

“È una delle possibilità su cui abbiamo ragionato. Secondo Salem però non sarebbe possibile, succederebbe la stessa cosa. È il corpo di Zil che si sta decomponendo...magicamente”

“Questo vorrebbe dire perdere Zil” rimarcò Kriss “So che ci è stato comandato di unire le nostre forze ai Noz ma penso che noi, quando dico noi intendo Salem ed io, dovremmo pensare rapidamente ad una soluzione per questo problema”

“Quindi vi separereste dal gruppo?” disse Selvaggia con un torno colmo di tristezza

“Salem ha un'idea, una pista che dovremmo seguire. Per evitare di penalizzare la gilda, solo io e lui la seguiremo”

“Di cosa parli?”

“Anche se l'antica dimora di Artrezil è il nostro quartiere generale, non conosciamo ancora tutto di lui. Potrebbero esserci altre cose lasciateci che noi ignoriamo. Salem ha un vago ricordo di un palazzo immerso nel nulla. Vorrei accompagnarlo a cercare qualcosa che possa curarlo.”

“È una pista flebile ma è l'unica che abbiamo” sottolineò lo Psichiatra

“Capisco bene. Allora facciamo così, partirete entrambi. Potreste coinvolgere anche Abyssien, la magia dell'ombra è la sua grande passione”

“Pensavamo di farlo ma Salem, che ha insegnato l'uso della magia delle ombre ad Abyssien, non crede possa essere utile per questo problema” rispose Kriss

“E i draconiani? Hanno una grande scuola di magia, forse potrebbero aiutarci”

“Sì ma anche no. Se ricordi bene la storia di noi Zil, draconiani e ricerca non vanno d'amore e d'accordo”

“Bene, mi fido di te. Spero che tu possa trovare un modo per rimettere in piedi Salem”

“Lo spero anche io” sussurrò Kriss


Kriss e Salem viaggiarono per giorni e giorni mentre i loro amici si dirigevano lontano, entro i confini della Draconia. Salem ebbe un'altra crisi, questa volta ancora più violenta. A Kriss piangeva il cuore. Voleva bene a Zil, erano amici fin da quando aveva mollato la sua famiglia per viaggiare nel mondo. Si ricordava del giorno in cui si erano conosciuti, del giorno in cui Zil gli si era rivelato dicendogli che non era un semplice gattino nero. Salem, durante la sua vita, aveva affrontato prove magiche significative, rischiando però di consumare così la sua energia magica. Ora lo spaventapasseri era quasi sempre silenzioso, preferendo convogliare le ultime energie nel camminare.

Salem ricordava una vecchia casa in un luogo isolato.

Grazie al buon orientamento di Kriss e ad un innegabile dose di fortuna, i due amici si trovarono innanzi al posto che credevano essere la meta agognata. Era un palazzo abbastanza grande, su tre piani. Costruita in pietra tagliata, lo stile architettonico ricordava quello della casa di Artrezil anche se in quest'ultima era predominante lo stile del mago.

“sì. È QuEsTa”

“Comunque sia, ricorda molto lo stile del nostro quartier generale. Qualcuno deve abitarci, c'è luce”

Entrambi gli Zil avanzarono senza aver la benché minima idea di cosa li stesse aspettando dall'altro lato della spessa porta di quercia. Kriss bussò, poi, non avendo risposta, bussò una seconda volta.

“C'è nessuno? Ci scusiamo per il disturbo. Siamo viaggiatori alla ricerca di un posto per la notte”

Salem cercò di guardare attraverso le persiane ma, a parte la luce, non si vedeva altro.

“vAdo a DaRe uN'oCcHiAta”

“Non ti indebolirai troppo?”

“nO, cE lA fAcCiO”

Salem fece un giro attorno all'edificio e trovò un foro dentro una pietra. Utilizzò quindi un sortilegio delle ombre per mischiarsi all'ombra presente all'interno e riuscire ad entrare nel palazzo. Ben presto però entrò in contatto con della luce e fu costretto a far marcia indietro. Tornò da Kriss, il quale aveva l'orecchio poggiato sulla porta.

“aLloRa?” chiese

“Shhh! Mi è parso di sentire un rumore, come di passi”

Kriss afferrò quindi la maniglia e spinse la porta lentamente. Emise un lungo suono fortissimo con gran disappunto del musicista.

“Il posto è quello giusto, me lo sento. C'È QUALCUNO?”

Ancora nessuna risposta.

“Molto strano. Pensi che chi ci abita, vedendoci, sia scappato per la paura?”

“nOn nCreDo. SenTo uNa fOrTe pReSeNzA mAgICa qui”

“Non ci resta che andare in avanscoperta allora. Abbiamo una missione da compiere”


Il piano terra era composto da un ampio soggiorno, sulla destra, una cucina ed una grande dispensa, a sinistra. Anche se tutto era vecchio decrepito non c'era la minima traccia di polvere, segno che qualcuno ci abitasse. Tra la cucina e la dispensa, una scala conduceva ad un piano inferiore ed una che andava al piano superiore.

“Allora cantina o primo piano?”

A rispondere fu una terribile scossa di tutta la casa. Polvere cominciò a cadere dalle pareti e dal soffitto.

“Coff coff, che succede?”

Con la stessa rapidità con cui tutto era iniziato, la scossa terminò.

DONG DONG DONG DONG

Qualcosa, forse una piccola campana, cominciò a risuonare. Il suono riecheggiava in tutta la casa ed era di fatto impossibile capirne l'origine.

“cAnTiNa” disse Salem dirigendosi verso le scale.


Delle lampade ad olio davano loro la fioca luce necessaria. Arrivati in fondo alle scale, una spessa porta di ferro sbarrò loro la strada. I due amici ne rimasero stupiti.

“È la stessa porta del nostro quartier generale. Probabilmente Artrezil amava così tanto la sua casa da riprodurne parti anche in posti diversi”

“oPzIoNe dUe”

“Va bene, se ricordo bene la porta del nostro quartiere generale conduceva al laboratorio, possiamo presumere che anche questa conduca in un posto altrettanto interessante” disse Kriss aprendo la porta.

Una visione orrenda assalì gli occhi dei nostri eroi. Steso a terra, in un marasma di libri, alambicchi, provette e strumenti strani c'era un uomo, con la faccia a terra, che giaceva in una pozza di sangue. La schiena aveva ferite profondissime.

Kriss tastò il polso dell'uomo.

“Morto”

A Salem però non interessava, stava già gironzolando nel laboratorio, spingendo da parte quello che non gli interessava ed esaminando con cura ciò che sembrava essere magico. Kriss girò il cadavere per vedere meglio il volto dello sconosciuto.

“Artrezil?????”

Salem girò la testa.

“cHe cOsA?” chiese avvicinandosi a Kriss

“Dimmi che sto vaneggiando ma la somiglianza tra questo uomo e il ritratto della nostra sede è assoluta”

“hAi RaGioNE”

“Ma com'è possibile?”

A quel punto si udirono dei passi. Come se qualcuno stesse camminando sopra le loro teste. Kriss seguì con lo sguardo l'origine del rumore.

“Non capisco cosa stia succedendo”

“vAi a VeDeRe, iO sTarò qUì”

Kriss corse a rotta di collo su per le scale ed arrivò in cucina. Non c'era nulla di diverso.

“Non posso essermelo sognato”

I passi echeggiarono nuovamente, questa volta al piano di sopra. Kriss, trafelato, si precipitò su per le scale. Faceva i gradini a due a due. Una volta in cima si trovò faccia a faccia con una piccola creatura che fluttuava nell'aria. Sembrava vagamente una bambola, con vestitino rosa e parrucca bionda, solo che era fatta di ombre.

“VATTENE” urlò “Non dovresti essere qui”

Kriss non seppe cosa replicare, quella cosa era viva pur non avendo la minima scintilla di vita.

“Non abbiamo cattive intenzioni, stiamo solo cercando un modo per curare un essere”

La creatura fissò Kriss, il quale cercava di avvicinarsi. Immediatamente l'uomo venne travolto da un flusso di emozioni. Un incredibile fascio di emozioni, anche opposti, come rabbia, tristezza, brama e tanti altri, lo colpì. Kriss dovette aggrapparsi al corrimano per non capitolare a terra. La sua mente non poteva sopportare così tanto, cadde a terra con la testa tra le mani.

“BASTA BASTA” urlò, temendo che la sua testa potesse esplodere

Il flusso si interruppe. Kriss, ansimando, si rimise a fatica in piedi. Salem era lì, aveva intrappolato la bambolina grazie ai suoi tentacoli d'ombra.

“Cos'è?”

“la CrEaZiOne dI uNo SpIriTo SqUiLiBrAtO. TutTo è SbAglIaTo qUì” “Mmmm. Dobbiamo muoverci con cautela amico mio, dobbiamo fare luce su questa storia”

Kriss fece apparire dal nulla il suo organo portatile e girò la manovella nel senso opposto al normale, come al suo solito. Una musica decostruita riecheggiò. Il pezzo duro cinque minuti, alla fine di esso tutto l'ambiente circostante cominciò a mutare. Le pareti cominciarono a sciogliersi come fossero di cioccolato, la creatura scomparve nel nulla.

Infine, nel bel mezzo del rudere che si era andato a formare al posto del raffinato palazzo, a pochi metri da loro, apparve una giovane donna. Era raggomitolata su se stessa e piangeva oscillando la testa avanti ed indietro.

“pOtEre dElLe oMbRe, sEnTo lA pReSeNza di ArTreZiL qUì”

“Questa casa doveva essere sua” disse Kriss accovacciandosi accanto alla ragazza dai capelli biondi.

Indossava, stranamente, un vestito simile a quello degli Zil e teneva uno specchio contro al suo cuore. Kriss notò che parte del suo volto era bruciato.

“Non avere paura, il mio nome è Kriss”

“Lo...lo..so....e...tu sei....Zil” disse poi a Salem

La piccola bambola riapparve dal nulla e sussurrò qualcosa all'orecchio della ragazza.

“Sai chi siamo? Ma noi non ti conosciamo, chi sei? Cosa fai qui?”

“Mi chiamo Alyce. Posso...aiutarvi? Non..non lasciatemi qui, ho paura”

“È notte fonda, di sicuro non possiamo andarcene. Abbiamo bisogno però di risposte. Sei tu ad aver causato tutto questo?”

“Sì, sono stata io ma non riesco a controllarmi”

“cOsA sEi?” chiese Salem che pur aveva un'idea

“Una creazione, una cosa che è stata mutata” disse dirigendosi verso le scale che portavano alla cantina

Salem andò da Kriss, trovarono assieme l'uomo morto. Secondo Kriss era privo di cuore. In quel posto c'era un letto, una gabbia e molte attrezzature magiche. Trovarono anche trattati magici e lavori sulla manipolazione delle ombre di Artrezil. Salem spiegò che era quella parte di ricerca che l'arcimago aveva usato per crearlo.

Il ricercatore, spiegò Alyce, l'aveva sequestrata quando era piccola per via del suo potere incredibile e per questo ne aveva fatto la sua creatura.

“Un altro mistero da risolvere ma credo che ci aiuterà a scoprire cosa ti sta succedendo, Salem”

“sì, pEnSo pRopRio dI sì”

Capitolo 3 – L'eredità di Artrezil


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Una storia del genere la può raccontare solamente uno come me. Sono un Guerriero di Zil da quasi 10 anni. Ho fatto parte di avventure, incredibili e mirabolanti. Questa storia però, parla di cose ancora più sensazionali e merita di essere raccontata a coloro che si uniranno alla nostra gilda in futuro.

Tutto è iniziato un paio di settimane fa. Alla festa per il ritorno di Telendar tra i nostri ranghi, ho trovato Salem moribondo, quasi liquefatto. Interpretando questo presagio come un segno della scomparsa di Zil, ho viaggiato con lui alla ricerca di una soluzione. Ora mi rendo conto che avrei dovuto convocare un'assemblea con tutti gli Zil presenti. D'altronde non siamo tutti noi i Guerrieri di Zil? Perché mai avrei dovuto affrontare questa missione da solo? Con il senno di poi è facile ma ciò che è fatto è fatto.

Entrambi abbiamo percorso luoghi ameni e desolanti , in cui nessuno transita. Abbiamo cercato informazioni sull'Arcimago Artrezil, colui che diede i natali ai Guerrieri di Zil, nella speranza di trovare una cura al male che affliggeva il mio amico.

Durante il nostro viaggio abbiamo fatto la conoscenza di Alyce, uno strano personaggio di cui poco mi fidavo. Avevo ottime motivazioni per farlo. Il nostro primo incontro stava per finire male, rinchiusi all'interno di un illusione quasi perfetta. La nostra esperienza però fece la differenza e riuscimmo a venirne fuori. La nostra gilda a questo punto si arricchì di un nuovo membro disagiato.

Sono sicuro che tu, Alyce, quando leggerai queste righe, capirai. Non sto dicendo che tu sia disagiata in senso negativo ma perché è la verità. Noi Guerrieri di Zil siamo una gilda eccentrica e piena di sociopatici. Non è un male, è la nostra forza.

Chiusa questa parentesi, andiamo avanti. Abbiamo abbandonato la casa, una delle tante, di Artrezil, ora in rovina, con una nuova amica. A quel punto ci siam posti una domanda: che fare? Avevamo poche idee e le crisi di Salem stavano via via diventando sempre più violente e stancanti.

Ho assistito ad una scena...bizzarra. Era notte, nel momento più buio. Stavamo dirigendoci verso il “nostro unico appezzamento di terra ufficiale” : il palazzo di Artrezil. Stavo dormendo di gusto, al riparo nella mia tenda, quando un brutto suono mi svegliò. Veniva dall'esterno. Uscì all'esterno e alla luce della luna vidi Salem ed Alyce. Lo spaventapasseri si era completamente disarticolato, era immobile. La ragazza si era chinata e sussurrava in una lingua conosciuta solamente ai Guerrieri di Zil. Mi accorsi che stava infatti parlando nella “Lingua d'ombra” ma non capì che stava facendo.

Pensai che fosse un'altra illusione ma non ebbi il tempo di domandarmelo che mi avvicinai.

“Cosa è successo?” le chiesi

“Volevo salvare Zil” Salve Zil, che pensiero arrogante, pensai. Mi accorsi però che non potevo far nulla. Lo spaventapasseri era vuoto, l'ombra era scomparsa. Rimasi shockato e mi avvicinai rabbioso ad Alyce quando, alla luce della luna, finalmente capii. Vidi la pelle nera, il suo sguardo e i suoi atteggiamenti.

Mentre mi accorgevo di quanto assomigliasse a Salem, Alyce mi spiegò di aver agito di istinto. Ora ospitava Zil dentro di se.

Perché lei? Perché non io? Lo conoscevo da più tempo, sapevo tutto di lui. Come aveva fatto?

Mentre mi domandavo di tutto e capivo meno di nulla, decidemmo di incamminarci nuovamente. Senza proferire alcuna parola raggiungemmo il palazzo di Artrezil. Il posto da cui sto scrivendo questa storia.

Perché eravamo venuti in questo posto? Io e Zil conosciamo bene questo palazzo, è dove trascorriamo i mesi invernali. Gli oggetti di Artrezil erano ancora lì e di sicuro non potevano aiutarci a dipanare questa matassa. E quindi? Era stata la nostalgia ad indirizzare il mio amico? Forse sentiva che la sua fine fosse vicina e voleva stare in un posto familiare. Alyce comunque era persa nei suoi pensieri, stavamo perdendo tempo.

Ad un certo punto, lei andò nell'ufficio di Artrezil e ricordo bene cosa successe: stavo suonando le mie più belle musiche quando lei si diresse alla libreria, prese un libro e lo posò a terra. E quindi ne prese un altro e lo posò delicatamente a terra e poi un altro ancora e poi un altro. Su ogni libro apparve un simbolo. Era un rituale, capite? Crediamo di sapere tutto di Artrezil ma ancora oggi, dopo la sua morte, riesce a stupirci.

Dopo che ebbe posato l'ultimo libro, una creatura d'ombra, simile alla bambolina di Alyce, apparve. Sì inchinò davanti a noi e se ne andò. La seguimmo trotterellare per tutto il semiinterrato, dove alla fine scomparve attraversando un muro. Alyce la seguì, scomparendo anche lei attraverso la parete.

Ammetto che quando fu il mio turno, avevo il cuore gonfio di preoccupazione. C'era una stanza segreta. Scommetto che se avessimo distrutto il palazzo, abbattendo tutti i muri, quella stanza non sarebbe mai venuta alla luce perché non era veramente lì ma è situata altrove. Un giorno scopriremo la sua vera ubicazione.

Il posto non era molto grande ma era strano, le pareti brillavano di luce violetta. Tutto era magico e anche io che non sono ferrato nelle arti magiche ne ho avvertito la straordinaria potenza. A quel punto Alyce ha vomitato un'ombra. Sì, ha letteralmente vomitato Zil.

Una persona è apparsa dal nulla, o forse era già lì fin dal principio. Ne rimasi esterrefatto perché quella persona non era altri che Artrezil!

Quel che successe a quel punto è incredibile. Parlò con dolcezza alla sua creazione. L'arcimago non aveva fatto in tempo a dire a nessuno di questo luogo, era morto prima. Ma come faceva Alyce a conoscerlo allora? È una delle domande per cui ogni giorno della mia vita cercherò di trovare una risposta. Per non far atterrire i suoi Guerrieri per la sua scomparsa, lui, l'arcimago, aveva scelto un erede. A quel punto Artrezil rinforzò il suo erede con tentacoli d'ombra. Una scena affascinante ma dall'idea di essere tremendamente pericolosa. Alyce, rintanata in un angolo, non si mosse per tutto il tempo. Un'ora dopo, circa, era tutto finito.

Zil era completo. Artrezil scomparve nel nulla.

Zil ora era bello pimpante come quando ci eravamo visti la prima volta.

Mi sembra di aver vissuto un sogno. Devo cercare di capire cosa sia successo in realtà? Non credo. Penso che alla fine conti solo il risultato. Zil è tornato tra noi, è l'eredità di Artrezil e siamo molto fortunati ad averlo con noi. I misteri che ci avvolgono sono ancora molti ma abbiamo tanto, tanto tempo per dipanarli.

Impero Xzia

Capitolo 1 – Malcontento


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Le grida degli spiriti stavano diventando insopportabili. Daijin, in meditazione, percepiva appieno i loro lamenti mentre scomparivano tra le fiamme divine. Il legame che lo connetteva a qualunque altro membro del suo clan gli permetteva di essere perennemente informato riguardo all'evolvere della situazione.

L'esercito Imperiale, guidato dai Kotoba era frammentato, in rotta. Senza l'aiuto della Mangiapietra nulla sarebbe rimasto a combattere contro il nemico. A Daijin però interessava più degli spiriti che dei viventi e in questo momento sapeva che ciò il futuro faceva attendere non era buono.

Il tutto fu più chiaro quando ciò che rimaneva dei Kotoba tornò a Meragi, la capitale imperiale. Le voci della disfatta dell'esercito imperiale e della distruzione della Tomba degli Antenati vennero confermate appieno. Il morale della popolazione andò al tappeto.

Gakyusha, ferito nell'orgoglio, venne convocato assieme al figlio davanti ad Imperatore ed ai suoi ministri. L'Augurio del Cielo era in attesa di sentire quanto avessero da riferirgli il suo braccio destro e il suo campione. Gakyusha ed Iro non parlavano da anni assieme ma quel giorni decisero di essere molto solidali l'uno con l'altro.

Entrambi erano in attesa di essere convocati.

"Non preoccuparti figlio. Non c'è motivo di essere minati nell'orgoglio" disse il Signore Imperiale, con gli occhi chiusi, ad Iro.

"Davvero? Abbiamo perso. È stata una vergogna incredibile, sopratutto per me che portavo Kusanagi. Non merito il titolo di Campione"

"Lo stai ripetendo da quando abbiano lasciato il campo di battaglia. Hai decapitato una creatura dagli immensi poteri e prima dell'intervento divino stavamo sopraffacendo coleotteri e nomadi"

In quel mentre la guardia invitò i due uomini ad entrare. Gakuysha precedette il figlio.

Dopo la cerimonia protocollare, i due si misero in ginocchio davanti all'imperatore. Alla sua destra stava il primo ministro, Akizuki, alla sia sinistra invece c'era Daijin che guardava i due con uno sguardo singolare. Poco più indietro c'era Toran, invitato alla discussione come ministro e come ex reggente imperiale.

Iro poggiò la testa a terra.

"Ti ascoltiamo Campione dell'Imperatore" disse Akizuki

"Sommo Imperatore, il mio onore è macchiato da una vergogna incredibile."disse alzandosi " Anche se la battaglia era difficile fin dagli albori, abbiamo fallito il nostro dovere e la Tomba degli Antenati è andata distrutta"

Akizuki stava per rispondere ma venne preceduto da Daijin.

"Sì, un fallimento su tutta la linea. La missione era chiara e semplice : proteggere la Tomba degli Antenati, evitarne la distruzione" disse con rabbia

Una luce rosea apparve. In questa vi erano come delle forme che sciamavano nell'aria. Si sentivano le voci di queste forme.

"Ascolta Campione." disse Daijin "Gli Antenati stanno piangendo perché stanno scomparendo per sempre"

Iro abbassò lo sguardo. Meritava di essere rimproverato.

"Hai ragione Daijin. Non merito di portare Kusanagi e il titolo di Campione dell'Imperatore."

Gakuysha era furioso per il fatto che il figlio fosse accusato ingiustamente, pertanto decise di intervenire con pacatezza.

"Pensavi forse che potessimo essere più forti di un dio, signor Daijin?" disse tra la sorpresa generale " Pensi che il titolo di consigliere mistico ti dia il diritto di parlare in questa maniera al Campione dell'Imperatore? Abbiamo dato fondo a tutte le nostre enrgie. Ho visto Iro recidere la testa di una creatura che avrebbe potuto distruggere il clan del Corvo. Solo il primo ministro o l'Imperatore possono parlare in cotal maniera con il Campione o me. Sono stato chiaro?"


La tensione crebbe a dismisura. Il viso etereo di Daijn divenne rosso di rabbia.

"Ascoltami bene Signore Imperale perchè io..."

Il suo intervento venne fermato sul nascere. Kusanagi si librò nell'aria e si posizionò davanti ad un sorpreso Imperatore. Dalla spada eruppe l'immagine di una persona. Iro aveva già sentito quella presenza.

Tutti rimasero stupiti a vedere l'immagine del primo imperatore.

"La rabbia serve a nulla, spirito corvo. La tomba degli antenati non c'è più e la sua distruzione ha creato un varco tra questo mondo e quello dei morti. Ascoltami Imperatore di questa era, poiché son venuto a metterti in guardia. Il tuo mondo è in balia delle scelte di esseri superiori. Noi antenati facevamo da guardia ma ora non possiamo più essere utili. Questi esseri si stanno svegliando e saranno liberi di camminare nell'Impero. Dovrete far in modo che l'impero sia solido come quando l'ho fondato"

Il primo imperatore fece un giro su se stesso, come per cercare qualcosa.

"Nashi"

Un fantasma apparve. Indossava un cappotto parzialmente lacerato.

"Resterai con i Kotoba. Aiutali come puoi, soniglia loro cosa fare"

"Al tuo servizio, Primo Imperatore" rispose inchinandosi

"Hai creato ragnatele di gelosie, corvo" disse a Daijin "Alcuni dei tuoi uomini sono colmi di malcontento. Conto che fari il possibile per farli rimanere dove sono"

Poi si rivolse ad Iro e Gakuysha

"Avete fatto il possibile e avete seguito il codice d'onore alla lettera. Non siete colpevoli di alcunché. Iro sarà bene che tu tenga Kusanagi, il mio discendente ha fatto bene ad affidarla a te"

Poi, finalmente, si girò verso l'attuale Imperatore

"Il tuo mondo è diverso da quello che conoscevo. Vedo che comandi con la saggezza e non con la spada. Conosci già quello che deve essere fatto, abbi fiducia in quello che sai"

"Ho piena fiducia nel mio Campione e nel Signore Imperiale, antenato. Ho recepito il tuo avvertimento. Proteggerò l'Impero nonostante quello che è successo alla Tomba degli Antenati"

"Questo è un problema di voi vivi..."

Xzia scomparve assieme a tutti gli altri spiriti, ad eccezzione di Nashi. Daijin era seduto al suo posto a rimuginare alle parole che Xzia gli aveva rivolto.

"Rimetti la tua lama al suo posto, Campione dell'Imperatore, non accetto le tue dimissioni. Le tue gesta sono valorose e sono d'ispirazione per gli xziarite. Quanto a te, Signore Imperiale, concordo con il mio antenato ma ti chiedo di non parlare più con rabbia in mia presenza. Ciò detto, è vero che solo il mio Primo Ministro ed Io. chiaramente, possiamo permetterci di alzare la voce con il Campione ed il Signore Imperiale. Questo punto deve essere chiaro a tutti. Ora, che il nuovo giunto si faccia avanti"

Iro e Gakuysha si sedettero alle spalle dell'Imperatore. Entrambi avevano il cuore più leggero.

"Nashi. Sei uno Cacciatori di Demoni d'Onabunda?" chiese l'Imperatore con grande curiosità

"Precisamente" rispose il fantasma con un inchino

Toran si alzò dal suo posto e si avvicinò quatto a Nashi per prendere parola davanti a tutti.

"Sì, maestro Toran?"

"Perdonate la mia interruzione in questa discussione. La presenza di Nashi mi costringe a rivelare alcuni avvenimenti"

L'Imperatore aggrottò la fronte. Qualcosa gli era stato nascosto. Ciò non gli piacque per nulla.

"Noi tutti siamo desiderosi di ascoltarti, Maestro Tsoutai"

"Sono passati molti anni da quando Xzia affrontò le legioni di draghi venute dal sud. Fu una guerra fatta di silenzi, mistica e di cui pochi, oggigiorno, hanno memoria. A guidare le truppe Xzia furoni gli uomini di Onabunda e gli Tsoutai. I due gruppi erano coordinati dal Maestro Akiyoshi. Per farla breve, grazie a quella guerra, la presenza dei Karukai si affievolì. Ora,questi draghi, che altro non sono che spiriti maligni provenienti dal regno dei morti, pare stiano tornando. Perchè; è di loro che si stava parlando prima, vero Nashi?"

"Il Maestro Tsoutai ha ragione. Se tornassero mi sarei sacrificato per nulla"

"C'è qualcosa che non capisco." intervenne Akizuki "perché questo ci è stato nascosto?"

"Perché doveva essere così. L'imperatore a quei tempi aveva dovuto fronteggiare la Draconia. I problemi interni all'Impero non dovevano trapelare" rispose Nashi con calma

"Sì ma finita la guerra contro la Draconia, perché non si è sciolto il segreto su questa guerra?" chiese l'imperatore

"Gli antenati avevano le loro ragioni. Ci fecero giurare di non parlarne ai vivi. Abbiamo mantentuo quanto promesso"

Questa risposta non soddisfò pienamente l'Imperatore ma per il momento decise di accontentarsi.


"Ti ringrazio per quanto riferitomi. Signor Daijin, ti affido la risoluzione di questo compito. Lavorerai con i Kotoba e Nashi. Non è necessario rivelare informazioni alla popolazione. Siete tutti liberi di andare ora!"


Quella stessa sera, in un luogo segreto ci fu una riunione dei Cacciatori di Demoni. Zatochi Kage, Nashi, Kyoshiro, Okooni e Ryouken formarono un cerchio attorno a Yu LIng.

Decine di bastoncini d'incenso diffondevano in loro forte profumo. Allo stesso modo, decine di lanterne diffondevano luce, rendendo particolare l'atmosfera.

La vecchia donna, in piedi in mezzo agli altri, ascoltava le parole di Nashi.

"La nostra confraternita attraversa i secoli nell'ombra. Proteggiamo l'Impero dalle minacce sovrannaturali di cui potrebbe essere vittima. Yu Ling inginocchiati davanti ai tuoi parigrado"

La vecchia eseguì quanto ordinatole con molta difficoltà.

"Per via delle tue azioni, uno dei nostri è morto quando She Zuan cercò di liberarsi. Per questo motivo sei stata punita"

Yu Ling ricordava bene quel giorno poiché lei portava ancora in viso la maledizione inflitta.

"Hai pagato a sufficienza per il tuo peccato.Io, Nashi d'Onabunda, cancello il marchio e ti libero dalla tua pena. Già altre volte abbiamo dovuto affrontare forze incredibili, questo sarà il caso. Ora è tempo che tu ritrovi l'età e la bellezza che ti appartenevano"

Nashi mise una mano sulla fronte di Yu Ling e con il pollice cancellò l'inchiostro della maledizione che era disegnata. Un fumo color blu notte avvolse la vecchia. La donna cominciò ad urlare mentre il suo corpo mutava. Quando il fumo scomparve, la donna non aveva più lo stesso aspetto. La vecchia era ora una giovane e splednida donna, bella come un mattino. Si sentiva più forte.


"Cacciatori di demoni, è tempo di agire"

"Cosa dobbiamo fare?" chiese Kyoshiro

"Andate ai quattro angoli dell'Impero e raggruppate il nsotro esercito"

"Possiamo farlo" disse Okooni con il suo vocione

"Per quanto mi riguarda, andrò a cercare gli antenati che ancora non sono scomparsi" disse Zatochi. Poi guardò Ryouken e gli chiese "Vieni con me?"

Il Lupo rispose mettendo il muso sotto alla mano dell'ex generale

"L'imperatore vuole che ci uniamo ai Kotoba e a Daijin" disse Yu Ling alzandosi

"Ha ragione. Avremo bisogno di loro. Ora dovremo vedere chi veramente vorrà essere d'aiuto" disse Nashi " e non sarà facile scoprirlo"

Capitolo 2 – Catturare un Karukai


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Iro, seduto a gambe incrociate su di un tatami, guardava con severità un povero vecchio, schiacciato al suolo come un insetto. L'uomo, che sembrava essere un contadino, si stava scusando ripetutamente per le poche culture che era riuscito a fornire all'Impero per via della pessima stagione. Iro però non voleva sentire ragioni. I suoi capelli canuti era legati e il viso era una ragnatela di rughe sebbene fosse ancora giovane. Non era stata l'età a farlo invecchiare bensì le prove che aveva affrontato nella vita. Si sistemò il suo vestito da Primo Ministro e mise una mano su di Kusanagi. Con calma si alzò ed appoggiò la lama della spada sul collo dell'uomo riverso al suolo.

"Se non riesci ad alimentare l'Impero non servi a nulla"

Menò un fendente e la lama tranciò di netto la testa del'uomo. Le persone presenti inorridorono a vedere quella scena ma per Iro non era importante. Aveva il compito di assicurare all'Impero potere e fama. Solo quello contava veramente.


Iro si svegliò sudato. Era da una settimana che faceva lo stesso terribile sogno. Si vedeva vecchio e in sogno decapitava un povero contadino.

Le nottate che stava passando a corte cominciavano a fiaccarlo. Indossò un kimono rosso con il simbolo dei Kotoba e decise di camminare un po' in giardino. Faceva freddo ma non se ne curò minimamente. Alzò gli occhi e rimirò la luna, visibile in gran parte.

"Sto impazzendo" disse "È piena notte e so che non riuscirò più a chiudere occhio" Iro tornò a letto ed afferrò Kusanagi.


"Xzia, caro antenato, avrei tanto bisogno di un tuo parere. Non voglio raccontare ad altri quel sogno, sarebbe un segno di debolezza"

Poggiò la spada del primo Imperatore al suo fianco e si mise a fissare il soffitto fin quando non sopraggiunse l'alba. Si vestì con calma, spossato all'ennesima notte insonne. Salitò a malapena suo padre e suo nonno, intenti a chiacchierare riguardo gli ultimi avvenimenti. A Gakyusha non piaceva vedere il figlio in quelle condizioni, sapeva che c'era qualcosa che non andasse.

"Momento difficile per il nostro Campione?" chiese il nonno, al quale Iro assomigliava veramente tanto.

"È da un po' di tempo che va avanti. Quando un uomo dorme male è perché la sua mente è funestata da cattivi pensieri. Vedrò cosa posso fare"

Più tardi, nell'ufficio di Gakuysha, Tsuro, il maestro dei Bracconieri, ascoltava le preoccupazioni del suo vecchio amico per la salute del figlio.

"Se per te va bene, lo terrò d'occhio"

"Grazie per darci una mano"

"No, è una cosa normale tra noi Kotoba. Lui è il Campione dell'Imperatore ed un amico. Sai cosa farà oggi?"

"Assisterà ad un corso di spada presso la scuola imperiale"

"Va bene. Ci andrò anche io"

Iro aveva trascorso la matitnata al palazzo imperiale Aveva dovuto assistere ad un noioso incontro diplomatico perché un lontano capo clan era venuto a porgere il suo rispetto all'imperatore. Tutto questo genere di cose era terribilmente noioso per un guerriero d'azione come lui.

Fu quindi molto contento di tornare alla scuola imperiale, luogo che amava ed in cui aveva trascorso diversi anni. La scuola era stata fondata dal padre dell'attuale imperatore e aveva il compito di formare la futura classe dirigente del paese, militare e non. Genio delle armi, figlio del Signore Imperiale, Iro era stato ben presto preso dalla scuola. Tre anni dopo ne sarebbe uscito con il soprannome di "Duellista".

Il Maestro Fu-Fa fu felicissimo di rivedere il Campione. Il vecchio, la cui barba toccava addrittura terra, era uno degli uomini più vecchi dell'Impero ma cionostante era quasi impossibile batterlo a duello.

"Iro è un vero piacere averti qui. I miei giovani apprendisti sono impazienti di ricevere una lezione dal Campione del nostro amato imperatore"

"Molto bene, allora insegnerò che io come loro ho avuto il privilegio di essere addestrato dal miglior spadaccino sulla faccia della terra"

"Tu mi lusinghi. Ogni tanto succede che l'allievo sorpassi il maestro. Tu sei uno di quei casi, lo dimostra che al fianco porti Kusanagi"

"Non è impossibile alla fine. Accetto la afida, come sempre. È ora che sia uno più giovane a prendere il tuo posto" disse senza pensare minimamente a cosa stesse dicendo.

Il Maestro Fu-Fa rimase allibito a sentire una tale mancanza di rispetto verso un anziano maestro come lui. Lasciò però perdere.

Gli studenti, vestiti in tenuta leggera da combattimento, si allinearono in ginocchio come prevedeva l'allenamento con la spada. Iro si sistemò vicino a Maestro Fa-Fu. Gli studenti si inchinarono rispettosamente.

"Come vedete giovani, oggi abbiamo il grande onore di avere con coi il Campione dell'Imperatore, il quale ha gentilmente acconsentito a partcipare all'allenamento"


Iro non si stentiva per nulla bene. Aveva sonno,ed una strana sensazione di deja-vu. Maestro Fa-Fu ricordò agli allievi le regole che ogni buono spadaccino doveva sapere. Poi declamò una sorta di torneo il cui vincitore avrebbe affrontato Iro, beneficiando così dell'esperienza di poter affrontare un tale combattente.

Gli studenti cominciaorno ad affrontarsi mentre Iro pensava ad altro. Il suo atteggiamento non era per nulla rispettoso ed i suoi sbadigli stavano diventando troppo rumorosi per essere ignorati.

"Cosa sta facendo?" si chiese Tsuro, lontano pochi passi "Se questa storia dovesse giungere alle orecchie dell'imperatore sarebbero guai"

Finalmente dopo un'ora di combattimenti ci fu un vincitore, un certo Yang Guo. Maestro Fa-Fu si congratulò di cuore poiché era il suo miglior studente. Il giovane si inginocchiò davanti al Maestro e ad Iro, come voleva la tradizione.

Nella testa del Campione qualcosa scattò all'improvviso. Vide la scena del suo sogno, solo che questa volta era sveglio. Prese una delle sue spade e andò verso yang Guo. Fa-Fu non capì che stesse accadendo, la stessa cosa valeva per gli studenti.

Tsuro invece capì all'istante e si precipitò ma Iro fu veloce ed abbbassò la lama. Yang Guo parò il colpo prima che potesse decapitarlo. Tsuro accorse a placcò Iro prima che potesse attaccare nuovamente. Il Maestro aiutò Tsuro a disarmare Iro, il quale svenne all'istante.

Maestro Fa-Fu reagì immediatamente, capì che la situazione era assolutamente anomala. Mandò a casa gli studenti e chiese a Tsuro e Yang Guo di portare Iro dentro la sua casa.

"Dobbiamo avvertire il Signore Imperiale, in fretta. È in casa, ragazzo corri come il vento" disse Yang Guo

Il ragazzo si mise correre, non ancora ben conscio di cosa fosse accaduto. Molto più tardi, Iro si era scegliato. Gakuysha, giunta alla dimora del Maestro Fu-Fa, era stato accompagnato da Yu Ling.

"Allora, esorcista, cos'ha?"

Yu LIng, che aveva analizzato il flusso magico attorno ad Iro, non aveva dubbi.

"È sotto ad un influsso magico, riconosco il marchio del Karukai"

"Allora è una minaccia reale?" s'inquietò Gakuysha "Esorcista, lascio tutto nelle tue mani"

Yu Ling passò una mano sulla fronte di Iro, rivelando un simbolo a forma di onda.

"Il signore dei serpenti. È qui!"

"Qui?....Dove?" chiese Tsuro

"Vi spiego. È collegato alla creazione di Meragi. Prima che la città venisse edificata, in questo luogo visse un uomo crudele: il signor Onoba. Possedeva tutta la terra ed era un uomo crudele. Trattava la gente come schiavi e traeva un gran diletto nel cospirare. Quando Xzia giunse in questo punto, con la missione di unificare i clan, si trovo innanzi Onoba. Quell'uomo dalla lingua di serpente fu una delle sfide più grandi per il futuro imperatore"

"La storia dell'Imperatore e il serpente?" tagliò corto Tsuro

"Sì, quando Onoba si ritrovò con la sua anima in decomposizione, la affidò ad un serpente che non era altri che un suo alter ego. Da questa unione nacque il Karukai. È possibile che Onoba non se ne ne sia mai andato da Meragi ma che si sia solo spostato nel regno degli spiriti. Si dice che il Karukai ami dimore fastose. Non c'è da sorprendersi che sia qui a Meragi." disse Yu Ling guardando Gakuysha "Signore Imperiale, c'è qualcosa che ti turba?"

"Sì, è così. Non ho mai prestato attenzione a queste storie. Io credo solo nella mia spada. La nostra famiglia è una delle più antiche, discende da Onoba stesso" aggiunse Gakyusha che cominciava a capire.

Yu Ling annuì, quanto appena detto non era una buona notizia.

"Sta cercando di influenzare Iro" spiegò a gesti

"Come? Cosa possiamo fare?" chiese uno preoccupato Tsuro

"Dovremo andare nel mondo degli spiriti e regolare i conti con quella disgrazia del Karukai"


Dimora del Corvo, una cupa dimora situata in uno squallido quartiere della capitale. Tsuro ed Iro sedevano uno di fronte all'altro, mentre erano circondati da Daijin, Malyss, Yu LIng, Kyoshiro ed altri maghi corvo. Tutti erano seduti nella stessa posizione ed erano intenti ad aprire un varco per il mondo degli spiriti.

"Perché siamo noi due?" chiese Iro all'illustre anziano

"Paura di fallire?" rispose Tsuro con voce maliziosa

"Non ho paura di nulla"

"Allora concentrati"

Apparvero decine di corvi, i quali turbinavano freneticamente. Poi comincirono a volare sempre più bassi, urtando Tsuro ed Iro. Nessuno dei due uomini poteva però muoversi. All'improvviso non videro più alcun uccello ma solo una vivida luce rossa.

D'un tratto un fiscio squarciò l'aria. Iro, d'sintinto balzò in piedi, con la mano pronta su Kusanagi, Tsuro fu altrettanto lesto a mettersi la maschera da bracconiere in volto.

"Mi sento strano" disse il vecchio

"Anche io, c'è qualcosa che non va"

Iro sentiva ancora il fiscio acuto. Non capiva da dove stesse provenendo.

"Lo senti? Sembra il sibilo di un serpente. Deve provenire dalla tana del Karukai"

Tsuro ascoltò ma non sentiva nulla.

"Grazie per essssssere venuto." disse una voce nella testa di Iro" È tempo che vi pressssentiate a me"

Iro avvertì un gran dolore allo stomaco. Cadde al suolo, piegato in due. Il dolore salì rapidamente alla testa. Pensava che sarebbe morto presto. Tsuro si appropinquò in fretta al giovane campione, proprio mentre sul corpo del ragazzo comparivano simboli xziarite.

"È impossibile" urlò Tsuro

Una sagoma luminosa uscì dal corpo di iro. Questo essere cominciò a crescere sempre di più in dimensioni fino a diventare una sorta d'uomo serpente. Il suo aspetto era ripugnante, aveva pelle squamosa e color vermiglio. Sul suo capo aveva innumerevoli tentacoli.

Iro afferrò Kusanagi ed il dolore cominciò a dipanarsi.

"Quessto è un vero peccato. Mi dissspiace essssere privato del mio nuovo corpo"

"Onoba, non la farai franca" urlò Tsuro "Iro, riprenditi, è ora di colpire"

Il campione, finalmente libero dalla presenza di Onoba, aveva tutta l'intenzione di farla finita una volta per tutte.

"Penssssi di battere il ssserpente? Sssei mio, mie ssssono le regole del gioco"

"Ecco quali sono le regole" disse Tsuro con una sottile vena d'ironia mentre un cerchio magico nasceva attorno al Karukai. Il mostro venne incarcerato e gli venne reso impossibile utilizzare i suoi poteri ma cionostante menava furiosi colpi. Iro aveva il suo bel da fare a schivare i colpi perché nonostante il Glifo di Tsuro, l'avversario era comunque formidabile.

"Afferra la spada con ambedue le mani,Non sei discendente di Onoba, Iro, ma il mio" disse la voce di Xzia, comparsa nel momento del bisogno come al solito.

Iro afferrò la spada con entrambe le mani, prese lo slancio e saltò. Si sorprese di essere arrivato all'altezza della testa del Karukai. Con forza menl un unico grande fendente e tagliò ciò che gli si parava innanzi. Il collo del mostrò sgorgò materiale gelatinoso dalla ferita. Tsuro concentrò la sua energia magica e la convogliò per incarcerare con catene il temibile avversario.

"Abbiamo vinto. Non è stato neppure troppo difficile" disse Iro con orgoglio

La battaglia era stata breve ma intensa. Iro si era ormai liberato dall'influenza dell'antenato. Ciò che però non sapeva era che il piano del Karukai era andato perfettamente a buon fine....

Capitolo 3 – Il Segreto del Corvo


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Tanto tempo fa...

Daijin volava sopra quelle che sarebbero diventate le terre dell'Impero. Sbatteva energicamente le ali, spinto da un forte vento. Lui aveva vissuto la prima parte della sua vita nel mondo degli spiriti. Amava la libertà ottenuta scappando da Yachoukou, il Karukai, maestro degli spiriti volanti. Aveva atteso febbrilmente il momento in cui avrebbe trovato una via d'uscita dal mondo degli spiriti, dal luogo che aveva chiamato casa.

Aveva visitato diverse zone della terra di Guem ma nulla lo aveva attirato più di una foresta di bambù nella zona orientale del mondo. Una zona in cui gli uomini veneravano l'onore come un kami. Altra cosa che lo stupì fu la facilità con cui ricorrevano alla violenza per risolvere contenziosi p per semplici beghe.

Poi venne l'ascesa di Xzia. Quest'uomo aveva riunito tutti i clan sotto ad una sola bandiera grazie alla forza, alla diplomazia ed alla prospettiva di un futuro migliore- Daijin era giù lì quando questo accadde. Quel giorni decise di prendere forma umana e di vivere assieme a loro. Forse così facendo sarebbe riuscito a saperne di più sui loro usi e costumi? E così, per sfuggire dagli inviati di Yachoukou, Daijin era diventato un vecchio, almeno apparentemente, tra gli esseri umani.

Molti anni più tardi, Daijin si ritrovò dentro una storia che sarebbe diventata leggenda. Era il tempo della guerra. L'Imperatore Xzia avrebbe presto portato le sue armate contro la Draconia. Il mondo era in fiamme.

Daijin aveva preferito tenersi in disparte perchè gli piaceva osservare le cose da lontano e perché era amico degli uomini. In più viveva nell'Impero, nel quale si parlava con ammirazione del Corvo, animale che aveva un posto speciale nella mitologia del luogo. Per qu sto motivo gli venivano attribuiti più poteri di quanti in realtà avesse.

Gli era piaciuto essere ben voluto, almeno fino al giorno in cui Xzia ordinò che gli fosse portato il "Corvo". Daijin non si stava nascondendo e quindi fu facile per i messaggeri imperiali, trovarlo e condurlo a cospetto dell'imperatore.

Venne condotto a Meragi, città nata sulla rive di un fiume e poi portato nella sala del trono. Ad attenderlo c'era l'Imperatore ed i suoi consiglieri. Nella sala, il Corvo riconobbe un membro degli Tsoutai. Non gli andava a genio quella gente, poiché erano presenti contemporaneamente sia nel mondo dei vivi che in quello degli spiriti.

Xzia parlò.

"Corvo, mi hanno riferito della tua forza incredibile. Ci sarai utile a sbaragliare i nostri nemici. Ti metterai sotto al comando degli Tsoutai per organizzare le nostre difese magiche."

Daijin non voleva far parte di una guerra che non era sua. Rispose pertanto nel modo che più gli sembrava naturale.

"È onoroevole che tu voglia il meglio per la tua gente ma sai già che io non sono di questo mondo e non voglio intervenire nel mondo degli uomini"

Quel rifiuto colpì profondamente l'ImperatorXze, provocando un terremoto politico. Xzia alzò la mano, facendo tacere le mille voci che si erano levate. Non era il tipo da farsi intimidire da nessuno, umano o meno.

"Tu cammini sulle mie terre, pertanto sei mio servo, poiché io sono l'Imperatore designato dai Kami a governare il mondo degli umani ed anche degli spiriti. Tu farai quanto io ti ordinerò di fare"

Daijin avrebbe fatto volentieri ricorso ai suoi poteri se avesse potuto disporne in quel momento.

"Imperatore, tu giustamente sei stato designato dai Kami a governare questo mondo ma il mondo degli spiriti ha altre regole, non puoi governarlo. Allo stesso modo non puoi ordinarmi di fare qualcosa"

Xzia scoppiò di rabbia difronte ad un tale affronto.

"Se non hai intenzione di aiutare l'Impero, allora scomparirai"

Le guardie, aiutate dagli Tsoutai, bloccarono Daijin. Mentre lo trascinavano fuori dalla sala, il Corvo lanciò un'unica terribile frase, un'anatema.

"Ho posto un velo sul tuo impero del male. Un giorno l'Imperatore dovrà inchinarsi innanzi a me come un servo davanti al suo padrone. Condanno te Xzia ed i tuoi discendenti a fare i conti con la mia progenie"

Il corvo venne gettato in una miniera di griferro, minerale capace di contenere i poteri magici mentali. Di lui non si sentì parlare per molto molto tempo....



In un passato recente.

Molti anni erano passati. Tra una quindicina d'anni sarebbe giunta la Pietra Caduta dal Cielo a provocare un grande conflitto. In quei giorni, l'Imperatore aveva deciso di far riaprire una vecchia miniera di grisferro, per poter estrarre il prezioso minerale. Il giovane Oykun, che stava precedendo il gruppo di minatori, sordo agli ordini dei capi squadra, aveva rinvenuto un vecchio in stato di semi incoscienza. Oykun si affrettò ad aiutarlo, donandogli quel poco d'acqua che gli era rimasta. Il vecchio la ingollò in un sorso e poi si pulì la barba gialla.

"Grazie..grazie mille ragazzo. Non so da quanto tempo sono qua sotto"

"Cosa ci fai qui, vecchio?" disse Oykun guardando le catene di grisferro che intrappolavano il vecchio

"Venni rinchiuso qui per aver osato controbattere alle parole dell'Imperatore. Da allora sono stato rinchiuso in questa miniera. Aiutami, liberami da queste catene e libererò te e la tua famiglia dalla prigionia."

Oykun era scettico ma la prospettiva di aiutare qualcuno che si era ribellato all'autorità gli piaceva. Così liberò il vecchio e stando ben attento a non farsi vedere lo condusse fuori dalla miniera. Daijin sentì subito il fresco profumo dell'aria e i profumi che vi dimoravano.

"Non ci vorrà molto perché mi tornino i miei poteri. Giovane Oykun portami dalla tua famiglia. A proposito, Oykun, com'è il tuo cognome"

"Sono Oykun Kage. Dobbiamo stare attenti a non farci vedere dai capi squadra"

La famiglia di Oykun viveva in una delle fatisceni caserme assegnate ai minatori. Era tutta sporca e malandata.

Daijin aveva gà visto in passato il come l'essere umano fosse solito a giovernare sui membri della sua stessa specie; la cosa non era cambiata nel frattempo. L'arrivo di Oykun che portava con se un vecchio creò una certa fibrillazione nella famiglia Kage. Alcuni volevano consegnare il vecchio alle autorità altri vedevano in lui unb modo per farla pagare ai loro aguzzini.

Dopo un'accesa discussione, Daijin venne accolto dalla famiglia. La sera seguente Daijin stava molto meglio ed era intento a discutere con Oykun del futuro della sua famiglia.

"Io mantengo sempre la mia parola. Dimmi, come si chiamano questi due bambini dal sonno agitati?" disse Daijin indicano due giovanotti rannicchiati poco lontano.

"Lui è Ooge, l'altro è Karasu. Mentre questo piccolino" disse indicandone un'altro ancora "è Kotori"

Daijin vide subito l'immenso potenziale che avevano quei ragazzi e capì che questo incontro avrebbe dato il via alla sua vendetta.

"Prenderò i tuoi figli, i tuoi nipoti, cugini, zii, parenti lontani e tutti quelli che vorrai, sotto la mia protezione. Vi libererò dalle catene come tu hai fatto con me. Poi andremo a Meragi e la conquisteremo. Ci vorrà del tempo ma ce la faremo"



Nel presente.......


Daijin era tornato a Meragi da molto tempo. Il clan del Corvo aveva presto prosperato. Daijin aveva avvelenato la mente dell'imperatore e poi, finalmente era stato riconosciuta la sua alta influenza ed era divenuto consigliere dell'Imperatore. Ora però una nuova minaccia incombeva, il Karukai. Daijin aveva paura di ritrovarselo davanti. Gli era sfuggito ma ora non esisteva più alcuna barriera tra il mondo degli spiriti e quello dei vivi.

Kotori Kage, il più giovane della famiglia, si era ben presto dimostrato essere più che valido nelle arti marziali. Grazie all'influenza del clan si era riusciti a farlo entrare nei Bracconieri. Così come Shui Khan aveva ricevuto insegnamenti da Tsuro, ora era il giovane Kotori a riceverne da Shui Khan.

La sua squadra era stata mandata a Kobimori, nell'antica foresta vicino a Meragi. Kotori stava correndo, zigzagando tra gli alberi. Sapeva che da un momento all'altro il suo maestro sarebbe apparso dal nulla, pertanto doveva farsi trovare pronto. Poi dal nulla una lama gli sfiorò il volto. D'istinto si nascose dietro ad una roccia.

"Penavo non stessimo usando i Kunai, Maestro"

Poi si accorse che l'oggetto non era un'arma da bracconiere ma una lama di metallo a forma di piuma. Era stato attaccato per davvero. Mantenne però la calma ecercò di capire dove fosse il suo nemico. Rapidamente sfoderò i suoi lancia-spillo e diversi kunai. Con un balzo saltò sulla roccia, pronto a lanciare i kunai sul nemico. Non appena però si era mostrato, una nuova penna di metallo venne lanciata contro al ragazzo, il quale però fu abbastanza lesto da non farsi colpire, lanciando contro l'arma il suo kunai.

In pochi attimi apparve Shui Khan con diversi shuriken tra le mani. Con un abile mossa ne lanciò una dozzina tra i cespugli. Kotori andò a controllare se il suo maestro avesse colpito qualcosa ma trovò solo alcune piume. Shui khan perlustrò l'area ma non trovò alcuna traccia dell'assalitore.

"Come stai Kotori?"

"A parte il fatto che stavo per prendermi un coltello in faccia, direi che sto bene. Chi era?"

"Non lo so però avevo percepito una presenza pericolosa. Voleva farti del male"

"Sono stato preso di mira?" chiese Kotori raccogliendo da terra delle piume

"Senza dubbio. Meglio che torniamo a Meragi. Devo informare il Signore Imperiale dell'accaduto"

"Speriamo ti possa dare risposte su quanto accaduto"


Daijin stava discutendo con Oykun nella grande sala del clan. Il vecchio minatore era ormai anziano e canuto, perfetta immagine di quanto il tempo fosse poco clemente. Ora era una persona importante, dopo aver salvato Daijin, era diventato capo clan del Corvo assieme a Daijin stesso. La loro discussione venne interrotta dall'arrivo di Kotori. Il ragazzo s'inchinò davanti al Corvo e a suo padre.

"Mi dispiace disturbarvi"

"Che c'è?" chiese Oykun agrottando la fronte

"Oh solamente che qualcuno dei nsotri ha cercato di uccidermi" disse porgendo le penne di metallo

Il volto di Oykun impallidì. Qualcuno aveva cercato di uccidere suo figlio. Daijin prese le piume e le soppesò.

"Chi ha osato farlo?" urlò Oykun.

Kotori non sapeva cosa rispondere

"Chetati Signor Oykun. Lo so io chi è stato ma scommetto che non era un tentativo di omicidio ma un avvertimento. Questo però era rivolto a me, lo spirito Corvo"

"Non mi piacciono le storie degli spiriti"

"Capisco la tua rabbia. Ci penso io a regolare i conti...e sai che mantengo sempre la mia parola"

Oykun digrignò i denti ma stette zitto. Si concentrò invece a controllare che il figlio non fosse ferito. Daijin si diresse verso le sue stanze, aprì la finestra e si trasformò in un enorme corvo. Volò fino alla foresta Kobimori. Percepì la presenza di molti spiriti.

"Così vicino a Meragi"

Poi vide ed ebbe paura. Vide una forma umana e si avvicnò.

"Vedo che hai il coraggio di venire da me, piccolo Corvo. Certo che così sei proprio...brutto" disse la strana figura mezza umana e mezza uccello. "Trasformati"

Daijin mutò il suo aspetto. Che bello poterlo fare nuovamente.

"Così stai meglio"

"Signor Yashoukou...."

"La mia presena di atterrisce eh? Mio piccolo Corvo. Mi sei sfuggito troppo a lungo ma ora che sono qui possiamo finalmente risolvere i nostri dissapori. Molti Karukai parlano di te, hanno paura che li tradisca come hai fatto con me, mio piccolo Corvo"

"La tua essenza non è presente completamente nel mondo degli uomini, non puoi farmi niente"

"È vero, è vero. Non sono ancora in grado di avere una presenza fisica in questo mondo. Ho altri piani però. Ho visto che sei inaffarato con una famiglia...i Kage. Direi che possiamo iniziare con loro"

Detto questo decine e decine di corvi e cornacchie spuntarono dal nulla. Sotto allo sguardo deliziato di Yashoukou si diressero verso Meragi...